sabato 8 novembre 2008

Orrore a Eboli, segregato da ex guardia carceraria: "Schiavo? Lo aiutavo a vivere"

L’orrore di Eboli, cinque ore di interrogatorio per l’ex guardia carceraria arrestata
«Schiavo? Lo aiutavo a vivere» Somma si difende: «A Cosimo ho dato un tetto»


Somma si difende davanti ai giudici. La vittima trasferita dai familiari a Varese
Eboli. È durato quattro ore l’interrogatorio di Mangiafuoco. Alessandro Somma, 54 anni, l’ex guardia carceraria, ha risposto a tutte le domande del gip Orio e del pm Penna. L’indagato rischia 15 anni di carcere per le due accuse mosse dai carabinieri di Eboli: sequestro di persona e riduzione in schiavitù. Somma poteva avvalersi della facoltà di non rispondere. Non lo ha fatto. Ha rigettato tutte le accuse di Cosimo De Stefano, 45 anni, la vittima incatenata nel tugurio agricolo in località Scorziello. Assistito dagli avvocati Franco e Costantino Cardiello, l’ex guardia giurata si è difeso su tutte le accuse. «Nutriamo molti dubbi sulle tesi accusatorie», scrivono i legali di Somma. Il quale, se non proprio un padre, cerca di accreditare di sè l’immagine di un fratello maggiore di De Stefano. «Conosco Cosimo De Stefano, era lui che veniva da me, mi cercava - ha dichiarato Somma -. Io gli ho dato un tetto, lo facevo dormire, non l’ho mai costretto a fare cose contro la sua volontà. Io schiavista? Non tenevo Cosimo in catene».
FRANCESCO FAENZA Eboli. È durato quattro ore l’interrogatorio di Mangiafuoco. Alessandro Somma, 54 anni, l’ex guardia carceraria, ha risposto a tutte le domande del gip Orio e del pm Penna. L’indagato rischia 15 anni di carcere per le due accuse mosse dai carabinieri di Eboli: sequestro di persona e riduzione in schiavitù. Somma poteva avvalersi della facoltà di non rispondere. Non lo ha fatto. Ha rigettato tutte le accuse di Cosimo De Stefano, 45 anni, la vittima incatenata nel tugurio agricolo in località Scorziello. Assistito dagli avvocati Franco e Costantino Cardiello, l’ex guardia giurata si è difeso su tutte le accuse. «Nutriamo molti dubbi sulle tesi accusatorie - scrivono i legali di Somma -. Questa mattina saremo a colloquio con il nostro cliente. L’interrogatorio è durato 4 ore, durante le quali Somma ha dichiarato e dimostrato la sua innocenza. Avvieremo comunque delle indagini difensive per fare piena luce sul caso». Mangiafuoco era un filantropo, è questa strategia degli avvocati difensori. «Conosco Cosimo De Stefano, era lui che veniva da me, mi cercava - ha dichiarato Somma -. Io gli ho dato un tetto, lo facevo dormire, non l’ho mai costretto a fare cose contro la sua volontà. La sera lo lasciavo nella casa di Scorziello, me ne tornavo dai miei familiari, a Campagna (Somma è sposato ed è padre di due figli, ndr)». Il racconto dell’indagato è condito di aneddoti sugli ultimi due giorni trascorsi De Stefano: «Io schiavista? Non tenevo Cosimo in catene - ha ribadito Somma -. De Stefano, martedì mattina, ha mangiato con me, mia madre e mio cugino. Non gli ho mai imposto nulla. Gli ho offerto un tetto. Lui sapeva che a Scorziello avevo un rudere malmesso, con una sola lampadina funzionante, con i miei cani. De Stefano sapeva che i servizi igienici erano rotti, che doveva utilizzare un secchio. Lui mi ha chiesto un letto dove dormire. Io gliel’ho offerto». Sulle catene ritrovate dai carabinieri, però, Somma non è riuscito a giustificarsi. Altra accusa. Lunedì 3 novembre, De Stefano lascia la casa in località Scorziello. Va da Tonino, un amico del Quadrivio di Campagna. Secondo l’accusa, Somma sarebbe accorso a Campagna per riprendersi De Stefano con la forza. Anche su questo, l’indagato ebolitano solleva molti dubbi: «Mercoledì sera ero in giro, quando Cosimo mi ha chiamato. Mi ha chiesto di raggiungerlo al Quadrivio di Campagna. Cosimo tifa per la Juventus, stava vedendo la partita contro il Real Madrid, in un circolo ricreativo. Sono andato al Quadrivio, ci siamo incontrati e si è fatto accompagnare nella mia proprietà in località Scorziello». Erano le 23, quando Somma e De Stefano si sono diretti nell’agro ebolitano. Cinque ore dopo sono arrivati i carabinieri di Nobile Risi. E hanno trovato De Stefano chiuso in una stanza decrepita, incatenato, mentre Somma dormiva in un locale accanto, in un letto a due piazze. Mangiafuoco è stato arrestato, la sua vittima è stata affidata ai servizi sociali. Il rudere con i nove pitbul, ridotto in condizioni antigieniche e disumane, è ora sotto sequestro.

Un Biglietto verso la libertà
MARIA VITA DELLA MONICA Eboli. Un biglietto per Varese. Cosimo De Stefano, 45 anni, ha ricevuto dai servizi sociali un ticket ferroviario per allontanarsi da Eboli. Dovrebbe raggiungere dei familiari, nel nord della Lombardia. La località è segreta. E i dubbi che lasci Eboli sono tanti. Chi lo conosce, conferma il suo attaccamento alla città: «Ritorna sempre qui. Questo è il suo paese, la città dove è cresciuto. Non resisterà a lungo, tornerà presto a Eboli». O forse se ne andrà a Campagna, nella frazione Quadrivio, dove ha conosciuto un altro amico, Tonino. Proprio questa nuova amicizia avrebbe scatenato l’ira di Alessandro Somma, il suo progetto folle di riprendersi Cosimo De Stefano, di rinchiuderlo in catene, di costringerlo a vivere nel rudere di località Scorziello. Cosimo aveva un nuovo amico: Tonino. E proprio Tonino, mercoledì sera, ha chiamato i carabinieri per chiedere la liberazione di Cosimo. Ha indicato il rudere agricolo, la località ebolitana, le condizioni in cui De Stefano era ridotto. Grazie alle dichiarazioni di Tonino, i carabinieri hanno organizzato il blitz di giovedì notte. I due si sono conosciuti in ospedale, nel reparto di chirurgia. Tonino era ricoverato, Cosimo si trovava di passaggio. Al Maria Santissima Addolorata, De Stefano è conosciuto da molti sanitari e infemieri. Faceva il parcheggiatore abusivo, diversi anni fa. Era stato assunto anche come volontario, in una croce privata. Da diversi anni, però, De Stefano non viveva più "intorno" all'ospedale. Nata l’amicizia con Tonino, il 45enne ebolitano ha deciso di abbandonare Somma, di trasferirsi a Campagna. Ma dopo cinque anni di convivenza, Mangiafuoco ha reagito male, ha raggiunto Cosimo a casa del nuovo amico, lo ha “convinto” a seguirlo di nuovo in località Scorziello. Cinque anni di convivenza finiti nel modo peggiore. Dopo il blitz liberatorio dei carabinieri, Di Stefano ha parlato tutta la notte con i militari del maggiore Risi, lasciando di sasso gli investigatori con i suoi racconti ai limiti della realtà: «Somma mi costringeva a lavorare la terra, ad accudire i nove pitbull, ad effettuare lavori edili nella casa in località Scorziello», è l'atto d'accusa di De Stefano. Il resto lo hanno visto e fotografato i carabinieri. Il catenaccio davanti alla porta, le catene alle mani e ai piedi di De Stefano, i nove pitbull da sfamare, con strane cicatrici sul dorso e sul viso, le condizioni igieniche inesistenti, topi morti sui pavimenti, pozzanghere stagnanti in casa, rifiuti sparsi ovunque.

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