lunedì 29 dicembre 2008

Tentata violenza su dodicenne: arrestato orco a Enna

(ASCA-VIVIENNA) - Enna, 29 dic - I Carabinieri della Compagnia di Piazza Armerina (En) hanno notificato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere a Liborio Cristian Scarlata, 24enne di Caltanissetta, per il reato di tentata violenza sessuale aggravata ai danni di una dodicenne. L'arresto e' stato notificato all'interno del Carcere Paglierelli di Palermo dove Scarlata si trova recluso dal giugno scorso perche' condannato per altri due episodi di violenza sessuale compiute ai danni di altri due giovani donne in Caltanissetta.

RIGNANO FLAMINIO: NEVICA IN SILENZIO SULL'ASILO OLGA ROVERE

DI Roberta Lerici

Ho evitato di parlare del caso di pedofilia di Rignano Flaminio negli ultimi tempi, perchè si attendono le conclusioni delle indagini e non ci sono novità sul fronte giudiziario da segnalare. Sul fronte umano, le cose da segnalare sarebbero tante. Come i disturbi dei bambini che non passano, come le cure a cui alcuni di loro continuano ad essere sottoposti. Come il grande rammarico per i bambini che stanno male e non vengono curati, pensando che "poi passerà". Ho pubblicato tanti articoli in cui diversi psicologi, psichiatri, ed esperti ribadiscono con forza che il trauma da abuso sessuale subito nell'infanzia non guarisce da sè, ma va curato con apposite terapie e non mi stancherò mai di ripeterlo.
Oggi su questo sito ha lasciato un messaggio la mamma di un ex ospite della comunità di don Gelmini. Dice che non aveva creduto a suo figlio quando le diceva delle attitudini dell'ex prete e si rammarica per non aver creduto a suo figlio già grande, non certo un bambino di tre anni. Eppure, parte dell'opinione pubblica stenta a credere che un bambino possa aver vissuto tanto orrore senza che nessuno se ne sia accorto in tempo. Bisognerebbe studiare i motivi per cui l'orrore che di colpo ti si presenta così vicino da poterlo toccare, si tende ad allontanare dalla mente, trovando mille giustificazioni ai comportamenti anomali dei bambini. La paura che l'orrore sia vero, è superiore alla capacità di taluni di gestirlo. La grande paura dei genitori, diventa incapacità di leggere i segnali, diventa analfabetismo di ritorno, e cecità totale. Così oggi pensavo a quel medico che parlava di "abusi dolci" e dell'impossibilità di dimostrarli. Oltre a domandarmi come mai medici generici parlino di cose che non conoscono, e trovino anche qualcuno che diligentemente trascrive le loro dichiarazioni senza senso, rilevavo con orrore, che la maggior parte degli abusi sui bambini non lasciano segni evidenti, altrimenti, la carriera di quel tipo di pedofili verrebbe troncata sul nascere da qualche medico del pronto soccorso. E, quindi, parlare di "abusi dolci indimostrabili" è come ammettere che si possa abusare un bambino tranquillamente e farla franca. Meno male che, per ovviare a questo problema, la testimonianza dei bambini è considerata fonte di prova nel nostro ordinamento giudiziario. Ma, evidentemente, questo particolare deve essere sfuggito a quel medico che, oltre a non sapere nulla degli affetti degli abusi sui bambini, non conosce neanche la giurisprudenza in proposito.
Articoli correlati:
Abuso sessuale del bambino: indicatori di sospetto e racconto del bambino che costituisce prova
L'abuso infantile 'marca' i geni
Abusi sui bimbi: i sintomi immediati e i traumi permanenti
Rivista Lancet: Abusi sui minori più diffusi di quanto dicono statistiche
Le modalita’ di abuso sui minori
R. Lerici 28 dicembre 2008- http://www.bambinicoraggiosi.com/

mercoledì 24 dicembre 2008

Bambini abusati: cosa si rischia a non farli curare


Biancardi: "Mai arrendersi davanti a un bambino"
In questi mesi sta girando l'Italia per presentare “La cicogna miope”: un successo per certi versi inaspettato, capace di portare il tema della violenza in famiglia e dei modi per riparare il trauma subito fuori anche fuori del pubblico degli addetti ai lavori. Maria Teresa Pedrocco Biancardi, psicologa psicoterapeuta oggi attiva a Bologna, è stata fondatrice a Venezia dei tre Consultori diocesani e del Ctb-Centro per la tutela del bambino e la promozione del benessere familiare; da anni impegnata nella formazione degli operatori della tutela, è autrice di numerosi studi sulle interazioni familiari.

Cosa insegna questo libro?

Insegna che in ogni persona, anche piccola, c'è un'umanità che reagisce anche agli eventi più tragici e può essere aiutata a crescere. Non ci si può arrendere mai davanti a un bambino, anche se devastato da certe esperienze. Tuttavia le condizioni per aiutarlo sono rigorosissime.

Quali sono?

Una terapia formalizzata, di tipo psicologico, competente: non può farlo uno psicologo qualunque, ma deve essere un esperto dei problemi dell'infanzia e non solo sul piano teorico. Deve anche avere la capacità di entrare in modo empatico nel vissuto del bambino. Da questo punto di vista è geniale l'idea avuta dalla psicologa che aveva in cura Chiara, di istituire una “scatola dei rifiuti tossici”, dove la ragazza avrebbe dovuto inserire i bigliettini con scritte le parole o le situazioni che la turbavano. Un'altra condizione è una famiglia capace di entrare nel dolore del bambino e di non cogliere i comportamenti disturbati come un semplice capriccio, una cattiveria, l'espressione di un'aggressività, ma come segnale di dolore, di un dolore terribile; e di rispondere quindi con un'accettazione senza riserve. Una terza condizione è la presenza di qualcuno che sostenga la famiglia in questo difficile percorso.

Insegna anche qualcosa in negativo?

Sì: qui c'è una bambina che non è stata ascoltata e ha dovuto far passare tanti anni senza essere presa sul serio, al punto da passare per deficiente. Che il quoziente intellettivo sia passato da 42 a oltre 80 dice invece che le potenzialità c'erano e non sono state comprese. E poi ci sono i danni fatti, in una fase del percorso, dalla scuola, che non ha offerto il sostegno necessario.

Una famiglia che “ripara”: che cosa significa?

Ripara le ferite del trauma. Il comportamento di Chiara è il comportamento di tutti i traumatizzati: e nella maggioranza dei casi - come si legge in “Vite in bilico”, la più ricca ricerca fatta in Italia sulle conseguenze post traumatiche dei maltrattamenti e degli abusi sessuali - l'esito può essere la prostituzione, la tossicodipendenza, la devianza. Tra le caratteristiche di una famiglia che ripara c'è una grande coesione di coppia (fatta di complicità, del saper prendere decisioni comuni, di saper superare le crisi aiutandosi a vicenda). E' un gioco di squadra, in cui anche la nonna ha avuto il suo ruolo. E poi c'è un contesto più ampio, in cui anche l'apporto del parroco non è stato da poco. La sua squisita sensibilità, la capacità di capire e accogliere Chiara così com'era, ha offerto alla coppia Sperase un grosso aiuto nel percorso di riparazione dal trauma. E' un sistema a centri concentrici: e ogni cerchio deve fare la sua parte. Chiara non sapeva leggere l'orologio quando è arrivata nella prima comunità che l'ha accolta: ha imparato lì. Ma il senso del tempo l'ha imparato in famiglia. Ci vuole un tempo di terapia intensiva e totale, ma poi è la famiglia che completa il percorso.

Quanti sono i casi che, come questo, vanno a buon fine?

Tutti i casi che ho visto io di bambini maltrattati, eccetto due: un ragazzo di 17 anni, preso troppo tardi, che poi non ha finito gli studi, ha avuto lavori provvisori e precari, ha avuto un figlio troppo presto e si è lasciato andare a piccoli gesti delinquenziali; e una ragazzina, schiacciata dalle scaramucce tra due tribunali, che hanno impedito che andasse in affidamento. Per il resto le storie tragiche che sono recuperate sono continue. La caratteristica di questo caso è che la madre affidataria ha scritto un diario; e che poi la famiglia è stata seguita attraverso uno scambio di e-mail. Si vede il di più che la famiglia, quando è seguita, può dare rispetto alla comunità, anche la più professionalizzata.

Quale l'atteggiamento migliore in una famiglia che si rende disponibile a divenire affidataria o adottiva?

Continua a leggere

Parma: in manette insegnante di nuoto pedofilo sorpreso ad abusare bimbo di tre anni



PARMA - Sopreso da una maestra in uno stanzino mentre abusava di un bambino di tre anni. Arrestato un insegnante parmense di educazione fisica di 31 anni. L'uomo e' stato gia' allontanato dalle scuole dove aveva lavorato nei mesi scorsi. L'atteggiamento dell'uomo che aveva un contratto di libero professione per insegnare educazione fisica, aveva insospettito alcuni genitori che avevano già fatto alcune segnalazioni, ma solo il 16 ottobre scorso è stato sorpreso in una scuola privata.Il giudice gli ha dato i domiciliari.
Continua a leggere

Abusi sulla nipotina: arrestato insospettabile zio materno

24 dicembre 2008 -

CESENA - E' stato sorpreso dalla madre mentre stava palpeggiando sul divano di casa la nipotina 13enne. Un incensurato di 44 anni è stato arrestato giovedì dai Carabinieri con l'accusa di violenza sessuale. La vittima ha anche confessato altri due simili episodi consumati nell'agosto scorso. L'uomo, difeso dagli avvocati Raffaella Ricciardi e Raffaele Pacifico, si trova in carcere in attesa della convalida dell'arresto. Le indagini sono state coordinate dal pm Marco Forte.

L'episodio si è consumato martedì tra le mura di una villetta su due piani di un comune della valle del Rubicone. Al primo piano vi abita la 13enne insieme alla madre (separata dal padre della vittima) e la sorella più grande; mentre al secondo la nonna e lo zio materno. E l'abuso si sarebbe consumato nel cuore del pomeriggio proprio nell'appartamento al secondo piano.

Secondo quanto ricostruito, la tredicenne aveva appena finito i compiti. E mentre la nonna stava riposando, lei si è messa a guardare la tv. Qui è stata avvicinata dallo zio, che le ha tolto la maglietta palpeggiandole e baciandole il seno. A scoprire la violenza è stata la nonna, incredula di quanto i suoi occhi avevano visto. Quest'ultima ha poi raccontato il tutto alla madre della minorenne, che ha deciso di denunciare il fratello.

Giovedì è stato arrestato dai Carabinieri. Le indagini, coordinate dal pubblico ministero della Procura di Forlì Marco Forte stanno vagliando altri due episodi nei quali la tredicenne avrebbe subito lo scorso agosto simili abusi.
romagnaoggi.it 24 dicembre 2008

EBOLI ABUSI SU UNA BAMBINA, ARRESTATO 69ENNE. GESTIVA SCUOLA MATERNA


La piccola era affidata alla sua vigilanza e custodia, quale gestore di scuola materna del luogo

Il mattino del 17 dicembre 2008, i Carabinieri della Compagnia di Eboli hanno tratto in arresto, in prossimità dello svincolo autostradale della città, Antonino ROCCA, di 69 anni, in esecuzione dell’ordine per la carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, in quanto deve espiare cinque anni e sei mesi di reclusione per pedofilia, per avere, in Eboli, commesso per circa un biennio, su di una bambina minore degli anni 10, ripetuti e continui atti sessuali, consistiti nell’abbassarle i pantaloni e le mutandine, toccandola poi nelle parti intime, scoprendo, a sua volta, la parte inferiore del proprio corpo, mostrando il pene in erezione, che tentava anche di far toccare dalla bambina. L’arrestato commetteva i fatti dall’autunno 1999 al febbraio 2001, allorché la piccola era affidata alla sua vigilanza e custodia, quale gestore di scuola materna del luogo. La sentenza di condanna, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Salerno il 31 giugno 2006, veniva confermata dalla Corte di Appello di Salerno il 16 novembre 2007 e la Cassazione, in data 11 novembre 2008, ha rigettato il ricorso del condannato, rendendo esecutiva la sentenza, con decisione definitiva. L’arrestato, dopo le formalità di rito, è stato tradotto alla casa circondariale di Salerno. Positano news 17 dicembre 2008

AUSTRALIA, ARRESTATI DUE RELIGIOSI: ABUSI PER 29 ANNI NEL COLLEGIO

È salito a cinque il numero di sacerdoti e religiosi, ex iinsegnanti e dipendenti di un esclusivo collegio cattolico iin Australia, accusati di più di 130 reati di pedofilia, commessi fra il 1963 e il 1992 su ragazzi fra 10 e 15 anni. Padre Phil Robson di 60 anni, ex insegnante e membro del consiglio di amministrazione, è stato arrestato ieri e imputato di cinque reati da agenti della task force che da mesi indaga su denunce di ex alunni del collegio di St. Stanislaus, nella città rurale di Bathurst, 200 km a ovest di Sydney. Gli altri incriminati finora includono un ex preside, un ex vice preside, un cappellano ed un capo dormitorio.

Tutti e cinque dovranno comparire in tribunale a Sydney venerdì prossimo. Finora sono state individuate 16 vittime e la polizia ha raccolto più di 100 deposizioni. Se si faranno avanti altre vittime, vi potranno essere altri arresti, ha detto il commissario Mick Goodwin che guida la task force. Gli ex alunni affermano di aver subito molestie e di essere stati costretti a commettere atti sessuali fra loro durante "ipnotiche" sessioni di preghiera in piena notte. Leggo online 17 dicembre 2008

lunedì 15 dicembre 2008

domenica 14 dicembre 2008

Fratellini Gravina/ Gip rinvia a febbraio udienza su archiviazione Pappalardi

Accettata la richiesta dell'avvocato difensore Angela Aliani

ARTICOLI A TEMA
gravina/ legale carlucci: visionare dvd…
gravina/ sarà rinviata udienza contro…
gravina/ legale pappalardi: non c'è…
Altri
Bari, 11 dic. (Apcom) - E' stata rinviata al 5 febbraio prossimo l'udienza per decidere sul ricorso della mamma di Ciccio e Tore Pappalardi sulla richiesta di archiviazione presentata dal Pm Antonio Lupo nei confronti di Filippo Pappalardi, il padre dei due fratellini.
La richiesta di rinvio era stata presentata ieri all'ufficio Gip dall'avvocato Angela Aliani, difensore dell'uomo, che aveva chiesto più tempo per prendere visioni dei nuovi atti, presentati dalla squadra mobile di Bari dopo il ritrovamento dei due fratellini il 25 febbraio scorso. Durante l'udienza di questa mattina l'avvocato Penna ha chiesto di poter visionare le immagini di un video che riprenderebbe l'interrogatorio di Filippo Pappalardi, risalente all'estate del 2006.
La richiesta è stata accettata dal Gip Giulia Romanazzi. Mentre il Pm Lupo, secondo quanto trapelato dall'udienza che si è svolta in camera di consiglio e quindi a porte chiuse, ha dichiarato che non risulta agli atti il video in questione, ma un altro risalente a maggio. Il 5 febbraio adesso il Gip, dovrà decidere se archiviare definitivamente le accuse a carico di Filippo Pappalardi. Mentre Rosa Carlucci, madre dei due bambini ha detto che vuole la verità sulla morte dei figli ed è disposta ad andare persino alla corte europea per vedere riconosciuti i suoi diritti.

Fratellini di Gravina, la matrigna li sognò in una grotta

venerdì 12 dicembre 2008
12 dicembre 2008 - Un mese dopo la scomparsa di Ciccio e Tore Pappalardi, avvenuta il 5 giugno 2006, la loro matrigna, Maria Ricupero, sognò che i due fratellini erano imprigionati in una grotta, nella quale Ciccio era morto e Tore le parlava, chiedendole aiuto. Il sogno, che risale al luglio 2006, fu rivelato dalla Ricupero alla polizia, verbalizzato e allegato agli atti dell'indagine. In particolare, subito dopo il sogno, la donna chiese di essere ascoltata da un funzionario di polizia al quale disse di aver "sognato Ciccio e Tore che erano finiti in una grotta". La cavità sotterranea - raccontò - "aveva le pareti arrotondate, simili a quelle del tunnel della metropolitana". E aggiunse: "Nel sogno Tore mi parlava e mi diceva che Ciccio era morto". "Io - sottolineò - affermai che stavo per arrivare, ma Tore mi disse: 'Mamma non venire, ormai e' troppo tardi'". La donna descrisse anche la posizione del corpo di Ciccio. Il racconto premonitore della donna, che fu fatto alla presenza di Filippo Pappalardi, che rimase sempre in silenzio, fu verificato dopo che, il 25 febbraio 2008, i cadaveri dei due fratellini di Gravina in Puglia (Bari) furono trovati nella cisterna di un palazzo disabitato. L'accertamento fu eseguito sia per verificare eventuali analogie (subito escluse) sia sulle caratteristiche della 'grotta' in cui furono trovati i corpi sia sulla posizione del cadavere di Ciccio. (Ansa)
Fondazione italiani ( venerdì 12 dicembre 2008 )

SOMMA VESUVIANA: PARENTE ACQUISITO VIOLENTA BIMBA PICCOLISSIMA

13-12-2008 ore 22:59
SOMMA VESUVIANA: VIOLENTA UNA BIMBA
SOMMA VESUVIANA - Una comunità scioccata, indignata, mortificata, che non parla d'altro. Non riesce a darsi pace per atti di violenza su un minore perpetrati tra le mura domestiche. E dire che un bimbo dovrebbe sentirsi al sicuro nella sua abitazione più che in ogni altro luogo. E dire che un bimbo dovrebbe sentirsi protesto da familiari, di sangue o acquisiti, così come da persone considerate amiche. Di fronte, a certe storie orribili, non esistono differenze di classe, di cultura. Possono,perpetrarsi, ovunque. Questa volta la vittima innocente di molestie a sfondo sessuale è una piccola di pochissimi anni. I genitori non si era accorti di niente. In loro assenza, sarebbero state perpetrate le violenze. La verità sarebbe venuta a galla solo per una casualità, pare per un malore della bambina, costretta a ricevere cure che avrebbero evidenziato anche segni di abuso. Il carnefice sarebbe un parente acquisito, che, a seguito di accertamenti sarebbe stato arrestato all'inizio di dicembre 2008. Dalle forze dell'ordine nessun commento. E' noto che preferiscono non soffermarsi su questo genere di notizia. In una realtà piccola di provincia, dove si finisce per conoscersi tutti, anche solo di vista, un'eccessiva dovizia di particolari consentirebbe, infatti, una troppo rapida identificazione del "bruto" di turno, ma, conseguentemente anche della vittima, con una aggiunta del danno alla beffa: oltre ad aver subito violenza, dovrebbe accettare d'essere marchiata a vita. L.M.
Link articolo:http://www.marigliano.net/img/5875.php

BRUCIÒ VIVA BIMBA DI 9 ANNI: TROVATO MORTO IN CARCERE

Era stato accusato di un delitto orribile. Vincenzo Coratella, di 27 anni, aveva ricevuto l’ergastolo (pena definitiva) per l’omicidio di Graziella Mansi, una bimba di appena 9 anni. Il giovane è stato trovato morto nel carcere di Borgo San Nicola, a Lecce, dagli agenti di polizia penitenziaria durante una ronda di routine intorno 4 del mattino. La storia, a suo tempo, fece scalpore a livello nazionale. Il 19 agosto del 2000, quando Coratella aveva soltanto 19 anni, insieme ad altre cinque persone, attirò in una feroce trappola la bimba, a Castel del Monte, non lontano da Andria. “Ci sono dei cuccioli nel bosco”, le avrebbero detto gli aguzzini, portandocela con tutta l’ingenuità della sua giovanissima età, e arrivando poi ad un tentativo di violenza sessuale e infine a bruciarla viva su un tappeto di foglie secche. Una fine orrenda, per la povera vittima. Una situazione raccapricciante. Il corpo senza vita è stato trovato nella sua cella. Coratella si trovava da solo. Con la cintura di un accappatoio si sarebbe legato ad una branda per farla finita. Almeno questo potrebbe essere il quadro in cui è avvenuto il decesso, avvenuto nel corso della nottata, sebbene da parte degli investigatori vi sia il massimo riserbo e non si escluda alcuna pista. Coratella – come detto - faceva parte di un gruppo più nutrito di giovani, che agirono quella sera, tutti condannati in via definitiva: Pasquale Tortora, di 28 anni (scelse il rito abbreviato) ricevette 30 anni di carcere. Ergastolo per tutti gli altri: oltre a Coratella, Giuseppe Di Bari (27enne) Domenico Margiotta (25enne) e Michele Zagaria (29enne). Nelle fasi processuali emerse che l’adescamento avvenne ad opera di Tortora ad adescare la bimba, mentre si trovava ad una fontanella pubblica a riempire d’acqua un secchio. Poi, l’avrebbero presa in consegna gli altri quattro, di cui fu proprio Tortora a svelare i nomi. Il processo si concluse nel novembre del 2004 con il pronunciamento della Corte di Cassazione.
Fonte: Lecce Prima 14 dicembre 2908

sabato 13 dicembre 2008

Mantova: violenza sessuale, parroco a processo

Mantova: violenza sessuale, parroco a processo
11 Dicembre 2008, 22:40

MANTOVA - Rinviato a giudizio per violenza sessuale e falso ideologico il parroco della chiesa di San Leonardo a Mantova, Walter Mariani, 60 anni. Il prete è accusato di aver preteso favori sessuali da tre donne extracomunitarie in cambio di un aiuto per rinnovare il permesso di soggiorno. Le violenze, che risalgono a due anni fa, secondo la procura si sarebbero consumate in sacrestia. A far partire le indagini sono state le denunce delle stesse vittime. Il parroco ha sempre respinto le accuse. La prima udienza si terrà il 29 maggio 2009 in Tribunale a Mantova. (Agr)

venerdì 12 dicembre 2008

«La Monica resta ai domiciliari: è socialmente pericoloso»


la Gazzetta di Reggio — 06 dicembre 2008 pagina 19 sezione: CRONACA Ancora novità dal versante giudiziario, mentre nel tardo pomeriggio una fiaccolata per le vie del centro storico è stata organizzata per chiedere la libertà di Pino La Monica: è la sintesi dell’ennesima giornata di forti contrapposizioni sul caso dell’educatore-attore 35enne accusato di abusi sessuali da una decina di minorenni che avevano frequentato i suoi corsi.
IN TRIBUNALE. Per quanto concerne il delicato «passaggio» dell’udienza preliminare, da ieri c’è una data certa: si terrà il 29 gennaio, davanti al gup Riccardo Nerucci. Sono state notificate anche le motivazioni del provedimento con cui il Riesame di Bologna ha respinto l’istanza di scarcerazione presentata da La Monica tramite l’avvocato difensore Francesco Miraglia. Il Riesame non ha ritenuto un elemento-chiave gli otto mesi di misure restrittive (fra carcere e arresti domiciliari) già affrontati dal 35enne, rimarcando invece che La Monica è pericoloso socialmente e non ha sinora abbracciato un percorso terapeutico per tenere a freno l’istinto pedofilo a cui - secondo i giudici bolognesi - sarebbe predisposto. Una conclusione che certamente si scontra con la dichiarazione d’innocenza sempre sostenuta dall’educatore.
MANIFESTAZIONE. E che il 35enne sia innocente lo credono e l’hanno espresso pubblicamente anche ieri i fondatori del Comitato «Insieme per Pino» che hanno organizzato una fiaccolata di protesta partita intorno alle 18 da viale Umberto I e conclusasi in piazza Prampolini. Una quarantina le fiaccole accese che hanno attraversato il centro, con il corteo aperto da due striscioni: «Pino libero subito» e «Innocente fino a prova contraria». Una fiaccolata con alcune soste intermedie e il momento culminante sviluppatosi (fra canti e letture di poesie) sotto il municipio. Parole forti dal Comitato: «Abbiamo gridato la nostra indignazione, ci batteremo con tutte le nostre forze affinché la giustizia sia davvero uguale per tutti. Ci recheremo ovunque per far sentire la nostra voce». (t.s.)

venerdì 28 novembre 2008

«E’ un pedofilo», 9 anni ad Alessandro Riva



(opera in esposizione in una delle mostre curate da Riva)

Il critico d’arte, ex consulente di Sgarbi, avrebbe molestato 5 bimbe




MILANO 22/11/2008 - Nove anni di carcere. Alessandro Riva, il critico d’arte ed ex consulente di Sgarbi all’assessorato, è stato condannato per violenze ses­suali su 5 bambine di nemmeno dieci anni. «È stato un processo nato sui pettego­lezzi - ha commentato il critico dopo la lettura della sentenza - è la vitto­ria dell’irrazionalità più totale. Al­trimenti non sarebbe possibile una sentenza del genere».

Riva, che dal giugno 2007, quando per lui sono scattati gli arresti domicil­iari, vive con la madre, si è difeso fuori dall’aula: «Dal processo non è venuto fuori nulla di oggettivo, è stata una suggestione interna. Evi­dentemente così si fanno le sentenze in Italia: sulla base di un isterismo anti­pedofilo ». Ma per i giudici della nona sezione penale è lui il “mostro” che abusava delle bambine, è lui che allungava le mani sui corpicini delle piccole. Il pubblico ministero Laura Amato aveva chiesto addirittura 12 anni di carcere, i giudici gliene hanno “abbonati” tre, stabilendo una condan­na di 9 anni.

«Sto scrivendo un lungo romanzo sugli isterismi sociali che ovviamente parte da questa vicenda, perché oggi qualsiasi diversità viene intesa come crimina­le ». E lui che «diverso» lo è sempre stato, si è ritrovato dipinto come un criminale. «Il mio è un modello di vita differente, forse un model­lo di comportamento con i bambi­ni confusivo - si è sfogato il critico d’arte - quel che ho capito è che io peccavo di infantilismo in un pe­riodo in cui anche fare una carezza passa per pedofilia».

Ma a smentirlo ci sono i racconti delle piccole vittime che hanno descritto vere e proprie vio­lenze sessuali. Non ingenue carezze. Ma Riva è già pronto ad impugnare la sentenza: «Ora mi auguro che la Corte d'Appello sia un po' meno cieca, miope e irrazionale».

Cronaca qui 23 novembre 2008


mercoledì 26 novembre 2008

Pedofilia, Vallo della Lucania:gip cita il Vescovo in giudizio. Assente suor Soledad




Asilo e violenze,.Prima udienza, accolta la richiesta delle famiglie di 15 bambini.

di Roberta Lerici

Udienza preliminare per il processo che vede suor Soledad rinviata a giudizio per abusi sessuali sui bambini dell'asilo di Vallo della Lucania. Ho parlato tanto di questa vicenda così simile a quella dell'asilo di Rignano, ma precedente. Su questo sito troverete tutti gli articoli e la ricostruzone del caso. Oggi il fatto senza precedenti: viene accolta la richiesta delle parti civili di citare in giudizio anche la curia vescovile, oltre ai legali rappesentanti dell'asilo Paolo VI dell'Istituto Religioso delle Ancelle di Santa Teresa. E' la prima volta che, in un'azione di risarcimento danni da reato, viene citata anche la curia, oltre che l'Istituto Religioso che gestiva l'asilo. Ricordo che nel caso del prete dell'asilo privato del Ferrarese condannato per abusi sugli alunni qualche mese fa, la richiesta di risarcimento nei confronti della curia, venne respinta. continua

Pedofilia: fermato 36enne: nel furgoncino un set per riprese pedopornografiche

Pedofilia: microtelecamere nel furgoncino, 36enne fermato sulla A14
26 Novembre 2008, 19:06

RAVENNA - Nel suo furgoncino aveva allestito una vera e propria centrale tecnologica con tanto di microtelecamere. Fermato ieri sulla A14 un presunto pedofilo di 36 anni. A bordo del mezzo, insieme a tre bambole nude alte circa un metro, gli agenti hanno rinvenuto anche migliaia di file di contenuto pedopornografico. Indumenti intimi da bambino e video autoprodotti sono poi emersi da una successiva perquisizione a casa dell'uomo. Le indagini sono coordinate dalla Procura di Ravenna. (Agr)

Aumentano del 30% gli abusi verso i minori

ilGiornale.it

- Aumentano gli abusi nei confronti dei minori. In Italia si è registrato un + 30% dei casi di abusi sessuali sui bambini, rispetto agli anni precedenti. Nel 2007 sono 3.000 i minori scomparsi. Si è mantenuta drammaticamente bassa l`età media delle vittime di abuso, che va da zero a cinque anni.

In cima alla lista nera Lombardia, Veneto e Lazio E le Regioni più colpite sono la Lombardia, il Veneto, il Lazio e la Campania: è il quadro allarmante fatto dall`assessore alle politiche sociali, Anna Coppotelli, che sottolinea: "Abusi e pedopornografia sono un`epidemia silenziosa che deve essere combattuta con ogni mezzo possibile". Durante le giornate per l`apertura dell`anno giudiziario 2008, in tutte le Procure d`Italia, sono stati resi pubblici i numeri reali sui crimini commessi contro i minori nel 2007.

Dati drammatici "I dati sono drammatici", ha ricordato l`assessore a margine della conferenza stampa organizzata a Frosinone dall`associazione "La Caramella Buona Onlus", sottolineando: nel 2007 sono state aperte circa 3.000 pratiche legate a minori scomparsi, il 20% dei quali non viene più ritrovato e si sospetta per immissione nel circuito delle reti pedopornografiche. Ancora: solo nel primo semestre del 2006 i siti, collettivi o individuali, pro-pedofilia hanno avuto un incremento del 300% e la criminalità legata alla pedofilia in internet, produce un introito giornaliero di circa 90mila euro per sito.

Turismo sessuale In molti paesi l`abuso è socialmente accetto o persino legale - ha detto ancora Coppotelli - e, purtroppo, l`Italia persiste ad essere uno dei paesi a esportazione di turisti sessuali. "E - ha evidenziato l’assessore - alle mete consolidate, come Romania e Thailandia, nuovi ’territori di caccià sono stati aggiunti: l`Ungheria, che nel 2006 ha visto triplicati i reati di abusi a danno di minori, e il Kenya, dove esistono circa 15 mila bimbi di strada vittima di violenza".
26 novembre 2008

PEDOFILIA: 58 PORTALI INTERNET DENUNCIATI A POLIZIA CATANIA

(AGI) - Palermo, 26 nov. - Cinquantotto i portali pedopornografici denunciati in meno di un’ora dall’associazione Meter di don Fortunato Di Noto alla Polizia postale e delle Comunicazioni di Catania e a cui il Centro nazionale di contrato alla pedofilia e pedopornografia online ha gia’ bloccato l’accesso. Decine i Paesi che ospitano i siti pedofili (Cina, USA, Spagna, Russia, Olanda) individuati dai volontari di Meter. Il materiale viene offerto attraverso il meccanismo dei pagamenti con carte di credito e in alcuni casi e’ diffuso ‘a scopo promozionale’ senza corrispondere alcuna somma di denaro. I bambini coinvolti sono compresi tra i 2 e i 12 anni di eta’ e raffigurati in situazioni estreme, anche con indicibile violenza sessuale (imbavagliati, legati). In aumento immagini tridimensionali di ecografie con riprese di genitali di feti al settimo-ottavo mese. Per don Fortunato Di Noto, presidente dell?Associazione Meter “l’Italia si pone all’avanguardia nella lotta alla pedofilia e la dimostrazione sta nel fatto che i siti in Italia sono drasticamente diminuiti e i pedofili perseguiti e individuati. I pedofili in Italia hanno una vita dura, ma se non ci sara’ una cooperazione internazionale diventera’ difficile trovare il modo di arrestare un fenomeno dalle dimensioni globali”. (AGI)

Mrg

martedì 25 novembre 2008

Roma: ridusse in fin di vita la figlia di 4 anni, per gip incapace di intendere

24 nov 15:55
ROMA - Era incapace di intendere e di volere Julian Monnet, il turista francese di 37 anni che il 19 luglio picchio' la figlia di 4 anni fino a ridurla in fin di vita. A questa conclusione e' giunto il professor Roberto Malano, incaricato dal gip Claudio Carini di svolgere un accertamento tecnico-medico sull'uomo. Tuttavia, secondo lo stesso perito, Monnet e' da considerarsi socialmente pericoloso, nonche' attualmente capace di stare in giudizio. Giovedi' prossimo l'udienza dedicata alla discussione in aula della perizia. Monnet e' in carcere dal 17 ottobre scorso. (Agr)

domenica 23 novembre 2008

Scandalo Exit,la7: monsignor Stenico chiede la riapertura del caso, il video era contraffatto

Tutta la vicenda

Monsignor Stenico dà battaglia
Lunedi' 17 novembre 2008
Un anno fa, le telecamere nascoste di Exit, programma di La7 condotto da Ilaria D'Amico, pizzicarono monsignor Tommaso Stenico ad abbordare un ragazzo gay nei locali della Curia romana dopo averlo contattato in una chat.Stenico perde il lavoro e la faccia, il Vaticano spera di mettere tutto a tacere. Ma i fatti sembrano andati diversamente, Stenico dice di essere stato contattato direttamente dal giovane via mail, che dichiarava di essere sul punto di sposarsi pur essendo omosessuale. Inoltre le parole del monsignore, debitamente camuffate, sarebbero state modificate in modo forzato nel corso del servizio televisivo.Stenico lamenta di non aver ricevuto un debito processo dalle gerarchie vaticane e reclama giustizia. Se così non sarà, minaccia di portare in un tribunale civile italiano la Chiesa romana. Sarebbe la prima volta che un religioso fa causa al Vaticano.
Daniele Stefanoni
Fonte http://www.babiloniamagazine.it/new.php?p=2504

VATICANOGATE PER MONS. STENICO
Comparve in tv in un filmato con un giovane gay. Il tribunale ha deciso che il video era contraffatto. Ora vuole soddisfazione. Altrimenti, dice, querelerà la curia lunedì

17 novembre 2008 , di Panorama zoom Gaynews di IGNAZIO INGRAO

Monsignor Stenico a un anno dallo scandalo

A un anno dallo scandalo che ha fatto il giro del mondo, monsignor Tommaso Stenico chiede giustizia. L'ex capufficio della Congregazione per il clero ha perso lavoro e stipendio nell'ottobre 2007 dopo che Exit, talk-show condotto da Ilaria D'Amico sulla 7, aveva mandato in onda un filmato che lo ritraeva in compagnia di un giovane che si diceva gay conosciuto su internet.
Colpito dal clamore della vicenda, il Vaticano ha allontanato Stenico e cercato di mettere tutto a tacere. Ma oggi vengono fuori nuovi particolari su quell'incontro e Stenico chiede la riapertura del caso. Su richiesta dello stesso prelato, il Tribunale civile di Roma ha accertato che l'inviato di Exit non ha contattato il sacerdote su una chat a luci rosse, come era stato detto, bensì spedendogli una email al suo indirizzo privato. Nella lettera, l'inviato della trasmissione si presentava come un giovane che, alla vigilia del matrimonio, aveva scoperto la sua omosessualità e chiedeva un incontro al sacerdote (noto psicologo e psicoanalista) per avere un consiglio.
Il colloquio sarebbe avvenuto durante l'orario di lavoro, negli uffici della Congregazione per il clero. Stenico avrebbe ricevuto il giovane senza accorgersi di essere ripreso da una telecamera nascosta in una lattina posata sul tavolo. Il filmato, afferma ancora il Tribunale civile di Roma nel provvedimento d'urgenza, sarebbe stato poi opportunamente tagliato e montato, stravolgendo il significato del dialogo. La voce del monsignore è stata contraffatta, per renderla irriconoscibile, ma i sottotitoli non hanno riprodotto esattamente quello che il prelato diceva.
Sulla scorta di quanto accertato dal Tribunale civile, Stenico è deciso a dare battaglia. Per questo ha fatto ricorso alla Segnatura apostolica (la Cassazione vaticana). Il prelato sostiene di essere stato punito senza aver avuto un regolare processo canonico. Porta quindi le conclusioni del Tribunale civile di Roma come prova della sua buona fede e chiama in causa i superiori, che avrebbero diffuso alla stampa il suo nome quando era ancora protetto dall'anonimato.
Nelle scorse settimane, inoltre, Stenico ha depositato in Segnatura altri elementi che dimostrerebbero come lui sarebbe stato vittima di una macchinazione. Ci sarebbero alcuni giornalisti disposti a testimoniare a suo favore.
Ora la valutazione dei fatti spetta al nuovo prefetto del tribunale vaticano, lo statunitense Raymond Leo Burke, noto per la sua severità in campo morale. La decisione è attesa ai primi di dicembre.
Se non avrà soddisfazione dai giudici vaticani, Stenico sembra determinato ad andare avanti, chiamando i suoi superiori a rispondere in sede civile e penale di fronte allo Stato italiano.
Sarebbe la prima volta nella storia che un monsignore di curia querela per diffamazione un altro prelato. Nel frattempo l'offensiva giudiziaria del sacerdote prosegue su tutti i fronti: denunce e querele a carico di giornali e siti internet che hanno scritto su di lui. Stenico ha portato in tribunale anche un suo vecchio amico, Gianluca Barile, fondatore del sito di informazione vaticana Petrus, per aver diffuso la sua foto.
Chiuso nel suo appartamento (di proprietà del Vaticano), a due passi da San Pietro, il prelato ha smesso di farsi vedere nella parrocchia di Sant'Anna: celebra la messa privatamente e fa la spola tra Roma e Trento, sua città natale. Al suo fianco un avvocato romeno, Mara Vadan, laureata in diritto canonico. Occhi neri e capelli a caschetto, fisico mozzafiato, elegante e misteriosa dietro un grande paio di occhiali da sole, l'avvocato fa di tutto per trovare prove e riscontri a difesa del suo confessore. È stata proprio Mara Vadan a scrivere, su dettatura di Stenico, la memoria difensiva inviata ai vertici della curia romana. Ed è ancora lei oggi a contattare i testimoni a discarico.
Difficile dire se tanto impegno sarà sufficiente per restituire gli incarichi al prelato. Restano infatti ancora molti punti oscuri che i giudici dovranno chiarire. Per esempio: perché Stenico non ha fornito subito, pubblicamente, la reale versione della vicenda? E perché il Vaticano, che avrebbe avuto tutto l'interesse a sopire lo scandalo, non ha difeso Stenico e la sua buona fede? Ed è possibile che il prelato, abituato a frequentare gli studi televisivi, non si sia accorto di essere ripreso da una telecamera durante il colloquio con il giovane?
Domande per ora senza risposta. Il monsignore lascia intendere che potrebbe essere caduto in una trappola. Stenico sa molte cose sulla curia vaticana: per anni ha raccolto le confidenze di sacerdoti in difficoltà che si rivolgevano a lui per l'assistenza psicologica. Qualcuno può avere interesse a metterlo fuori gioco. Ma sono solo supposizioni. Se si rivelassero vere, lo scandalo a luci rosse assumerebbe l'aspetto di un pesante regolamento di conti in seno alla curia.

mercoledì 19 novembre 2008

Violenza sessuale: vende il figlio di 3 anni al mostro

Abusava sessualmente di un bimbo di appena tre anni. Era la mamma che lo concedeva in cambio di denaro. Affittava il corpo del figlio per poche decine di euro tutte le volte che l’uomo, un impiegato di 65 anni residente a Venaria, lo chiedeva.La vicenda è venuta alla luce, quasi per caso, nella giornata di lunedì. Un gruppo di guardie venatorie di Italcaccia stava pattugliando le campagne intorno a Pianezza. Era già il tardo pomeriggio, i guadiacaccia stavano per interrompere la perlustrazione, incominciava a fare buio. Però, la loro attenzione si è concentrata su un’auto, parcheggiata lungo una strada sterrata, nei pressi di un albero ad alto fusto. Era un Fiat Punto di colore bordeaux. I volontari hanno pensato che fosse la vettura di alcuni bracconieri già segnalati in quella zona.Si sono avvicinati con circospezione, per prendere di sorpresa i presunti cacciatori di frodo ma si sono trovati di fronte ad una scena raccapricciante. Sui sedili anteriori della Punto c’era un uomo, quasi completamente svestito che i guardiacaccia hanno colto nell’atto di abuso sessuale nei confronti del bambino. Dietro di loro, una donna, quella che poi si è rivelata essere la madre del piccolo, che si copriva il volto con le mani e che singhiozzava.Le guardie venatorie hanno immediatamente compreso ciò che stava accadendo e sono intervenuti con estrema decisione. Gli adulti sono stati fatti scendere dall’auto e il bimbo, ormai in lacrime, è stato adagiato sui sedili posteriori. E’ partita immediata la richiesta dei soccorsi.Sul posto è giunta, in pochi minuti, un’ambulanza con personale specializzato che ha prestato assistenza al bambino, contemporaneamente, sono arrivati i carabinieri della stazione di Pianezza che, dopo aver ascoltato il racconto sommario delle guardie, hanno fermato l’uomo e la madre del bimbo e li hanno trasferiti presso la locale stazione dell’Arma. Lì, i carabinieri hanno proceduto alle verbalizzazioni e all’interrogatorio delle due persone fermate.E’ stato avvertito il magistrato di turno che, su quanto accaduto, ha aperto un fascicolo penale. L’uomo è stato trasferito in carcere; per la donna, invece, ci sarà un provvedimento restrittivo di natura diversa, mentre il bimbo è stato temporaneamente affidato ai servizi sociali. Sulla vicenda, fintanto che non sarà chiarita del tutto, si mantiene il più stretto riserbo, tant’è che le forze dell’ordine hanno ritenuto opportuno non rendere note le generalità delle persone fermate. Per prima cosa, le indagini dovranno appurare qual’era il reale legame tra il sessantacinquenne di Venaria e la giovane madre (una straniera) e, quindi, da quanto tempo gli abusi sessuali sul minore venivano perpetrati.

Cronaca qui 19 novembre 2008 Marco BardesonoDavide Petrizzelli

martedì 18 novembre 2008

Pedofilia, Processo Sorelli: tutto da rifare



(red.) Tutto da rifare: il processo d’appello per i presunti abusi sessuali sui piccoli alunni della scuola materna comunale Sorelli di Brescia, iniziato lo scorso 6 ottobre contro otto imputati tra docenti, bidelli e un sacerdote (tutti assolti con formula piena in primo grado), deve ripartire da capo.
Il motivo? La nomina da parte del Csm del giudice a latere Carmelo Sigillo, un componente del collegio giudicante, nella commissione degli esaminatori del concorso per uditori giudiziari. Da lunedì, quindi Sigillo è stato sollevato dalle udienze.
Dopo le richieste di condanna a complessivi 125 anni di carcere avanzate dalla Procura di Brescia (leggi qui), lo sviluppo del processo prevedeva gli interventi delle parti civili.
Ora il presidente Giacomo Sartea, il consigliere relatore Enzo Rosina, il sostituto pg Elisabetta Omboni, i difensori degli imputati e quelli di parte civile dovranno attendere la designazione del nuovo componente del collegio giudicante. Non avendo quest'ultimo assistito alle prime quattro udienze, è necessario che il processo riparta dall’inizio.
Verrà quindi ripetuta la relazione del consigliere Rosina, si riudiranno in aula anche le richieste del sostituto procuratore Omboni. Poi toccherà alle parti civili e ai difensori. Infine la sentenza. Prossimo appuntamento il 4 dicembre.

Qui Brescia 18 novembre 2008

"Rapinava le donne in ascensore", cinque anni per un bagherese

Rosario Scianna è stato condannato per una rapina. Resta indagato per altre rapine e per violenza sessuale

18/11/2008

È stato condannato a 5 anni di reclusione per una rapina, ma resta sotto inchiesta per altri “colpi” ma anche per violenza sessuale. Il gup Mario Conte ha infatti accolto la richiesta di condanna - avanzata dal pm Claudia Caramanna – per Rosario Scianna, 38enne pregiudicato bagherese arrestato lo scorso 3 aprile. Scianna, secondo i pm, si sarebbe specializzato nell’assalire donne sole – negli ascensori o negli androni dei palazzi - e rapinarle. Almeno in un´occasione, inoltre, avrebbe colto l’occasione per palpeggiare le vittime nelle parti intime. La notizia è riportata oggi sul Giornale di Sicilia.

La condanna a 5 anni giunge per un episodio risalente al 29 marzo scorso, quando Scianna rapinò una donna in via Arcangelo Leanti, traversa di via Terrasanta. La donna inizialmente non riconobbe l’aggressione, nonostante la sua foto le fosse stata sottoposta insieme a quelle di altre pregiudicati. Ma il 3 aprile, Scianna fu arrestato in flagrante in via Ariosto, subito dopo una rapina ai danni di un’altra donna. Si era appena fatto consegnare 115 euro da un´anziana assalita in un ascensore. In questa occasione, nel corso di una perquisizione, gli agenti ritrovarono il cellulare della donna rapinata pochi giorni prima, che riconobbe finalmente il suo aggressore.

Scianna inoltre è indagato anche per un altro episodio, avvenuto il 5 gennaio, in un palazzo di via Valdemone. Qui il rapinatore – secondo il racconto della vittima – avrebbe costretto la donna a subire abusi sessuali, all’interno di un ascensore, sotto la minaccia di un coltello.
90011.it18 novembre 2008

Haiti, abusi in orfanotrofio: in carcere due volontari canadesi

Lavoravano come cooperanti, approfittarono di adolescenti

MONTREAL, 18 NOVEMBRE (Apcom) - Due lavoratori umanitari canadesi sono stati condannati a due e a tre anni di carcere per aver aggredito sessualmente alcuni adolescenti in un orfanotrofio di Haiti, secondo quanto appreso da fonti giudiziarie.

Armand Huard, 65 anni, e Denis Rochefort, 59 anni, sono stati condannati rispettivamente a tre e a due anni di carcere per aver abusato di otto e di sei giovani ragazzi di età dai 13 ai 16 anni. I fatti si sono svolti tra il 1. dicembre 2006 e il 1 marzo 2007 nella città di Cayes (sudovest di Haiti) dove i due canadesi lavoravano come cooperanti. I due canadesi hanno ammesso la loro colpevolezza.18/11/2008

AVREBBE ABUSATO DELLA NIPOTINA DI 5 ANNI, NONNO A GIUDIZIO

Il Gup del Tribunale dell'Aquila, ha rinviato a giudizio il 26 febbraio 2009, con l'accusa di violenza sessuale aggravata, un uomo di 78 anni di Preturo, frazione dell'Aquila. Secondo l'accusa, l'anziano dal 2000 al 2005 avrebbe abusato della nipotina di 5 anni di cui aveva la patria potesta' circostanza che lo avrebbe portato tre, quattro volte alla settimana ad abusare della minore. In particolare la bimba sarebbe stata costretta a toccare le parti intime del nonno e a sua volta a subirli, con tanto di baci in bocca. (AGI)
(iL cENTRO 18 novembre 2008 ore 16.36)

venerdì 14 novembre 2008

Pedofilia, Gianfranco Bartoli resta in carcere

di Redazione
giovedì 13 novembre 2008 18:21
Gianfranco Bartoli resta in carcere. Il sessantenne tipografo accusato di pedofilia si è visto respingere dal giudice Maria Paola Tommaselli la richiesta, avanzata dal suo legale di fiducia, l'avvocato Andrea Miroli, di scarcerazione o comunque di una misura meno restrittiva come i domiciliari.

Decisione che il giudice ha preso nel corso dell'udienza di oggi pomeriggio, quando sono stati ascoltati altri due testimoni. Questi hanno detto di aver visto spesso i ragazzi, che risultano essere le presunte vittime delle attenzioni del tipografo civitavecchiese, presso questa sorta di casetta che possedeva nella zona di Sant'Agostino. Il processo è stato poi rinviato al 4 dicembre.

Milano/Costringeva due bambini a violenze sessuali e a guardare video porno: condannato educatore

LA pena è di 7 anni e mezzo di reclusione, oltre ai risarcimenti

MILANO - Minacciava i bambini ospiti di un centro di aiuto per bimbi abbandonati. Li obbligava a subire atti sessuali, a vedere foto e filmini pornografici, a farsi riprendere mentre facevano la doccia o si cambiavano. Usava anche un coltello per spaventarli. E' la storia terribile che si è conclusa oggi con la condanna di un uomo a sette anni e mezzo di reclusione con rito abbreviato presieduto dal gup di Milano Mariolina Panasiti. L'educatore professionale di 32 anni era stato arrestato lo scorso dicembre con l'accusa di violenza sessuale e violenza privata nei confronti di due bambini di 10 e 11 anni affidati, su disposizione dell'autorità giudiziaria, al Centro di Aiuto del Bambino Maltrattato e alla Famiglia in crisi di San Donato Milanese. Per lui il pm Antonio Sangermano aveva chiesto una condanna a otto anni. Il giudice ha anche disposto un risarcimento di 50 mila euro a favore di ciascuna delle due vittime e ha stabilito il versamento di una provvisionale di 10 mila euro per il comune di San Donato, costituitosi parte civile nel procedimento. Cronaca qui Milano 13/11/2008 - GM
http://www.cronacaqui.it/news-costringeva-due-bambini-a-violenze-sessuali-e-a-guardare-video-porno-condannato-educatore_15118.html

Como/Feste, coca e sesso con minori. Tutti assolti, mancano le prove.

Feste, coca e sesso con minori. Tutti assolti, mancano le prove

Una storia sconcertante venuta a galla dopo mesi d’indagini condotte dai carabinieri che arrestarono quattro persone. A sorpresa, invece, il Tribunale di Como ha assolti tutti, non vi sono prove sufficienti


Como, 13 novembre 2008 - Sesso, droga e pure festini a luci rosse con minorenni, anche stupri di gruppo da pagarsi con cocaina. Una storia sconcertante venuta a galla dopo mesi d’indagini coordinate dalla Procura di Como e condotte dai carabinieri che arrestarono quattro persone. Il Pubblico Ministero Giulia Pantano la scorsa settimana aveva chiesto per due persone condanne complessive per otto anni e l’assoluzione per insufficienza di prove per altri due. A sorpresa, invece, il Tribunale di Como ha assolti tutti. Non vi sono prove sufficienti per la loro condanna.

Un’allucinante storia iniziata nel 2005 quando una ragazzina romena, all’epoca minorenne, viene abbordata da un gruppo di coetanei con i quali stringe amicizia ma che ben presto si riveleranno i suoi aguzzini. L’incontro, secondo quanto ricostruito in sede investigativa e in quella processuale, avviene all' 'Orient Express’ di piazza San Rocco a Como. La ragazzina viene prima stuprata in gruppo, poi ricattata: se non dovesse accettare di avere rapporti di sesso con chi dicono loro, le immagini riprese con il telefonino finiranno su internet. Ben presto nel mondo dei giovani, anche della ‘Como benè si sparge la voce: in quel bar si può partecipare a festini a luci rosse. Basta averne voglia e, soprattutto, tante dosi di cocaina.

La storia va avanti per mesi, fino a quando in quel bar entra un 30enne comasco che nulla sa ma che vedendo la ragazzina se ne innamora. L’avvicina, la invita ad uscire. Intuisce che è intimorita nel dirgli no. Non perchè è uno sconosciuto. C’è qualcos’altro. Il 30enne non demorde e riesce dopo qualche tempo a convincerla a uscire con lui. Passa altro tempo e ottiene la sconcertante confessione. Subito corre dai carabinieri. La ragazzina veniva venduta in cambio di cocaina per festini hard, picchiata, drogata e trasportata come merce per clienti tra Torino, Milano, Varese e Como. Scatta l’inchiesta. I festini si consumavano in ville di prestigio del Comasco, ma anche della città. In gran segreto, scatta il blitz. Nella rete cadono prima tre romeni con regolari permessi di soggiorno. Altri riescono a sfuggire alla cattura. Il quarto viene catturato pochi giorni dopo.
La Nazione 14 novembre

giovedì 13 novembre 2008

Arezzo:"L'amante di mamma mi ha violentato". In aula entrambi i due innamorati.

STORIA TORBIDA

Una storia tremenda di stupro. La madre avrebbe chiuso gli occhi mentre il suo amante violentava la figlia. Sotto accusa anche il padre che avrebbe saputo del tentativo di stupro e ne avrebbe approfittato per organizzare un'estorisione ai danni dell'uomo


Arezzo, 13 novembre 2008 - La storia è di quelle un po’ grasse che si incontrano negli scandali di provincia. La madre avrebbe chiuso gli occhi mentre il suo amante violentava la figlia. E il padre si sarebbe approfittato della situazione ricattando lo stupratore: dammi i soldi se vuoi evitare che denunci. Il risultato è che stamani saranno tutti nell’aula del Gip Anna Maria Lo Prete, accusati a vario titolo di violenza sessuale, concorso ed estorsione. Nei panni di chi punta il dito sulle nefandezze degli adulti la ragazzina di allora (aveva 17 anni) che nel frattempo è diventata donna e si è anche sposata. C’è chi nega e chi patteggia. Nega tutto l’amante, è pronto a concordare la pena per estorsione il padre che si sarebbe abbassato al ricatto, o meglio al tentativo, come è contestato nel capo di imputazione del Pm Giuseppe Ledda.

Comincia tutto nella primavera del 2004, quando la ragazza viene invitata nell’auto dell’amante, un quarantenne, col consenso, anzi con la calda raccomandazione della mamma, di cui si suppone sapesse le intenzioni dell’uomo e le favorisse. Finisce in una stradina di campagna dalle parti di San Leo: la diciassettenne si trova con l’amico della madre che abbassa il sedile dell’auto, le salta addosso, tenta di stuprarla, allungando le mani un po’ dappertutto. Questo almeno è quello che lei racconta qualche giorno dopo nella denuncia in questura raccolta dalla squadra mobile. E non è tutto. Perchè in una situazione familiare disastrata, il padre sa benissimo che la moglie ha un’amante e chiude tutti e due gli occhi. Non solo. In qualche modo viene a conoscenza del tentativo di violenza nei confronti della figlia e ne approfitta non per cercare giustizia, ma per tentare un ricatto. All’amico della moglie dice papale papale: dammi mille euro se vuoi evitare che anch’io vada a denunciare tutto. Il quarantenne dice di aver rifiutato, ma basta il tentativo a far scattare il reato. E’ estorsione e l’avvocato del padre, Giuseppe Renzetti, proverà oggi a patteggiare la pena. Un punto a favore dell’accusa, che a questo punto può vantare una sorta di sostegno tangibile all’ipotesi d’accusa: se c’è stato ricatto, deve esserci stato anche qualcosa dal quale il ricatto è nato.

Il che non impedisce all’amante quarantenne, difeso dall’avvocato Francesco Molino, di negare tutto e di dirsi innocente. Alla sua posizione, ovviamente, è legata quella della mamma: se lui non ha violentato la figlia, lei non può aver concorso nel reato. Quella di stamani sarà dunque un’udienza caldissima. L’accusa è odiosa. Lo è per il quarantenne e lo è ancor di più per i genitori, che si vedono chiamati in causa per aver speculato sulla figlia. Una per tenersi stretto l’amante, l’altro per lucrare dei soldi da un tentativo di stupro. In aula non si faranno compromessi. Stavolta non ci sono di mezzo riti abbreviati. Si va al proscioglimento, assai improbabile in questa fase, o al processo pubblico, dinanzi al collegio del tribunale. La ragazza potrebbe costituirsi parte civile, anche non ci sono certezze.

Al gip adesso e ai giudici poi il compito di provare a dipanare il groviglio di vipere di una famiglia che a una famiglia assomigliava assai poco e delle accuse reciproche, in cui tutti sono contro tutti. Il classico caso in cui nessuno dava buoni consigli per la semplice ragione che si preferiva dare il cattivo esempio.
Salvatore Mannino
La Nazione 13 novembre 2008

lunedì 10 novembre 2008

PEDOFILIA: TRENTO, IN QUEL BOSCO, ALBERTO ROMEI LI VIOLENTO': “SU QUEI RAGAZZI DANNI IMMENSI”

cemetary_death_cross_270496_l


Sei anni di reclusione e 280 mila euro di risarcimento alle pati civili e’ la pena a cui il tribunale di Trento ha condannato oggi Alberto Romeri, 51 anni di Nave San Felice, l’uomo che nel febbraio di quest’anno venne arrestato con l’accusa di aver molestato sessualmente alcuni minori nei pressi del bosco sopra il lago di Terlago.

Gli avvocati Nicola Degaudenz e Paolo Fava hanno fatto della partecipazione attiva dei due adolescenti la spina dorsale della propria difesa. Nessuna scusante per gli atti sessuali con minori di 14 anni, ma la certezza che i rapporti avvennero senza costrizione. E per convincere i giudici (Ancona, Serao e Forlenza) i difensori ieri hanno giocato una carta a sorpresa, presentandosi in aula con un computer portatile caricato con il video dei rapporto orale tra uno dei due tredicenni e Romeri e da questi filmato con la telecamera. «Prendetevi due minuti per guardarlo - hanno chiesto i legali ai giudici - e capirete che il sesso in quel bosco non era certo ottenuto con la forza». I magistrati si sono ritirati in camera di consiglio per visionare il filmato e forse questa si è rivelata la carta vincente per contenere la pena.

Secondo i giudici i due ragazzi avrebbero partecipato attivamenti ai rapporti, sentendosene anche gratificati. In una sola occasione ci sarebbe stata violenza: quando Romeri - stando al racconto della vittima - avrebbe trascinato nel bosco uno dei due tredicenni costringendolo ad avere un rapporto. Ma a quel rapporto - argomentano i giudici - ne sono seguiti molti altri, segno che il minore non sarebbe stato soggiogato psicologicamente da Romeri. Di tutt’altro avviso le parti civili - costituite con gli avvocati Paolo Demattè e Maurizio Piccoli - e soprattutto il pm Davide Ognibene. Nella sua requisitoria la procura ha chiarito che quelli contestati all’imputato sono fatti di estrema gravità, soprattutto alla luce di quanto affermato dallo stesso consulente della difesa secondo il quale Romeri agiva non perché violento o pedofilo ma solo per una ricerca del piacere. «Ha rovinato la sessualità a questi tredicenni» - ha concluso il pm, ritenendo l’imputato pericoloso e violento. Nel suo computer, ha spiegato il pm, sono state trovate foto raccapriccianti, compresa quella (scaricata da internet) di una bimba di appena due anni costretta ad un rapporto sessuale durante il quale la piccola piange e chiama la mamma. Immagini choc, che solo una personalità con tendenza ad una sessualità prevaricatrice potrebbe apprezzare. Di qui la richiesta ad una condanna a dodici anni di reclusione, ridotti a otto per lo sconto di un terzo dovuto alla scelta del rito abbreviato.

«Su quei ragazzini danni immensi»
TRENTO. «Il danno inflitto ai ragazzini è semplicemente immenso». Il senso più profondo di tutta l’inchiesta sulla pedofilia al lago di Terlago è racchiuso in poche righe scritte dal giudice Carlo Ancona nelle motivazioni della sentenza che ha condannato Alberto Romeri a sei anni di carcere. Forse quei due ragazzi non sono stati violentati e costretti con la forza ai rapporti sessuali, ma Romeri ha approfittato della loro «sessualità incerta», segnando «in modo indelebile la personalità» di quei due tredicenni. Le sei pagine depositate ieri dal giudice ricostruiscono in sintesi la vicenda partendo dalle denunce presentate dalle famiglie delle due giovani vittime che - con Romeri - ebbero alcuni rapporti sessuali nell’orami noto boschetto che domina il lago di Terlago. Il giudice ritiene «contraddittorie» tra loro le testimonianze delle vittime, ma nel contempo fa proprio l’esito della perizia della dottoressa Boccagni che ha giudicato attendibili i due ragazzini. Elemento essenziale per valutare la pena da infliggere all’imputato è stato per i giudici la presenza o meno di violenza nei rapporti sessuali. Per un ragazzino questo problema - scrive Ancona - non si pone: «Di vere e proprie violenze non parla nemmeno la vittima, limitandosi a riferire di telefonate intercorse con Romeri (…), ma che però fanno riferimento ad una fase avanzata dei rapporti con i protagonisti». Come dire: se anche quelle telefonate di minaccia («se non vieni faccio male ai tuoi genitori») ci furono, esse vennero fatte quando già il ragazzino e Romeri avevano avuto rapporti. Diversa la posizione del secondo minore. Secondo i giudici in questo caso Romeri avrebbe usato violenza almeno durante il primo incontro sessuale, quando «venne afferrato per un braccio, portato in un luogo riparato e assoggettato a rapporti sessuali in condizioni di privazione della libertà perché l’uomo lo teneva sempre con forza per il braccio». Tuttavia - stando alle motivazioni della sentenza - «la volontà dei rapporti sessuali intrattenuti non è in discussione per gli incontri successivi al primo, quando l’imputato aveva ormai conquistato la complicità dei ragazzi, gratificandoli della partecipazione a rapporti sessuali apparentemente paritetici». Tutto questo - però - non fa venir meno la gravità delle conseguenze patite dai due tredicenni, che Ancona sottolinea con forza: «Il fatto che solo all’inizio sia stata usata coercizione fisica (…) costituisce il sintomo di un aggravamento del danno: evidentemente, ormai, dopo i primi incontri l’influenza della condotta dell’imputato aveva consolidato i suoi effetti sulla personalità dei ragazzini». Tutto questo ha provocato «grave disagio in famiglia, nel senso di non aver più la stessa confidenza nel colloquio con il figlio su molti argomenti di interesse per il suo futuro». - Luca Petermaier
L'Adige 9 novembre 2008

- PEDOFILIA: AVVOCATO BOLZANINO, ABUSI SUI NIPOTI, ORA UN ALTRA DENUNCIA A SUO CARICO

Pedofilia: un’altra denuncia
ROVERETO. Il fascicolo a carico dell’avvocato bolzanino accusato di pedofilia, per le molestie avvenute ad Arco sui suoi due nipotini, si fa più pesante. Nei giorni scorso il procuratore roveretano Rodrigo Merlo ha aggiunto a quegli episodi una seconda denuncia: vittima una ragazzina roveretana di 13 anni, molestata nel dicembre scorso mentre passava sulla pista ciclabile lungo l’Adige nella zona di Marco. Il giorno dopo quel bruttissimo episodio, assieme ai genitori aveva denunciato l’accaduto ai carabinieri, fornendo una sommaria descrizione del pedofilo. Denuncia contro ignoti, comunque. Sono stati gli stessi genitori, in seguito al clamore di stampa suscitato dall’arresto del legale bolzanino, a notare nel poco che si è detto finora di lui delle coincidenze con quanto riferito dalla figlia. Si sono presentati nuovamente ai carabinieri, suggerendo un approfondimento, che è stato compiuto. E la ragazza, che mai ha avuto modo di vedere fotografie dell’avvocato, lo avrebbe identificato con certezza riconoscendo proprio in lui l’autore di quelle molestie. A questo punto la denuncia è confluita nel fascicolo già aperto a carico del legale bolzanino: una svolta, se le prime supposizioni dell’accusa si dovessero rivelare fondate, non solo perchè dimostrebbe una tendenza consolidata, ma soprattutto perchè aggiunge credibilità anche alla prima denuncia. Contestata dall’avvocato con la massima forza. I nipoti sono molto piccoli: 4 e 8 anni. Ha puntanto la difesa su suggestione e malinteso.


PEDOFILIA: ROVERETO, AVVOCATO BOLZANINO AGLI ARRESTI PER ABUSO SESSUALE, CI SAREBBERO NUOVI ELEMENTI

Ci sarebbero nuovi elementi di accusa a carico dell’avvocato bolzanino agli arresti domiciliari dall’agosto scorso nell’ambito di un’inchiesta su presunti abusi sessuali nei confronti di minori del Basso Sarca, condotta dal procuratore capo di Rovereto Rodrigo Merlo. Ora una ragazzina di 13 anni - secondo quanto reso noto dal quotidiano L’Adige - avrebbe raccontato ai carabinieri di avere subito nel dicembre scorso attenzioni sessuali da un uomo di mezza eta’ lungo la pista ciclabile a Marco, in Vallagarina. Dopo un confronto sull’identikit, che pare avrebbe dato esisto positivo, la procura di Rovereto sta accertando la sussistenza delle accuse. Intanto nei prossimi giorni si terra’ ‘incidente probatorio per verificare l’attendibilita’ delle testimonianze del piu’ piccolo dei bambini coinvolti nella vicenda giudiziaria. (ANSA).

Bidello accusato di abusi su bimbo 3 anni

legali del bidello accusato per un episodio accaduto due anni fa chiedono il rito alternativo: «Purché il giudice conceda la perizia neuropsichiatrica per verificare l’attendibilità della vittima»
Presunte molestie su un bambino, perizia sui famigliari



Si terrà mercoledì prossimo alle 9.30 l'udienza preliminare del processo del bidello di una scuola dell'infanzia del Lido accusato, nel dicembre 2006, di presunte molestie sessuali ai danni di un bimbo di tre anni. Dopo l'incidente probatorio, la vicenda potrà arrivare ad una svolta. I legali dell'operatore scolastico M.G. finito nella bufera, chiederanno il rito abbreviato, richiesta condizionata però, dallo svolgimento di alcuni altri accertamenti, come una perizia, da parte del neuropsichiatra infantile al bambino ed estesa anche al suo nucleo familiare per poter valutare ulteriormente l'effettiva attendibilità della testimonianza del bimbo in tenerissima età. I legali del dipendente scolastico, Renato Alberini e Augusto Palese, preannunciano così una svolta nella linea difensiva.
«Formalizzeremo la richiesta in fase d'udienza spiega l'avvocato Alberini dando la nostra disponibilità a rinunciare al dibattimento e ad essere giudicati dal giudice, poiché ci sia un supplemento di accertamenti che riteniamo indispensabili per provare l'assoluta estraneità del nostro assistito ai fatti che gli sono stati addebitati. Crediamo sia opportuna una perizia neuropsichiatrica per fare luce sull'effettiva attendibilità della versione fornita dal bimbo. Se il giudice accetterà le nostre richieste opteremo per la forma abbreviata, altrimenti andremo al processo ordinario. Non possiamo che confermare ciò che abbiamo sostenuto fin dall'inizio - continua il legale - e cioè che ci opponiamo fermamente, invece, a qualsiasi forma di patteggiamento, data la nostra convinzione dell'assoluta estraneità rispetto alle accuse che sono stato mosse all'operatore ausiliario. E su questa linea andiamo avanti».

Oltre ad una perizia neuropsichiatrica la difesa potrebbe chiedere un ulteriore accertamento: il parere del medico legale che possa effettivamente rilevare se le lesioni sofferte dal minore e giudicate anche compatibili con possibili abusi sessuali, non siano state invece causate da un semplice arrossamento, che potrebbe essere comune ai bambini di quell'età.

Lorenzo Mayer il Gazzettino 9 novembre 2008

Pedofilo Recidivo Agrigento, i periti: Jacono è sano di mente




Cronaca -
Pedofilo recidivo, il perito: "E' sano di mente"
di Silvio Schembri

"Vincenzo Iacono è sano di mente e perfettamente capace di intendere e di volere". E' quanto scritto nella perizia psichiatrica chiesta per il 46enne agrigentino che, lo scorso febbraio, avrebbe violentato una bambina di quattro anni.E' invece diverso il parere espresso dal perito di parte, il quale sostiene che l'imputato soffra di "turbe psichiche".Iacono, difeso dall'avvocato Raimondo Cipolla, aveva chiesto il chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato, al fine di ottenere, in caso di condanna, uno sconto di pena.La prossima udienza è stata programmata per giovedì 20 novembre durante la quale Vincenzo Iacono potrebbe ricevere la condanna.
Agrigento news- 17/10/2008 08:39

sabato 8 novembre 2008

Orrore a Eboli, segregato da ex guardia carceraria: "Schiavo? Lo aiutavo a vivere"

L’orrore di Eboli, cinque ore di interrogatorio per l’ex guardia carceraria arrestata
«Schiavo? Lo aiutavo a vivere» Somma si difende: «A Cosimo ho dato un tetto»


Somma si difende davanti ai giudici. La vittima trasferita dai familiari a Varese
Eboli. È durato quattro ore l’interrogatorio di Mangiafuoco. Alessandro Somma, 54 anni, l’ex guardia carceraria, ha risposto a tutte le domande del gip Orio e del pm Penna. L’indagato rischia 15 anni di carcere per le due accuse mosse dai carabinieri di Eboli: sequestro di persona e riduzione in schiavitù. Somma poteva avvalersi della facoltà di non rispondere. Non lo ha fatto. Ha rigettato tutte le accuse di Cosimo De Stefano, 45 anni, la vittima incatenata nel tugurio agricolo in località Scorziello. Assistito dagli avvocati Franco e Costantino Cardiello, l’ex guardia giurata si è difeso su tutte le accuse. «Nutriamo molti dubbi sulle tesi accusatorie», scrivono i legali di Somma. Il quale, se non proprio un padre, cerca di accreditare di sè l’immagine di un fratello maggiore di De Stefano. «Conosco Cosimo De Stefano, era lui che veniva da me, mi cercava - ha dichiarato Somma -. Io gli ho dato un tetto, lo facevo dormire, non l’ho mai costretto a fare cose contro la sua volontà. Io schiavista? Non tenevo Cosimo in catene».
FRANCESCO FAENZA Eboli. È durato quattro ore l’interrogatorio di Mangiafuoco. Alessandro Somma, 54 anni, l’ex guardia carceraria, ha risposto a tutte le domande del gip Orio e del pm Penna. L’indagato rischia 15 anni di carcere per le due accuse mosse dai carabinieri di Eboli: sequestro di persona e riduzione in schiavitù. Somma poteva avvalersi della facoltà di non rispondere. Non lo ha fatto. Ha rigettato tutte le accuse di Cosimo De Stefano, 45 anni, la vittima incatenata nel tugurio agricolo in località Scorziello. Assistito dagli avvocati Franco e Costantino Cardiello, l’ex guardia giurata si è difeso su tutte le accuse. «Nutriamo molti dubbi sulle tesi accusatorie - scrivono i legali di Somma -. Questa mattina saremo a colloquio con il nostro cliente. L’interrogatorio è durato 4 ore, durante le quali Somma ha dichiarato e dimostrato la sua innocenza. Avvieremo comunque delle indagini difensive per fare piena luce sul caso». Mangiafuoco era un filantropo, è questa strategia degli avvocati difensori. «Conosco Cosimo De Stefano, era lui che veniva da me, mi cercava - ha dichiarato Somma -. Io gli ho dato un tetto, lo facevo dormire, non l’ho mai costretto a fare cose contro la sua volontà. La sera lo lasciavo nella casa di Scorziello, me ne tornavo dai miei familiari, a Campagna (Somma è sposato ed è padre di due figli, ndr)». Il racconto dell’indagato è condito di aneddoti sugli ultimi due giorni trascorsi De Stefano: «Io schiavista? Non tenevo Cosimo in catene - ha ribadito Somma -. De Stefano, martedì mattina, ha mangiato con me, mia madre e mio cugino. Non gli ho mai imposto nulla. Gli ho offerto un tetto. Lui sapeva che a Scorziello avevo un rudere malmesso, con una sola lampadina funzionante, con i miei cani. De Stefano sapeva che i servizi igienici erano rotti, che doveva utilizzare un secchio. Lui mi ha chiesto un letto dove dormire. Io gliel’ho offerto». Sulle catene ritrovate dai carabinieri, però, Somma non è riuscito a giustificarsi. Altra accusa. Lunedì 3 novembre, De Stefano lascia la casa in località Scorziello. Va da Tonino, un amico del Quadrivio di Campagna. Secondo l’accusa, Somma sarebbe accorso a Campagna per riprendersi De Stefano con la forza. Anche su questo, l’indagato ebolitano solleva molti dubbi: «Mercoledì sera ero in giro, quando Cosimo mi ha chiamato. Mi ha chiesto di raggiungerlo al Quadrivio di Campagna. Cosimo tifa per la Juventus, stava vedendo la partita contro il Real Madrid, in un circolo ricreativo. Sono andato al Quadrivio, ci siamo incontrati e si è fatto accompagnare nella mia proprietà in località Scorziello». Erano le 23, quando Somma e De Stefano si sono diretti nell’agro ebolitano. Cinque ore dopo sono arrivati i carabinieri di Nobile Risi. E hanno trovato De Stefano chiuso in una stanza decrepita, incatenato, mentre Somma dormiva in un locale accanto, in un letto a due piazze. Mangiafuoco è stato arrestato, la sua vittima è stata affidata ai servizi sociali. Il rudere con i nove pitbul, ridotto in condizioni antigieniche e disumane, è ora sotto sequestro.

Un Biglietto verso la libertà
MARIA VITA DELLA MONICA Eboli. Un biglietto per Varese. Cosimo De Stefano, 45 anni, ha ricevuto dai servizi sociali un ticket ferroviario per allontanarsi da Eboli. Dovrebbe raggiungere dei familiari, nel nord della Lombardia. La località è segreta. E i dubbi che lasci Eboli sono tanti. Chi lo conosce, conferma il suo attaccamento alla città: «Ritorna sempre qui. Questo è il suo paese, la città dove è cresciuto. Non resisterà a lungo, tornerà presto a Eboli». O forse se ne andrà a Campagna, nella frazione Quadrivio, dove ha conosciuto un altro amico, Tonino. Proprio questa nuova amicizia avrebbe scatenato l’ira di Alessandro Somma, il suo progetto folle di riprendersi Cosimo De Stefano, di rinchiuderlo in catene, di costringerlo a vivere nel rudere di località Scorziello. Cosimo aveva un nuovo amico: Tonino. E proprio Tonino, mercoledì sera, ha chiamato i carabinieri per chiedere la liberazione di Cosimo. Ha indicato il rudere agricolo, la località ebolitana, le condizioni in cui De Stefano era ridotto. Grazie alle dichiarazioni di Tonino, i carabinieri hanno organizzato il blitz di giovedì notte. I due si sono conosciuti in ospedale, nel reparto di chirurgia. Tonino era ricoverato, Cosimo si trovava di passaggio. Al Maria Santissima Addolorata, De Stefano è conosciuto da molti sanitari e infemieri. Faceva il parcheggiatore abusivo, diversi anni fa. Era stato assunto anche come volontario, in una croce privata. Da diversi anni, però, De Stefano non viveva più "intorno" all'ospedale. Nata l’amicizia con Tonino, il 45enne ebolitano ha deciso di abbandonare Somma, di trasferirsi a Campagna. Ma dopo cinque anni di convivenza, Mangiafuoco ha reagito male, ha raggiunto Cosimo a casa del nuovo amico, lo ha “convinto” a seguirlo di nuovo in località Scorziello. Cinque anni di convivenza finiti nel modo peggiore. Dopo il blitz liberatorio dei carabinieri, Di Stefano ha parlato tutta la notte con i militari del maggiore Risi, lasciando di sasso gli investigatori con i suoi racconti ai limiti della realtà: «Somma mi costringeva a lavorare la terra, ad accudire i nove pitbull, ad effettuare lavori edili nella casa in località Scorziello», è l'atto d'accusa di De Stefano. Il resto lo hanno visto e fotografato i carabinieri. Il catenaccio davanti alla porta, le catene alle mani e ai piedi di De Stefano, i nove pitbull da sfamare, con strane cicatrici sul dorso e sul viso, le condizioni igieniche inesistenti, topi morti sui pavimenti, pozzanghere stagnanti in casa, rifiuti sparsi ovunque.

Alanno (PE): suora circuisce anziana, condannata a 18 mesi

Un anno e mezzo di reclusione per circonvenzione di incapace: questa la condanna comminata dal tribunale di San Valentino a una suora sessantaduenne, Giuseppa Iovino. La religiosa avrebbe infatti sottratto oltre 300.000 euro a un’ospite della casa di riposo che gestiva ad Alanno, intascando inoltre quasi la metà della pensione spettante alla degente, che secondo una perizia psichiatrica aveva una ridotta capacità di intendere e di volere.

mercoledì 5 novembre 2008

Pedofilia, Processo a Daniel dei "Milk and Coffee": abusi su allieva dodicenne


Maestro di canto è stato denunciato dal padre della ragazza
Rory Cappelli

Il cantante, 49enne, accusato di aver abusato di una sua allieva di 12 anni
Avrebbe coinvolto una ragazzina di 12 anni, sua allieva, in un rapporto sentimentale durato due anni. E così, con l´accusa di violenza sessuale e atti sessuali su minore di 14 anni, Francesco Faro, 49 anni, che dagli anni Ottanta, con il nome Daniel, è il cantante del gruppo Milk & Coffee, è stato rinviato a giudizio dal Gup Claudio Mattioli su richiesta del pm Giovanni Bombarbieri. Musicista, insegnante di canto e di chitarra jazz, arrangiatore e compositore (ha scritto per Loredana Berté e arrangiato l´inno della Lazio interpretato da Pino Insegno, Reitano, Siria, Paola Turci), persino attore (è stato protagonista, con Licia Colò, di fotoromanzi sulla rivista Grand Hotel), Daniel/Francesco Faro, che gestisce insieme ad altre tre persone l´"Accademia d´arte teatrale tra palco e realtà" di via Voghera e che insegnava in diverse scuole della capitale, aveva Giulia (il nome è di fantasia) tra le sue allieve.Nel luglio del 2007, quando quindi la ragazzina ha appena 12 anni, inizia con lei una relazione, documentata dai tabulati telefonici. Secondo questi dati in un anno e mezzo allieva e maestro si sono chiamati circa 1800 volte, a un ritmo di tre-quattro telefonate al giorno. È stato proprio questo l´elemento dell´indagine che ha fatto scattare il rinvio a giudizio. Faro si è infatti sempre difeso affermando che la bambina aveva inventato la relazione «spinta dalla gelosia e dal desiderio di avere successo nel campo dello spettacolo».Secondo gli investigatori le cose sarebbero andate in un modo diverso: Daniel avrebbe circuito la ragazzina, per poi stancarsi di lei. E Giulia, innamorata persa, avrebbe iniziato a fare scenate, a cercarlo a tutte le ore, a «sfuggirgli di mano» come spiegano gli inquirenti. Irrequieta e infelice Giulia insospettisce il padre: il quale venuto a conoscenza della storia, la porta dal "maestro" per farsi spiegare cosa sta succedendo. Lui nega la relazione. Accusa Giulia di essersi inventata tutto: «Quella ragazza non l´ho mai toccata. Cercavo di dedicarle maggiori attenzioni perché la considero davvero brava, ha una voce bellissima» aveva detto Faro al Gip Donatella Pavone. «Solo negli ultimi mesi ho capito che si era invaghita. Ma ho sempre respinto le avances». Parte la denuncia. Iniziano le indagini. Nel dicembre del 2007, Faro viene arrestato ai domiciliari. Un paio di settimane dopo, su decisione del Tribunale del Riesame, i domiciliari vengono revocati. Adesso, dopo l´acquisizione di nuovi elementi di prova come i tabulati telefonici, il rinvio a giudizio. Faro rischia fino a 10 anni di carcere. Il 23 dicembre prossimo la prima udienza.
(Espresso Local 05 novembre 2008)

Pedofilia, Brescia: suore in preghiera per don Marco Baresi

L’ex vicerettore del seminario a processo per pedofilia

di ITALIA BRONTESI— BRESCIA —DON MARCO BARESI, ex vicerettore del Seminario di Brescia, da un anno agli arresti domiciliari con l’accusa di abusi sessuali su minore e detenzion...

2008-11-05di ITALIA BRONTESI— BRESCIA —DON MARCO BARESI, ex vicerettore del Seminario di Brescia, da un anno agli arresti domiciliari con l’accusa di abusi sessuali su minore e detenzione di materiale pedopornografico, era in aula. Fuori, nella piazzetta davanti al Tribunale, una ventina di persone, gli «amici di don Marco», tra cui quattro suore, ma anche «un ateo» per autodefinizione, con indosso magliette e giubbini con la scritta «free don», si sono messe in cerchio e hanno pregato. Hanno anche aperto un sito e raccolto firme per «una campagna di testimonianza sull’innocenza di don Marco». PRIMA UDIENZA ieri del processo al sacerdote, 39 anni, parroco di San Zeno e dal ’99 vicerettore del seminario, arrestato il 27 novembre del 2007 per pedofilia. Le indagini della squadra Mobile, ricostruite ieri in aula dall’ispettore Gianni Bellagente, hanno preso il via dalla denuncia di un ex allievo di don Baresi. Il ragazzo, che lasciò il seminario alla fine della terza media, ha raccontato di aver subito abusi sessuali da don Baresi. Nel computer del sacerdote la polizia trovò molte immagini di contenuto inequivocabile, scaricate da internet. Don Marco Baresi ha sempre respinto le accuse, sostenendo anche che non era il solo ad aver accesso a quel computer. In aula, davanti alla prima sezione penale del Tribunale presieduto da Enrico Fischetti, per l’accusa i pm Simone Marcon e Francesca Stilla, per la difesa l’avvocato Luigi Frattini. Tra i testimoni citati al processo anche monsignor Francesco Beschi, vescovo ausiliare di Brescia. Prossima udienza il 19, altre sette sono in calendario fino al 23 marzo, per un caso che ha scosso il mondo cattolico bresciano e non solo.

Violenza sessuale: avrebbe abusato delle figlie, arrestato agricoltore Lecce

In carcere agricoltore di 53 anni

(ANSA) - ALLISTE (LECCE), 5 NOV - Arrestato un agricoltore 53enne con l'accusa di aver compiuto, tra il 1998 ed il 2003, violenze sessuali sulle 2 figlie minorenni. All'epoca le bambine avevano avevano 7 e 10 anni. L'uomo, arrestato dai Cc di Alliste in esecuzione di un ordine di carcerazione, deve scontare una pena diventata definitiva a settembre. Le indagini furono avviate nel 1998, quando una delle due piccole confido' a una maestra gli abusi e le continue attenzioni sessuali del padre.

martedì 4 novembre 2008

DON GELMINI: DIFESA RICUSA GUP

Una richiesta di ricusazione del gup di Terni, Pierlugi Panariello, e' stata avanzata dal collegio difensivo (avvocati Filippo Dinacci e Lanfranco Frezza), del fondatore della Comunita' Incontro don Pierino Gelmini. A carico del sacerdote e' in corso un procedimento per molesie ed abusi sessuali, dei quali sarebbero state vittime 10 ospiti della comunita', che sta vivendo la fase preliminare. Nell'ultima udienza del 30 ottobre scorso il giudice ha ammesso l'istanza avanzata dal PM di incidente probatorio per sentire i denuncianti, fissando per lo svolgimento l'udienza del 4 dicembre. In relazione alle deposizioni di Michele Iacobbe e Giovanni Preziuso, nell'istanza di ricusazione si rileva che il gup consideri pacifico che questi giovani siano stati indotti a ritrattare le accuse in cambio di denaro, circostanza che, secondo i legali, presuppone che il giudice ritenga attendibili le dichiarazioni, anticipando, secondo una logica allo stato inopportuna, il giudizio di merito per la responsabilita' degli imputati. Contro tale decisione si e' mobilitata anche la difesa di Giampaolo Nicolasi (avvocato Manlio Morcella), collaboratore del sacerdote, accusato di favoreggiamento, al pari di un altro collega e della madre di uno degli accusatori.


(04 novembre 2008)

Condannato per pedofilia, il Tribunale Federale annulla la sentenza



LOSANNA - Il Tribunale federale ha annullato la condanna a otto anni e mezzo di reclusione inflitta lo scorso marzo ad un pedofilo a Ginevra. L´uomo, sposato e padre di tre figli, era accusato di aver molestato sessualmente sette bambine dai 4 ai 7 anni, di cui le proprie figlie.

Riservata in linea di massima ai reati più gravi, la pena inflitta dalla magistratura ginevrina è "troppo pesante", ritiene il TF. Essa non tiene peraltro conto di eventuali circostanze attenuanti, quali l´assenza di antecedenti giudiziari, la confessione dell´imputato e di una responsabilità parzialmente scemata a causa di un lieve handicap fisico.


Accogliendo un ricorso dell´uomo, i giudici federali hanno invitato la Corte di cassazione a riesaminare il caso. Condannato ad una pena supplementare di 18 mesi di carcere per altri reati pedofili, il ginevrino avrebbe dovuto scontare dieci anni.


ATS

lunedì 3 novembre 2008

CHIESA E PEDOFILIA:ABUSI SU 24 BAMBINI MA PER IL FRATE CAPPUCCINO DUE SONO PRESCRITTI


Incredibile il caso che vede protagonista un frate cappuccino di 68 anni accusato di aver regolarmente abusato di ragazzini per 35 anni. Il numero di ragazzini dai 9 ai 14 anni di cui avrebbe abusato è di 24, ma lui sostiene che due casi sono caduti in prescrizione. Mi domando se, in cuor suo, il frate pensi che faccia una grande differenza aver abusato di 24 bambini o di 22.

Preti pedofili in diocesi Friburgo, Losanna, Ginevra

3, Novembre 2008 Fra i sacerdoti della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo indagati per abusi sessuali è stato smascherato un “predatore” di bimbi: il frate cappuccino di cui si era già parlato agli inizi dell’anno è sospettato di aver abusato di 24 fanciulli sull’arco di almeno 35 anni. Lo ha indicato oggi la giudice istruttrice friburghese Yvonne Gendre. Il caso di un altro prete è stato trasmesso alla magistratura neocastellana.
Un predatore di bimbi fra i sacerdoti La giudice ha reso conto stamani delle investigazioni avviate inizio estate sulla base di una “lista di sospetti” ricevuta dalle mani di un parroco attivo nel canton Vaud. Cinque indagini preliminari sono state avviate contro altrettanti sacerdoti. Due essendo deceduti, l’operato della giustizia si è concentrato sugli altri tre. Uno dei religiosi è stato scagionato e l’inchiesta che lo riguardava è stata archiviata.
Il caso più grave è rappresentato dal frate cappuccino di 68 anni, sul quale agli inizi dell’anno la magistratura francese aveva aperto un’inchiesta. L’uomo “ha agito in tutta impunità per più di 35 anni”. Quando la giudice ha ricevuto il fascicolo riunito dalla diocesi, esso conteneva già i nomi di otto vittime, fra le quali il nipote dell’ecclesiastico. Dopo l’interrogatorio dell’interessato, il loro numero è salito a 22. L’apposita commissione della diocesi ha poi annunciato due vittime supplementari.
Il frate contesta due casi, che sarebbero ormai caduti in prescrizione. Gli abusi sono stati commessi in svariati cantoni e in Francia. È tuttavia in questo paese che sono stati commessi i fatti non ancora coperti dalla prescrizione: l’ultimo risale al 1995, mentre il nipote è stato molestato nel 1992. La giudice friburghese ha già contattato un collega di Grenoble, cui saranno trasmessi i risultati dell’inchiesta. Il religioso potrebbe essere giudicato in Francia o nel cantone - il cui nome è stato taciuto - dove risiede attualmente.
Le vittime dell’ecclesiastico erano tutti ragazzini dai 9 ai 14 anni “particolarmente vulnerabili”, ha dichiarato la giudice. Tre di loro erano handicappati. I primi abusi sono incominciati nel 1958 quando il religioso studiava in un convitto in Vallese. L’ecclesiastico era poi stato implicato in casi di pedofilia in Svizzera tra il 1968 e il 1972. Nel 1989 aveva lasciato il paese per la Francia. Nel 2002, la diocesi, venuta a conoscenza della situazione, aveva allertato la curia di Grenoble della pericolosità dell’uomo. Dopo essere stato trasferito a Lione, il frate era rientrato in Svizzera nel 2005.
(ats)

Svizzera/Cappuccino pedofilo: niente abusi nel Giura, trasferito a Zurigo
8, Febbraio, 2008
Il cappuccino sospettato nel Giura di pedofilia non ha commesso abusi nel cantone: il procuratore generale Yves Maître ha annunciato oggi di aver dunque archiviato il caso. Il religioso ha nel frattempo lasciato Delémont per raggiungere una comunità di cappuccini nei pressi di Zurigo.L’inchiesta di polizia ha permesso di accertare che il convento di Montcroix dove risiedeva il religioso non aveva accesso ad internet e che quest’ultimo non era in possesso di materiale a carattere pedofilo, ha precisato il procuratore.Il 67enne cappuccino era stato oggetto di attenzione da parte della stampa svizzera nelle scorse settimane in seguito a un’indagine avviata contro di lui in Francia. Nicolas Betticher, portavoce e, dal primo gennaio, anche vicario generale giudiziario della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo aveva fatto pubblicamente ammenda a nome della gerarchia ecclesiastica ammettendo persino una sua “complicità” nella recidiva del frate, per non essere intervenuta con decisione.La curia friburghese sapeva infatti dal 1989 almeno che il frate aveva abusato di un ragazzo, ma non aveva denunciato il fatto alla giustizia civile, preferendo lasciar trasferire il molestatore in Francia, dove era ricaduto una volta almeno nello stesso reato. Il religioso era tornato in Svizzera nel 2005 e si era stabilito nel convento di Montcroix a Delémont.


Artcoli correlati: Pedofilia, prete svizzero:"Sono recidivo"

domenica 2 novembre 2008

INDONESIA: PEDOFILO SVIZZERO APPARTENENTE A SETTA ARRESTATO DOPO 11 ANNI DI LATITANZA

(foto archivio)
Berna-Giakarta, 2 nov.- (Adnkronos/Ats) - E' finita a Bali la lunga latitanza, 11 anni, di un svizzero di 44 anni, ricercato dall'Interpol su mandato di cattura spiccato dalle autorita' francesi per abusi su una tredicenne. La notizia, resa nota dalla ''SonntagsZeitung'', e' stata confermata all'agenzia di stampa elvetica Ats dalla portavoce del Dipartimento federale degli Affari Esteri, Nadine Olivieri. All'uomo e' garantita la protezione consolare. Lo svizzero era stato codannato nel 1997 da una corte di Parigi a quattro anni di reclusione. Era ricercato a livello internazionale finche' il 16 settembre scorso e' stato fermato in Indonesia. Da allora e' in carcere preventivo. Stando al ''Jakarta Post'', su due fotocamere digitali sono state trovate foto di bambini nudi, possibili vittime dell'uomo. Le autorita' sospettano che l'interessato faccia parte di una rete internazionale di pedofili. L'uomo e' colpito da un mandato di estradizione internazionale emesso dalla Francia, ma potrebbe anche essere processato in Indonesia, dal momento che avrebbe abusato di una minorenne balinese. Tale ipotesi e' al vaglio degli inquirenti locali. Stando alla ''SonntagsZeitung'', la persona arrestata e' il figlio del fondatore della setta ''istinctothe'rapie'' che propugnava tra l'altro contatti sessuali tra adulti e bambini. Burger e' stato condannato nel 2001 in Francia a 15 anni di prigione per reati sessuali su minori. Anche il figlio del guru sarebbe stato vittime di abusi sessuali.
(Res/Zn/Adnkronos)
02-NOV-08 15:35

sabato 1 novembre 2008

PEDOFILIA: DON MARCO DESSI' CONDANNATO ANCHE IN APPELLO


Padre Dessì condannato a 8 anni
Ecco cosa si diceva nel 2003 di don Marco
di Lucio Salis
La condanna, in Corte d’Appello, di padre Marco Dessì a 8 anni di carcere per pedofilia significa il crollo di un mito. Sia pure concedendogli un significativo sconto rispetto alla sentenza di primo grado (12 anni), i giudici di Bologna hanno certificato che il sacerdote di Villamassargia si è macchiato del più odioso dei reati: ha approfittato degli orfani, affamati, di un paese (il Nicaragua) dilaniato dalla guerra civile.Grazie ai benefici di legge, padre Marco (così tutti lo chiamavano familiarmente) forse fra un paio d’anni potrà godere dei primi scampoli di libertà, ma non conquisterà più la stima, l’affetto che migliaia di persone gli tributavano in tutta la Sardegna. Le stesse che durante le prime fasi dell’inchiesta giudiziaria non volevano riconoscere in questa figura di religioso votato al bene degli umili, considerato dalla devozione popolare quasi in odore di santità, l’autore degli atti ignobili rivelati, fra le lacrime, dagli orfani dell’Hogar del Nino di Chinandega. Gente di ogni ceto sociale, che si era prodigata per organizzare collette, concerti, convegni con l’entusiasmo ingenuo di chi mette il proprio cuore in una buona causa. E ora deve arrendersi di fronte alla realtà di una sentenza che cancella ogni dubbio.

Unione Sarda di Lucio Salis 1 Novembre 2008
Ed ecco cosa si diceva nel 2003 di don Marco Dessì:
Il coro dei bambini salvati dalla stradaCavriago, spettacolo in aiuto all'opera di padre Dessi in Nicaragua
Giovedì alla Multisala con Paolo Belli e Chicco Salimbeni
f.d.CAVRIAGO. Bambini strappati dalle strade e dalle discariche, molti di loro sono orfani, alcuni sono anche non vedenti. E' stato padre Marco Dessi, un dinamico sacerdote sardo, a fondare ed animare, da circa vent'anni, la missione cattolica di Betania, a Chinandega, in Nicaragua. Ha costruito una chiesa, un seminario, un oratorio. E poi una casa per non vedenti e una scuola professionale. Ma anche un coro di bambini che, giovedì prossimo, si esibirà alla Multisala.Già ieri mattina, i bambini del coro «Getsemani» - che presenta anche uno spettacolo di balli tradizionali nicaraguensi - si sono esibiti in diretta televisiva durante la trasmissione Uno Mattina, e in questi giorni si esibiscono a Roma. Il coro dei bambini di Chinandega è arrivato in Italia grazie al sostegno di «Rock No War», l'associazione che raccoglie molti esponenti del mondo dello spettacolo, che ha visot particolarmente impegnato in questa operazione l'attore Chicco Salimbeni, reduce da un viaggio in Nicaragua, dove ha conosciuto la realtà dei bambini che vivono in condizioni disperate e che, solo attraverso iniziative come quella di padre Marco Dessi, vengono strappati alla strada e ad un mondo fatto di violenza e di povertà.Proprio tra le iniziative di padre Marco Dessi per aiutare i «ninos de rua» nicaraguensi, nella missione «Betania» è nato anche il coro Getsemani che si esibirà giovedì 9 gennaio nella Sala rossa del Cinema Teatro Novecento

Processo a Don Pierino Gelmini, testimoni sentiti in incidente probatorio


Il Gup ha disposto l'incidente probatorio per sentire dieci accusatori
Il Gup di Terni ha deciso di disporre l'incidente probatorio per sentire 10 accusatori di don Pierino Gelmini nel corso del processo con il rito abbreviato chiesto da Gianpaolo Nicolasi e Pierluigi La Rocca, due collaboratori del sacerdote accusati di favoreggiamento. La decisione è stata criticata da uno dei loro difensori, che ha detto di stare valutando se presentare ricorso in Cassazione.Per il 4 dicembre è stata fissata la deposizione di Michele Iacobbe, uno dei principali accusatori di don Pierino, e il confronto con Riccardo Bonetta, al quale l'ex ospite della Comunità Incontro avrebbe raccontato di aver inventato le accuse nei confronti del sacerdote.
Tam Tam 1 novembre 2008

Don Gelmini, per pm accusatori a rischio:vanno sentiti. La difesa porta testimonianze e dvd

TERNI (9 ottobre) - Ha fatto riferimento a un possibile rischio che gli accusatori di don Pierino Gelmini possano essere indotti a ritrattare le loro affermazioni in cambio di denaro il pm di Terni Barbara Mazzullo che oggi ha chiesto al gip di Terni di sentire i giovani con la formula dell'incidente probatorio. Il giudice si è riservato di decidere. In particolare il pubblico ministero si è soffermata sulla presunta ritrattazione di uno dei principali accusatori del fondatore della Comunità Incontro e a uno scambio di lettere, risalente al 2006, con un altro degli ex ospiti coinvolti nella vicenda. Secondo il magistrato, inoltre, le intercettazioni eseguite nel corso dell'inchiesta confermerebbero i rischi per i testimoni.La difesa:no a incidente probatorio Alla richiesta di incidente probatorio si sono opposti i difensori di don Gelmini secondo i quali il rischio prospettato non è più attuale, riferendosi a presunti episodi precedenti la richiesta di rinvio a giudizio. L'avvocato Manlio Morcella ha inoltre evidenziato che le intercettazioni sono state dichiarate inutilizzabili dal gip per i due collaboratori del sacerdote. La prossima udienza è stata rinviata al 30 ottobre durante la quale il gip di Terni Pierluigi Panariello comunicherà la sua decisione. Dvd e testimonianze per la memoria difensiva I legali della difesa hanno depositato una memoria con una trentina di testimoni a discarico di don Pierino Gelmini, ma anche due dvd con le immagini di due dei principali accusatori del sacerdote che parlano di lui come di una persona in grado di fare del bene sono stati prodotti oggi al gip di Terni dai difensori del fondatore della Comunità Incontro. Gli avvocati della difesa hanno anche presentato le immagini di due dei principali accusatori che, nel pieno della vicenda giudiziaria, esprimono parole di apprezzamento nei confronti del religioso. In un intervento presso la Comunità Incontro e in una intervista a una televisione privata. I difensori di don Gelmini hanno anche fornito al giudice alcuni bigliettini con messaggi di affetto indirizzati da diverse persone, tra cui diversi ospiti della Comunità, al loro assistito. «Tu sei la mia guida» c'è scritto in uno di questi.
Il Messaggero 9 ottobre 200830 ottobre 2008 Don Gelmini torna in aula

Dal Bog di Marco Salvia, riporto questo articolo del Ottobre 30, 2008 Blog, Caso Gelmini
No, non smetterò di parlare di questa storia anche se oramai il silenzio che è andato crescendo dal agosto 2007 è diventato tombale. So che non smetterano anche quelli che sanno la verità e che hanno cercato di farla conoscere. Tutti i blog che hanno combattuto con le vittime. Ora che la nostra voce va diventando sempre meno ascoltabile, persa tra silenzi e rumori di fondo sempre più forti, si deve insistere.
Il 30 ottobre 2008 in aula a terni il p.m Barbara Mazzullo saprà insieme a tutti noi se la richiesta di incidente probatorio al Gup è stata ascoltata, in caso contrario arriveremo con un dibattito in aula viziato da un più che probabile tentativo di corruzione dei testimoni.
Cercano di logorare la pazienza e indurre all’oblio l’opinione pubblica. In questo hanno gioco facile.
Con noi non succederà e siamo di più di quelli che crediamo essere, forse dovremmo contarci.
Certo, probabilmente la fiction di canale 5 sul prete pedofilo e spretato andrà avanti, ed in tempi non sospetti i nostri nipoti lo santificheranno ancora, mentiranno ancora su di lui e l’urlo in aula : “Don Gelmini non è il salvatore: è un mostro…E’ un mostro”: rivolto ai giornalisti da Michele Iacobbe, uno dei grandi accusatori di Don , non fara mai parte della sceneggiatura.
Ma fino a che tutte le tracce di verità vengano eliminate completamente almeno dal web, ci vorrà molto tempo e chi vorrà sapere come sono andate veramente le cose, avrà ancora per un po’ presumibilmente la possibilità di farlo.
Del resto che la storia la fanno i vincitori non è una frase fatta.
In questo processo la grande vittoria è gia qui poi, è il silenzio.
P.S. Voglio esprimere qui tutta la mia solidarietà comunque al P. M. Barbara Mazzullo e agli investigatori della questura di Terni in particolare alla dottoressa A. M.
Il caso che hanno tra le mani è uno dei più delicati e occulti casi politici degli ultimi anni, loro lo sanno bene. E anche noi.
Buon lavoro.
Marco Salvia

Sitemeter