INFANZIA RUBATA - LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
La Suprema Corte ha dato ragione ai giudici che avevano condannato l’imputato:«Racconto credibile»
Daniela Scano
Nel 2004 la ragazzina lo accusò in aula e disse addio alla madre che lo difendeva
SASSARI. Quei racconti di abusi sessuali erano veri e i giudici hanno fatto bene a chi li faceva, anche se era «solo» una ragazzina. La Cassazione ha confermato la condanna a cinque anni inflitta a un carpentiere accusato di avere trasformato in un inferno l’infanzia della figlia.Una ragazza che frequentava la prima superiore nel 2000 e che da allora sta cercando di costruirsi una nuova vita. L’aiutano gli specialisuoi quattro fratelli minori.I giudici della Suprema Corte hanno respinto il ricorso degli avvocati Antonio Secci e Claudio Mastandrea, difensori dell’imputato.Terribile la vicenda rievocata in aula. Tutto cominciò sette anni fa, al rientro a scuola dopo le vacanze di Natale. Una studentessa quattordicenne confidò prima alle compagne di classe e poi al preside della scuola, un istituto superiore del Sassarese, le violenze sessuali che il padre la costringeva a subire da anni. A volte anche davanti al più piccolo dei fratellini.La denuncia fece scattare accertamenti scrupolosi che misero in evidenza l’evoluzione orribile di una storia di «ordinario» degrado in una famiglia assistita dai Servizi sociali del Comune i cui operatori, però, fino al momento della denuncia non si erano resi conto di nulla. Come d’altronde la madre della giovanissima vittima che, messa al corrente, non esitò a schierarsi dalla parte del marito.Solidarietà mantenuta ferma anche dopo la decisione del tribunale dei minori di far decadere l’uomo dalla potestà genitoriale. Provvedimento indirettamente esteso anche alla moglie che aveva proclamato l’innocenza del marito anche nella fase più drammatica fase della vicenda giudiziaria.Il 19 febbraio 2004, in un’aula «blindata», la ragazzina guardò negli occhi il padre e confermò davanti al gup tutte le accuse. Anni di abusi, violenze psicologiche, minacce. In un devastante clima di indifferenza. La ragazza era stata giudicata attendibile dallo psichiatra incaricato dal gup Antonio Luigi Demuro che, al termine della stessa udienza, condannò l’imputato a cinque anni di reclusione. Pena confermata un anno fa in appello dal collegio presieduto dal giudice Giovanni Antonio Tabasso. Il verdetto della Cassazione ha reso definita la sentenza che, probabilmente già nei prossimi giorni, sarà messa in esecuzione.Venerdì il pg Mario Fraticelli aveva chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza. A parere del procuratore, c’era bisogno di altri riscontri. I giudici della terza sezione penale, primo collegio, sono rimasti in camera di consiglio fino alle 22 per valutare il caso processuale. E hanno deciso che il racconto della giovanissima vittima è una prova più che sufficiente.
(La Nuova Sardegna 09 dicembre 2007)
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