mercoledì 19 dicembre 2007

Giocava al dottore con una bimba disabile

Gianni Bazzoni

La vittima ha appena cinque anni L’amico di famiglia fermato, trentanove.L’uomo non ha fatto resistenza quando i poliziotti l’hanno arrestato, ha solo detto «Non è vero nulla»

SASSARI. La madre si allontanava di casa anche per un giorno intero, il padre disoccupato andava in giro a cercare lavoretti saltuari. E lei, piccola indifesa di 5 anni, restava spesso sola, il più delle volte affidata a quello «zio», amico di famiglia, che la usava per i suoi giochi. L’uomo, 39 anni, l’altra mattina è stato arrestato dagli investigatori della squadra mobile della questura di Sassari con l’accusa di violenza sessuale continuata. L’ordine di custodia cautelare in carcere è stato emesso dal gip Maria Teresa Lupinu su richiesta del sostituto procuratore Roberta Pischedda.L’ennesima storia di violenza e abusi su minori è ambientata in un paese della provincia di Sassari, e la bambina - che ha una piccola disabilità manifestata fin dalla nascita - era seguita costantemente dalle assistenti sociali del Comune. Tanto che proprio le relazioni delle operatrici hanno fatto scattare il provvedimento del tribunale che ha disposto l’allontanamento dalla famiglia nel mese di gennaio. Ai genitori è stato contestato il reato di abbandono e maltrattamenti. L’attività della squadra mobile sassarese, guidata dal dirigente Giusy Stellino, ha consentito poi di mettere insieme gli elementi per arrivare all’arresto del disoccupato per il reato di violenza sessuale.Accolta in un ambiente protetto, la piccola ha cominciato gradualmente a confidarsi con una suora e a raccontare la terribile verità che si portava dentro. Ma prima di parlare esplicitamente di quei fatti (a quanto pare andati avanti per lunghi mesi, forse per più di un anno) ha mimato gli atti sessuali subiti sul pupazzetto che si porta sempre dietro. Un lavoro di grande professionalità è stato svolto dagli investigatori della sezione minori della questura, diretta dall’ispettore Rita Loche, che hanno ricostruito la vicenda, inquadrato le scene avvenute a casa della bambina, definito una situazione purtroppo simile a tante altri casi di violenza commessi sempre tra le mura domestiche e da persone di famiglia.In fase di incidente probatorio la piccola non aveva fatto cenno alle violenze subite. Ma i segnali del disagio erano stati percepiti in maniera fin troppo chiara. Con il passare dei mesi ha cominciato a fidarsi della religiosa che le stava sempre vicino, l’ascoltava, le raccontava delle storie, un po’ come dovrebbe fare una mamma. E anche lei ha cominciato gradualmente il suo racconto: «Non ho mai detto niente - ha spiegato - perchè le cose brutte non si raccontano». Alle amichette aveva riferito che quello «zio» era il suo fidanzato e che giocavano sempre al medico, così lui la visitava. Ma nei racconti successivi acquisiti dagli investigatori è emersa la parte nascosta degli abusi e delle violenze sessuali. La piccola vittima ha puntualizzato ogni passaggio, prima con un carico di tensione fortissimo, poi lasciandosi andare quasi liberata da un peso troppo grande per una bambina.Quando gli agenti della squadra mobile sono andati a prendere quello «zio» per portarlo in carcere, lui non si è scomposto. Robusto, per niente spaventato, ha detto poche parole: «Non è vero niente, io non c’entro». Per il giudice, invece, la custodia cautelare è necessaria «perchè esiste il concreto pericolo che l’indagato possa mettersi d’accordo con i genitori della bambina». Quindi inquinare le prove, o esercitare forme di pressione su persone che, forse, hanno bisogno d’aiuto anche loro.
(La Repubblica 14 dicembre 2007)

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