sabato 12 gennaio 2008

Il governo intervenga prima che sia troppo tardi. Don Sandro de Pretis ha urgente bisogno di aiuto.



Fonte: rivista cattolica korazym.org


di Barbara Marino/ 12/01/2008

L'arcidiocesi di Trento teme per la vita del missionario trentino in carcere da oltre due mesi, a Gibuti (dove i diritti umani non esistono), con l'accusa - infondata e farneticante - di pedofilia. Rischia un processo iniquo e una condanna ingiusta.

L’arcidiocesi di Trento - per voce di don Ivan Matteis, direttore del settimanale diocesano Vita Trentina - teme per la vita del missionario trentino in carcere a Gibuti (dove i diritti umani non esistono) da oltre due mesi con l'accusa - infondata e farneticante - di pedofilia. rischia un processo iniquo e una condanna ingiusta. Dal 9 fino al 14 gennaio è a Roma il vescovo di Gibuti, mons. Giorgio Bertin in visita ad limina e presenterà a papa Benedetto XVI la situazione di don Sandro De Pretis.

Il caso del missionario trentino in carcere a Gibuti da oltre due mesi con l’accusa infamante - e infondata - di pedofilia presenta un’analogia inquietante con la vicenda di un giudice francese, Bernard Borrell, pure accusato di pedofilia dodici anni fa nel piccolo stato africano e poi morto in circostanze misteriose. L’accostamento tra le due vicende viene fatto dal settimanale diocesano Vita Trentina, della diocesi di origine del missionario carcerato, don Sandro De Pretis.Anche la morte misteriosa del giudice francese Borrell, la cui vedova ha ottenuto recentemente da Sarkozy la promessa di un’inchiesta approfondita sulla morte del marito, sarebbe da collegare a un'inchiesta di Borrell su affari poco chiari tra autorità di Gibuti e cooperanti francesi. Anche nei confronti di Borrell venne avanzata l'accusa di pedofilia e poi si disse che si era suicidato per il rimorso, lui giudice cattolico, ceduto a una simile depravazione. A rafforzare la convinzione della diocesi trentina, che la vicenda di don Depretis nasconda qualcosa di poco chiaro ci sarebbe il fatto, come racconta Vita Trentina, che ad interessarsi direttamente del caso sia lo stesso presidente di Gibuti e che "in un paese dove mediando si trova una soluzione a tutto, la vicenda del prete trentino cozza contro un muro di gomma". "La diplomazia italiana ha fatto la sua strada - scrive don Maffeis - bloccando anche un finanziamento significativo. Ma invano".
Nell'articolo di fondo del settimanale diocesano Vita Trentina in edicola, il direttore, che nei giorni scorsi ha fatto visita al prete nel carcera a Gibuti, si dice convinto che la vita di don Sandro sia a rischio e che solo un intervento del presidente del Consiglio, Romano Prodi, sul presidente francese Sarkozy, - il cui Paese ha forti interessi politici e d economici a Gibuti - potrebbe salvarlo. Perché Sarkozy? Perché la Francia - scrive Vita Trentina - è il Paese che ha maggiori interessi politici e d economici a Gibuti, e, da informazioni raccolte sul posto, don Maffeis si è fatto l'idea che nella vicenda del missionario incarcerato siano coinvolti "ambienti militari francesi di estrema destra"."Prodi e D'Alema non restino inermi di fronte alla richiesta di aiuto di don Sandro De Pretis, parroco italiano in 'detenzione preventiva' da oltre due mesi nel carcere di Gibuti con l'accusa di pedofilia". Lo chiede, in una nota, il capogruppo Udc alla Camera dei deputati, l’on. Luca Volontè. "L'arresto del prete trentino - aggiunge l'esponente centrista - è stato la diretta conseguenza di una farneticante campagna di stampa fatta dal giornale La Nation contro una presunta 'rete di pedofilia' organizzata dalla Chiesa e dalla Francia. Sono troppe le analogie con la misteriosa morte, avvenuta 12 anni fa, del giudice francese Bernard Borrell, imprigionato con la stessa accusa". "Il governo - conclude Volontè - ha il dovere di chiedere immediate spiegazioni alle autorità della Repubblica di Gibuti per evitare che questa vera e propria congiura, suffragata da prove ridicole, metta a repentaglio la stessa vita di don Sandro".

Perché il caso è politicodi don Ivan Matteissu Vita Trentina, 10 gennaio 2008Gibuti, gennaio 2008 - "Rien ne va plus". Lancia la pista pedofila e il gioco è fatto. Così nel 1995 a Gibuti è stato "suicidato" il giudice francese Bernard Borrel, "colpevole" di aver scoperto corruzione ed affari illeciti - riciclaggio, traffico d’armi ed altro ancora - tra le Autorità di Gibuti e alcuni cooperanti francesi. Per insabbiare tutto si arriva a costruire anche il movente del "disperato gesto": il giudice, cattolico, non avrebbe retto al rimorso per aver ceduto alla depravazione e alla pedofilia …Ad avere in mano i reparti speciali della polizia in quegli anni - e fin dal 1977 - è Ismail Omar Guelleh, attuale presidente della Repubblica di Gibuti. La sua forza è tuttora legata all’appoggio dei colonnelli francesi di estrema destra, nonché di tutti quegli speculatori che in Gibuti hanno trovato il loro paradiso fiscale.Nel piccolo Paese del Corno d’Africa ancor oggi la Francia gioca un peso notevole. Ne rimpingua cospicuamente le casse. Vi è presente con 2.800 militari, che ne proteggono i confini. Senza questa difesa, l’Etiopia sarebbe forse la prima ad invaderlo per garantire uno sbocco sul mare ai suoi commerci con l’estero.A livello interno, il presidente Guelleh ha messo a punto il resto. Da tempo è scomparsa ogni forma di opposizione. I potenziali avversari politici - del suo stesso partito, essendo anche l’unico … - sono stati ridotti al silenzio. Finché hanno avuto la possibilità di parlare, l’hanno accusato ripetutamente di aver assassinato gli oppositori.La libertà di stampa è monopolio de La Nation, megafono del governo. La stessa che 3 mesi fa ha titolato "Francia pedofila", dopo che il presidente Nicolas Sarkozy aveva ricevuto la vedova Borrel, promettendole di aprire gli archivi dell’Eliseo e di varare un’inchiesta vera, in grado di accertare moventi e mandanti dell’omicidio del marito. È ancora La Nation, in quella medesima settimana di ottobre, ad attaccare la Chiesa cattolica, quale responsabile di una rete di pedofilia che consumerebbe le sue "orge in Cattedrale" …Il corpo del giudice Borrel fu ritrovato carbonizzato in fondo ad una scarpata. L’unico prete che a quel tempo era a Gibuti e che lo è ancor oggi si chiama Sandro De Petris. Da 76 giorni giace in carcere in detenzione preventiva. Con questo regime può rimanervi per 4 mesi. Rinnovabili poi per altri 4. In balia di accuse che cambiano continuamente. Si muove in una cella di 4 passi per 7. A terra un materassino, portatogli dal segretario del vescovo. Una latrina. Un bidone nel quale raccoglie l’acqua per lavarsi. Sei gocce di vino clandestino per l’eucaristia. Le zanzare. La prospettiva a breve di un caldo insopportabile.La diplomazia italiana ha fatto la sua strada, bloccando anche un finanziamento significativo. Invano. In un Paese dove mediando si trova una soluzione a tutto, la vicenda del prete trentino cozza contro un muro di gomma. I contatti avuti con i vari ministri non hanno portato ad alcun risultato. Il caso non è nelle mani della magistratura, ma del presidente. A lui occorre arrivare. Prima che sia tardi. Per questo deve muoversi il nostro presidente del Consiglio, coinvolgendo il presidente francese. Quest’ultimo ha dato un segno di distensione ricevendo in dicembre a Parigi proprio Ismail Omar Guelleh; in febbraio gli restituirà la visita, andando lui stesso a Gibuti.Scrivo queste righe - a nome anche di coloro che non si possono esporre in prima persona - con l’angoscia nel cuore, sapendo quanto è delicata la posizione di don Sandro, ma è importante che proprio ora non sia lasciato solo. C’è la disponibilità del vescovo di Gibuti ad allontanare il nostro sacerdote dal Paese, appena fosse liberato.Le tappe del calvarioCronologia ragionata degli ultimi 3 mesi8 ottobre 2007Il mese inizia con una forte campagna di stampa, condotta da La Nation - unico giornale permesso nel Paese, voce del presidente - che titola: "La Francia pedofila" (8 ottobre). Alcuni giorni dopo è la Chiesa ad entrare nel mirino con l'accusa di organizzare "una rete di pedofilia" e di promuovere "orge in cattedrale". Viene fatto esplicitamente il nome di don Sandro Maffeis. Il vescovo interviene a più riprese in cattedrale, denunciando la diffamazione che La Nation getta contro la Chiesa ed in particolare contro il sacerdote trentino.Hassan Ali Hassan, giudice istruttore del Tribunale di prima istanza di Gibuti, interroga don Sandro De Pretis. Gli contesta di essere un procacciatore di bambini per adulti che sono alla ricerca di rapporti sessuali e di avere a sua volta violentato minori. Per questi reati lo avverte che rischia rispettivamente 5 e 20 anni di detenzione. Alla fine dell'interrogatorio l'accusa diventa quella di detenzione e diffusione di immagine pedo-pornografiche. Il sacerdote viene rilasciato in libertà provvisoria. Il vescovo di Gibuti, mons. Giorgio Bertin, chiede a don Sandro di stendere un memoriale di quanto sta succedendo. Il risultato è affidato a 6 pagine, scritte in lingua francese.17 ottobre 2007Mons. Giorgio Bertin è a Roma e informa della situazione la Segreteria di Stato di Sua Santità nella persona dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario dei Rapporti con gli Stati.22 ottobre2007Mons. Bertin ritorna in Segreteria di Stato e parla con mons. Giuseppe Laterza. Da allora il contatto tra la Santa Sede e il vescovo di Gibuti è continuo. È la stessa Segreteria di Stato a consigliare di far intervenire l'Ambasciata italiana. Su questa fanno pressione anche i famigliari di don Sandro. La Farnesina si occupa del caso, se ne discute anche a Sharm en Sheik, nella fase preparatoria al vertice di Lisbona di novembre.Si distingue per impegno l'azione del Console italiano a Gibuti, Gianni Rizzo, che in questi mesi ha incontrato più volte il ministro della Giustizia, quello degli Esteri e le stesso primo ministro. Incontri definiti "cordiali ed aperti", ma che non hanno conseguito alcun risultato. L'Italia sospende la firma di un finanziamento atteso da una decina d'anni e che consentirebbe la realizzazione di un nuovo ospedale a Balbala, sulla collina di Gibuti.28 ottobre 2007Nel frattempo, don Sandro è arrestato ed entra nella prigione di Gabode, alla periferia della capitale, dove si trova tuttora detenuto. Questo avviene dopo che il procuratore della repubblica aveva impugnato la decisione del giudice istruttore dell'8 ottobre: pur in assenza di alcuna denuncia, riesce a trasformare il regime di libertà provvisoria di don Sandro in carcere per misure cautelari.20-22 novembre 2007Arriva a Gibuti il nunzio apostolico Ramiro Moliner Inglés. Insieme con mons. Giorgio Bertin visita don Sandro in prigione; sono quindi ricevuti dal ministro per gli Affari Esteri del governo gibutino (invano precedentemente contattato dal vescovo Bertin, il quale - al di là delle promesse - nelle Autorità locali ha continuato a trovare porte chiuse). Il ministro promette di farsi carico della situazione e di contattare il ministro per la Giustizia.13 dicembre2007Il settimanale diocesano Vita Trentina dà la notizia della detenzione di don Sandro e ne pubblica una lettera dal carcere ("Non dimenticate che io sono in prigione"). Lo stesso giorno, a partire dall’ANSA, le agenzie riprendono e diffondono la notizia. A livello trentino, ne parlano le emittenti televisive RAI e RTT.14 dicembre 2007L'Adige, Il Trentino, Il Corriere del Trentino, Corriere della Sera, l'emittente TCA, il quotidiano non profit on line Korazym.org (su espressa richiesta della diocesi trentina, pubblica l’intera dossier e continua a seguire il caso) e numerosi altri siti Internet la rilanciano con i primi approfondimenti. L'ambasciata italiana a Gibuti non gradisce. Mons. Bertin, che aveva chiesto la lettera a don Sandro per il bollettino della cattedrale, preferisce toglierla dallo stesso, sostituendola con una vignetta che ritrae Giovanni Battista in carcere, con la frase evangelica: "Ero in prigione e siete venuti a visitarmi".15 dicembre 2007Il ministro della Giustizia gibutino accetta di incontrare mons. Bertin. Quest'ultimo spiega che la situazione di detenzione di don Sandro danneggia il sacerdote, la Chiesa cattolica e lo stesso governo di Gibuti. Ne chiede quindi la liberazione, impegnandosi eventualmente ad allontanarlo dalla diocesi. Il ministro confida di aver suggerito al presidente della Repubblica, Ismail Omar Guelleh, di usare prudenza, ma di essersi accorto che lo stesso era già stato "mal consigliato".27 dicembre 2007L'accusa nei confronti di don Sandro cambia nuovamente e si trasforma in "incitamento alla depravazione e alla corruzione di minori". Saltano fuori anche due testimoni, pronti a giurare di aver subito, quando erano minorenni, ripetute violenze sessuali da parte di don Sandro.29 dicembre2007Il giudice Hassan Ali Hassan interroga a porte chiuse don Sandro De Pretis per quasi due ore. Il sacerdote, che compare senza manette, è assistito dal suo avvocato, Zakaria Abdillahi. Gli vengono contestate fotografie tolte dal suo computer (le stesse di cui è in possesso l'archivio di Vita Trentina) e considerate "compromettenti". In particolare, il giudice insiste su un'immagine che ritrae il missionario trentino con in braccio un bambino nudo, con un evidente bubbone: "Come mai - chiede il giudice - questo bambino è così triste?". Inoltre Hassan fa riferimento anche ad una quindicina di fotografie che sarebbero state trovate sul disco fisso del computer (dopo due mesi che è nelle mani degli investigatori) del sacerdote, ritraenti adulti bianchi nudi. Le stesse sarebbero state mostrate al presidente della Repubblica, ma non a don Sandro, il quale nega comunque di conoscerne l'origine e il contenuto.4 gennaio 2008L'avvocato difensore cerca - per il momento invano - di concordare una linea procedurale con il giudice. Suggerisce anche un eventuale coinvolgimento di un avvocato italiano, pur riconoscendo che questa via potrebbe allungare ulteriormente i tempi.7 gennaio 2008L'arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan, chiede l'interessamento dei responsabili politici della provincia per raggiungere il presidente del consiglio, Romano Prodi, e - attraverso quest'ultimo, il presidente francese, Nicolas Sarkosy (Gibuti fino al 1977 era colonia francese; ancor oggi nel piccolo Stato del Corno d'Africa staziona una base con 2.800 militari francesi).9-14 gennaio 2008Mons. Bertin attualmente è a Roma in visita ad limina: presenterà a papa Benedetto XVI la situazione di don Sandro De Pretis.

Fonte: Korazym.org, "Vita Trentina", 12 gennaio 2008.

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