«Non volevamo venderla, ma solo affidarla a una buona famiglia per farla stare meglio». Più o meno questa la linea difensiva scelta dai quattro rumeni che sarebbero stati i genitori della piccola Jessica, la neonata che gli inquirenti ritengono venduta dai Rom. I rumeni Rodica Mustafa'di 27 anni (presunta madre di Jessica), Santa Costatin e Petrik Costatin di 41 anni, e Cristiano Costatin di 33 anni, difesi dall'avvocato Gianfranco Iacobelli, quindi hanno detto di aver mai voluto vendere la neonata. Al gip Sergio De Luca che li interrogava per la convalida del fermo di polizia giudiziaria cui sono stati sottoposti, hanno affermato che era loro unica intenzione di affidare la piccola a una famiglia italiana per far starla meglio visto che la bimba non era in buone condizioni di salute. Una difesa che non sembra molto dissimile dal racconto fatto dalla Luigia Giordana, la cinquantatreenne accusata di essere l'organizzatrice del traffico di bambini. La donna di Corbara - accompagnata dal suo difensore, l'avvocato Vincenzo Calabrese - al gip De Luca ha raccontato che le due coppie che l'hanno denunciata si erano rivolte a lei per adottare un bambino attraverso un canale non ufficiale e più celere. Lei aveva contattato alcuni Rom che facevano l'elemosina a Corbara per trovare una famiglia disponibile a cedere due bambine. Trovati i nomadi disponibili, questi avrebbero chiesto soldi per vendere due gemelline, pagati dalle coppie italiane. Più d'uno gli incontri organizzati per consegnare le bambine, ma ogni volta i Rom si presentavano chiedendo sempre più denaro e non portavano mai le bimbe. A questo punto questa strada per l'illegale adozione fu abbandonata, nonostante avessero già pagato decine di migliaia di euro. Vista l'insistenza di una delle coppie, la Giordano racconta di essere andata al campo Rom di Secondigliano e lì ha trovato una famiglia disponibile a cedere una bambina. I nomadi avrebbero chiesto solo che fosse mandata in una buona famiglia e non volevano soldi. E così si arriva a mercoledì scorso, giorno della consegna della neonata nei pressi dell'aeroporto militare di Napoli-Capodichino: uno degli acquirenti avrebbe dovuto portare con sé i soldi come regalo. Al momento dello scambio, però, piombarono i carabinieri. Djani Jovanovic nato nell'ex Jugoslavia 27 anni fa e la moglie Susana Radosalevic di quattro anni più giovane, invece, si sono detti estranei ai fatti contestati loro: «Javanovic - dice l'avvocato Luigi De Caprio, loro difensore - ha detto al gip che quel mercoledì pomeriggio aveva dato solo un passaggio con la sua auto ai rumeni e non sa altro. Abbiamo anche dimostrato che i quattro bambini con cui erano i miei assistiti sono figli loro, regolarmente censiti e uno di questi, purtroppo, è affetto da leucemia ed è in cura presso l'ospedale Santobono di Napoli. Si tratta di una famiglia seguita dall'opera nomadi di Napoli e che vive nel campo di Secondigliano». sa.de.na.
Il mattino 8 marzo 2008
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