Ho deciso di sottoporre all'attenzione dei visitatori di questo sito un caso del 2001 forse sconosciuto a molti o dimenticato. L'ho fatto per sottolineare le analogie con altri casi di cronaca. Analogie nell'attuare gli abusi, nella scelta delle vittime, analogie nelle reazioni di amici e parenti delle persone insospettabili coinvolte in tanti casi di pedofilia. Non so come sia finito questo caso dal punto di vista processuale e se troverò informazioni non mancherò di pubblicarle. A prescindere da tutto, leggere questi articoli aiuta a capire cosa può esserci dietro la pedopornografia su internet, cosa può nascondersi dietro quei numeri impressionanti che i giornali pubblicano ogni volta che un'indagine sui traffici gestiti sul web si chiude con centinaia di arresti. A volte possono sembrare numeri il cui significato è in qualche modo inafferabile. Leggendo questi articoli tratti dall'archivio di Repubblica, forse si può capire qualcosa di più.
Archivio Repubblica maggio 2001
Sei i fermati dai carabinieri: avrebbero violentato 128 adolescenti e preparavano attentati
Pedofilia, arresti a Roma: nei guai medici e imprenditori
C'è il presunto ideologo del "Fronte di liberazione pedofilo"
Un bidello metteva a disposizione i locali di una scuola
ROMA - Ci sono medici,imprenditori, stimati professionisti, un ex poliziotto e un carabiniere in congedo tra le persone arrestate nell'indagine sulla pedofilia che ha portato all'arresto di sei persone con l'accusa di aver violentato complessivamente 128 bambini, tutti maschi, di cui 37 sono già stati identificati. Si tratta di ragazzini tra i 9 e i 14, nella stragrande maggioranza dei casi con alle spalle situazioni familiari di estremo disagio. Bimbi che i genitori obbligavano a prostituirsi per poche lire. L'operazione de carabinieri del comando provinciale di Roma, ha preso le mosse dalla denuncia di una madre. I suoi due figli di 11 e 14 anni erano costretti sul marcipiede dal padre. La donna allora si è rivolta ai Carabinieri, l'indagine è scattata e l'uomo è finto in manette. Al vertice dell'organizzazione c'era R.M., romano di 38 anni, ex dipendente della Polizia di Stato e attualmente impiegato presso il Provveditorato agli studi di Roma. L'uomo, proprio grazie alla sua posizione, aveva libero accesso a tutti i dati del ministero della Pubblica Istruzione e forniva agli altri pedofili le liste dei bambini più avvicinabili. Quelli che negli scambi tra loro i pedofili definivano "selvaggina fresca".L'indagine ha riguardato anche insospettabili che hanno ricevuto informazioni di garanzia e hanno avuto le abitazioni e gli uffici perquisiti dai carabinieri. Tra gli arrestati c'è anche S.F., 59 anni, un bidello della scuola elementare Don Rinaldi sulla via Tuscolana, che avrebbe messo a disposizione dell'organizzazione i locali della scuola, di cui aveva le chiavi, per filmare, in diretta, le violenze sessuali ai ragazzi. Tra gli arrestati anche un ex carabiniere, B.G. di 34 anni, attualmente "buttafuori" di un locale notturno nel quartiere Aurelio di Roma, il quale procacciava bambini da violentare soprattutto ai frequentatori della discoteca. In manette, infine, A.L.A. che nel gruppo aveva solo funzioni di procacciare ragazzini da passare agli altri pedofili. Le indagini, coordinate dal pm Maria Monteleone della procura di Roma e nelle quali sono stati impegnati, per nove mesi, 23 investigatori del nucleo operativo di via In Selci, hanno portato alla scoperta di circa 89 mila foto, 128 videofilmati 5000 files informatici crittografati. Inoltre 34 utenze cellulari sono state controllate e sono state riscontrate oltre 2000 telefonate tra gli indagati.Tra gli arrestati anche un romano di 37 anni che, secondo gli inquirenti, sarebbe l'ideologo del sedicente "Fronte di liberazione pedofilo". E' stato inoltre sequestrato materiale ideologico che si riferisce all'attività del "Fronte di liberazione pedofilo" e alla "Brigata pretoriana". Ma, questa volta, a quanto pare, i pedofili si erano organizzati anche "politicamente" fino al punto di progettare e forse organizzare attentati contro magistrati, carabinieri e sacerdoti che si occupano di minori.(21 maggio 2001)
Nomi, gusti, debolezze: i pedofili schedavano le vittime con metodicità e scrupolo informativo
Ecco l'archiviodei bambini violentati
di MASSIMO LUGLI
ROMA - Un ragazzino "è attratto dalle arti marziali... e in particolare dai Ninja. Consuma golosamente gomme da masticare alla clorofilla. Non fumava, almeno fino a quando l'ho frequentato io". Un altro "pratica nuoto e pallacanestro, possiede un home computer Amiga 5000, è tranquillo e bene educato e credo di poter aggiungere che proviene da ottima famiglia".Eccole, le "schede informative" dell'orrore, prese dall'archivio dell'ex poliziotto pedofilo Roberto Marino. Tutte compilate con cura, in ordine alfabetico, con foto, indirizzo, data di nascita, segno zodiacale e, in alto, il logo di un fanciullo che sembra tratto da una stampa dell'800. Un elenco di "prede", di adolescenti non ancora stuprati. Ancora più raggelante un altro catalogo, ordinato e meticoloso come un documento del catasto: quello dei "fidanzati" o degli "amanti saltuari". Sono i nomi e i soprannomi di centinaia di bambini con a fianco la "prestazione" sessuale preferita, la qualifica "attivo o passivo", il tempo trascorso da quando è iniziata la relazione e l'età. Il più giovane ha 9 anni.E mentre gli uomini del colonnello Sergio Pascali continuano a lavorare sulle migliaia e migliaia di pagine sequestrate in casa dell'ideologo del "Fronte di liberazione dei pedofili" nell'inchiesta spuntano altri nomi. Uno è quello di un alto funzionario di polizia, un vicequestore che Marino chiama "Il Professore" e di cui riferisce con la solita precisione: "opera in un commissariato vicino Termini ed è innamorato di un amico di Antonio, un certo Claudio". Il secondo personaggio, molto più compromesso, è uno psicologo, C.M. Il professionista avrebbe avuto il ruolo di "talent scout": l'incarico di avvicinare e circuire nuovi ragazzi da avviare alla prostituzione (di un adolescente Marino scrive che "ha seguito con successo un corso da parte di C.M. ed è diventato uno dei suoi migliori allievi").Un'altra giornata senza respiro per gli investigatori. In Procura arriva una delle giovanissime vittime dei pedofili e, nel frattempo, i militari del Nucleo operativo danno gli ultimi ritocchi a un quadro che potrebbe far scattare, a breve, un'altra tornata di arresti. Quattro gli indiziati che rischiano le manette: il giovane medico R.S. che avrebbe stuprato alcuni bimbi in clinica, il titolare di un noto locale notturno, lo psicologo e un piccolo imprenditore, figura più sfuocata delle altre.A Roma, intanto, il clima rasenta la psicosi. In una scuola elementare sulla Casilina si è diffusa la voce di una bambina costretta a esibirsi in balletti pornografici dai familiari. I genitori, tramite l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, hanno presentato una denuncia per diffamazione.E proprio per evitare un eccessivo rialzo della tensione emotiva, ieri in Procura è stato letteralmente blindato l'interrogatorio di uno dei ragazzi stuprati, un giovane che oggi ha 20 anni, ascoltato come testimone. Un racconto drammatico, spesso sull'orlo delle lacrime che si è concluso con uno sfogo disperato: "Quei maiali devono marcire in prigione". Da palazzo di giustizia si è saputo qualcosa di più sulla posizione del bidello Franco Scoppetti. L'uomo è accusato di un solo episodio avvenuto ad agosto dello scorso anno: avrebbe consentito al suo amico Roberto Marino di utilizzare i locali per un rapporto con un ragazzino.Il Pm Maria Monteleone ha ricevuto, successivamente, il procuratore agli studi Roberto Fedele che si è presentato spontaneamente per "conoscere la situazione". Fedele ha parlato degli elenchi nominativi degli alunni che Roberto Marino, collaboratore del provveditorato, aveva saccheggiato alla ricerca di nuove possibili "prede". Il provveditore ha precisato che alla luce di quello che emerso dall'indagine "ci si porrà il problema di proteggere la privacy degli studenti". E intanto la sorella dell'ex carabiniere Giuseppe Buonviso scende in campo per difendere il fratello e spara a zero sulla stampa: "Così si rovina una persona quando le accuse sono ancora tutte da dimostrare. Giuseppe è la persona più buona del mondo, ha dedicato 17 anni alla carriera, è un uomo di Chiesa, legatissimo alla famiglia". (24 maggio 2001)
Dagli anni del collegio a quelli in polizia, Marino racconta la sua vita piena di ossessioni
Il capo della banda"Sono malato, aiutatemi"
di CARLO BONINI
ROMA - E' nero il colore del Lupo in gabbia. Nera la maglietta. Neri i pantaloni. E di un bianco immacolato il rosario che ciondola nascosto sulla pelle. Roberto Marino lo caccia fuori neanche fosse il lasciapassare dell'anima. Lo mostra al senatore Athos De Luca, cui fa professione di fede: "Sono un credente. E andrei anche in chiesa se non fosse che mi dovrebbero dare una scorta...". Il Lupo non sa, o forse non ricorda. "Sarebbe giusto inchiodare questi sporchi e indegni rappresentanti di Dio ai portali delle chiese....", scriveva.Ora trema. E non per le sbarre alle finestre. O per quel silenzio ossessivo del primo piano del reparto G9 del carcere di Rebibbia. Alla galera è abituato. Al limbo dei "protetti" o degli "infami", che dir si voglia, ha fatto il callo in questi mesi. Ma ieri ha saputo. Il suo avvocato Andrea Parlatore lo ha incontrato. Gli ha mostrato i quotidiani. Lo ha informato che l'hard disk del suo computer, pozzo della sua ossessione, diario della sua malattia, non era più un segreto. "Ho paura. Voglio stare da solo... Mettetemi da solo", si è messo ad implorare il Lupo. "Non sono io questo qui... Non sono io", ha pianto.Se provi a cercare in uno sguardo, in un ricordo, le tracce dell'adolescenza schedata e abusata dal Lupo, è il suo orrore di bambino violato che ti viene restituito. "Ho perso mio padre a sei anni. E' morto di infarto. Non piansi quando se ne andò... Solo in chiesa, mi successe. Il giorno dei funerali". Era il 1969 e Marino era troppo piccolo per finire nel laboratorio artigiano della madre. E grandi, ma non abbastanza, erano fratello e sorella per trascinarselo dietro. "Mi misero nel collegio di suore di Borghetto grosso, a Grottaferrata. Fu lì che successe. C'era un giardiniere a cui piacevo. Mi prese con la forza... Da allora cominciai a fare sesso con i miei coetanei". A Tolfa, a Roma. Nei collegi dove avrebbe vagato fino al '76.Con Franco Scoppetti, il bidello, si conobbero allora. "Frequentavamo insieme le scuole serali per prendere la terza media. E diventammo amici". E cosa poi abbiano condiviso da allora resta un "segreto". Se è vero che su lui almeno, il bidello, Marino giura: "E' innocente. In questa storia non c'entra". In questa storia insiste il Lupo c'entra dunque lui, solo lui. E la sua "passione per i ragazzini". "Sì, sì, sono omosessuale. Ce lo avevo scritto in fronte quando sono uscito dal collegio. Tutti quelli che escono dal collegio lo sono. Io lo sono sempre stato. Mi piacciono i ragazzini, ma andavo anche con gli adulti. E' sempre stato così. Anche quando ero in Polizia".Ci finì nell'80, scuola allievi agenti di Piacenza. Pensava lo avrebbero "raddrizzato". "E invece andò peggio. "Si accorsero presto che tipo ero. Ero ossessionato dai miei desideri e dai sensi di colpa. E cominciai anche a bere. Bevevo e mi riempivo di psicofarmaci. Quelli che mi prescriveva uno psichiatra". Nell'ottobre dell'82, dopo poco più di un anno alla polizia di frontiera di Fiumicino, è già un inservibile da spedire altrove. Nel grigiore degli uffici della Mobile di Padova dove accumula note disciplinari. Molla nell'88, chiedendo di "transitare ad altra pubblica amministrazione". E per otto anni, fino al '97, è un rottame in aspettativa, cui la Commissione medica ospedaliera del ministero dell'Interno ha tolto la pistola per evitare che "lo stato ansioso depressivo" di cui soffre lo trasformi in qualcosa di peggio.Eppure Marino non usa la pistola. E' armato di qualcosa che uccide lentamente, senza fare rumore. E' armato della sua incontenibile ossessione pedofila. Ma nessuno sembra accorgersene. Nessuno. Non l'amministrazione dell'Interno che lo depenna dai "ruoli della Pubblica sicurezza in data 17 luglio 1997". Non il Provveditorato agli studi che lo prende in carico. Non gli psicologi cui è capitato in sorte di osservare quella faccia scavata dagli antidepressivi.Il Lupo dà la colpa ad Internet. Il Giardiniere della sua maturità deviata, sostiene. "Quando l'ho scoperto è stato più forte di me. C'era tutto, ma proprio tutto. I siti francesi e olandesi erano quelli che frequentavo di più. Uno in particolare, si chiamava linch. Scaricavamo tutto. Foto, idee, proclami. Non siamo terroristi. E quei barili di acido che hanno trovato non servivano per attentati. Sono semplici reagenti per poter stampare le foto". Potrebbe essere vero, se dall'archivio del suo Pc non fosse saltato fuori quel diario statistico dell'orrore inflitto agli altri e a se stesso. Il "cinesino", che "voglio far diventare talmente femmina per non farmelo portare via da una ragazzina". "L'amico di Carmelo, che ormai è diventato una bomba. Troppo macho e troppo zoccola...". Le sue emorroidi, che lo tormentano di dolore, e a cui dedica lunghe e dettagliate digressioni, fantasticando di strumenti e modi che possano liberarlo.Ora dice: "Le schede dei ragazzini? Sì certo, ne avevo, ma non pensavo fosse reato. E quelle cose che ho scritto.... insomma... Ero fuori di me. Non sapevo quel che facevo". "Pazzo", forse. Certo, malato. "Mi piacerebbe che un medico si sedesse accanto a me. Per potergli raccontare la mia storia. Vorrei che venisse a capo della mia vita". Ma a capo della sua vita non verrà nessuno. E probabilmente neppure a quelle, giovani e già calpestate, delle sue vittime. Ne è convinto il suo avvocato Andrea Parlatore: "La via giudiziaria è necessaria. Ma questo è un Paese che dimentica in fretta. Dimentica il banale principio della prevenzione. Dimentica l'infanzia, i suoi luoghi, i suoi vuoti. Dimentica dove comincia il percorso di un pedofilo e dove inesorabilmente ritorna". "La storia di Marino concorda il senatore De Luca, già segretario della commissione bicamerale infanzia è emblematica. Ho voluto parlare con lui per capire. E ho dovuto constatare con amarezza che nelle loro storie c'è anche la responsabilità di una società, la nostra, che è incapace di prevenire. Di interrogarsi sui propri figli e dunque sugli adulti di domani. Per prevenire è necessario che i genitori diano affetto ai loro figli, perché non siano tentati dal cercare carezze altrove. Che gli psicologi siano nelle scuole per diagnosi precoci. Che esista un accesso convenzionato alla psicoterapia per gli adolescenti e le loro famiglie".Oggi, Marino vedrà i suoi giudici. Poi, forse, verrà proposto per il programma pilota che l'Unione europea ha avviato per recuperare i suoi pedofili in carcere. Si chiama "Wolf". Lupo. Lupo come Marino. (24 maggio 2001)
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Parla Damiano, uno dei 128 bambini finiti nel mirino dei pedofili: "Li vorrei vedere tutti dentro""Vi racconto la banda degli orchici hanno provato anche con me"di AMBRA SOMASCHINI
ROMA - Damiano è uno dei 128 bambini schedati dai pedofili. E' alto, ha i capelli scuri, gli occhi profondi e neri. Quando è stato molestato non era ancora adolescente. Vive in una casa piena di sole in periferia. Ha la sua stanza ordinata, una montagna di libri sulla scrivania, le foto scattate con Giorgio, il suo migliore amico che è stato violentato, sfruttato, umiliato. Si siede intorno a un tavolo coperto da una tovaglia di plastica colorata, appoggia i gomiti, vuole il cellulare vicino, guarda la madre. Una donna sensibile che lo sa ascoltare. Il fratello più grande resta appoggiato alla libreria senza dire una parola.Damiano, come è cominciata questa storia?"Quando ho conosciuto Giorgio non avevo ancora 12 anni. Lui 13. Andavamo al cinema. Suo padre aveva un amico trentenne. Un ex poliziotto".L'uomo che è stato arrestato dai carabinieri?"Sì, Roberto, è a Rebibbia. E' stata la madre di Giorgio a denunciarlo".Perché, cosa aveva fatto?"Beh, raccontava strane storie, diceva che era il fidanzato fisso di Giorgio. Ma non si limitava a frequentarlo. Lo violentava, lo sfruttava. Lo portava da qualche parte e poi succedeva tutto".Cosa vuol dire tutto? "Significa che spesso il mio amico non era d'accordo. Subiva perché il partner lo minacciava. Bisogna conoscere la sua famiglia per capire. I genitori si sono separati e lo hanno abbandonato. Nessuno si occupava di lui quando era piccolo. E' stato affidato ai servizi sociali. E' così che è finito soggiogato dall'ex agente".Che tipo è Roberto?"Un uomo brutto, tarchiato, con gli occhiali. Ha pochi denti, le mani a volte gli tremano. Fa un po' paura".Lo hai incontrato tante volte?"No. Ma mi corteggiava. Era ossessivo. Mi telefonava, parole dolci. Mi lasciava continuamente messaggi sul cellulare: 'Sei bellissimo, mi piaci davvero. Ti va di uscire con me?'. Io gli rispondevo sempre di no. Una volta mi ha molestato".Dove vi vedevate?"L'estate scorsa sulla spiaggia di Capocotta. Ero con Giorgio. E lui lo cercava. Come faceva sempre. Durante l'inverno gli appuntamenti erano in un locale di periferia. Un posto dove mi hanno trascinato, un posto dove non mi piace andare. Ci sono gli uomini di una certa età a caccia di ragazzini. Vogliono i più piccoli. Slavi, rumeni, polacchi, anche italiani. Bevono, mangiano qualcosa. Poi, se ne hanno voglia, si appartano al secondo piano, nelle dark room. Ce ne sono quattro. Sono pulite, ben tenute".Il luogo dell'adescamento?"Sì. Le stanze dove scatta la prima fase della ricerca. Poi chi vuole continua a frequentarsi. Una sera mi hanno costretto ad andare a Monte Caprino, il parco sotto il Campidoglio dove ci sono i gay. E' qui che trovano i ragazzi. E' qui che si mischiano le persone pericolose. Come gli ultimi nomi usciti sui giornali".Conosci altre persone pericolose?"Andrea, il mediatore. Un altro finito dentro, che ha avuto una storia con Giorgio. E' giovanissimo, ha i denti rovinati, è sempre pallido, emaciato. In quel periodo aveva vent'anni. Era molto geloso. Si è arrabbiato quando ha saputo della tresca con l'ex poliziotto. E ha chiamato la madre di Giorgio. Le ha detto che Roberto approfittava di suo figlio. Povera donna, non sapeva nulla né dell'uno, né dell'altro. Era all'oscuro di tutto. Così, si è fatta coraggio. E' andata dai carabinieri".Tu quando sei andato dai carabinieri?"Veramente sono venuti loro a casa mia stamattina. Sono arrivati alle sei. Mamma si è spaventata. Sono venuti perché sono un testimone. Sono andato al reparto operativo con Giorgio lunedì. Mi hanno anche detto che due cose, solo due, devono assolutamente restare segrete".Riguardano il bidello accusato di aver affittato le aule per girare i film porno? Oppure il medico famoso?"Il bidello si faceva chiamare Francone, rimorchiava i ragazzini. Il medico girava con un nome che non è il suo. Sì, Mario, il dottore. Andava a cena in quel locale, sfruttava i minorenni stranieri. Non so altro. Mentre sentivo il tg l'altra sera pensavo: 'Ma come ha fatto a ingigantirsi così tanto questa storia? Chi c'è dietro?' Io so poco. Sono soltanto l'ultima pedina. E li vorrei vedere tutti dentro". (23 maggio 2001)
La linea di difesa di Roberto Marino, secondo gli inquirenti artefice delle violenze contro i bambini romani"Non sono un mostro pedofiloma soltanto un omosessuale"L'avvocato riferisce le parole pronunciate dall'uomoin carcere: "Preoccupato soprattutto per la madre"
ROMA - In cella, isolato per paura degli altri detenuti, Roberto Marino, accusato di essere l'artefice della rete pedofila scoperta l'altro ieri nella capitale, è preoccupato soprattutto per le condizioni di salute della madre, una donna di 75 anni. "Ditele che non sono un mostro, sono solo omosessuale. Avevo un fidanzato, sì. Ma non ho mai violentato bambini": questo il messaggio che le ha inviato il figlio attraverso il suo avvocato, Andrea Parlatore. La sua famiglia, la madre, il fratello e la sorella maggiori - sposati e con figli - sono insomma il maggior cruccio di Marino, su cui pesano accuse pesantissime a cui dovrà per la prima volta rispondere ai magistrati, domani, nel corso dell'interrogatorio. Ma la sua linea di difesa è già trapelata. A chi lo dipinge come il teorico dell'orrore e del pedo-terrorrismo, l'estensore di una rubrica con nomi di alunni romani trafugati dal provveditorato, l'inventore di una sorta di decalogo per l'adescamento e l'abuso di minori, lui replica sostenendo che quelle pagine sono state scaricate da siti siti stranieri. Così come le foto e i video con bimbi nudi. o in atteggiamenti sessuali. Il suo avvocato, inoltre, fa sapere che quelle sostanze chimiche che gli investigatori indicano come possibili "ingredienti" di ordigni in realtà sono acidi usati per lo sviluppo e la stampa di foto. Sul piano personale, poi, Marino si sente "un innamorato tradito", tradito dal fidanzato quindicenne. E ricorda la vita difficile da lui stesso vissuta: un padre morto presto, una famiglia con tre figli da mantenere, un collegio dove ha conosciuto subito la sopraffazione sessuale. La stessa sopraffazione che lui stesso, "lupo solitario" come si raccontava nel diario, per gli investigatori propagandava e praticava.(23 maggio 2001)
L'ex poliziotto teneva un diario con atroci istruzioni per ridurre all'impotenza le piccole vittimeL'agghiacciante manuale del pedofilo MarinoContro i nemici della pedofilia, progetti di guerre chimiche e contaminazione alimentare
ROMA - Nel computer dell'ufficio del Provveditorato dove lavorava, Roberto Marino - l'ex poliziotto considerato il capo della rete di pedofili - teneva anche una specie di memoriale. Un diario in cui teorizzava la sua guerra contro chi combatte la pedofilia e metteva a punto le tecniche per l'adescamento e la violenza sui minori. Come simbolo del suo "Fronte di liberazione dei pedofili" aveva scelto l'immagine di un personaggio della mitologia greca che ha di fronte un adolescente, entrambi nudi nel disegno.L'ex poliziotto si era ribattezzato "the lone wolf", e proprio come un lupo solitario andava a caccia di nuove prede, "nuovi bocconcini - così la sua agghiacciante prosa - da trovare e catturare". "Incredibile a dirsi, ma proprio come i lupi solitari - scriveva Marino - mi accingo quotidianamente a selezionare le mie prede, individuarne le loro caratteristiche peculiari, le loro debolezze, la ricerca del loro tallone di Achille, di quel momento particolare di disattenzione e debolezza che le rende meno capaci di sottrarsi a una mia aggressione".Territorialità, mascheramento e infiltrazione erano le tecniche su cui Marino aveva elaborato le teorie per l'adescamento, "elementi comuni a tutti i pedo - scriveva - che in tutti i tempi e luoghi si sono serviti dei loro ruoli sociali per mascherare la loro attrazione sessuale per i bambini". C'è molto altro nel memoriale, anche dettagliate e atroci istruzioni su come avvicinare e ridurre all'impotenza le piccole vittime.Contro i magistrati, i carabinieri e sacerdoti impegnati a combattere la pedofilia Marino aveva progettato deliranti attacchi dimostrativi che comprendevano tra le varie possibilità la "contaminazione alimentare" o la "guerra chimica". Non solo teoria, però, visto che nell'appartamento dove viveva sono stati trovati materiali altamente tossici, potenziali bombe chimiche. L'ex poliziotto meditava tra le altre cose di introdurre nei contenitori di zucchero dei bar una "farina di vetro", polvere e granelli di vetro che ingeriti "provocano gravi lesioni allo stomaco e agli intestini, dando origine a emorragie e in conseguenza di queste il decesso". E per spiegare le pulsioni che lo inducevano a tali deliri, Marino concludeva: "Se per educare gli italiani sarò costretto a ucciderne mille, diecimila o centomila, per me va bene, ci sto, d'altra parte siete stati voi a cominciare con questa campagna continua di diffamazione, non potete ora accusare me di essermi prestato al vostro gioco". (22 maggio 2001)
Genitori e colleghi, nella scuola elementare Don Rinaldi non credono che il bidello sia complice dei pedofili"Gli avremmo affidato i nostri figli"La preside: "Non è possibile, qualcuno lo avrebbe scoperto, il custode abita solo un piano sopra"
ROMA - Nessuno, nella scuola elementare Don Rinaldi di via Tuscolana, riesce a credere che il bidello arrestato oggi nell'indagine sulla pedofilia possa aver commesso i delitti di cui la polizia lo accusa. Nessuno, dalla preside ai colleghi ai genitori degli alunni crede che S.F., che da tanti anni lavora in modo irreprensibile tra i bambini, possa essere il complice di una organizzazione di pedofili. "E' una caccia alle streghe - dice un'insegnante intervistata dai cronisti - quell'uomo vive del suo stipendio e se avessi un figlio glielo affiderei senza problemi".S.F. ha 59 anni, ha due figlie e sta anche per diventare nonno. Il suo arresto, avvenuto stamattina nella scuola, "è stato un fulmine a ciel sereno", commenta la direttrice del servizio amministrativo, Luisa Insogna. "E' impossibile, fuori dal mondo" le fanno eco i dipendenti che lavorano nelle due stanze della segreteria, proprio quelle in cui S.F. avrebbe fatto entrare i complici per fotografare le violenze sessuali sui bambini. Due stanze anguste, occupate da scrivanie, armadi, computer: uno spazio in cui ci si muove appena. "Ma vi pare che possano essere state un set per queste cose?" domanda retoricamente la preside, Rita Caruso.Un uomo ritenuto assolutamente affidabile, insomma, che da 20 anni presta servizio nella scuola e che genitori e bambini chiamano persino "maestro". "Sì, F.S. è molto amato - continua la preside -, è stato anche tra i promotori di un progetto che è servito per aprire la scuola ai bambini del quartiere, lui e alcuni genitori hanno dato disponibilità a insegnare di pomeriggio la lavorazione della cartapesta, la falegnameria e la fotografia, per cui F.S. ha una passione e lo sapevano tutti". Qualche perplessità sul fatto che il bidello possa aver aperto le porte dell'edificio ai pedofili, anche perché nella scuola, al piano di sopra c'è sempre un custode ed è difficile immaginare che non si sia mai accorto di nulla. "Non e' possibile che entrasse la sera nell'edificio - dice la preside - e per giunta nella segreteria dove le porte sono protette dai cancelli che abbiamo messo a causa dei furti. Poi c'è il custode che abita al piano di sopra, lui avrebbe sentito e dall'allarme (di cui S.F. ha le chiavi) si capisce se è stato disattivato". La scuola peraltro chiude spesso alle 22 e la palestra persino alle 22.30. Alla notizia dell'arresto dei sei uomini questa mattina, tra i quali anche il bidello della scuola elementare, decine di genitori sono accorsi per accertarsi di quanto accadeva. Nel cortile e nell'atrio si inseguono da stamane i commenti sbalorditi di quanti lo conoscevano, mentre gli altri, i genitori che lo avevano soltanto visto qualche volta, sconvolti si chiedono perché i carabinieri, pur sapendo da mesi quanto accadeva, non abbiano avvertito i parenti dei bimbi che frequentano la scuola. "Da mesi questo falso brav'uomo faceva queste cose e noi non lo sapevamo, i nostri figli hanno rischiato molto" dice il padre di un alunno.(21 maggio 2001)
Il capo, un ex poliziotto, lavorava nell'organizzazionescolastica. Sceglieva ragazzi con situazioni difficiliDal Provveditorato, le "prede" della banda dei pedofiliUn computer con 32 password: due settimane per "aprirlo"
ROMA - Dopo due settimane di tentativi i carabinieri hanno visto aprirsi la porta dell'orrore. Quando sono riusciti a sbloccare le 32 password con cui R.M, 38 anni ex poliziotto, impiegato al Provveditorato, (in carcere dal settembre del 2000 dopo essere stato colto in atteggiamento "sospetto" con un adolescente) aveva cercato di bloccare il suo computer, i carabinieri hanno capito che stavano mettendo le mani su qualcosa di grosso e tremendo nello stesso tempo. E così è stato. Il computer di R.M. racchiudeva migliaia di file con immagini di ragazzini violentati. Si faceva aiutare da un ex carabiniere, B.G. di 34 anni, attualmente "buttafuori" di un locale notturno nel quartiere Aurelio di Roma, che si dava da fare per trovare ragazzini tra i frequentatori della discoteca.Ed è proprio intorno alla figura dei due ex esponenti delle forze dell'ordine che ruotava l'organizzazione. In particolare R.M. che, grazie al suo lavoro al Provveditorato, aveva accesso ai dossier sui bambini. Poteva trovare quelli con alle spalle situazioni di degrado, famiglie spaccate, miseria. E su questi concentrava la sua attenzione. Così i piccoli venivano pedinati, sorvegliati, fotografati per mesi, e prima dell'adescamento veniva studiata, con tecnica militare, la fallibilità della possibilità di avvicinarli, gli orari e le abitudini, la presenza dei genitori o di altri adulti. Seguiva l'adescamento vero e proprio con promesse di soldi e gentilezze. A quel punto entrava in scena S.F. L'uomo faceva il bidello in una scuola elementare sulla via Tuscolana a Roma che si occupava anche in prima persona della realizzazione dei filmati e delle fotografie. Nel pomeriggio i locali della scuola erano deserti e proprio tra quelle mura si consumava l'orrore. I ragazzini venivano portati nella scuola, violentati e filmati. Il materiale veniva venduto, ottenendo lauti guadagni, ad un giro di "insospettabili": avvocati, medici, professionisti. Un altro componente dell'organizzazione è A.S.,di 49 anni, di Ariccia, un paese dei Castelli Romani, dipendente ospedaliero e collaboratore di un medico romano al quale procurava anche i ragazzini. Era lui che doveva frequentare i ritrovi dei giovanissimi e convincerli, usando anche la cocaina, agli incontri sessuali. Un altro complice è C.R., di 40 anni, residente nel quartiere Casilino, già con precedenti penali per reati contro il patrimonio, accusato di aver avviato alla prostituzione, nella zona di Valle Giulia, i propri due figli minorenni. Infine A.L.V., di 24 anni, organizzava incontri a pagamento tra i clienti e i giovanissimi circuiti dal gruppo, traendone grossi guadagni. Ovvio lo sconcerto al provveditorato agli studi di Roma. "R.M. non aveva compiti particolari - dice un funzionario - digitava dati come quelli relativi a graduatorie. La notizia di questo giro di pedofilia è arrivata come un fulmine a ciel sereno, nessuno poteva presagire un fatto del genere". Nelle prossime ore dal provveditorato dovrebbe partire la richiesta di una relazione dettagliata al responsabile della scuola del quartiere Tuscolano dove lavorava il bidello che metteva a disposizione i locali in cui venivano filmate le violenze.Significativo il materiale ideologico sequestrato: "Stava nascendo una organizzazione - ha osservato il comandante provinciale dei carabinieri Baldassarre Favara - che nel suo programma aveva anche previsto la lotta a chi si contrappone ai suoi obiettivi".(21 maggio 2001)
Sentiti alla procura di Roma, vittime e amici di vittimestanno fornendo agli inquirenti importanti riscontriPedofilia, i ragazzi confermano le accuseLe responsabilità di Scoppetti, il bidello della 'Don Rinaldi', si starebbero ridimensionando
ROMA - Nelle loro parole, terribili conferme. I giovani sentiti come testimoni oggi e nei giorni scorsi stanno fornendo agli inquirenti importanti riscontri sull'inchiesta sulla pedofilia del pm romano Maria Monteleone. Questa mattina è stato ascoltato come 'persona informata sui fatti' un giovane che conosceva alcuni uomini della banda finiti in carcere due giorni fa. Il suo racconto, simile a quello di altri coetanei ascoltati dal magistrato in precedenza, avrebbe fornito ulteriori prove che confermerebbero le accuse.La posizione del bidello Franco Scoppetti, della scuola elementare "Don Rinaldi", finito agli arresti, si starebbe ridimensionando: il suo coinvolgimento nell'inchiesta riguarderebbe un solo episodio avvenuto ad agosto dello scorso anno. L'uomo avrebbe consentito al suo amico Roberto Marino, l'ex poliziotto ritenuto il capo del giro pedofilo, di utilizzare uno dei locali quando l'istituto era chiuso per un incontro con un giovane. Scoppetti, che è indagato per favoreggiamento, dovrà chiarire se era al corrente dello scopo che aveva Marino nel fargli qualla richiesta.Proprio l'ex poliziotto, descritto dagli inquirenti come un abile telematico capace di accedere ad ogni sistema informatico, era colui che aveva il controllo degli elenchi con i nomi di decine di migliaia di studenti, con tanto di fotografie che alcune volte aveva lui stesso scattato all'insaputa delle potenziali vittime. Sugli elenchi il provveditore agli studi Roberto Fedele, che questa mattina ha incontrato il pm Monteleone per conoscere i termini della vicenda giudiziaria, ha spiegato che sarà cura del suo ufficio rafforzare il sistema di protezione dei propri archivi. "Gli elenchi ci sono forniti direttamente dalle scuole - ha spiegato Fedele - e sono necessari per la verifica dell'adempimento dell'obbligo scolastico da parte di ciascun ragazzo". Alla guida del provveditorato dallo scorso primo febbraio, Fedele ha escluso che saranno adottati "inchieste interne", perché "il coinvolgimento della scuola elementare è circoscritto ad un unico episodio". Intanto domani mattina proseguiranno a Regina Coeli gli interrogatori degli altri arrestati. Successivamente, forse dopodomani, verrà sentito a Rebibbia dal gip Fabrizio Gentili e dal pm Maria Monteleone lo stesso Marino, ritenuto mente e ideologo dell'organizzazione di pedofili finiti nella rete.
IL COMMENTO
L'archivio dell'orrore di un pedofilo modello
di GABRIELE ROMAGNOLI
HO DAVANTI agli occhi le schede sui ragazzi a cui dava la caccia, compilate dal pedofilo romano che amava definirsi "Lupo". Nella mente, mi sento sulla soglia della stanza più spaventosa di cui abbia mai sentito parlare: la numero 101. Quest'uomo l'ha creata nella realtà, questi ragazzi ci sono stati fatti entrare, queste schede sono la mappa del percorso seguito. Esaminarle significa seguire le orme: dal bosco, al sentiero, alla casa, alla porta che si apre e si richiude alle spalle. E, facendolo, provare a decifrare un metodo, consolidato e crudele nella sua efficacia. Le schede stanno nel computer del "Lupo". Sono migliaia. Hanno un logo e un'intestazione. Il logo è il volto di un ragazzino in uniforme, il ciuffo che sfugge al basco, il collo avvolto da un fazzoletto. L'intestazione è: "Archivio storico di informazioni confidenziali su soggetti in fase di studio". La forma e il linguaggio prescelti dimostrano che non si tratta di un semplice passatempo individuale. Quest'uomo non è la semplice involuzione dei tanti maschietti che segnano su un'agendina nome e data delle proprie conquiste femminili con asterischi a seconda del gradimento. E', piuttosto, la complessa evoluzione di un'attività, che non può essere solitaria, verso forme istituzionali. Con la denominazione "schedario" e "archivio" l'ex poliziotto scimmiotta sistemi appresi nella sua precedente attività, riproponendoli in forme deviate. La schedatura è infatti un metodo che appartiene alle polizie di regime e alle istituzioni totalitarie in genere.Si scheda per conoscere, si conosce per controllare, si controlla per costringere. L'indagine consente il ricatto, il ricatto la sottomissione della volontà. Le dittature schedano i cittadini, le aziende peggiori i dipendenti, "Lupo" i bambini. Alla sua maniera: maniacale eppure raffazzonata. Avanzatissima sotto l'aspetto telematico, disarmante sotto quello grammaticale. Burocratica e ferale. Apparentemente confusa, improvvisamente lucida, come è una battuta di caccia, che si risolve in un istante dopo ore, con l'appostamento e il colpo giusti al momento giusto, dettati dalla conoscenza della preda."Lupo" è burocratico quando immette nella scheda nome, cognome, data e luogo di nascita, numero di telefono. Lo è in modo ferale quando chiama la sua preda "pratica" e ne annota lo "stato": "in atto" o "chiusa". Con un tocco di assurdità aggiunge alla scheda le voci "opinioni politiche" (di ragazzini minorenni) e "segno zodiacale", ma anche questo fa parte dell'armamentario tradizionale per la creazione di un dossier insegnato nelle più retrive organizzazioni del mondo. Dove "Lupo" affila le sue capacità è alla voce "annotazioni", quella che gli consente di condurre le sue vittime oltre la soglia della stanza 101.Lì rivela l'esito della sua indagine, quello che consentirà, se usato, la sottomissione della volontà. Di ogni "pratica", "in atto" o "chiusa", svela quel che più conta e che non è definibile burocraticamente: i desideri e le paure. "Possiede un home computer Amiga 500 che intende espandere con un hard disk 21Mb", "è attratto dalle arti marziali e dai manufatti legati alle diverse specie di lotta, in particolare dai Ninja", "teme il buio". Il "Lupo" si è appostato pazientemente per scoprire che un ragazzino ama masticare le Broklin (così lo scrive) verdi alla clorofilla, che un altro ha orrore dei serpenti. Sa che le informazioni consentono di far scattare le trappole, possederle assicura il dominio, cederle (a "pratica chiusa") dà, probabilmente, la ricchezza. Con le informazioni, conduce ragazzini dai 9 ai 17 anni dentro la loro stanza 101. La stanza 101 è un'invenzione letteraria di George Orwell in "1984", il romanzo in cui immaginava un mondo dove "chi controlla il passato, controlla il futuro", chi ha le informazioni, sottomette la volontà. Il potere ce l'ha chi indaga, conosce e, volendo, annulla. Nella stanza 101 chiunque può essere messo a confronto con la propria paura più grande, qualcosa che non riesce a sopportare, finché cede, nega il proprio istinto, si sottomette e finisce per stabilire con il proprio carnefice un rapporto che va oltre l'amicizia, sconfinando in "una profonda intimità".Le schede del "Lupo" sono altrettante stanze 101 con la porta socchiusa per altri che vogliano entrare. Dice loro quali ostaggi troveranno; offre, all'ingresso, il catalogo delle disponibilità già dimostrate e la lista dei punti deboli sui quali fare pressione per sollecitarne altre. Non è solo lo squallido album di ricordi per la futura memoria di un miserabile, ma anche lo strumento creato per essere messo a disposizione di quelli come lui. E' più ideologico dei farneticanti proclami della sua organizzazione, più eversivo delle sue improbabili minacce. La sua distruzione è il primo passo per la liberazione degli ostaggi. Il successivo è rintracciare tutti quelli che vi hanno avuto accesso e l'hanno sfruttato, chiudendo alle loro spalle le porte di una stanza nella quale non avrebbero mai voluto entrare. (24 maggio 2001)
Fonte Repubblica archivio
sabato 12 gennaio 2008
Casi dimenticati: scandalo pedofilia Roma 2001
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