mercoledì 31 ottobre 2007

Bambini all'asilo.La classe di Suor Rita.

Rignano:proroga per conclusioni Ris

Per esami su reperti trovati in casa di alcuni indagati
(ANSA) - ROMA, 30 OTT - Altri 50 giorni per la conclusione degli esami su alcuni reperti biologici trovati nelle case e nelle auto di alcuni indagati di Rignano. Nell'inchiesta sui presunti abusi sessuali, li ha concessi ai carabinieri del Ris di Messina il gip di Tivoli Elvira Tamburelli. I risultati delle analisi, il cui scopo e' quello di verificare se i reperti appartengano a bambini ritenuti sessualmente abusati, dovrebbero essere quindi depositati entro la meta' di dicembre.

RIGNANO/ GIP RINVIA DEPOSITO PERIZIA RIS SU TRACCE ORGANICHE
Udienza il 18 dicembre. "Inquirenti non lasciano nulla a caso"

APCOM

Roma, 30 ott. (Apcom) - Il gip del tribunale di Tivoli, Elvira Tamburelli, ha concesso 50 giorni di proroga ai carabinieri del Ris di Messina che devono svolgere accertamenti nell'ambito dell'inchiesta su una presunta organizzazione di pedofili a Rignano Flaminio. In particolare la perizia sarà discussa in aula il 18 dicembre prossimo.
La relazione degli investigatori riguarda quanto rinvenuto dagli investigatori sull'auto di una maestra della scuola materna 'Olga Rovere; i numerosi peluches che erano nella sala hobby dell'abitazione di un'altra insegnante; e parte di una impronta digitale trovata su un termosifone di un'altra abitazione di una indagata.
Quel che si vuole accertare è se attraverso l'analisi di capelli, impronte e altre tracce organiche si possa trovare la prova certa della presenza dei bimbi in casa o nelle "pertinenze" delle persone coinvolte. In base ai racconti fatti dai piccoli, le violenze sarebbero avvenute sia in un locale in disuso della scuola che nelle abitazioni di due maestre.

martedì 30 ottobre 2007

ONU: IN ITALIA 1 MILIONE DI BAMBINI VITTIMA DI VIOLENZA ASSISTITA

Roma 29/10/2007

Roma, 29 ott. (Apcom) - Un milione di bambini in Italia è vittima della violenza assistita, bambini che ogni anno assistono a episodi di violenza e maltrattamenti all'interno delle mure domestiche; nel mondo si calcolano almeno 275 mln i bambini che ogni anno subiscono questa forma di violenza. Sono le cifre che Paulo Sergio Pinheiro, l'esperto indipendente che ha curato lo Studio delle Nazioni Unite sulla violenza nei confronti dei minori, ha illustrato a Roma nel corso di un seminario organizzato da Save the Children in collaborazione con la Commissione parlamentare dell'infanzia. In famiglia, sottolinea il dossier, si consuma la violenza più nascosta e più grave, hanno sottolineato gli esperti durante la conferenza stampa. Da studi condotti in 21 Paesi industrializzati infatti, circa il 36% delle donne e il 29% degli uomini dichiarano di avere subito in famiglia abusi e violenze sessuali durante l'infanzia. E' solo la punta dell'iceberg - ha dichiarato Pinheiro - i dati reali non li abbiamo perché purtroppo i diritti umani si fermano alla porta di casa. I bambini sono ancora considerati proprietà dei genitori". Save the Children e la senatrice Anna Maria Serafini, presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia hanno chiesto l'istituzione di un Garante nazionale per l'infanzia e una legge che definisca i modi con cui ascoltare i bambini vittime di violenza che valgano per tutti gli operatori. Per evitare polemiche e disagi, come nel caso dei presunti maltrattamenti alla scuola materna di Rignano Flaminio. "Occorrono nuove norme sull'audizione dei minori per evitare nuove Rignano", ha sottolineato Serafini che ha annunciato un progetto con Save the Children per un protocollo unico che sia vincolante per tutte le forze che intervengono in caso di violenza su un minore. Lo stesso Pinheiro ha infine esortato l'Italia a istituire un'Autorità garante specifica per l'infanzia e nuove norme che permettano la prevenzione delle violenze sui minori.

Interrogazione Parlamentare

ATTO CAMERA
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/03711

Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 15
Seduta di annuncio: 159 del 17/05/2007
Firmatari
Primo firmatario: TURCO MAURIZIO
Gruppo: LA ROSA NEL PUGNO
Data firma: 17/05/2007
Destinatari
Ministero destinatario:
· MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
· MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
· MINISTERO DELLA SALUTE
· MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 17/05/2007
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE delegato in data 25/07/2007
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter: SOLLECITO IL 11/06/2007
SOLLECITO IL 05/07/2007
SOLLECITO IL 25/07/2007
MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 25/07/2007
SOLLECITO IL 10/09/2007
SOLLECITO IL 01/10/2007
SOLLECITO IL 22/10/2007
Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-03711
presentata da
MAURIZIO TURCO

giovedì 17 maggio 2007 nella seduta n.159

TURCO. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze.
- Per sapere - premesso che:

dal 31 maggio 2006, in Vallo della Lucania, trentasei bambini di età compresa fra i tre ed cinque anni denunciano pesanti molestie sessuali ad opera di una novizia all'interno della scuola materna «Paolo VI» gestita dalle suore dell'Ordine delle Ancelle di Santa Teresa del Bambino Gesù;

detti bambini raccontano circostanze che lasciano trasparire come probabile il coinvolgimento di altre suore nonché di persone estranee all'ambito scolastico;

in una lettera inviata il 31 ottobre 2006 al Papa e al Vescovo di Vallo della Lucania, i genitori di una delle bambine coinvolte scrivevano tra l'altro:

«Il massimo rappresentante della Chiesa Diocesana non ha ritenuto di dover esprimere alcuna parola di conforto nei confronti dei bambini e delle loro famiglie, limitandosi a poche e scarne dichiarazioni ufficiali dagli inequivocabili connotati pilateschi cui ha fatto seguito un silenzio assordante. I vertici della citata scuola e del citato Ordine non hanno ritenuto di dover manifestare alcuna forma di vicinanza o di solidarietà ai bambini coinvolti ed alle loro famiglie, preoccupandosi di negare ogni accadimento e di tacciare di isteria i genitori dei bambini stessi. Non pochi rappresentanti del Presbiterio, nel totale silenzio e nella generale indifferenza degli altri, hanno esplicitamente dimostrato e dimostrano aperta ostilità nei confronti dei genitori dei bambini coinvolti, ancorché cattolici praticanti.» Di fronte al silenzio assordante degli interlocutori, i genitori scrivevano nuovamente il 6 febbraio 2007, lettera che a tutt'oggi non ha ricevuto alcuna risposta;

in una lettera inviata il 15 gennaio 2007 al Direttore Generale della ASL SA3 di Vallo della Lucania, i genitori di detti bambini, si richiamavano alla nota del 13 dicembre 2006 - alla quale non era stata data risposta - con la quale avevano già richiesto la necessaria collaborazione per predisporre adeguati e necessari presidi terapeutici volti a porre rimedio ai disturbi comportamentali dei loro figli. È infatti accaduto che la dott.ssa Giuseppina Pustorino, neuropsichiatra infantile dipendente dalla ASL SA3, presso il poliambulatorio di Sapri aveva avviato percorsi osservazionali sui bambini al fine di valutare le loro condizioni e di accertare la necessità di cure. Per taluni dei bambini il percorso osservazionale si era già concluso ed aveva evidenziato la necessità di procedere ad urgenti terapie da affidare a psicoterapeuti specializzati ed esperti; per taluni altri bambini il percorso osservazionale sebbene avviato non si è concluso. Nel frattempo la dott.ssa Pustorino nonostante fosse andata ad espletare la sua attività professionale in Foggia si era dichiarata disponibile a completare i percorsi osservazionali avviati, senza aggravio di costi per alcuno, recandosi in Vallo della Lucania o Sapri ed utilizzando all'uopo le proprie ferie. Nelle more taluni genitori avevano esposto le problematiche inerenti le condizioni dei loro figli al Dipartimento per la Tutela della Salute Mentale - unita operativa di neuropsichiatria dell'infanzia e della adolescenza dell'ASL di Cava dei Tirreni (dotato di personale adeguatamente specializzato) raccogliendo il pressante invito ad avviare con urgenza le opportune cure per i piccoli pazienti e che il personale informalmente contattato aveva dichiarato la disponibilità ad avviare programmi di collaborazioni con l'ASL SA3 e ad espletare in Vallo della Lucania ogni attività terapeutica, previ indispensabili accordi istituzionali fra le due Aziende. In detta nota viene altresì rilevato che «relativamente alla istanza del 13 dicembre 2006, le uniche notizie a noi pervenute, peraltro per canali del tutto informali ed assolutamente inadeguati alla delicatezza del caso, riferiscono di assunzione di informazioni presso la dott.ssa Pustorino mercè metodologie poco ortodosse e non consone alla complessità ed alla problematicità di una vicenda in cui i profili sanitari si intrecciano inevitabilmente e strettamente con quelli giudiziari, imponendo estrema attenzione e rigorosa prudenza a chiunque entri in contatto con essa». Nota con al quale, infine, tra l'altro si chiedeva di autorizzare la utilizzazione da parte della dott.ssa Giuseppina Pustorino degli ambulatori di detta ASL in Vallo della Lucania o in Sapri allo scopo di ultimare i percorsi osservazionali già avviati e di monitorare i percorsi terapeutici cui saranno sottoposti i nostri figli;

secondo l'interrogazione il comportamento dela ASL è quantomeno anomalo -:

se siano a conoscenza di detti fatti e se siano state avviate indagini al riguardo;

se siano a conoscenza di fatti simili accaduti in istituti scolastici di ogni ordine e grado e, in caso affermativo, quali;

se la scuola materna «Paolo VI» gestita dalle suore dell'Ordine delle Ancelle di Santa Teresa del Bambino Gesù goda di finanziamenti pubblici;

quali iniziative intenda prendere per garantire un sostegno adeguato alle vittime, tenendo conto sia dell'età delle stesse che della gravità delle violenze subite;

quali iniziative intenda assumere affinché episodi di questo genere non abbiano più a ripetersi in luoghi deputati alla formazione e all'equilibrato sviluppo della personalità degli alunni, quali le scuole. (4-03711)

Classificazione TESEO:
CONCETTUALE:
MINORI, REATI SESSUALI, SCUOLA MATERNA
GEO-POLITICO:
VALLO DELLA LUCANIA, SALERNO - Prov, CAMPANIA

lunedì 29 ottobre 2007

Svizzera: i magistrati possono avvisare le scuole se hanno dipendenti pedofili

Svizzera: magistrati possono avvisare le scuole se fra dipendenti vi sono pedofili

D'ora in avanti in Svizzera i magistrati potranno avvertire le scuole, i club sportivi e altri datori di lavoro se tra i dipendenti vi sono persone condannate per reati che violano l'integrita' fisica o sessuale delle persone a loro sottoposte, ad esempio bambini. E' quanto deciso dal Gran Consiglio di Basilea Campagna a seguito di un richiesta dei Verdi presentata dopo le retate anti-pedofilia avvenite negli anni 2002-2004.E' stata così approvata una modifica del codice di procedura penale che consente in questo modo ai magistrati di informare anche gli istituti scolastici sulla eventuale condanna di un docente pedofilo.L'informazione può essere data, nei casi più gravi, anche nelle ipotesi si semplice utilizzo di materiale di pornografia infantile.

(Data: 19/10/2007 - Autore: Roberto Cataldi)

domenica 28 ottobre 2007

Don Gelmini: biografia non autorizzata

Fonte:sito www.chiesacattiva.blogspot.com

L'accusa di molestie sessuali mossa da alcuni ex ospiti di don Pierino Gelmini ha fatto venire alla luce il passato pluripregiudicato di questo sacerdote. E' stato condannato a quattro anni di carcere e, dopo un omicidio avvenuto nel 1991, si inizia a parlare di abusi sessuali. Di seguito una breve biografia non autorizzata del fondatore della Comunità incontro.
1963 L'uso fraudolento del titolo di Monsignore
Don Pierino Gelmini viene diffidato dalla curia nell'uso del titolo monsignore, che ancora non possiede. Ancora oggi sul sito della comunità incontro si sostiene che nel 1963 era già monsignore.

1969 - Il primo arresto
E' il 13 novembre, i Carabinieri arrestano don Gelmini, all'epoca segretario del cardinale Luis Copello, arcivescovo di Buenos Aires. E' accusato emissione di assegni a vuoto, truffa e del fallimento di una cooperativa di costruzioni delle Acli. E' anche convolto negli affari poco chiari di una ditta di import-export tra Italia e Argentina costituita grazie al suo incario nella curia romana. Nella sua villa viene trovata una Jaguar.
1970 - La fuga in Vietnam
Don Pierino, fugge nel Vietnam del Sud. Qui venne denunciato per appropiazione indebita ai danni della vedova del Presidente da parte del fratello di quest'ultimo, l'arcivescovo di Hué Nho-Dihn Thuc.

1971 - Quattro anni di carcere
Costretto a tornare in Italia, non può sfuggire alla condanna del luglio 1971 a quattro anni di carcere per fallimento, truffa ed emissione di assegni scoperti. Viene isolato a causa delle lamentele degli altri detenuti per i suoi comportamenti promiscui.
1976 - Il secondo arresto
Don Gelmini viene arrestato per la seconda volta insiema al fratello frate Eligio, noto frequentatore di feste mondane, confessore di calciatori, cappellano del Milan e amante del lusso. Sono accusati di aver ricevuto una bustarella di 50 milioni da Vito Passera, un imprenditore in difficoltà, per farlo diventare console onorario della Somalia ed avere facilitazioni nel commercio di burro tra gli Usa e il paese africano.
1977 - Ritorno alla Villa del lusso
Mentre il fratello frate Eligio continua a vestire maglioncini di cashmire, don Pierino ritorna ad abitare nella villa romana che La Stampa descrive così: «due piani, mattoni rossi, largo muro di cinta con ringhiera di ferro battuto, giardino, piscina e due cani: un pastore maremmano e un lupo. A servirlo sono in tre: un autista, una cuoca di colore e una cameriera».

1979 - Il nuovo business
Don Gelmini disse di aver rinunciato alla "carriera per salire su una corriera di balordi". Nasce il nuovo business delle Comunità incontro per il recupero dei tossico dipendenti. La prima è ad Amelia, nel cuore dell'Umbria, in un vecchio casale ottenuto in concessione 40ennale dal comune. Oggi sono oltre 150 in tutto il mondo, costruite grazie ad ingentissime donazioni tra cui 100 milioni di euro da Silvio Berlusconi.


1988 - Abuso nell'uso dell'anello vescovile
Don Pierino è un prete di rito latino, ma nel 1988 viene insignito del titolo di Esarca Mitrato della Chiesa cattolica greco-melkita. Ha diritto all'uso dell'anello, della mitra, della croce e della pastorale quando celebra la messa con rito greco, anche se non è vescovo. Don Gelmini commette spesso gravi abusi celebrando la messa in rito romano, ma vestendo paramenti greco-ortodossi. Inolre utilizza l'anello da vescovo pur non essendolo.

1991 - Omicidio e prime indagini su abusi sessuali
Il 23 novembre Fabrizio Franciosi viene ritorvato morto sgozzato al grattacielo di Rimini. E' un cittadino di San Marino ed era stato ospite della casa madre della Comuntà incontro, il Mulino Silla. Dopo l'omicidio, tuttora avvolto nel mistero, il fratello aveva raccontato agli inquirenti riminesi di abusi sessuali ad opera di don Gelmini avvenuti in una casetta del parco della comunità. Carlo Franciosi, padre di Fabrizio, è uno stimato medico ed è Consigliere della Repubblica di San Marino. Ha dichiarato di essere molto turbato dalle nuove accuse a don Gelmini.

1993 /2003 - Una lettera a don Mazzi accusa don Gelmini
Nel 2003 don Antonio Mazzi riceve una lettera da parte di un ragazzo che sostiene di aver subito molestie sessuali da parte di don Gelmini nel 1993. E' stato per due anni ospite anche della comunità di don Mazzi, dove ha raccontato quello che è accaduto.
2002 - Nuove accuse di abusi sessuali
Nel 2002 due ospiti di Amelia, la casa madre della comunita', accusano don Gelmini di violenza sessuale. Il procuratore di Terni Martellino, oggi all'EuroJust, archivio' l'inchiesta.

2004 - Un libro di Marco Salvia racconta la vita in comunità
Nell'ottobre 2004 esce il libro di Marco Salvia "Mara come me" che racconta la vita all'interno di una comunità di recupero di tossicodipendenti. La storia è romanzata e i nomi dei presonaggi non sono quelli reali. Il 23 gennaio 2005 il quotidiano Il Manifesto pubblica una lettera on cui l'autore usciva allo scoperto, dichiarando, al contrario di come solitamente avviene, che nulla di quanto raccontato è “puramente casuale”. Inoltre, il personaggio chiamato “don Luigi”, è in realtà don Pierino Gelmini.

2006 - Il sostegno alla legge Fini-Giovanardi
Don Pierino fu uno dei maggiori sostenitori della nuova legge sulla droga che ha eliminato la differenza tra droghe leggere e pesanti. Ad un'anno e mezzo dalla sua entrata in vigore, iniziano ad essere evidenti i danni di tale provvedimento. I dati contenuti nell'indagine ipsad presentata dal ministro Ferrero in Parlamento e quelli della relazione annuale della Polizia parlano chiaro: è aumentato il consumo di droghe pesanti.

2007 - Bruno Zanin racconta di don Gelmini, il Vaticano sapeva
L'attore Bruno Zanin (Amarcord, L'Agnese va a morire, Il caso Moro), è l'autore dell'autobiografia "Nessuno dovrà saperlo" dove racconta, tra i vari episodi della sua vita, di aver subito abusi sessuali da un salesiano all'età di 13 anni. Il capitolo che parle dell'abuso è disponibile gratuitamente in rete per volontà dell'autore sul sito Bipensiero, può essere scaricato cliccando qui. Zanin ha conosciuto don Gelmini nel '69 e, come lui stesso racconta nel commento di questo post, ha frequentato insieme ad altri giovani la sua casa. Don Pierino era solito approfittarsi dei ragazzi e sembra proprio che non abbia perso il vizio. Bruno Zanin, che è stato collaboratore di Radio Vaticana durante le guerre della ex-Yugoslavia, aveva raccontato gli abusi al direttore dell'emittente Padre Lombardo, che oggi è il portavoce del Vaticano. Zanin aveva informato anche un altro alto prelato: Monsignor Giovanni d' Ercole.

2007 - Il portavoce massone
Aldo Curiotto, addetto stampa di don Gelmini e sua moglie Maretta, segretaria del prete, lasciano gli incarichi presso la comunità dopo 18 anni. Il nuovo responsabile della comunicazione della comunità è Alessandro Meluzzi, psichiatra, onnipresente sugli schermi TV. Meluzzi è membro della Loggia massonica Madre Ausonia massoneria dal 1982, l'unca cosa a cui ha tenuto fede. Per il resto è un ex comunista, ex socialista, ex forzista, ex cossighiano, ex buttiglionano, ex diniano, ex mastelliano e ex verdi. E' anche sposato, divorziato e risposato.

2007 - Nuove accuse di abusi sessuali
Pochi giorni fa' si è diffusa la notizia che don Gelmini è indagato da sei mesi per presunti abusi sessuali nei confronti degli ospiti della comunità. Le accuse sono mosse da cinque ragazzi e sembrano credibili. Il cardinale Marchisano, ex vicario per la città del vaticano, invita don Pierino a farsi da parte e ad affidare la comunità ad un fiduciario. Si scatena il pandemonio: c'è chi grida santo subito, chi tace e chi come don Pierino non perde occasione per stare zitto combinando un gran casino.

2007 - Vittima delle lobby, non si devono risarcire le vittime
Don Gelmini dichiara di essere vittima di un complotto ebraico, suscitando le reazioni di Alan Elkan, del Rabbino Di Segni e di Riccardo Pacifici, il vicepresidente della comunità ebraica romana. Il giorno dopo ritratta e dice di essere vittima di un complotto della massoneria, lobby a cui appartiene il suo addetto stampa. Tuttavia, non ritratta le accuse di essere vittiama della lobby gay, della lobby radicale e della lobby della magistratura anticlericale.
Inoltre, Don Gelmini ha sostenuto che la chiesa cattolica sbaglia a risarcire le vittime dei reati di pedofilia commessi dai sacerdoti.
A seguito di queste esternazioni, il portavoce di don Pierino "la peste" Gelmini ha dichiarato il silenzio stampa e l'avvocato Coppi, difensore anche di Andreotti e di Licio Gelli, ha comunicato la propria rinuncia a difendere il sacerdote.
3 commenti:
bruno zanin ha detto...
Voglio correggere una imprecisazione:il mio libro "Nessuno dovrà saperlo" parla di un episodio di prete-pedofilia, il capitolo si intitola infatti ironicamente "Scherzi da preti" il personaggio si chiama Don Giustino, non è don il Pierino storico, ma un salesiano missionario di passaggio nel noviziato-collegio dove ero ospite anni 60/64 a Canelli(Asti) Mentre don pierino alias monsignor Gelmini lo conobbi a Roma nel 69 dopo che scappai dal riformatorio delle zattere di Venezia, lui era amico di un diacono francese che aveva una sorta di soffitta dalle parti di Piazza Navona dove veniva di tanto in tanto a fare il samaritano, a portarci cioè in trattoria a mangiare-quelli più carini e io ero tra quelli ;-) quindi nella sua villa vicino Ostia a fare la doccia e dopo qualche bicchierino cominciava a scherzare con il nostro c....o, sono solo "scherzi da prete ", diceva ridendo quando noi ci scandalizzavamo perchè era cmq per noi ragazzi uomo di chiesa. Il libro in questione lo scrissi a Castel di Tora un borgo affacciato sul lago del Salto (Ri) dove casualmente andai a vivere di ritorno dalla Bosnia in affitto in una vecchia sgangherata torre; don Gelmini casualmente era pure residente "pro forma" nel paesino in quanto stava ottenendo dal Comune di Castel di Tora il Castello in rovina dei Princi del Drago a Monte Antunni per trasformarlo in una delle sue comunità Incontro. Punto.
Lì a Castel di Tora ebbi occasione come già precedentemente nel 1983 a Spello ospite dello scrittore cattolico controcorrente e battagliero Carlo Carretto di raccogliere testimonianze da parte di ex comunitari e comunitari ospiti di Mulino Silla ad Amelia e in seguito un paio di ragazzi ospiti a Monte Antunni che confermavano quanto già sapevo e andavo dicendo in giro quando si parlava della sua "santità e purezza"che cioè la volpe Gelmini aveva sì cambiato pelo-tutti erano all'oscuro del suo passato e vicende carcerarie che io conoscevo bene- la volpe Gelmini aveva sì cambiato pelo, ma non aveva perso il vizio di fare "Scherzi da Prete" ai ragazzi che gli piacevano, insistendo anche quando costoro non volevano. Testimonianze precise va detto che comunicai a autorità sia religiose e civili con il risulato che venivo scambiato per matto e mitomane.Gli feci pure un scherzo medianico perchè gli si stringesse il culo: NIENTE Vedi tu come gira il mondo. In fase di bozze tolsi dal capitolo "Scherzi da prete" il nome di Pierino al mio personaggio per chiamarlo Don Giustino temendo querele, il Don oramai era troppo forte, io ero solo un ex sbandato, ex cento vite, un attore fallito, cioè un egregio nessuno. un saluto bruno zanin
12 agosto 2007 9.42

CASO RIGNANO: AVV. MERLINO, ORA SI INDAGA ANCHE SUL WEB

27-OTT-07 12:38

Roma, 27 ott. - (Adnkronos) - ''Adesso si indaga anche sul web. Le indagini hanno ricevuto un nuovo impulso da nuovi elementi. All'esito dell'incidente probatorio siamo ormai certi del fatto che alcune cose siano accadute e attendiamo l'esito delle indagini serenamente. Noi riponiamo fiducia negli inquirenti''. Lo ha detto all'ADNKRONOS Franco Merlino, uno dei legali di parte civile di alcune delle famiglie che hanno denunciato abusi alla scuola Olga Rovere di Rignano Flaminio.
(Sod/Col/Adnkronos)

sabato 27 ottobre 2007

2007 Campaign Against Paedophile Priests

Preti pedofili: facciamo un pò di nomi

Negli Stati Uniti qualcuno ha ben pensato di stilare una lista dei preti pedofili.
In Italia questa lista non esiste ancora e dove esiste traccia di abusi molto spesso non vengono neppure indicati i loro nomi, ma solo le loro iniziali o un genererico "prete" "don" o "sacerdote"
Alcuni dei loro nomi però spulciando nella rete sono saltati fuori, facendo una ricerca approfondita invece si scopre che sembrano essere davvero infiniti i casi di pedofilia perpetuati a danni di minori da parte di preti pedofili.
Senza contare i casi che non sono stati denunciati o di quanti hanno deciso che era meglio vedere allontanare il proprio parroco e cercare di dimenticare.

Questi sono quelli degli ultimi sei anni, la lista però è ancora lunga..

21 novembre 2002.- Firenze Il cardinale Silvano Piovanelli, 78 anni, al processo per presunti atti di libidine violenti che un parroco del Chianti di 65 anni avrebbe compiuto ai danni di un minorato, in cambio di alcune camicie.

14 settembre 2002 - Napoli è stato arrestato in Messico nel convento di Iztapalapa, nelle vicinanze della capitale del Paese, un sacerdote messicano che tra il 1999 e il 2000 era stato viceparroco in una chiesa del napoletano. Don Gaudencio, questo il nome del prete, è stato accusato di abusi sessuali a partire dalla denuncia di una bambina che all'epoca dei fatti aveva dieci anni e frequentava il catechismo.

14 febbraio 2003 - Bergamo Carolina Guerini e Maria Caterina Conti, all'epoca insegnanti nella scuola materna di Cazzano Sant'Andrea, in Val Seriana condannate a nove anni e mezzo per gli abusi sessuali sugli alunni di una materna della Val Seriana

14 maggio 2003 - Bergamo D.B., 56 anni, parroco di una chiesa di Bergamo è finito in carcere per aver finanziato un gruppetto di pedofili partecipando alla loro attivita'.

27 maggio 2003 - Milano Un frate, ex insegnante di un noto istituto privato di Milano e’ stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione per aver molestato cinque bambine di scuola elementare 11 anni fa.

16 giugno 2003 - Napoli Il sacerdote cattolico messicano Edgar Gaudencio Hidalgo Dominguez stato estradato in Italia dove era ricercato per una serie di abusi compiuti su alcuni minorenni quando era parroco di San Castrense, nel napoletano.

19 luglio 2003 - Bergamo Suicida il prete accusato di pedofilia . Il parroco non aveva mai voluto fornire una sua versione dei fatti. Proclamava la sua innocenza, ma si poi sempre avvalso della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti. Don Vittorio Damiani era coinvolto in una vicenda di pedofilia on-line. Bambini e bambine, da pochi mesi ai 14 anni, utilizzati per immagini agghiaccianti

1 ottobre 2003 - Cuneo ...La Corte d'appello di Torino ha confermato la condanna inflitta in primo grado a don Luciano Michelotti, ex parroco di una frazione di Vicoforte (Cuneo) per detenzione di materiale pedo-pornografico con minori...
8 novembre 2003 - Oristano Tre parole: divieto di dimora. E un accusa pesantissima: pedofilia. Da giovedì sera don Giuseppe Cuccu, parroco della chiesetta di San Lorenzo Martire, per alcuni anni vice parroco di Sant Efisio a Oristano, non può più tornare a Mogorella. Tutto sarebbe partito da due denunce alla Procura presentata dai genitori di alcuni bambini. Coinvolta ci sarebbe anche una minorenne.

2 febbraio 2004 - Pinerolo (Torino) Arrestato don Roberto Volaterra con l'accusa di violenza sessuale nei confronti di una bambina di 12 anni.

10 aprile 2004. Gavirate ( Varese)- Tre anni e quattro mesi di carcere sono stati inflitti al sacerdote di Gavirate accusato di pedofilia su dodici ragazzi del paese. Al prete è stata riconosciuta la seminfermità mentale ed è per questo che non è stata accolta la richiesta avanzata dalla Procura, che era di dieci anni. don Roberto Mornati, era arrivato negli anni '80 a Gavirate, trasferito dalla curia dopo che aveva già subito un processo per molestie.

1 marzo 2004 - Varese Su don Vincenzo, 63 anni, pende un indagine per abusi sessuali su minorenni della procura di Varese: per anni avrebbe prodotto in proprio quel materiale pornografico con adolescenti trovato dalla polizia, diligentemente catalogato, nella canonica di un paesino sul lago Maggiore dove il sacerdote ha svolto il suo compito di pastore di anime fino a un paio di settimane fa.

3 marzo 2004 - Bari - Piccoli e smarriti. Bambini dai sei mesi ai sei anni, in tutte le pose, da soli, con altri coetanei o durante giochi involontari con adulti mascherati. Lo squallido book fotografico era conservato nell’abitazione di un padre domenicano, Giancarlo Locatelli, di 44 anni, segretario dell’Istituto di teologia ecumenica “San Nicola” di Bari, uno dei referenti della Parrocchia di San Nicola, presso l’omonima Basilica.

4 marzo 2004 - Ferrara Sacerdote di 60 anni gli arresti domiciliari a Ferrara con l'accusa di violenza sessuale per molestie a bambine della scuola materna. Secondo le educatrici della scuola, il prete avrebbe rivolto attenzioni morbose su diverse bambine piccole tra i 4 e i 6 anni: i casi sarebbero una decina.

20 aprile 2004 - Nuoro - Ha patteggiato una condanna a 4.600 euro di multa don Pietro Sabatini, 46 anni, rettore del seminario vescovile di Lanusei, accusato di aver scaricato da Internet, pagandole con la carta di credito, immagini a contenuto pedopornografico.

11 giugno 2004. Roma - Sei anni di reclusione sono stati inflitti dal gup Marcello Liotta al sacerdote Paolo Pellegrini di 52 anni di Colleferro accusato di violenza sessuale e istigazione all'uso di stupefacenti. Al centro della vicenda processuale i suoi rapporti durati dal 2000 fino a pochi mesi fa con due ragazzi che oggi hanno rispettivamente 12 e 18 anni di età.

29 giugno 2004 -Teramo - E' stato condannato a sei anni di carcere (poi ridotti a 4 per patteggiamento) don Bruno Tancredi, 54 anni, ex parroco della frazione Monticelli di Teramo. L'uomo e' accusato di abusi sessuali nei confronti di cinque ragazzi tra i 14 e i 16 anni.

1 luglio 2004 - Grosseto Due anni e sei mesi per don Felice Cini, sacerdote accusato di aver molestato sessualmente alcuni bambini nella parrocchia di Arcille, in provincia di Grosseto. Il processo e' durato due anni, alla fine l'imputato ha patteggiato davanti al gup Armando Mammone. Durante l'inchiesta sono stati ascoltati 17 bambini tra i 10 e i 14 anni.

7 luglio 2004 - Palermo ...La vicenda ebbe inizio nel 1994, a Favara, quando il seminarista aveva 12 anni. Il 7 luglio scorso, dopo l' esposto del seminarista, il sacerdote, don Bruno Puleo, ha patteggiato la pena: gli sono stati inflitti 2 anni e 6 mesi di reclusione.

14 luglio 2004 - Alessandria - Ha patteggiato una condanna a poco più di tre anni padre Domenico Marcanti di 48 anni, l'orionino che era stato arrestato nel gennaio scorso con l'accusa di violenza sessuale su minori e circa un mese dopo, a metà febbraio, trasferito dal carcere di Biella in una comunità di preghiera del Pavese agli arresti domiciliari.

22 settembre 2004 - Pavia C'è anche un giovane parroco di un piccolo centro della diocesi di Pavia tra quattro persone accusate di detenzione di materiale pedopornografico. I quattro imputati sono stati tutti identificati grazie ad un'indagine condotta su internet. Due di loro oggi hanno già patteggiato. Uno di questi e' il prete che ha concordato una pena (sospesa) di 3 mesi e venti giorni.

27 dicembre 2004 - Pavia E’ accusato di violenza sessuale nei confronti di tre ragazzini (due di 14 ed uno di 13 anni) un sacerdote di 62 anni, parroco di un piccolo comune alle porte di Pavia, che da alcuni giorni si trova agli arresti domiciliari.

22 luglio 2005 - Pinerolo Un anno e otto mesi con la condizionale: con questa condanna "patteggiata" si è conclusa ieri nel tribunale di Pinerolo la scabrosa storia di don Roberto Volaterra, ex parroco di Castagnole Piemonte, arrestato l' anno scorso con l' accusa di violenza sessuale nei confronti di una bambina di 11 anni.

5 ottobre 2005 - Palermo. Il procuratore generale di Torino Gian Carlo Caselli, l' ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando ed uno dei sacerdoti più noti a Palermo per il suo impegno civile, Padre Ribaudo entrano in scena al processo ad un altro parroco antimafia accusato di pedofilia: Don Paolo Turturro.

26 ottobre 2005 - Lugano Sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale: è la pena inflitta dalla Corte delle Assise Correzionale di Locarno (Ticino) a don Italo Casiraghi, ex parroco di Gordola, finito sotto inchiesta per aver prestato attenzioni morbose contro alcuni ragazzini che frequentavano la sua parrocchia e l'oratorio.

10 novembre 2005 - Como Si e’ sempre difeso respingendo ogni ipotesi di violenza sessuale. Lo ha fatto anche davanti al gup di Como, Nicoletta Cremona, che pero’ lo ha rinviato a giudizio con l’accusa di essere un prete pedofilo. Il suo processo iniziera’ davanti ai giudici di Como il 28 marzo. Da quel giorno si cercherà di capire se effettivamente Don Mauro Stefanoni, parroco 38enne ora sospeso, di Laglio… abbia indotto un ragazzino di 14 anni disabile ad avere con lui rapporti di tipo sessuale nella casa parrocchiale.

15 novembre 2005. Napoli - La Curia arcivescovile di Napoli è stata citata in giudizio da un ragazzo che sei anni fa si costituì parte civile in un procedimento penale contro un religioso accusato di aver compiuto abusi sessuali su di lui.

26 novembre 2005. Arezzo. Rischia di configurarsi come il più grave scandalo di pedofilia che abbia mai colpito la Chiesa italiana quello che vede coinvolto don Pierangelo Bertagna, il sacerdote dell abbazia di Farneta (Arezzo) già sotto inchiesta per un caso di pedofilia e che ieri ha confessato agli inquirenti di aver abusato di 30 bambini Preso dai rimorsi, in una sola giornata don Pierangelo avrebbe confidato agli inquirenti la lunga serie di abusi sessuali da lui commessi a partire dagli anni 90, quando era ancora un laico, su una trentina di ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 15anni.

2 giugno 2005 - Milano M.P. 44 anni Per un anno avrebbe obbligato ad avere prestazioni sessuali una giovane donna minacciandola, in caso contrario, di farle togliere i tre figli piccolissimi di cui lui era stato temporaneamente nominato tutore.

5 luglio 2005 - Mondovì Cuneo - Don Renato Giaccardi, 42 anni, sacerdote monregalese, originario di Magliano Alpi (Cuneo), responsabile della preparazione religiosa, in qualità di “vicario moniale”, di alcuni Istituti della diocesi di Imperia e di Albenga, è agli arresti domiciliari con una serie di accuse gravissime: induzione alla prostituzione, favoreggiamento e sfruttamento di minorenni.

26 novembre 2005 - Arezzo Rischia di configurarsi come il più grave scandalo di pedofilia che abbia mai colpito la Chiesa italiana quello che vede coinvolto don Pierangelo Bertagna, il sacerdote dell'abbazia di Farneta (Arezzo) giá sotto inchiesta per un caso di pedofilia e che ieri ha confessato agli inquirenti di aver abusato di 30 bambini.

23 gennaio 2006 - Cosenza La polizia di Stato ha arrestato a Cosenza un sacerdote, Francesco Bisceglia di 69 anni, con l'accusa di violenza sessuale, singola e di gruppo, nei confronti di una suora

3 agosto 2006 - Roma La Corte di Cassazione aveva dato il via libera al procedimento di estradizione, dopo un anno di arresti domiciliari, forse per questo ha fatto perdere le sue tracce. Joseph Henn, 57 anni, alto prelato statunitense accusato di pedofilia, è sparito nel nulla a Roma. E' accusato di abusi nei confronti di due ex seminaristi, che sarebbero stati commessi tra il marzo 1979 e il giugno 1981 ma scoperti solo nel gennaio 2003. A muovere le accuse una corte di giustizia dell'Arizona.

11 agosto 2006 - Pomezia L’ex parroco, arrestato nei mesi scorsi con l’accusa di pedofilia, si è ucciso, impiccandosi nella casa della madre, a Roma. Il sacerdote, 43 anni, era agli arresti domiciliari. Era stato arrestato ad aprile,dopo le accuse di alcuni ragazzini che avevano frequentato la sua parrocchia.
7 settembre 2006 - Milano, arrestato don Siro pedofilo - violenza sessuale su tredicenne rom Erano seduti in un auto parcheggiata davanti al cimitero Maggiore
5 aprile 2006 - Roma Un sacerdote Marco Agostini arrestato per pedofilia e gravi atti di violenza sessuale su minori, altri due raggiunti da provvedimenti di custodia alternativi.

13 maggio 2006 - Roma 23 agosto 2006 Oriolo Romano arrestato per violenza sessuale su minori don Massimiliano Crocetti, parroco di Oriolo Romano, un paese di 3500 abitanti nel viterbese

13 ottobre 2006 - Forlì Don Giuseppe Giacomoni, il sacerdote 81enne presidente dell''Associazione Arcobaleno, arrestato con la pesante accusa di violenza sessuale su minore e sfruttamento della prostituzione, si trova rinchiuso in un convento agli arresti domiciliari.

17 novembre 2006 - Napoli Il parroco di una chiesa del quartiere Pianura a Napoli, T.T.A., di 60 anni, è stato arrestato dai carabinieri per abusi sessuali su una ragazzina di 10 anni.

07 febbraio 2007 - Reggio Calabria La polizia postale del compartimento di Reggio Calabria ha arrestato un sacerdote di 70 anni, accusato di aver compiuto atti sessuali con una tredicenne ed atti osceni in luogo pubblico.

23 maggio 2007 - Parma Don Marco Dessì, il padre missionario originario di Villamassagia (Cagliari) è stato condannato dal gup di Parma, Roberto Spanò, al termine del processo con rito abbreviato, a 12 anni di carcere per abusi sessuali su minori e possesso di materiale pedopornografico. Ieri il pm Lucia Russo, al termine di una requisitoria durata quasi due ore aveva chiesto 16 anni di pena.

20 giugno 2007 - Capua Caserta Don Pasquale Scarola, 64 anni (originario di Curti) parroco della chiesa San Pietro Apostolo di Capua venne incriminato per aver molestato con più di 200 telefonate una ragazzina di nove anni ragazzina.Don Pasquale celebra regolarmene messa nella chiesa S. Pietro Apostolo,dopo una condanna definitiva.

5 luglio 2007 - Roma A.D. Sacerdote, insegnate e anche pedofilo, secondo la magistratura. E’ stato condannato, in rito abbreviato, dal gup Claudio Mattioli, a 4 anni e due mesi, un sacerdote accusato di aver abusato di due ragazzini.

13 luglio 2007 - Vale di Scalve Bergamo un sacerdote di 36 anni è stato condannato a quattro anni di reclusione per abusi sessuali su una ragazzina di 16 anni che, all’epoca in cui cominciarono le violenze (nel 2002), era solo undicenne.


2007 Campaign Against Paedophile Priests

venerdì 26 ottobre 2007

PEDOFILIA, CONVALIDATO L'ARRESTO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

Insegna a Cologno Monzese (Mi). Nella sua abitazione oltre 2mila scatti incriminanti
Notizia pubblicata in rete il 05/06/2007 20.57, tempo medio di lettura previsto 1 minuti e 14 secondi
(ITnews) - Roma - Resta nel carcere di San Vittore il dirigente di 59 anni di una scuola statale di Cologno Monzese (Milano), tesserato con la Figc come allenatore di calcio per minorenni, arrestato il 9 maggio scorso per pedofilia da agenti del Nucleo investigativo telematico della procura della Repubblica di Siracusa in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dal Gip aretuseo Vincenzo Panebianco. E' quanto ha stabilito oggi il Tribunale del riesame di Catania. Ad aprire l'indagine era stata una segnalazione effettuata dagli specialisti di Telefono Azzurro che avevano individuato su Internet la presenza di una videoteca per pedofili. Risalendo al gestore, gli investigatori del Nit hanno scoperto che si tratttava di una donna ucraina. Tracciando in seguito i pagamenti effettuati dall'Italia si è arrivati a individuare il dirigente scolastico di 59 anni.

Una volta fatto irruzione nella sua abitazione gli investigatori hanno sequestrato duemila fotografie e filmati di pedofili, un personal computer che provava la divulgazione e lo scambio online del materiale pedopornografico incriminato. Nell'ambito della perquisizione domiciliare sono state trovate, inoltre, la tracce di pagamenti effettuati dall'indagato in favore di alcuni bambini romeni, ritratti anche in alcune fotografie scattate nell'abitazione del dirigente scolastico.

giovedì 25 ottobre 2007

Quando l'orco è analfabeta

di Stefania Cantatore (UDI-Napoli)

(Napoli) “Su alcune fonti di stampa è riportato un commento degli inquirenti, con qualche accentuazione giornalistica, a proposito dell’arresto del presunto violentatore della piccola Antonietta, morta per “un rigurgito”.
Il commento avanzato – denuncia Stefania Cantatore, dell’UDI di Napoli - ha un sapore antico: l’orco è analfabeta, colpa del disagio sociale.
È il sapore di sempre, tagliare la testa al toro sulle responsabilità collettive e ridurle a qualcosa che è un pò colpa di tutti ed un pò di nessuno.
Il conteggio giornalistico del femminicidio e delle violenze sessuate occupa molte pagine dell’informazione dell’ultimo triennio, questo va sottolineato, perché rappresenta la risposta minima al movimento d’opinione femminile intorno al modo di fare giornalismo su quello che fondatamente, in larghissima parte, risulta il reato meno punito e più diffuso.
Quello che si legge e si ascolta, quando non si vede nei plastici di Vespa, è semplicemente quel minimo sforzo di non tacere, non di rado con uso di enfasi verbale sproporzionata alla reale indignazione emotiva e culturale avvertita da chi fa informazione.
L’atteggiamento di consapevolezza, spesso si ferma al conteggio parziale delle morti e dei reati: la complessa altra parte che non riesce a farsi strada nella” rappresentazione condivisa” è la carne non occasionale di una strage prevista.
Quell’orco è analfabeta, ma tutti gli orchi sono analfabeti e privi del codice della reciprocità. Se questo non può , come ancora troppi vorrebbero,stemperare le responsabilità personali, rappresenta un segno, che dopo i numeri, dovrebbe cominciare ad informare di se la comunicazione pubblica e la disposizione politica.
L’analfabetismo relazionale, come quello di tipo scolastico, colma l’assenza di propri codici con quelli della “lettura precostituita dal contesto”. È questa la responsabilità collettiva nel femminicidio e nelle violenze sessuate: l’aver precostituito un codice comportamentale dove la morte e il reato sono semplicemente eccessi di attitudini relazionali connaturate all’uomo.
Gli uomini di buona coscienza che sanno d’essere lontani da questo paradigma, devono ancora riconoscere, veramente, in che modo quel paradigma può essere cambiato.
Cambiare non può che partire dalla carne degli eventi, che da sola e immediata nel vero senso della parola (senza mediazioni) mostra come la parola autorevole può concorrere alla condanna e al destino imposto alle vittime.
Antonietta è morta per le ripetute violenze che ha subito, la sua morte non è stata la casualità rivelatrice. È morta vomitando il suo dolore: Non ne poteva più, ha vomitato perché il grido che forse tante volte aveva pronunciato era stato insufficiente e difforme da quanto ammissibile. Antonietta è invece stata frantumata, da una parte lo stupro, dall’altra la sua morte tragica. Va detto qui che la parola abuso va semanticamente eliminata, perché in se significa che potrebbe esistere un “uso corrispondente” ammissibile. Uso ed abuso nella realtà esistono sulla carne di donne, bambine, e bambini a sono ugualmente inammissibili. Nella violenza sessuata implicita ha origine l’orrore segretamente condiviso nell’attuale patto, dove l’uso ammissibile è diffuso e commette strage lenta.
Nel patto c’è quella responsabilità politica che ha nome e si identifica nei poteri attuali agli eventi.
La campagna mediatica promossa dal Governo, senza per altro destinare diversamente risorse, pone l’accento sul coraggio della denuncia, affidandosi alla taumaturgia dell’immagine-parola. Nella realtà, la denuncia ha risonanza ambigua, come ha sperimentato letalmente Antonietta, essendo il suo grido inammissibile vera denuncia.
È questa, la denuncia, propria del sottoposto (cioè di chi in altra condizione avrebbe possibilità di salvaguardarsi e non di chiedere protezione), è azione di reclamo che presuppone fiducia nell’efficacia della risposta, se non nell’obbligatorietà della stessa.
Le madri di Rignano Flaminio lo sanno, perché a loro volta sono imputate di aver loro, non certa stampa, acceso i riflettori sul disagio dei figli. Come a dire che non si può pretendere equilibrio e rispetto dai media, perché loro sono così, o tacciono o esagerano. Lo sapeva bene Matilde Sorrentino che è morta per essersi macchiata di denuncia in difesa di suo figlio. Denunciare è importante, ma va detto che resta questo, nell’assenza di un sostegno pubblico e carico delle attuali ambivalenze, un atto unilaterale e di grande solitudine. Il discredito e le punizioni di cui sono vittime in tante, è una prigione dalla quale si esce per merito della solidarietà politica: che non deve e non può essere più soltanto “spontanea”; perchè ad offrirla competentemente possono essere le donne in un ottica di restituzione della libertà, ma spesso sono istituzioni confessionali, finanziate con denaro pubblico, e che attraverso l’aiuto veicolano le loro imposizioni.
L’assunzione della responsabilità politica collettiva, di fronte alla morte di Antonietta, consiste nella certezza e nella qualità delle risposte, ma consiste anche nel guardare dentro a tutto ciò che ha resa possibile e indisturbata una tragedia che oggi porta il suo nome . Sono le scuole materne che non rispondono alle esigenze del lavoro delle donne, sono le mura familiari impenetrabili al diritto. E ci sono in aggiunta i modelli forti che suggeriscono che le donne servono a questo, o che addirittura arrivano a pubblicizzare libri con le passerine ignoranti (sic) dell'assessore provinciale alla Cultura di Ravenna Massimo Ricci Maccarini.
La responsabilità politica, in una tale asimmetria culturale, non è un punto d’arrivo, è un’urgenza, l’unica possibilità di cambiare. Bisogna che ognuno agisca magari denunciando che l’orco ignorante è colpevole, non meno, ma insieme ai poteri che mettono nel conto la morte e il dolore di Antonietta.
Al suo addio non c’è rimedio, c’è da impedire che succeda ancora”.
Stefania Cantatore – Udi di Napoli
(Delt@ Anno V°, N. 218 del 25 ottobre 2007

mercoledì 24 ottobre 2007

Save The Children

ABUSI SUI MINORI E GIUSTIZIA DEGLI ADULTI

Analisi comparativa della gestione dei casi di abuso sessuale
sui minori nei vari ordinamenti europei

Paesi partecipanti:
Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia,
Islanda, Italia, Romania, Spagna e Svezia
Christian Diesen
Pa rt of a European project organised by the
S a ve the Children Alliance Europe Gro u p
S u p p o rted by the European Commission’s Daphne Prog ra m m e
© 2002 International Save the Children Alliance
Titolo originale: Child abuse and adult justice
Autore Rapporto Europeo: Christian Diesen
Traduttore: Isabella Preziosi
Titolo versione italiana:Abuso sui minori e giustizia degli adulti
Rapporto italiano e versione italiana a cura di Arianna Saulini
Progetto grafico:Antonella Lupi
Immagine di copertina: Cecilia Borggård/Mira
Stampa:Tipografia O.Gra.Ro. - Roma
Il rapporto è disponibile sul sito www.savethechildren.it
Il testo integrale dei singoli rapporti nazionali è disponibile sul sito
www.rb.se/bookshop
Pubblicato da Save the Children Italia
Via Firenze 38 - 00184 Roma - Italia
Tel: (+39) 06.48.07.001
Fax: (+39) 06.48.070.039
info@savethechildren.it
www.savethechildren.it
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
P refazione 3
I n t ro d u z i o n e 4
A L’ascolto del minore vittima di abuso sessuale all’interno del percorso giudiziario in Italia 5
I LA NORMATIVA ITALIANA 5
1 P re m e s s a 5
2 La procedibilità dei reati sessuali 6
3 Le indagini preliminari 7
4 L’assunzione della testimonianza 7
II L’ ASCOLTO DEL MINORE NELLA PRASSI 11
1 Nota metodologica 11
2 Dati relativi all’abuso su minori 11
3 La segnalazione 12
4 Gli interlocutori del minore : 14
4.1 La polizia 14
4.2 Il pubblico ministero 1 6
4.3 Il ruolo dello psicologo 1 7
4.4 La visita ginecolog i c a 19
4.5 L’avvocato di parte civile 20
5 Tribunale penale ordinario e tribunale per i minorenni 20
6 L’incidente probatorio e l’audizione protetta del minore 2 1
7 La valutazione della testimonianza e l’attendibilità del minore 2 3
8 O s s e rvazioni finali 2 3
B Analisi comparativa della gestione dei casi di abuso sessuale su minori 2 5
nell’ambito di diversi ordinamenti euro p e i
I S I N T E S I 25
I I I N T RO D U Z I O N E 28
1 Difficoltà specifiche dei casi di abuso sessuale a danno di minori 2 8
2 P resentazione dello studio 2 9
III IL MINORE A L L’INTERNO DEL PRO C E D I M E N TO GIUDIZIARIO 3 0
1 Princìpi generali del processo penale e rilevanza nei casi di abuso a danno di minori 3 0
2 Il ruolo del minore nel processo giudiziario 3 2
3 Il rap p resentante legale del minore all’interno del procedimento giudiziario 3 3
4 L’audizione del minore 3 5
I V LE ATTIVITÀ DI INDAGINE NEI CASI DI ABUSO SESSUALE A DANNO DI MINORI 3 8
1 O s s e rvazioni generali sulle difficoltà nelle indagini 38
2 L’ascolto del minore 3 8
3 L’ a c c e rtamento medico 4 3
4 Altri problemi e carenze delle indagini 4 5
V C O N C L U S I O N I 4 6
1 Maggiori competenze 4 9
2 C o o rd i n a m e n t o 5 0
3 Sviluppo di metodi comu n i 5 1
sommario
• S AV E T H E C HI LD R EN
V I R AC C O M A N DAZIONI DI SAVE THE CHILDREN 5 3
V I I L’OPINIONE DI ALCUNI PROFESSIONISTI ITA L I A N I 5 6
1 I n t ro d u z i o n e, a cura di Maria Rosa Dominici 5 6
2 Il TCF (Centro per la tutela del bambino e la terapia della crisi familiare ) , a cura di Fulvia To g n i 5 8
3 Il punto di vista di un av vo c a t o, a cura di Laura De Rui 6 0
4 C o n c l u s i o n i , a cura di Federico Palomba 6 1
B i bl i og r a f i a 6 3
2
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
3
Save the Children è la più grande organizzazione internazionale indipendente per la
difesa e promozione dei diritti dei bambini. Opera in oltre 120 paesi nel mondo con
una rete di 29 organizzazioni nazionali e un ufficio di coordinamento internazionale:
l’Alleanza Internazionale di Save the Children.
In particolare Save the Children da molti anni è attiva per prevenire, proteggere e agevolare
il recupero fisico e psicologico dei minori da tutte le forme di sfruttamento sessuale
in tutto il mondo.
Dal 1998 Save the Children ha iniziato ad acquisire una conoscenza pan-europea del
fenomeno abuso e delle buone pratiche attraverso una serie di progetti sovvenzionati
dal programma europeo Daphne su alcune questioni specifiche attinenti alla tematica
dell’abuso, tra cui l’incidenza e la natura dell’abuso sessuale di minore, forme di prevenzione
tra cui terapie mediche con abusanti minorenni, valutazione di programmi di
prevenzione e analisi delle politiche rilevanti in questo campo.
Questi progetti hanno messo in luce il fatto che nonostante i diritti dei minori siano
protetti dalla legislazione dei vari paesi europei, la prassi comune non sempre promuove
e protegge il superiore interesse del fanciullo.
La ricerca comparativa che presentiamo in questo Rapporto ha proprio il fine di verificare
come sia trattato un caso di abuso sessuale su minore nei differenti sistemi giuridici
europei esaminati al fine di far emergere le migliori pratiche e promuoverne l’app
l i c a z i o n e .
La versione italiana del rapporto europeo include un breve approfondimento sulla situazione
italiana, sia dal punto di vista normativo che della prassi.
Inoltre nella parte conclusiva è stata aggiunta una sezione con l’opinione e i commenti
di alcuni operatori italiani esperti del settore.
Il progetto è stato commissionato dal Gruppo Europeo dell’Alleanza Internazionale di
Save the Children e coordinato da un gruppo direttivo composto da un rappresentante
per ciascuna delle Save the Children partecipanti (Danimarca, Finlandia, Islanda,
Italia, Norvegia, Romania, Spagna e Svezia, con l’assistenza dell’ufficio di Bruxelles).
La ricerca a livello nazionale è stata condotta da ricercatori esperti indipendenti nei
paesi summenzionati e in Germania.
Il rapporto europeo è stato redatto dal Prof. Christian Diesen, professore di diritto processuale
all’università di Stoccolma, esperto di procedura penale e valutazione della
p r o v a .
Le osservazioni sulle differenti normative, prassi e metodi svolte in questo rapporto
sono opera dell’autore e dei singoli ricercatori nazionali.
Il Rapporto Italiano è stato curato dalla Dott.ssa Arianna Saulini, responsabile del
Children Rights Office di Save the Children Italia.
La Save the Children Italia ringrazia la Dott.ssa Maria Rosa Dominici, la Dott.ssa
Fulvia Togni del TCF di Bergamo, il Dott. Federico Palomba, e l’Av v. Laura De
Rui che hanno contribuito alla realizzazione della versione italiana del rapporto,
nonché tutti i professionisti intervistati.
Save the Children ringrazia particolarmente la Direzione generale Giustizia e Affari
interni operante nell’ambito del Segretariato Generale della Commissione Europea
che attraverso il Programma Daphne ha sovvenzionato il progetto.
p re f a z i o n e
• S AV E TH E C H I L DR EN
Save the Children è presente in Italia dal 1998 con l’obbiettivo di sostenere strategie
e attività per la promozione dei diritti dei bambini che vivono sul territorio italiano,
con una particolare attenzione alle fasce più vulnerabili.
La partecipazione al progetto Daphne «Children who are abused and the law»
corrisponde alla nostra volontà di apportare un concreto contributo per la tutela
dei diritti dei minori che entrano in contatto con il mondo giudiziario.
La Convenzione sui diritti del fanciullo (CRC), ratificata da tutti i paesi considerati
in questo studio, rappresenta un punto di riferimento fondamentale per definire
le modalità con cui i procedimenti giuridici dovrebbero essere adattati alle particolari
esigenze del minore.
Così in base al principio cardine del superiore interesse del fanciullo (art. 3) in
tutte le attività di indagine e nei processi decisionali il superiore interesse del minore
dovrebbe essere una considerazione preminente.
La Convenzione afferma inoltre (art. 12) che il minore dovrebbe avere l’opportunità
di essere ascoltato in tutti quei procedimenti giudiziari o amministrativi che lo
coinvolgono, sia direttamente, sia attraverso un rappresentante, secondo quanto
dettato dalla normativa nazionale.
Tuttavia la CRC non considera specificatamente la posizione dei minori vittime di
reati, e pertanto sono i singoli Stati membri ad avere la responsabilità di adottare i
provvedimenti necessari affinché l’impatto con la realtà giudiziaria non rappresenti
un trauma per il minore.
Le conclusioni di questo documento non rappresentano il punto d’arrivo, ma l’inizio
di un lavoro che ci vedrà coinvolti in prima persona per identificare e
diffondere l’adozione di buone pratiche insieme alle altre associazioni impegnate
nella tutela e promozione dei diritti dell’infanzia e dei professionisti del settore.
La pubblicazione si rivolge infatti agli operatori giuridici: avvocati, giudici, pubblici
ministeri, agli psicologi, ai funzionari di polizia, agli assistenti sociali e in generale
a tutti coloro che sono coinvolti nelle delicata fase di ascoltare un minore
vittima di abuso sessuale, sperando che possa esser utile per facilitare l’incontro e
il dibattito e sensibilizzarli alle problematiche sottese all’ascolto.
Ci auguriamo dunque che il documento presentato possa costituire un valido strumento
di lavoro e riflessione per quanti sono chiamati a gestire casi di abuso e che
le energie dedicate a questo lavoro creino un reale beneficio per i bambini e per il
riconoscimento concreto dei loro diritti.
Angelo Simonazzi
D i re t t o re Generale, S ave the Children Italia
4 i n t ro d u z i o n e
I. La normativa italiana
1. Pre m e s s a
In Italia, nell’ultimo decennio, le problematiche connesse
all’abuso sessuale sui minori hanno ricevuto
un’attenzione sempre maggiore. Molteplici sono stati
i dibattiti tra professionisti e esperti coinvolti a vario
titolo nella trattazione di tali casi e numerose le campagne
di sensibilizzazione rivolte sia specificatamente
ai minori, potenziali vittime di queste forme di
abuso, sia all’opinione pubblica in generale.
Le problematiche sociali, giuridiche e psicologiche
di una questione così complessa sono numerose e
tra queste, in primis, si pone la questione dell’a u d izione
del minore, sia esso solo testimone o, al contempo,
vittima dei reati in questione. In particolare
si evidenzia un duplice ordine di problemi, il primo
relativo alle modalità e alle tecniche di assunzione
della testimonianza, il secondo relativo ai criteri di
valutazione delle dichiarazioni rese dal minore.
Nell’indagine che segue si tratterà solo la prima di
tali questioni, salvo un breve cenno ai criteri di valutazione
della testimonianza del minore elaborati in
ambito giurisprudenziale.
Numerosi studi di psicologia infantile hanno confermato
che tra i fattori che provocano un maggiore
s t re s s emozionale per il minore vi è il fatto di dover
deporre in pubblica udienza nell’aula del tribunale,
il venir sottoposto all’esame e al controesame condotto
dal pubblico ministero e dai difensori e il trovarsi
a testimoniare di fronte all’imputato, la cui sola
presenza è di per sé sufficiente a intimorire o suggestionare
la piccola vittima.
I recenti interventi legislativi realizzati con la legge
n. 66 del 1996 (Norme contro la violenza sessuale) e
con la legge n. 269 del 1998 (Norme contro lo sfruttamento
della prostituzione, della pornografia, del
turismo sessuale in danno di minori) hanno tentato
di approntare concreti strumenti al fine di proteggere
la vittima di reati sessuali, anche e soprattutto nel
momento della deposizione, prevedendo in particolare
una disciplina speciale quanto a tempi, modalità
e regole per l’assunzione della testimonianza di minori
di sedici anni. Si tratta di una svolta fondamentale
anche dal punto di vista culturale, in quanto in
passato l’attenzione era stata sempre rivolta a tutelare
i diritti di colui che aveva commesso il reato piuttosto
che quelli della vittima, soprattutto se minorenne.
La normativa penale è stata dunque completamente
riformata in seguito all’entrata in vigore delle suddette
leggi, che hanno abrogato alcuni articoli del
codice penale e parallelamente ne hanno introdotti
di nuovi, prevedendo fattispecie incriminatrici prima
inesistenti.
Tra le novità più significative introdotte dalla l e g g e
n. 66 del 15 febbraio 1996, oltre all’aver ricondotto i
reati di abuso sessuale tra i reati contro la libertà
personale anziché contro la moralità pubblica1, vi è
sicuramente il fatto di aver disciplinato l’aspetto relativo
alla tutela dei minori in particolare durante lo
svolgimento del processo, rafforzando le garanzie
processuali a favore del testimone minorenne.
La legge 66/96 stabilisce che non vi è c o n s e n s o v a l ido
ad atti sessuali fino al compimento dei quattordici
anni, o di sedici se l’autore è l’ascendente, il genitore
anche adottivo, il tutore o la persona cui il minore
è affidato per ragioni di cura, di educazione, di
istruzione, di vigilanza o di custodia. Gli atti sessuali
tra minorenni consenzienti sono invece consentiti a
condizione che il più giovane abbia almeno tredici
anni e che non ci sia tra loro una differenza di età
superiore ai tre anni 2.
Significativa è anche la previsione che consente al
minore vittima di abuso un’assistenza psicologica e
5
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
1 La nuova collocazione di tali reati serve ad affermare che il bene leso
non  una generica moralitˆ, di cui dovrebbe essere titolare la collettivitˆ,
ma un bene appartenente alla singola persona, la cui sfera di libertˆ viene
gravemente violata.
A. L’ascolto del minore vittima di abuso sessuale
a l l ’ i n t e rno del percorso giudiziario in Italia
2 Art. 609 quater, comma 2, c.p. Çnon  punibile il minorenne che compie
atti sessuali con un minorenne che ha compiuto gli anni tredici, se la
differenza di etˆ tra i soggetti non  superiore a tre anniÈ.
affettiva costante, attraverso la presenza in ogni stato
e grado del procedimento dei genitori o di altra
persona idonea indicata dal minore e ammessa dall’autorità
giudiziaria procedente3.
La tanto attesa legge in materia di violenza sessuale
rappresenta sicuramente una conquista significativa,
ma non sembra aver risolto in maniera soddisfacente
tutte le problematiche sottese all’esigenza di tutelare
la dignità e la personalità del testimone minorenne 4.
Sono stati sollevati numerosi dubbi, e in particolare
il testo della legge è stato criticato in termini di tecnica
normativa e di formulazione testuale. Il carattere
approssimativo delle disposizioni in esso contenute,
infatti, oltre a non facilitare il lavoro dell’interprete
nell’applicazione della norma, gli lascia margini di
discrezionalità troppi ampi per consentire lo sviluppo
di una prassi uniforme su tutto il territorio.
2. La procedibilità dei reati sessuali
Il minore necessita di tutela giuridica fin dalla fase di
impulso del processo, che avviene attraverso la denuncia
all’autorità preposta.
La disciplina relativa alla procedibilità dei reati sessuali
ha costituito uno dei punti più controversi dei
lavori parlamentari da cui è derivata la legge 66/96,
dato il diverso punto di vista tra i sostenitori della
procedibilità d’ufficio estesa a tutte le fattispecie di
reato, al fine di tutelare maggiormente la vittima, e
coloro che sostenevano invece la procedibilità a querela,
sia in ossequio al diritto di riservatezza della vittima
sia per evitare di sottoporla a un processo non
voluto.
Il nuovo articolo del codice penale5 che disciplina la
procedibilità per i reati di violenza sessuale semplice6
o aggravata7 e atti sessuali con minorenne8 r a p p r esenta
un compromesso tra queste due differenti esigenze.
Tale norma prevede comunque una particolare
tutela per i minori in quanto garantisce la p r o c e d ibilità
d’ufficio nei casi di violenza sessuale su minori
di anni 14 nel caso in cui il fatto9 è compiuto dal genitore,
anche adottivo, dal convivente del genitore,
dal tutore, o da altra persona cui il minore1 0 è affidato
per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza
o di custodia, e nel caso di atti sessuali compiuti su
minore di anni 10. Le altre ipotesi di procedibilità
d’ufficio previste dall’art. 609 s e p t i e s riguardano i casi
in cui il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o
da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio
delle sue funzioni, e l’ipotesi in cui il fatto è connesso
con un reato procedibile d’ufficio.
Inoltre si procede d’ufficio nel caso di corruzione di
m i n o r e n n i1 1 e violenza sessuale di gruppo1 2.
In tutti gli altri casi si procede a querela di parte 1 3,
ossia su richiesta della persona offesa, e la querela,
una volta proposta, non è più revocabile. Il termine
per la proposizione è di sei mesi, mentre la regola
generale prevede un termine di tre mesi dal giorno
della notizia del fatto che costituisce reato1 4.
Per i minori infraquattordicenni il diritto di querela
è esercitato da chi ha la potestà, (generalmente i gen
i t o r i )1 5. Se invece il minore ha compiuto i 14 anni,
può presentare personalmente la querela, oppure, e
nonostante la sua volontà contraria, può presentarla
anche chi esercita la potestà.
Il fatto che permanga la procedibilità a querela per i
fatti commessi da parenti e da conoscenti di famiglia
è stato da alcuni criticato, in quanto consentirebbe
il perpetuarsi di meccanismi di omertà familiari peraltro
ancora molto diffusi16. Del resto la tutela potrebbe
divenire inefficace laddove colui a cui la legge
affida il compito di denuncia s’identifichi con
l’autore del reato, o qualora vi sia connivenza con
quest’ultimo.
6
• S AV E T H E C HI L DR EN
3 Art. 609 decies c.p. (art. 12, legge 448/88).
4 Scomparin, L., Il Testimone minorenne nel procedimento penale: lÕesigenza
di tutela della personalitˆ tra disciplina codicistica e interventi
normativi recenti, in ÇLa legislazione penaleÈ, 1996.
5 Art. 609 septies c.p.
6 Art. 609 bis c.p.
7 Art. 609 ter c.p.
8 Art. 609 quater c.p.
9 In merito occorre sottolineare che si discute se tale ipotesi di procedibilit
ˆ dÕufficio abbia per oggetto esclusivamente il reato di violenza sessuale,
semplice o aggravata, previsto allÕart. 609 bis c.p., o si estenda a
qualsiasi atto sessuale anche non violento commesso nei confronti dei
minori da parte dei soggetti menzionati, di cui allÕart. 609 quater c.p. Tale
ultima interpretazione, peraltro,  stata recentemente accolta dalla Cassazione
Penale (Cass. Pen. Sez. III del 26.02.99).
1 0 LÕipotesi di cui al n. 2 dellÕart. 609 septies c.p.  stata in linea di massima
interpretata nel senso della perseguibilitˆ dÕufficio estesa a tutti i
minorenni, e non limitato ai minori di anni 14.
1 1 Art. 609 quinquies c.p.
1 2 Art. 609 octies c.p.
1 3 La querela  una dichiarazione attraverso cui si manifesta la volontˆ
che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato (art.
336 c.p.p.).
1 4 Art. 124, comma I, e art. 609 septies, comma II, c.p.
1 5 Art. 120 c.p.
1 6 Forno, P., Valutazioni e osservazioni critiche con riferimento alla tutela
dei minori, in ÇMinori e GiustiziaÈ, n. 4/95.
Proprio al fine di evitare tali situazioni, la legge prevede
che, in caso di conflitto di interessi con colui
che esercita la potestà, la querela possa essere proposta
da un curatore speciale, nominato dal giudice delle
indagini preliminari su istanza del pubblico ministero
o degli stessi servizi che hanno per scopo la cura,
la custodia e l’assistenza dei minorenni (compresi
quindi i servizi socio-assistenziali). Tuttavia tale norma
può essere applicata solo a condizione che il pubblico
ministero sia già a conoscenza dei fatti di reato,
mentre sembrerebbero destinati a rimanere nel sommerso
tutti quei fatti conosciuti da operatori socioassistenziali
ma esclusi dall’obbligo di denuncia1 7.
I pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio
(quindi tutti i medici ospedalieri e del Servizio sanitario
nazionale) hanno l’obbligo di denunciare per
iscritto la notizia di un reato perseguibile d’ufficio del
quale siano venuti a conoscenza nell’esercizio o a causa
delle loro funzioni o del servizio1 8. Esiste inoltre
l’obbligo del referto per gli esercenti una professione
sanitaria che abbiano prestato la propria assistenza
od opera, in casi che possono presentare i caratteri di
un delitto per cui si debba procedere d’ufficio1 9.
Qualora la denuncia venga attivata al Tribunale Penale
ordinario, a seguito della riforma introdotta con
la legge 66/96, per i reati di violenza sessuale a danno
dei minori è prevista la comunicazione da parte
del Procuratore della Repubblica al Tribunale dei
m i n o r e n n i .
3. Le indagini pre l i m i n a r i
Con la notizia di reato si apre la fase delle indagini
preliminari, nel corso della quale verrà effettuato un
primo vaglio della notitia criminis.
Il minore, normalmente, potrà essere sentito dalle
autorità competenti a gestire il «colloquio», ovvero
dalla Polizia giudiziaria20 o dal PM21, o comunque
da un consulente di quest’ultimo nel caso in cui
venga disposta una consulenza tecnica, caso peraltro
assai frequente in questo tipologia di reati. Si tratta
di un momento particolarmente delicato, in quanto
rappresenta il primo impatto tra il minore e il meccanismo
processuale, e l’ascolto può avvenire ad
opera di soggetti diversi, in luoghi generalmente ritenuti
non idonei (ad es. locali di polizia o uffici della
Procura).
Il nostro ordinamento, tuttavia, nulla prevede in
questa fase in relazione all’audizione del minore vittima
di reati sessuali da parte della Polizia o del
Pubblico Ministero, né esistono disposizioni specifiche
che sottolineino la necessità di concentrazione
di tali interventi e la massima riduzione possibile del
numero degli interlocutori del minore. La conseguenza
è che tutto è rimesso alla preparazione e alla
sensibilità di tali soggetti, che per ascoltare il minore
potrebbero comunque utilizzare in via analogica le
modalità previste per l’audizione protetta e quindi
servirsi di uno psicologo o utilizzare gli strumenti
della registrazione o della videoregistrazione per la
verbalizzazione del racconto.
L’utilizzabilità probatoria degli atti assunti dalla Polizia
giudiziaria e dal Pubblico Ministero è limitata,
in quanto generalmente, e salvo eccezione, acquisiscono
valore solo ai fini della valutazione della credibilità
del testimone e non come elemento di prova di
quanto affermato2 2.
Diventa pertanto di fondamentale importanza la
scelta circa la tempistica in cui cristallizzare in prova
il racconto accusatorio reso dal minore attraverso lo
strumento dell’incidente probatorio.
All’esito delle indagini preliminari, il PM, se difetta
agli atti una prova d’accusa convincente, chiederà
l’archiviazione per infondatezza della notizia di
r e a to2 3, ferma restando la possibilità per la persona
offesa di chiedere la prosecuzione delle indagini indicando
l’oggetto dell’investigazione suppletiva e i
relativi elementi di prova2 4.
4. L’assunzione della testimonianza
In via preliminare occorre precisare che nell’ordinamento
penale italiano vige il modello accusatorio
che impone la formazione della prova nella fase dibattimentale,
cosicché le testimonianze escusse dagli
organi di polizia giudiziaria o dal PM dovranno essere
necessariamente riproposte nel corso del dibattimento.
Il legislatore ha previsto un particolare sistema di
protezione nel caso in cui si debba procedere all’audizione
del minore in qualità di testimone nel proce-
7
C HI L D A B U S E A N D A D U LT J U S T I C E •
1 7 Ibidem.
1 8 Art. 331 c.p.p.p.
1 9 Art. 334 c.p.p.
2 0 Ex art. 351 c.p.p.
2 1 Ex art. 362 c.p.p.
2 2 Art. 500 c.p.p.
2 3 Artt. 408 e ss. c.p.p.
2 4 Art. 410 c.p.p.
dimento penale. La norma di riferimento è l’articolo
498, comma IV, c.p.p. che prevede come regola generale
che l’escussione del minore in d i b a t t i m e n t o
sia condotta dal presidente su domanda e contestazione
proposte dalle parti2 5, con l’eventuale ausilio
di un familiare del minore2 6 o di un esperto in psicologia
infantile 2 7, senza tuttavia precisare nulla sulle
modalità procedimentali di tale supporto e in particolare,
ad esempio, se l’ausilio del familiare consista
in una mera presenza rassicurante o se l’esperto possa
rivolgersi direttamente al minore. In via d’eccezione,
il presidente può disporre con ordinanza che l’esame
del minore avvenga nelle forme ordinarie, cioè
attraverso l’esame diretto e incrociato delle parti,
qualora, sentite quest’ultime, ritenga che tale forma
di esame non possa nuocere alla serenità del teste.
La tutela è poi integrata dalle previsioni codicistiche
volte a tutelare il diritto alla riservatezza. Così l’art.
472, comma IV c.p.p., prevede che il giudice possa
disporre che l’esame del minore avvenga «a porte
chiuse», con il conseguente divieto di ripresa o eventuale
trasmissione audiovisiva2 8 e con il divieto di
pubblicare generalità e immagini del teste fino al
compimento della maggiore età 2 9.
La legge 66/96 ha poi integrato tale forma di tutela
inserendo il comma 3 b i s dell’art. 472, in cui si prevede
che nel caso di reati di violenza sessuale 3 0 e
prostituzione minorile 3 1 si proceda sempre a porte
chiuse quando la parte offesa è minorenne.
La legge 66/96 ha inoltre introdotto una specifica
norma volta a punire chi divulga le generalità o l’immagine
di persona offesa di atti di violenza sessuale
senza il suo consenso, mentre la legge 269/98 ha
previsto nuove fattispecie di reato volte a tutelare le
generalità e l’immagine del minore, in tema di prostituzione
minorile, pornografia e turismo sessuale
in danno di minori, mediante il divieto della loro divulgazione
e ha previsto sanzioni penali a carico di
chi non osserva tale imposizione normativa.
A dieci anni dall’entrata in vigore del codice di procedura
penale, ci si era comunque resi conto che le
cautele previste dall’art. 498 c.p.p. per l’audizione
del minore da sole non erano sufficientemente tutelanti,
soprattutto nel caso di minori in tenera età,
per i quali la comparsa in aula al cospetto del presunto
abusante restava comunque un evento traumatico
e pregiudizievole alla loro crescita sana. Nel
Tribunale di Milano fin dal 1993 si è andata consolidando
una p r a s s i di audizione protetta fondata su
un’interpretazione estensiva del combinato disposto
degli artt. 498 e 502, comma I c.p.p. 3 2, attraverso la
cui applicazione si procedeva all’audizione del minore
presso centri psicologici specializzati. Tale modalità
di assunzione della prova è stata poi sostanzialmente
recepita dalla nuova legge contro la violenza
sessuale.
Nella fase pre-dibattimentale, l’art. 392 c.p.p. prevede,
in deroga al modello processuale accusatorio, un
particolare strumento preacquisitivo di prove nell’ambito
delle indagini preliminari: l’incidente prob
a t o r io3 3. Tale procedura non può essere disposta
d’ufficio, ma solo su richiesta del pubblico ministero
o della persona sottoposta alle indagini, e solo nelle
ipotesi tassativamente indicate nel comma I dell’articolo
in esame.
8
• S AV E T H E C HI LD R EN
2 5 La Suprema Corte (Corte Cass. Pen., sez. III, 27 luglio 1995) ha affermato,
rispetto allÕesame del testimone minorenne condotto dal presidente,
che le regole tecniche stabilite per i maggiorenni possono essere eluse
per i minorenni, anche se deve essere assicurata lÕattendibilitˆ delle dichiarazioni,
prendendo apposite cautele atte a garantire la veridicitˆ delle
risposte. Cos“ non sono congrue le domande formulate in maniera tale
che il minore debba solo annuire o negare o le domande tendenti a suggerire
o provocare la risposta.
2 6 La Corte di Cassazione (Corte Cass. Pen., sez. II, 30 agosto 1995) ha
affermato che la presenza del genitore allÕesame del minore tende a tutelare
la particolare serenitˆ nonchŽ la sua stessa attendibilitˆ. Spetta all
Õautoritˆ che procede allÕesame evitare che la presenza del genitore introduca
elementi di fatto estranei alla diretta percezione del minore.
2 7 La Corte di Cassazione (Corte Cass. Pen., sez. II, 30 agosto 1995) ha
incidentalmente definito la funzione dellÕesperto in psicologia infantile
previsto dallÕart. 498, IV comma, c.p.p., affermando che questi Çtende a
evitare la suggestionabilitˆ del minore e a suggerire allÕoperatore le tecniche
pi opportune per un migliore esame testimonialeÈ.
2 8 Art. 147, IV, n. att. c.p.p.
2 9 Art. 114, VI, c.p.p.
3 0 Artt. 609 bis, 609 ter, 609 octies c.p.
3 1 Artt. 600 bis, 600 ter, 600 quinquies inseriti dalla legge 269/98.
3 2 ÇLÕapplicazione estensiva consiste nel fatto che si  ritenuto di far
rientrare nellÕaccezione di legittimo impedimento anche il nocumento che,
in base alla testimonianza di un esperto, potrebbe derivare al minore allÕesito
di un audizione resa secondo i criteri ordinari e ci˜ in virt del diritto
alla salute costituzionalmente garantito dallÕart. 32È, Valentino, O. e Letizia,
S. Tutela del minore vittima di abuso sessuale nel processo penale
italiano:ausili tecnologici nellÕaudizione testimoniale, in ÇMinori e Giustizia
È, n. 4/95.
3 3 Qualora sia incombente il pericolo che le prove vengano inquinate, ovvero
vadano disperse, il ricorso allÕincidente probatorio consente di procedere
allÕassunzione di una vera e propria prova con le forme del dibattim
e n t o .
La legge 66/96 ha previsto però, attraverso l’aggiunta
del comma I bis all’art. 392 c.p.p., che nei procedimenti
penali per i reati di violenza sessuale semplice
o aggravata3 4, di atti sessuali con minorenne3 5, di
corruzione di minorenne3 6, di violenza sessuale di
g r u p po3 7, si possa procedere con l’incidente probatorio
all’assunzione della testimonianza di persona minore
di anni 16 anche al di fuori delle ipotesi previste
dal comma 1 dell’art. 392 c.p.p. La legge 2 6 9 / 1 9 9 8 h a
poi integrato tale tutela estendendone l’applicazione
anche ai reati di prostituzione minorile3 8, pornografia
m i n o r i le3 9, iniziative turistiche volte allo sfruttamento
della prostituzione minorile4 0.
La particolarità di tale innovazione consiste nel fatto
che il ricorso all’incidente probatorio nelle ipotesi di
reato sopra descritte è svincolato dai requisiti specificatamente
e tassativamente indicati dall’art. 392
c.p.p., e prescinde pertanto dalla situazione di indifferibilità
e urgenza, nonché di pericolo per la genuinità
della prova, che normalmente caratterizzano l’istituto
in esame. Ne consegue che la valutazione del
giudice sull’ammissibilità della richiesta si assottiglia
n o t e v o l m e n t e .
Sotto il profilo soggettivo, all’incidente probatorio
di cui sopra si può ricorrere nel caso in cui il teste
sia persona minore di anni 164 1 e i soggetti legittimati
a chiederlo sono esclusivamente l’indagato e il PM
e non anche, come auspicato da alcuni, la difesa della
vittima4 2.
Con la richiesta di incidente probatorio, il PM deposita
tutti gli atti di indagine compiuti4 3, con la possibilità
per la persona sottoposta alle indagini e per i
difensori delle parti di ottenerne copia. Si sottolinea
comunque come tale norma abbia dato origine a diverse
discussioni in dottrina e giurisprudenza4 4.
La legge 66/96 ha poi previsto la cosiddetta a u d i z i one
in forma protetta che avviene secondo modalità
tali da evitare che il contesto processuale possa turbare
il minore. Infatti il giudice, ai sensi dell’art. 398
comma V bis c.p.p., se tra le persone interessate all’assunzione
della prova ci sono anche minori di anni
16, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari
attraverso cui procedere all’incidente probator
i o, quando le esigenze del minore lo rendano necessario
e opportuno. L’udienza, in tali casi, potrà svolgersi
anche in un luogo diverso dal tribunale, e in
particolare il giudice potrà avvalersi di strutture specializzate
di assistenza o, in mancanza di queste,
presso l’abitazione dello stesso minore. Tale norma
prevede inoltre che l’audizione in sede di incidente
probatorio debba essere documentata integralmente
con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva
e, nel caso di indisponibilità di strumenti di riproduzione
o di personale tecnico, si provvede con le forme
della perizia o della consulenza tecnica. Critiche
sono state mosse per il fatto di non aver previsto
espressamente il ricorso alle tecniche di videoregistrazione
della deposizione, spesso preferite nella
prassi in quanto consentono di cogliere aspetti molto
rilevanti e tutte le espressioni paraverbali (ad es.
espressione del volto, silenzi, gestualità ecc.) che
sfuggono invece con l’utilizzo di altre tecniche e che
possono essere utili in sede di valutazione dell’attendibilità
del dichiarante e della sua capacità testimoniale.
Inoltre dell’esame testimoniale deve essere redatto
verbale in forma riassuntiva.
La formulazione lacunosa e approssimativa della citata
norma è stata oggetto di numerevoli critiche,
che sottolineano come in tal modo non sia stato facilitato
il consolidarsi di una prassi uniforme sul territorio
nazionale.
9
C HI L D A B U S E A N D A D U LT J U S T I C E •
3 4 Artt. 609 bis e 609 ter c.p.
3 5 Art. 609 quater c.p.
3 6 Art. 609 quinquies c.p., aggiunto alla lista in seguito alla sentenza della
Corte Costituzionale n. 262 del 1998.
3 7 Art. 609 octies c.p.
3 8 Art. 600 bis c.p.
3 9 Art. 600 ter c.p.
4 0 Art. 600 quinquies c.p.
41 A tal proposito occorre rilevare che sono state avanzate critiche per
aver posto tale limite di etˆ, che evidenzia anche un difetto di coerenza
con altre norme codicistiche quali lÕart. 498, comma IV, e lÕart. 497, comma
II, c.p.p. Camaldo, L., La testimonianza dei minori nel processo penale:
nuove modalitˆ di assunzione e criteri giurisprudenziali di valutazione,
in ÇIndice penaleÈ, 2000.
4 2 Grasso, L., La tutela della vittima minorenne dallÕabuso, in ÇIl diritto
della famiglia e delle personeÈ, 1999.
4 3 Art. 393, comma II bis c.p.p.
4 4 Parte della dottrina ha sostenuto che ci˜ potrebbe costituire un disincentivo
per il PMa richiedere lÕincidente probatorio e potrebbe comportare
la possibilitˆ che la richiesta possa essere strumentalizzata dalla persona
sottoposta alle indagini al solo fine di conoscere tutti gli atti di indagine
nelle mani del PM. Pertanto ha ritenuto che lÕinterpretazione corretta
sia nel senso che lÕobbligo di discovery totale sussiste solo qualora sia il
PMa chiedere lÕincidente probatorio, mentre, qualora sia lÕindagato a farne
richiesta, il PMavrˆ il dovere di depositare solo le eventuali cose o documenti
e le dichiarazioni eventualmente giˆ rese dal minore che dovrˆ
essere esaminato. Camaldo, L., op. cit.
Inoltre la norma in esame si riferisce solo all’incidente
probatorio, lasciando fuori della previsione il dibattimento.
Tuttavia, la legge 269/98 ha posto delle
aggiunte all’art. 498 c.p.p. (commi IV b i s e IV t e r)
estendendo così a tutti i procedimenti in cui si deve
ascoltare il testimone minorenne la possibilità di
adottare le modalità previste dall’art. 398 comma V
b i s per l’audizione in incidente probatorio, e precisando
che nei processi per abusi sessuali «l’esame del
minore, vittima del reato, viene effettuato, su richiesta
sua o del suo difensore, mediante l’uso di un vetro
specchio unitamente a un impianto citofonico».
L’art. 609 d e c i e s, comma II c.p. introdotto dalla legge
66/96, prevede poi che per il minorenne, persona offesa
di uno dei reati in questione, l’assistenza affettiva
e psicologica sia assicurata in ogni grado e fase del
procedimento. Tale assistenza può consistere nella
presenza non solo dei genitori, ma anche di altre persone
idonee, indicate dal minorenne e ammesse dall’autorità
giudiziaria che procede. Funzione primaria
è attribuita in ogni caso ai «servizi istituiti dagli Enti
locali», e cioè proprio a quelli che esprimono competenze
cliniche per la presa in carico dei minori.
Infine l’art. 497, comma II c.p.p., riferito all’esame
dibattimentale, ma estensibile anche all’ipotesi in cui
l’esame venga effettuato con la modalità dell’incidente
probatorio dispensa il minore di anni 14 dalla
dichiarazione di impegno a dire la verità, che sostituisce
oggi la prestazione del giuramento connessa
alla testimonianza. La ratio è stata individuata nell’incapacità
del minore in tenera età di avvertire il
disvalore della testimonianza insincera e si raccorda
ai princìpi in tema di imputabilità che ne escludono
comunque una responsabilità4 5.
La legge 269/984 6 ha poi esteso alla testimonianza
del minore nei procedimenti per i reati di violenza
sessuale e pedofilia la previsione secondo cui l’esame
dibattimentale del testimone che abbia già reso dichiarazioni
in incidente probatorio è ammesso solo
nel caso in cui il giudice lo ritenga assolutamente necessario.
In tal modo si è voluto evitare che il minore
sia di nuovo esaminato in dibattimento, al fine di
non fargli subire un trauma ulteriore.
Le modifiche apportate dalla nuova legge estendono
poi al dibattimento le medesime modalità particolari
di tutela previste per l’incidente probatorio, per
espresso rinvio normativo (l’art. 498, comma, IV b i s,
richiama l’art. 398, comma V bis c.p.p.), nel caso in
cui una parte lo richieda o lo stesso presidente lo ritenga
necessario.
Di fondamentale importanza in tale contesto è anche
la disposizione di cui all’art. 196 c.p.p., che prevede
che, qualora si renda necessario al fine di valutare
le dichiarazioni del testimone di verificarne l’idoneità
fisica o mentale a rendere testimonianza, il
giudice, anche d’ufficio, può ordinare gli accertamenti
opportuni, con i mezzi consentiti dalla legge.
Tra gli accertamenti opportuni rientra sicuramente,
con un ruolo preminente, la perizia psicologica, distinta
da un’eventuale perizia medico-legale, sul minore-
vittima. In genere, infatti, insieme all’incidente
probatorio viene anche disposta una consulenza da
parte di uno psicologo sulla credibilità del minore, i
cui risultati vengono discussi in sede di incidente
probatorio.
La questione della valutazione del contenuto delle
dichiarazioni rese dal minore riveste una notevole
importanza, dato che la valutazione da parte del collegio
sull’attendibilità o meno del minore può risultare
decisiva ai fini dell’esito del processo. Secondo
una recente sentenza della Corte di Cassazione tale
valutazione deve contenere «un esame sia dell’attitudine
psicofisica del teste ad esporre le vicende in
modo utile ed esatto, sia della sua posizione psicologica
rispetto al contesto delle situazioni interne ed
e s t e r n e»4 7.
1 0
• S AV E T H E C H I L DR EN
4 5 Scamparin, L., op. cit.
4 6 Art. 190 bis c.p.p. 4 7 Sez. III Pen., Sentenza 3 ottobre 1997.
II. L’ascolto del minore nella prassi
1. Nota metodologica
La presente indagine, pur non avendo carattere
scientifico, si propone di tracciare un quadro dell’attuazione
pratica della normativa vigente in Italia relativa
all’audizione del minore vittima di abuso sessuale,
così come riformata a seguito delle due importanti
leggi sopra esaminate. Il risultato del lavoro è
ciò che emerge dalla documentazione raccolta a seguito
delle interviste condotte in alcune città-campione
e del materiale bibliografico reperito, e consente
di delineare i problemi maggiormente avvertiti
dagli operatori.
Le interviste sono state rivolte ad alcune categorie
professionali direttamente coinvolte nell’ascolto del
minore all’interno del percorso giudiziario, e in particolare
ad avvocati, Pubblici ministeri, ufficiali di
polizia, giudici, psicologi e neuropsichiatri infantili,
scelti tra coloro che vantano una maggiore esperienza
nella trattazione di tali casi. Le città selezionate,
Roma, Milano, Palermo, pur non costituendo un
panorama esaustivo della situazione italiana, per la
loro dislocazione geografica e l’importanza delle loro
sedi giudiziarie consentono comunque di trarre
significative conclusioni.
Nello specifico, sono stati intervistati, sulla base di un
questionario a risposta libera, 4 avvocati, 3 giudici del
tribunale per i minorenni, 1 giudice per le indagini
preliminari, 4 PM di cui 1 presso la procura del Tr ibunale
dei minorenni, 5 psicologi, 4 funzionari di polizia
per un totale di 21 interviste. Va inoltre considerato
l’incontro avuto con una équipe multidisciplinare
(assistente sociale, neuropsichiatra infantile) operativa
presso un servizio pubblico istituito per il trattamento
di casi di abuso sessuale sui minori.
2. Dati relativi all’abuso su minori
Occorre innanzitutto precisare che lo studio del fenomeno
ha portato a sfatare diversi miti, primo fra
tutti quello della sua pretesa non diffusione. Infatti
l’abuso sui minori riguarda tutte le classi sociali, e
non in misura occasionale. Le inchieste retrospettive
sul tema rivelano che tale episodi di violenza coinvolgono
da un minimo del 10 a un massimo del
50% della popolazione, con una media attestata intorno
al 15-20%. Preoccupanti sono poi le stime secondo
cui il rapporto tra emerso e sommerso sarebbe
di 1 a 100 4 8.
In Italia le principali fonti di dati relative al fenomeno
delle violenze sessuali su minori sono le statistiche
giudiziarie penali dell’ISTAT e le statistiche del
ministero dell’Interno, dipartimento della Pubblica
s i c u r e z z a .
Esaminando le tabelle riportate nel quaderno del
Centro nazionale di documentazione analisi per l’infanzia
e adolescenza si denota un aumento delle denunce
di violenza sessuale contro i minori di anni 14
nel quadriennio 1996-1999 4 9, in quanto si passa dalle
305 del 1996 alle 470 del 1997, 586 nel 1998, e infine
511 nel 1999. Occorrerebbe tuttavia capire se il
maggior numero di denunce sia imputabile all’aumento
del fenomeno o a una maggiore propensione
alla denuncia, anche a seguito delle novità strutturali
degli ultimi anni (ad es. apposito ufficio minori presso
le questure, aumento delle fattispecie di reato
procedibili d’ufficio), della maggior attenzione al fenomeno
e della creazione di centri e servizi specializzati.
Il numero di minori vittime passa invece da
884 nel 1998 a 625 nel 1999.
Nel biennio 2000-20015 0 i dati relativi ai minori vittime
di violenze sessuali farebbero invece presumere
una contrazione in quanto nel 2000 ci sono state 492
segnalazioni di reato, 701 vittime di reato e 623 persone
denunciate all’autorità giudiziaria, mentre nel
2001, a fronte di 357 segnalazioni di reato e 409 vittime,
ci sono state 439 persone denunciate all’autorità
giudiziaria.
Tuttavia, come precisato dal Centro nazionale, è difficile
dire quanto «delle variazioni del numero delle
denunce di abusi sui minorenni è imputabile al variare
vero e proprio del fenomeno e quanto, invece,
dipenda dalle variazioni intercorse nella normativa
nazionale. (…) Non si può parlare con certezza di
una riduzione del fenomeno delle violenze sessuali
in pregiudizio di minori, soprattutto perché è ragionevole
ipotizzare che parte dei reati riscontrati attra-
1 1
C HI L D A B U S E A N D A D U LT J U S T I C E •
4 8 Malacrea, M., Abuso sessuale allÕinfanzia: polo clinico e polo giudiziario,
in ÇMinori duemila. Luci e ombre del sistema di protezioneÈ, a cura
di Andrea Pinna, 2000.
4 9 I numeri italiani, Quaderno 17 del Centro nazionale di documentazione
e analisi per lÕinfanzia e lÕadolescenza, dicembre 2000.
5 0 I numeri italiani, Quaderno 25 del Centro nazionale di documentazione
e analisi per lÕinfanzia e lÕadolescenza, ottobre 2002.
verso l’applicazione della legge 66/96 siano confluiti
nei reati conteggiati attraverso l’attuazione della legge
269/98 5 1».
Molto interessanti sono i risultati di una ricerca elaborata
e resa nota dal CISMAI (Coordinamento italiano
dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso
a l l ’ i n f a n z i a)5 2, relativa a dati raccolti nel 1999. L’ i ndagine
ha interessato 43 centri e servizi afferenti al
CISMAI, per un totale di 702 minori coinvolti. Dalla
sintesi dei risultati elaborati emerge che la grande
maggioranza dei casi di violenza sessuale comunicata
ai centri riguarda bambini di sesso femminile (74%),
con un rapporto di 4 a 1 rispetto ai maschi, anche se
si rileva un aumento delle percentuali che si riferiscono
ai maschi abusati. In merito alle fasce d’età
coinvolte, la classe d’età 6-10 anni è la più colpita
(39,6%), ma significativa è anche la percentuale
(20,7) dei minori in età prescolare, cioè 0-5 anni. La
stragrande maggioranza ha cittadinanza italiana (oltre
il 90%), mentre rispetto alla collocazione geografica
la maggior parte risiede al Nord Italia. Tu t t a v i a
occorre precisare che tale dato può essere stato influenzato
dalla distribuzione dei centri coinvolti nella
ricerca (ben 24 collocati al Nord, 10 al Centro e 9
al Sud) e la diversa fruizione degli stessi da parte dei
cittadini. Il 56% dei casi trattati riguarda minori che
vivono con i propri genitori biologici. Anche se non
rilevante numericamente, fa riflettere il dato secondo
cui i minori che hanno subìto violenze in comunità
e in istituto ammonta al 4,4%, così come il verificarsi
di abusi all’interno delle famiglie adottive o
affidatarie (2,6%).
Per quanto riguarda il tipo di violenza subita, i bambini
più piccoli sono soggetti prevalentemente ad atti
di libidine reiterata, mentre gli adolescenti e i
preadolescenti sono costretti a rapporti sessuali orali,
anali o genitali. I maschi vengono coinvolti maggiormente
nelle violenze connesse alle attività organizzate
di pedofilia o a rituali magici o satanici.
A conferma del fatto che nella maggior parte dei casi
si tratta di abuso intrafamiliare si rileva che gli autori
dell’abuso sono soprattutto i genitori. Nel 69% dei
casi l’autore si colloca all’interno della cerchia familiare,
mentre una percentuale rilevante comprende
gli amici di famiglia e conoscenti (20,8). Nel 5,6%
dei casi l’abuso è stato commesso da religiosi e responsabili
educativi (insegnanti, tutori, operatori di
comunità ecc.)5 3.
3. La segnalazione
La prima difficoltà che si incontra nello stabilire un
iter preciso per l’ascolto del minore a seguito di una
segnalazione di abuso deriva dalla molteplicità dei
possibili percorsi che si aprono a seguito della p r i m a
rivelazione da parte del minore e prima dell’apertura
dell’indagine da parte del PM.
Spesso il minore non rivela nulla espressamente, ma
sono le persone che interagiscono con lui (genitori,
insegnanti, assistenti sociali che già seguono la famiglia,
anche se per motivi differenti, legati ad esempio
al disagio ecc.) a notare dei segnali sospetti. Alle volte,
invece, è la stesso minore a raccontare l’accaduto
a una persona di sua fiducia.
Un ruolo centrale potrebbe essere svolto dalla s c u ol
a, predisponendo appositi servizi e formando gli insegnanti
e il personale scolastico. È stata da più parti
sollevata, invece, l’inefficienza del sistema scolastico
1 2
• S AV E T H E C H I L DR EN
5 1 Ibidem, pag. 55.
5 2 Il C I S M A I  sorto nel 1993 ad opera di alcuni centri attivi nellÕambito
dellÕabuso e del maltrattamento allÕinfanzia. LÕobiettivo fondamentale 
quello di Çcostituire una sede permanente di carattere culturale e formativo
nellÕambito delle problematiche inerenti alle attivitˆ di prevenzione e
trattamento della violenza contro i minori, con particolare riguardo allÕabuso
intrafamiliareÈ (art. 1 dello Statuto). Il CISMAI si propone dunque di
promuovere il coordinamento di centri e sevizi, pubblici e privati, che
operano in tale settore, di identificare linee guida per un intervento negli
ambiti operativi e definisce protocolli di intervento, nonchŽ di promuovere
convegni, seminari, corsi di formazione, consulenze. Tra i suoi associati
ci sono operatori individuali (assistenti sociali, psicologi ecc.), centri e
servizi del settore pubblico (comuni e ASL) e del terzo settore (cooperative
sociali e associazioni no-profit) diffusi in tutta Italia. Il secondo congresso
CISMAI, che si  tenuto in Calabria dal 27 al 30 settembre 2001, 
stato dedicato allÕapprofondimento del tema della protezione dal maltrattamento
e gli abusi sui bambini e ha avuto un enorme successo di
p a r t e c i p a z i o n e .
5 3 A conferma di tale casistica possono essere citate alcune sentenze del
Tribunale di Milano.
1) Sentenza del 25.07.95 (Proc. Pen. 503/95) a carico di un educatore di
un istituto convenzionato con il Comune di Milano che aveva abusato
ai livelli pi gravi di quattro minori di sesso maschile. Nella fattispecie
C. ha abusato della qualifica di incaricato di pubblico servizio, dato
che lÕha sfruttata per mettersi in contatto e poi per abusare dei ragazzini
affidati a lui o alla struttura da cui dipendeva, e pertanto ricorre la
circostanza aggravante di cui allÕart. 61, n. 9 c.p.
2) Sentenza del 12.09.96 (Proc. Pen. 1856/89) a carico di uno psicomotricista
di una fondazione religiosa specializzata in minori portatori di
handicap.
3) Sentenza del 27.11.00 (Proc. Pen. 6912/00) a carico di un sacerdote
della Chiesa cattolica, direttore di una comunitˆ per minori in difficolt
ˆ, condannato per abusi sessuali a danno di tre bambini e di una
bambina.
in tal senso, che si è mostrato impreparato ad affrontare
tali problematiche 5 4. Del resto vi sono stati casi
in cui la prima notizia dell’abuso è emersa da un tema
scolastico in cui il minore riferiva esplicitamente
fatti di abuso, prendendo spunto dall’argomento che
gli era stato proposto.
Secondo alcuni operatori, un ruolo chiave potrebbe
essere svolto anche dal pediatra del Servizio sanitario
n a z i o n a le 5 5, che in taluni casi rappresenta l’unico
soggetto ad entrare in un nucleo familiare chiuso e ad
avere la possibilità di effettuare un’indagine, oltre che
clinica, anche ambientale, osservando il domicilio e i
componenti della famiglia5 6. Così come è importante
la figura del medico del pronto soccorso ospedaliero,
chiamato in causa per situazioni di emergenza. Si
consideri inoltre che i pubblici ufficiali e gli incaricati
di pubblico servizio, quali i medici ospedalieri e del
Servizio sanitario nazionale, hanno l’obbligo di denunciare
la notizia di un reato perseguibile d’ufficio e
di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle
loro funzioni. Alcuni operatori hanno segnalato poi
una prassi non corretta da parte di alcuni sanitari, per
cui, in caso di sospetto abuso, convocano i membri
della famiglia del minore prima di darne notizia al
PM. Questo atteggiamento, anche nel caso in cui
venga interpellata soltanto la madre del minore, moglie
o convivente del sospetto abusante, innesca generalmente
una sorta di processo familiare in cui è destinato
a soccombere il minore. Si ritiene pertanto necessario
un processo di formazione e sensibilizzazione
di tutti gli operatori sanitari e l’opportunità di centralizzare
le emergenze presso una singola unità ospedaliera.
Ad esempio, a Milano è stato creato un centro
apposito, il Soccorso contro la violenza sessuale
(SVV), in grado di gestire anche casi di urgenza, e in
cui la visita e la relativa documentazione vengono effettuate
secondo protocolli ormai collaudati, che sarebbe
opportuno venissero applicati ovunque.
Il fatto di rivolgersi subito a uno psicologo o neuropsichiatra
infantile o a un servizio, pubblico o privato,
al cui interno operano tali professionisti, dipende
invece anche dal fatto che vi sia un centro di riferimento
ben conosciuto, come ad esempio il Centro
per il bambino maltrattato (CBM) a Milano. Il CBM
è stato costituito nel 1984 con lo scopo di prevenire
e curare l’abuso dei minori in famiglia. Dal 1985 è
stato incaricato dal Comune di Milano di organizzare
e curare un servizio pubblico specialistico e gratuito
per l’intervento in favore dei minori maltrattati
e delle famiglie in crisi. Il Centro opera in stretto
contatto con le istituzioni, i servizi territoriali e i tribunali
cercando di integrare le esigenze giuridiche
con quelle socio-assistenziali. In tal senso si inizia a
rilevare l’attivazione anche di servizi pubblici, con
personale preparato a ricevere segnalazioni e trattare
casi di questo genere, ad esempio a Palermo il
GOIAM (Gruppo operativo interistituzionale contro
abuso e maltrattamento minori), operativo dal
1998 nei 5 distretti sanitari in cui è suddivisa la città.
Presso il Centro lavora un’équipe multidisciplinare,
composta da operatori dell’Azienda sanitaria locale
(neuropsichiatria infantile, assistente sociale, psicologo),
del provveditorato (psicopedagogista) e Comune
(assistente sociale). Si tratta di uno sforzo per
mettere insieme le istituzioni che a vario titolo si occupano
del problema dell’abuso, formando degli
operatori specializzati, affinché possano diventare
un punto di riferimento per il territorio in cui operano
e siano in grado di seguire il minore lungo tutto
l ’ i t e r. Il GOIAM, ricevuta la prima segnalazione,
compie una prima valutazione sull’attendibilità della
stessa, e poi contatta la questura o la procura. Nel
caso che le indagini preliminari, avviate a seguito
della denuncia, abbiano un esito positivo, il minore
dovrebbe poter esser seguito nuovamente dagli operatori
del GOIAM. Il servizio ha ottenuto ottimi risultati,
soprattutto in quelle zone ad alto degrado e
povertà culturale, in cui l’avere un punto di riferimento
diventa essenziale per rompere il silenzio5 7.
Altro esempio è offerto a Roma dal Centro di consulenza
interdistrettuale «Pierino e il lupo», progetto
1 3
C HI LD A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
5 4 NellÕindagine svolta dal CISMAI (ved. retro sezione II. 2), ad esempio,
la scuola ha segnalato ai servizi il 6,6% delle situazioni.
5 5 Sempre nellÕindagine CISMAI, colpisce lo scarso numero di medici che
hanno effettuato la segnalazione ai servizi (1,6% medico curante, che si
presume sia prevalentemente il pediatra, e lo 0,1% medico scolastico).
5 6 Roia, F., Relazione sullÕaudizione protetta, tenuta a Scerne di Pineto
nel maggio 2001.
5 7 é il caso, ad esempio, del quartiere Albergheria di Palermo, finito sulle
prime pagine di tutti i giornali nel 1996 quando, in seguito alle testimonianze
raccolte da alcuni operatori sociali del quartiere, lÕindagine della
questura di Palermo port˜ alla luce un giro di pedofilia organizzato. I
bambini coinvolti, circa una cinquantina di etˆ compresa tra gli 8 e i 14,
confermarono agli agenti e agli psicologi che venivano comprati con poche
migliaia di lire, e venivano costretti a fare i protagonisti di video a luci
rosse, girati nel retrobottega di qualche negozio del popolare quartiere
del centro storico di Palermo. Da allora in poi le segnalazioni non si sono
pi arrestate e il Goiam del distretto ne ha registrate ben 150.
pilota per la prevenzione e l’intervento sull’abuso e
il maltrattamento ai minori. Il progetto, realizzato
nel territorio ASL RM/B, è stato avviato con l’attivazione
del centro di consulenza interdistrettuale, dotato
di personale competente e strumenti idonei per
l’accoglienza, l’osservazione e la consulenza ai bambini
e alle famiglie, l’incontro e la formazione degli
operatori.
Casi tipici sono poi quelli in cui il minore, allontanato
dalla famiglia per motivi di disagio socio-ambientale,
inizia a confidarsi con gli educatori dell’istituto
presso cui è ospitato5 8.
La segnalazione all’autorità giudiziaria, comunque,
generalmente non avviene ad opera del minore, ma è
sempre un adulto a farsene carico, e spesso si tratta
di un mero sospetto di abuso, specialmente per i minori
in età prescolare.
Generalmente ci si rivolge alla polizia, alla questura o
al commissariato di zona, oppure viene presentata direttamente
denuncia presso la Procura del Tr i b u n a l e
penale ordinario, o al Tribunale per i minorenni5 9,
mentre quasi mai ci si rivolge subito all’avvocato. In
tal senso, e anche se non esistono dati in merito, si
può ipotizzare che siano le famiglie di ceto sociale
medio-alto a rivolgersi in prima istanza al professionista
di fiducia. Considerazione a parte merita poi il
caso in cui nel corso di un procedimento di separazione
o divorzio, venga sollevata la questione di un
sospetto d’abuso di uno dei genitori (quasi sempre il
padre) sul figlio/a. Tali casi hanno fatto molto discutere,
in quanto a dire dei più si tratta troppo spesso
di falsi positivi, mentre c’è chi sostiene che il fenomeno
non va sottovalutato in quanto mette in luce una
triste realtà la cui casistica è tutt’altro che trascurabile.
Occorre pertanto verificare che il minore non diventi
lo strumento di vendette o ritorsioni tra genitori
in forte conflittualità, o che il presunto abuso non
sia in realtà frutto di un equivoco o di un’erronea interpretazione.
In quest’ultimo esempio l’età del minore
è rilevante in quanto, mentre l’adolescente generalmente
è in grado di rivelare direttamente l’accaduto,
in caso di minore in età prepubere è il genitore
a interpretare le narrazioni del bambino. Ma, secondo
alcuni operatori, ritenere che la denuncia da parte
del genitore separato sia inattendibile a p r i o r i o comunque
da esaminare con estremo sospetto sarebbe
un pregiudizio, peraltro spesso non fondato se si
considera, ad esempio, che dalla casistica del Tr i b unale
di Milano emerge un’omogeneità di casi della
specie in questione, con determinate caratteristiche
comuni, conclusi con la condanna dell’imputato6 0.
Da quanto appena esposto emerge chiaramente che
è impossibile stabilire in linea generale se e quante
persone abbiano già ascoltato il minore prima che la
notizia di reato venga trasmessa al PM.
4. Gli interlocutori del minore
4.1. La Polizia giudiziaria
La Polizia giudiziaria svolge un compito molto delicato,
in quanto spesso riceve direttamente la denuncia
del presunto abuso e sono gli stessi funzionari di
polizia ad incontrare il minore per raccogliere maggiori
informazioni sull’accadimento dei fatti.
Si è pertanto avvertita l’esigenza di specializzazione
della Polizia giudiziaria, che è stata parzialmente attuata
dalla legge 269/98, che ha previsto l’istituzione,
all’interno della squadra mobile 6 1 di ogni questura,
di una sezione che si occupa, principalmente,
di reati a danno di minori e violenze sessuali. La prima
esperienza in tal senso si è avuta a Milano, dove
1 4
• S AV E T H E C H I L DR EN
5 8 Ma vi sono anche casi in cui gli educatori omettono di denunciare lÕabuso
una volta che ne sono venuti a conoscenza a seguito della rivelazione
del minore. Si veda ad esempio la sentenza del Tribunale di Milano
(dellÕ11.11.97, n. 3229) a carico della direttrice e di due educatori di comunit
ˆ cattoliche, tutti in qualitˆ di pubblico servizio, ritenuti responsabili
per avere omesso di denunciare allÕautoritˆ giudiziaria un reato di violenza
sessuale su minore di cui erano venuti a conoscenza nellÕesercizio della
loro funzione. Infatti costoro avevano ÇprocessatoÈ il minore mettendolo
a confronto con lÕoperatore ottenendo lÕimmediata ritrattazione delle
accuse. Dopo tale episodio lÕoperatore aveva abusato di altri quattro minori
per ben tre anni prima che venisse nuovamente denunciato, arrestato
e condannato.
5 9 Secondo i dati raccolti nella ricerca condotta dal CISMAI (ved. retro
sezione II. 2) la magistratura viene coinvolta attraverso la segnalazione al
Tribunale dei minorenni nel 33% dei casi, mentre nel 26% attraverso il
Tribunale penale e nel 15% alle forze dellÕordine.
6 0 Forno, P., Tecniche di indagine e problematiche processuali nellÕabuso
sessuale su minore: dallÕaudizione protetta della parte offesa alla tipologia
della consulenza medica, relazione per il corso di formazione
CSM, Frascati 3-7 luglio 2000.
6 1 La squadra mobile  la struttura investigativa base della Polizia di Stato,
 suddivisa in diverse sezioni e svolge attivitˆ investigativa e operativa
nel settore della criminalitˆ.
tale sezione operava fin dal 1991, ed è composta
principalmente da personale femminile, in quanto lo
si è ritenuto più idoneo a trattare simili casi, vista la
frequenza di bambine tra le vittime. A Roma è operativa
dal marzo 2001 ed è composta da personale
misto, mentre a Palermo è operativa dal 1999. Il
personale ha generalmente seguito dei corsi di formazione
specifici, ma si è concordi nel ritenere che
l’esperienza, l’affiancamento a un collega più anziano
e la predisposizione a trattare con i minori giochino
un ruolo chiave nell’abilità del funzionario a
interagire con il minore e a trattare casi così particolari,
quali sono appunto quelli di abuso sessuale sui
minori. Del resto una preparazione specialistica non
può essere improvvisata in breve tempo o soltanto
attraverso un corso di qualche giorno.
Teoricamente la segnalazione andrebbe presentata
proprio a tali sezioni, ma nella città in cui non è stata
istituita e anche nei grandi centri urbani è facile che
ci si rivolga anche ai commissariati di zona o presso
le stazioni dei carabinieri, che sono tuttora privi di
formazione specifica. I funzionari a capo delle sezioni
minori tengono ad ogni modo a precisare che i
commissariati di zona sono comunque informati sull’esistenza
della sezionie specifica e dovrebbero trasmettergli
il caso, ma stabilire cosa avvenga nel singolo
caso non è semplice. Si tenga inoltre presente
che continuano ad operare sia le cosiddette «sezioni
minori» appartenenti alle Divisioni anticrimine presso
le questure sia le sezioni di Polizia giudiziaria
presso le procure.
Nell’esperienza degli intervistati non ci sono stati casi
di minori che si siano presentati direttamente in
questura. Il più delle volte la segnalazione avviene
ad opera del genitore, dell’insegnante o dei servizi
sociali, anche attraverso una telefonata.
Significativa in tal senso è l’esperienza della sezione
minori della squadra mobile di Palermo, che da alcuni
anni sta svolgendo un’intensa attività per far
conoscere le proprie modalità operative a quante
più persone possibili, attraverso incontri con i centri
di prima segnalazione, organizzazioni n o - p r o f i t,
scuole, al fine di divenire un punto di riferimento
per coloro che decidono di denunciare l’accadimento
di tali reati.
Non ci sono tuttavia protocolli interni che stabiliscano
le modalità di ascolto del minore: tutto è rimesso
alla sensibilità, alla discrezionalità e alla preparazione
del singolo funzionario. Sicuramente influenza il
rapporto di collaborazione e fiducia che si instaura
con il PM, che potrebbe decidere di delegare in toto
l’ufficiale di polizia per l’ascolto e potrebbe presenziare
agli incontri, così come potrebbe essere deciso
che sia solo lo psicologo, nominato quale consulente
del PM, a porre le domande al bambino.
È comunque opinione diffusa tra i poliziotti che per
il minore l’incontro con loro non sia traumatico, ma
anzi serva a rinnovare la fiducia nella giustizia, in
quanto nell’immaginario infantile il poliziotto è colui
che interviene per salvare «i buoni dai cattivi».
Nel caso in cui gli incontri avvengano presso la questura,
il minore viene generalmente ascoltato nell’ufficio
del funzionario. Della dichiarazione diretta resa
dal minore viene redatto verbale, così come delle testimonianze
indirette (insegnante, genitore ecc.) in
quanto diventano importanti per seguire il racconto
nel tempo e vedere se è stato indotto o è spontaneo.
La parola d’ordine è dunque il «caso per caso».
La polizia svolge gli accertamenti preliminari, in modo
da non mettere a rischio la segretezza delle indagini
in corso. Il t e m p i s m o è un fattore di primaria
importanza, in quanto occorre evitare che il minore
possa subire probabili pressioni da parte dell’abusante
una volta che costui abbia il sospetto che si
stanno svolgendo indagini a suo carico, e anche perché
nei casi di abuso intrafamiliare si può rendere
necessario allontanare il minore dalla famiglia anche
per evitare il perpetuarsi dell’abuso. Gli stessi funzionari
ammettono che l’inesperienza iniziale potrebbe
portare a contattare prematuramente il genitore
non coinvolto direttamente nell’abuso, che in
più di un caso ha condotto alla ritrattazione di quanto
già dichiarato dal minorenne. Nei casi di abuso
intrafamiliare e di segnali lanciati dallo stesso minore,
può rivelarsi preziosa la collaborazione con le autorità
scolastiche, al fine di consentire l’audizione
del minore all’insaputa della famiglia.
Questo significa la necessità di un intervento in tempo
reale garantito da una Polizia giudiziaria con preparazione
specifica, in grado di operare un allontanamento
d’urgenza e di affrontare l’audizione del
minore, che sia consapevole delle dinamiche che
scatena una denuncia e, di conseguenza, delle strategie
necessarie per controllarle6 2.
1 5
C HI LD A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
6 2 Forno, P., LÕaccertamento dellÕabuso nel procedimento penale, in ÇMinori
e GiustiziaÈ, 1995.
Le attività di indagine che vengono compiute comprendono
anche il sopralluogo e la perquisizione dei
luoghi, l’acquisizione di elementi di natura documentale
(ad es. certificati medici, quaderni del minore,
disegni ecc.), l’esame di tutti quei soggetti che
avrebbero potuto osservare i segnali dell’avvenuta
violenza (ad es. medici, operatori scolastici) e soprattutto
l’acquisizione di tutta la documentazione
relativa al nucleo familiare eventualmente presente
presso i servizi sociali.
4.2. Pubblico ministero
A partire dall’esperienza di Milano, avviata con l’entrata
in vigore del nuovo codice di procedura penale
(ottobre 1989), nelle maggiori città italiane si sono
costituiti dei p o o l di magistrati specializzati in materia
di abuso sessuale sui minori. L’esigenza è stata
dunque avvertita soltanto negli ultimi dieci anni, da
quando cioè si è sviluppata l’attenzione per la vittimologia.
L’esperienza dei p o o l ha segnato, secondo
l’opinione di uno dei «padri fondatori», un’inversione
di tendenza notevole. La quasi totalità dei procedimenti
per i quali non è stata richiesta l’archiviazione
si è conclusa con sentenze di condanna confermate
nei gradi successivi, e i casi di ritrattazione
hanno costituito una minoranza6 3. Nella procura di
Roma, ad esempio, il pool è formato da 8 PM, su un
totale di 97 procuratori operativi, mentre a Palermo,
su un totale di circa 60 PM, 4/5 sono quelli che si
occupano prevalentemente di abuso. La specializzazione
riguarda solo i PM, mentre il giudice per le indagini
preliminari (GIP) si occupa di tutte le questioni,
in quanto si ritiene che in questi casi la specializzazione
rappresenti un «rischio» più che un
vantaggio. A partire dal 1996 anche i corsi del Consiglio
Superiore della Magistratura (CSM) si sono
iniziati ad interessare del tema dell’abuso sessuale a
danno di minori.
Il PM può ricevere la notizia di reato da varie fonti
(insegnante, tribunale dei minorenni, polizia, servizi
sociali, ospedale ecc.). Con l’apertura delle indagini,
il PM delega la polizia giudiziaria a compiere le prime
indagini. In questa fase diventa essenziale il rapporto
di collaborazione e fiducia personale tra il P M
e la polizia, che generalmente si instaura a seguito
della stretta collaborazione che si crea in questi casi.
Del resto in alcuni casi il PM potrebbe delegare gli
ufficiali di polizia a incontrare il minore anche in sua
assenza, anche perché i casi sono numerosi e spesso
il PM è impossibilitato a gestirli tutti personalmente.
Non esiste uno standard predefinito per stabilire il
numero di incontri con il minore e le modalità, né vi
sono regolamenti interni. Ogni PM decide discrezionalmente
come sia meglio operare nel singolo caso
concreto. Si tratta di casi particolari in cui non si
possono creare binari rigidi, ma si deve «navigare a
vista». Generalmente tuttavia, quando si tratta di un
minore molto piccolo (4-5 anni), la prassi che si sta
formando è quella di ricorrere sempre a uno psicologo.
Invece, in caso di minori adolescenti (12-13
anni), alcuni ritengono di poter interloquire da soli,
altri reputano comunque opportuno avvalersi di uno
psicologo. Il PM, nel caso che si ritenga necessario
avere una serie di incontri con il minore, non presenzia
a tutti ma, su segnalazione dello psicologo nominato
consulente tecnico, soltanto a quelli che si
prospettano più interessanti, cioè quando il minore
è pronto a parlare dei fatti inerenti all’abuso. Alcuni
ritengono di non poter interloquire con le bambine,
per paura di intimorirle (spesso il PM è una figura
maschile), al contrario altri ritengono che il loro incontro
con il minore sia positivo in quanto utile a
fargli ritrovare fiducia in una persona adulta di sesso
maschile. Di solito si ritiene che la presenza del genitore
abbia un effetto negativo, specialmente se si
tratta di abuso intrafamiliare, in quanto il bambino
può essere imbarazzato a raccontare certi particolari
al cospetto del genitore.
In genere il PM spiega al bambino chi è, che ruolo riveste
e per quale motivo deve ascoltarlo, questo ovviamente
se l’età e la maturità lo consentono. Ci sono
PM che hanno l’accortezza di convocare il minore
nel pomeriggio, per non interferire con l’attività scolastica
e per evitare il caos mattutino dei tribunali.
In conclusione anche in questo ambito vale la regola
del «caso per caso».
In merito ai tempi della giustizia, diventa importante
la scelta del PM di chiedere l’applicazione di misure
cautelari per il sospetto abusante, nei casi in cui
ricorrano i presupposti. Infatti i tempi del processo
ne risultano fortemente influenzati, in quanto un
processo a piede libero può arrivare in dibattimento
anche dopo cinque anni, mentre se è a carico di de-
1 6
• S AV E T H E C H I L DR E N
6 3 Ibidem.
tenuti i tempi sono più rapidi e la condanna può arrivare
nel giro di un anno dalla misura cautelare. In
sostanza, se l’imputato è detenuto, si assiste a una
celerità del dibattimento per nulla diretto dai tempi
ed esigenze del minore.
Rispetto agli esiti delle indagini si ha il sentore che il
PM preferisca un’«onorevole» archiviazione, ogni
qual volta all’esito delle stesse il processo non si presenti
più che certo, proprio in quanto una sentenza
assolutoria sarebbe enormemente pregiudizievole
per l’educazione del minore coinvolto.
4.3. Il ruolo dello psicologo
Le situazioni in cui lo psicologo si trova a interagire
con il sistema giudiziario nella trattazione di questi
casi comprende una serie di ipotesi, e spesso gli operatori
lamentano la confusione che regna in materia
e il fatto che non sia ancora per nulla chiara la funzione
dell’esperto.
Un primo caso si verifica quando il professionista che
ha in cura il minore viene chiamato a comparire in
giudizio come testimone tecnico, presentando l’esito
della propria diagnosi clinica e adeguandosi alle richieste
dell’ambito legale. In questa ipotesi spesso lo
psicologo subisce gli attacchi, da parte della difesa
dell’imputato, rivolti alla sua supposta non imparzialità
di fondo, in quanto medico curante del bambino.
Il bambino dovrà essere informato del fatto che molte
informazioni rimaste fino a quel momento all’interno
delle sedute psicologiche verranno comunicate ai
giudici e al presunto abusante. Nell’esperienza di alcuni
professionisti, ottenere il consenso del minore in
tale situazione non è mai stato un problema, in quanto
il minore collabora volentieri sperando che il processo
intrapreso possa funzionare; altri esperti invece
si pongono il dubbio della correttezza di tale prassi.
Un secondo caso si ha quando il PM richiede la perizia
di uno psicologo sulla credibilità del minore, i cui
risultati di norma vengono discussi prima di effettuare
l’audizione in sede di incidente probatorio. Lo
psicologo viene nominato come c o n s u l e n t e, concedendogli
un termine per l’espletazione del suo incarico
(generalmente 60-90 giorni, ma potrebbe essere
sufficiente un incontro o potrebbe rendersi necessaria
un proroga: insomma dipende da ogni singolo caso
e dalla predisposizione del minore a raccontare i
fatti). Al consulente viene richiesto di verificare l’idoneità
psichica del minore a rendere testimonianza
e la sua credibilità.
Quando lo psicologo incontra la piccola vittima,
questa spesso ha già raccontato l’accaduto a qualcuno
(genitore, maestra ecc.), e spesso è già stata ascoltata
dalla polizia, che alle volte si avvale di esperti, o
dallo stesso PM.
Potrebbe accadere che sia sufficiente incontrare il
minore una sola volta, oppure con cadenza settimanale,
tutto dipende dal singolo caso trattato ed è per
questo che non è ipotizzabile uno standard operativo.
Quando si rende necessario più di un incontro,
lo psicologo generalmente incontra il minore da solo,
mentre il PM e/o la polizia sono convocati solo
quando il minore è «maturo» per parlare dei fatti
inerenti all’accaduto. In alcuni centri predisposti per
l’audizione protetta può accadere che da dietro lo
specchio assistano il PM o la polizia e alle volte anche
il genitore, anche se non è molto comune in
quanto si ravvisa un turbamento del rapporto di fiducia
che si instaura tra il minore e il consulente, e
in ogni caso il minore va avvisato di ciò. Stesso dilemma
pone la videoregistrazione della seduta, su
cui esiste una forte divergenza di opinioni anche tra
i professionisti più accreditati.
La presenza del genitore è comunque generalmente
sconsigliata e pertanto è rarissima.
Gli incontri avvengono presso lo studio del professionista,
ma possono anche avvenire nell’ufficio del
PM quando questo è presente.
Per l’ascolto del minore lo psicologo, a seconda dell’età,
può avvalersi di giochi (spesso p e l u c h e, bambole,
ma non le anatomiche che non sembrano essere
utilizzate dagli esperti intervistati), disegni (anche se
alcuni non li ritengono utili, se non ai fini di mettere
a proprio agio il bambino, in quanto il più delle volte
si tratta di scarabocchi non decifrabili). Si ritiene
molto importante partire da un racconto libero del
bambino per poi procedere a domande di approfondimento.
È condivisa l’opinione secondo cui le domande
devono essere aperte e occorre evitare di
suggestionare il bambino o farlo sentire in colpa.
Il consulente potrebbe ritenere necessario interloquire
pure con i familiari, e questo dipende anche
dalla tipologia di abuso, se extra o intrafamiliare.
Nei fatti dunque, non essendovi nessun protocollo
predefinito, tutto è rimesso all’esperienza del professionista,
alla sua discrezionalità e alla prassi instaurata
presso quella determinata procura.
1 7
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
Altra ipotesi è infine quando lo psicologo viene convocato
per l’audizione protetta come a u s i l i a r i o d e l
giudice. In tal caso le sue funzioni sono più assimilabili
a quelle di un interprete/traduttore. Infatti in tale
contesto il più delle volte lo psicologo incontra il
minore solo qualche minuto prima dell’audizione, e
il suo compito è quello di «tradurre» le domande
concordate dalle parti in un linguaggio comprensibile
al minore.
Nell’aula sono presenti spesso il giudice e lo psicologo,
ma può anche accadere che lo stesso giudice si
ritiri «dietro le quinte», ovvero nella stanza adiacente.
Nonostante la disposizione normativa, il più delle
volte le due stanze sono collegate con una tv a circuito
chiuso, e non con vetrospecchio unidirezionale.
Alcuni giuristi sottolineano come di fatto il ruolo
dello psicologo in alcuni casi vada ben oltre il semplice
ruolo di «traduttore», in quanto finisce per
condurre direttamente l’esame. Del resto si tiene a
precisare che togliere al giudice il compito di porre
le domande significa minare le regole basilari del nostro
sistema processuale.
Il bambino dovrebbe essere stato già preparato all’audizione,
e dovrebbe essergli già stato spiegato chi
è presente nell’altra stanza e per quale motivo si trovano
lì. Si lamenta comunque il fatto che, nonostante
tutte le tutele volute dalla legge, il dover attendere
in corridoi, a volte per ore, non evita al minore di
dover imbattersi nell’abusante, così come vi sono
stati casi di forte tensione e conflittualità in cui, dato
l’elevato tono di voce assunto dalle persone presenti
nella stanza adiacente, il minore sentisse direttamente
quanto discusso senza alcun bisogno dell’opera di
mediazione dello psicologo.
In alcune sedi si era diffusa la prassi di chiamare per
l’audizione lo stesso psicologo che aveva seguito il
minore per la consulenza, ma ciò è stato oggetto di
molte critiche da parte degli operatori giudiziari, che
dubitavano della neutralità del suo ruolo (il minore
potrebbe essere stato preparato a dare le risposte).
Inoltre anche alcuni psicologi avevano sollevato delle
perplessità in merito, poiché il minore, specialmente
se piccolo, poteva non capire come mai fosse
chiamato a ripetere le stesse cose alla stessa figura.
I professionisti che operano in tale veste lamentano
il fatto di non aver tempo sufficiente per entrare in
confidenza con il minore, né per «tradurre» le domande
rivolte al minore che spesso sono molto precise
e puntuali, la mancanza di un linguaggio comune
tra gli operatori, anche tra gli stessi psicologi che
in momenti e con funzioni diverse si trovano a interloquire
con la vittima, e infine la mancanza di un
protocollo che descriva le modalità da seguire. In
particolare e con riferimento alla categoria qui in
esame, si ravvisa una mancanza di collaborazione tra
coloro che operano in senso clinico e coloro che offrono
una consulenza al tribunale, e questo non facilita
né il loro lavoro né l’opera della magistratura.
Ma lo psicologo potrebbe essere chiamato in causa
anche dal Tribunale dei minorenni, come proprio
consulente, e in questo caso, anche se la finalità della
perizia è differente, si tratta pur sempre di un incarico
conferito per lo stesso caso e sullo stesso soggetto.
Non è infine da escludere la possibilità che il GIP
possa richiedere una consulenza se non si reputa
soddisfatto al termine dell’audizione protetta, nominando
un proprio CTU.
Rispetto al sistema giudiziario si rileva che alcuni professionisti
rivendicano un ruolo più incisivo all’interno
del percorso giudiziario, in quanto, nella loro veste
di curanti e nel loro compito clinico, dovrebbero
poter dare un parere in merito ai tempi eai modi della
testimonianza del minore e sull’eventuale opportunità
di sottoporlo ad accertamenti medici/psicologici.
Del resto l’errore in cui può cadere il professionista
chiamato in causa è quello di confondere il compito
terapeutico, proprio della figura professionale rivestita,
e l’incarico processuale. Si sottolinea inoltre che il
percorso giudiziario è inutile e dannoso senza un percorso
educativo-terapeutico adeguato e idoneo a garantire
alla vittima un sostegno consono durante, ma
anche al termine del processo.
Rispetto al minore i professionisti sono concordi nel
ritenere che va reso partecipe e consapevole, per
quanto possibile, di ciò che accade nel procedimento
penale, specie per le attività che lo coinvolgono
direttamente. Le difficoltà derivano dal fatto che al
bambino manca un vocabolario sufficientemente
complesso per permettergli di discutere un argomento
come l’abuso; a ciò si aggiunga la vergogna e
la paura, nonché, specie nei più piccoli, la difficoltà
di mantenere la loro attenzione su un argomento per
un lungo periodo di tempo.
Gli operatori hanno pertanto tentato di sviluppare
tecniche e protocolli di intervista che permettano da
1 8
• S AV E TH E C H I L DR EN
un lato di rispettare le esigenze del bambino e dall’altro
di raccogliere le informazioni rilevanti dal
punto di vista legale. Così anche in Italia vi sono stati
tentativi in tal senso: la Carta di Noto6 4 e il Decalogo
sull’ascolto del minore6 5 ne sono l’esempio.
4.4. La visita ginecologica
Altro strumento utilizzato per l’accertamento dell’abuso
è la consulenza medico-ginecologica. In genere
il PM ritiene di ricorrere a tale accertamento solo
quando vi è stata violenza con penetrazione. Nella
maggior parte dei casi trattati, specialmente per i
bambini in età prepubere, la violenza con penetrazione
completa è assai rara, mentre molto più spesso
si ha il coito vestibolare, che potrebbe lasciare tracce
a livello imenale. Si tenga in ogni modo presente che
alle volte sono gli stessi genitori, spesso la madre, a
condurre il minore da un ginecologo in casi di sospetto
abuso, con il rischio che se il professionista
non è preparato a trattare simili casi, non avrà la cura
di stilare un referto in grado di poter essere utilizzato
in giudizio, con la conseguenza che sarà necessario
ripetere la visita.
Generalmente si ritiene che sia opportuno che gli
accertamenti medico legale e ginecologico siano
congiunti e che in linea di massima avvengano con le
forme dell’accertamento irripetibile. Infatti, se alcune
obiettività si alterano difficilmente con il tempo
(ad es. deflorazioni o cicatrici), e conseguentemente
è possibile la ripetizione, altre rendono opportuno
l’accertamento irripetibile in quanto hanno una durata
più limitata nel tempo (ad es. eritemi, edemi perianali).
Inoltre in pubertà la trasformazione rapida
del quadro genitale determina l’impossibilità di individuare
nuovamente segni di abuso rilevati in epoca
p r e p u b e r e .
Il quesito tipo che viene posto al medico consulente
potrebbe essere il seguente:
«dicano i CT letti gli atti, visitata la parte lesa (…),
esaminata la documentazione clinica acquisita, effettuato
ogni opportuno accertamento di laboratorio,
se la parte lesa presenti deflorazioni anatomiche ovvero
postumi permanenti di lesioni nella regione e/o
ano-rettale compatibili con abuso sessuale, precisando,
in caso affermativo, ogni circostanza penalmente
rilevante e provvedendo altresì ad effettuarne rilievi
descrittivi e fotografici e ogni altra operazione tecnica
che si riterrà necessaria, ivi compresi tamponi
anali e genitali».
« L’accertamento dovrebbe avvenire con l’uso del colposcopio
che consente, per l’ingrandimento utilizzato,
di rendere evidenti segni molto importanti, non
visibili dalla semplice ispezione dei genitali. L’ a c c e r t amento
dovrebbe anche estendersi ai prelievi per la ricerca
di patologie a trasmissione sessuale, oltre che di
sperma, e dovrebbe essere documentato fotograficamente
in modo tale che chiunque, successivamente,
voglia valutare le conclusioni possa farlo, e soprattutto
per evitare contestazioni sulle osservazioni del consulente.
Non sono mancati infatti casi in cui il consulente
di parte ha contestato non tanto e soltanto le valutazioni
del consulente del PM, quanto l’esistenza
delle stesse obiettività ginecologiche e rettali. Si raccomanda
in tal senso che l’apparecchio fotografico
sia collocato direttamente sul colposcopio in modo
da riprendere ciò che viene visto.
Statisticamente è rarissimo trovare segni specifici di
abuso, ma è appurato che nel 30-45% dei casi certi
di abuso questi non lasciano alcuna traccia a livello
ano-genitale, specie se l’abusante ha adottato prec
a u z i o n i »6 6. «Del resto il ricorso abituale al colposcopio
e all’indagine batteriologica consentono oggi
di rilevare microlesioni a livello imenale quali incisore
e neovascolarizzazioni, nonché la loro interpretazione
eziopatologica, permettendo così riscontro a
racconti descrittivi di coito vestibolari o manipolazioni
digitali»6 7. In linea di massima si può asserire
che i segni dipendono dal tipo di abuso, dalla sua
frequenza, dalla forza usata, dall’età del minore e dal
tempo trascorso dall’ultimo episodio.
Il minore dovrebbe essere adeguatamente preparato
alla visita, allo stesso modo in cui dovrebbe essere
preparato ad affrontare l’incidente probatorio, e soprattutto
la visita dovrebbe essere curata da personale
professionalmente preparato. In tal senso invece si
lamenta l’assenza di personale specializzato, specie
nei pronto soccorso dove viene generalmente portato
il minore nel caso di urgenza, quando si avverte
che è appena successo un caso di abuso. Al riguardo
1 9
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
6 4 La Carta di Noto  stata approvata a conclusione del congresso tenutosi
a Noto nel giugno 1996 sul tema ÇAbuso sessuale di minori e processo
penaleÈ.
6 5 A cura del Centro Studi Hansel e Gretel di Torino.
6 6 Forno, P., Relazione per il corso di formazione CSM, op. cit.
6 7 Forno, P., LÕaccertamento dellÕabuso nel procedimento penale, o p .
cit.
è da sottolineare che in alcune città sono in corso
sperimentazioni e progetti al fine di garantire una
specializzazione adeguata dei professionisti coinvolti
e un intervento integrato dei servizi e delle autorità
giudiziarie che procedono in tali circostanze6 8.
4.5. L’avvocato di parte civile
L’avvocato viene generalmente interpellato quando
la denuncia è già stata fatta, e anzi spesso si lamenta
del fatto di essere stato nominato poco prima dell’audizione
protetta. Troppo tardi dunque, secondo
alcuni, anche perché in tal modo la parte da loro difesa
finisce per non essere correttamente informata
dei propri diritti (ad esempio quasi mai i genitori sono
a conoscenza del diritto loro riconosciuto ex art.
609 decies di presenziare all’incontro del minore
con la polizia e con il PM). Generalmente è la madre
della vittima a rivolgersi all’avvocato, anche perché
spesso si tratta di abusi intrafamiliari. Si rileva anche
una casistica di false denunce connesse ai procedimenti
di separazione e divorzio, generalmente presentate
dalla madre ai danni del padre della presunta
vittima.
Capita con una certa frequenza che l’incarico di curatore
speciale, previsto dal codice di procedura penale,
sia spesso ricoperto da un avvocato. Infatti la
sua funzione è quella di esercitare personalmente i
diritti che spettano al minore in giudizio in veste di
parte offesa e, nel caso lo ritenga opportuno, di parte
civile, e pertanto si tratta di un incarico puramente
processuale. Oppure può venir nominato l’ente
affidatario del minore, che deciderà se promuovere
o meno la costituzione di parte civile. Nei fatti la richiesta
per la nomina del curatore è avanzata solo
dal PM, mentre risulta sconosciuta agli altri soggetti
che potrebbero promuoverla e raramente è presentata
contestualmente all’apertura del procedimento.
È l’avvocato a decidere se incontrare o meno il minore,
a seconda dei casi e dell’età. Nell’ipotesi in cui
propenda per un incontro, spiegherà al minore chi è
e il suo ruolo nel processo, e soprattutto che è lì per
aiutarlo. Ma anche in questo caso non vi sono protocolli
comuni e tutto è rimesso alla discrezionalità del
singolo professionista.
Le critiche mosse al sistema, così come si articola
nella prassi, riguardano soprattutto i tempi lunghi
(in media 3-5 anni per il giudizio di primo grado),
per nulla rispondenti alle esigenze del minore, il fatto
che il minore, anche se escusso solo una volta tramite
l’incidente probatorio, di fatto viene sentito ancora
da numerosi soggetti, in tempi diversi e con
modalità spesso troppo discrezionali. Il tutto si aggrava
se non si ricorre all’incidente probatorio e
l’audizione è rinviata al dibattimento, dove si innesca
il meccanismo dei rinvii. I clienti escono dal percorso
giudiziario «stravolti», nonostante siano stati
avvisati della relativa durezza, e sono spesso scontenti
a tal punto che alcuni di loro, potendo tornare
indietro, lo eviterebbero.
Si riconosce che la tutela apprestata dalla normativa
è buona, ma spesso disattesa nella pratica (ad es. tra
le finalità dell’audizione protetta vi è anche quella di
evitare il contatto tra minore e abusante, ma poi il
minore incrocia il suo abusante nei corridoi del tribunale
dove aspetta di essere chiamato per l’incidente
probatorio).
Le incongruenze rilevate nella pratica quotidiana infatti
dipenderebbero non tanto da ostacoli normativi,
ma dall’ignoranza e insensibilità di alcuni operatori,
da leggi mal applicate e dalla mancanza di collaborazione
tra le istituzioni coinvolte. Andrebbe pertanto
compiuto uno sforzo per allineare la prassi e la teoria.
5. Tribunale penale ordinario
e Tribunale per i minore n n i
Uno dei maggiori problemi avvertito nella prassi è la
mancanza di coordinamento tra le differenti autorità
giudiziarie coinvolte nel caso di abuso sul minore.
La funzione principale del procedimento penale è
l’affermazione della responsabilità nei confronti dell’autore
dell’abuso, mentre nel procedimento minorile
è la tutela del minore. Tuttavia, pur nella diversità
di procedure e di contenuto dei provvedimenti
giudiziari, le due procedure, nei reati in questione,
vertono sullo stesso fatto e sullo stesso soggetto, cioè
il minore, e pertanto diventa fondamentale garantire
un coordinamento e un’integrazione degli interventi.
Il PM presso il Tribunale ordinario è tenuto a dare
notizia al Tribunale per i minorenni del procedimento
penale in corso6 9, così come il giudice minorile è
2 0
• S AV E T H E C HI LD R EN
6 8 Ad esempio a Torino dal 1992 presso la USSL n. 6  stato attivato il
progetto Cappucetto Rosso, volto a fornire una serie integrata di servizi ai
minori vittima di abuso. 6 9 Ai sensi dellÕart. 609 decies c.p.
tenuto a segnalare alla procura ordinaria le notizie di
reato in suo possesso. Ma non è precisato quando
vada effettuata la comunicazione al TM, anche se sarebbe
opportuno che avvenisse quanto prima, affinché
possano essere adottati tempestivamente i provvedimenti
necessari nell’interesse del minore.
Altro punto critico riguarda lo scambio di documentazione
tra le due autorità: potrebbe infatti presentarsi
il rischio che nella fase delle indagini preliminari
la documentazione trasmessa dal PM al TM finisca
in un fascicolo conoscibile dalle parti secondo le
regole della procedura civile proprie del TM, violando
in tal modo il segreto di indagine invece tutelato
dal codice di procedura penale. Viceversa, l’acquisizione
al fascicolo del PM di tutti gli atti minorili dovrebbe
procedere parallelamente allo sviluppo delle
indagini, evitando in tal modo la duplicazione di accertamenti,
soprattutto quelli di natura psicodiagnostica.
Occorre comunque precisare che il TM è tenuto
ad aprire un proprio procedimento solo quando
il sospetto abusante sia all’interno della famiglia
convivente o quando possa essere mossa l’accusa di
trascuratezza nei confronti dei genitori, mentre
quando l’abuso è commesso da persone estranee al
nucleo familiare, e nulla può essere eccepito ai genitori
della vittima, non esiste alcun procedimento dovuto
in sede minorile7 0.
Anche quando il TM dispone l’allontanamento del
minore o comunque e più in generale emette un
provvedimento a tutela del minore, può dar luogo a
una sorta di d i s c o v e r y delle indagini iniziate. I PM ritengono
così che tali provvedimenti vadano concordati
per consentire l’effettuazione di tutte quelle indagini
soggette a inquinamento probatorio nonché di
quelle a sorpresa, ma spesso i giudici del TM accusano
il fatto che per assecondare i tempi del penale si
rischia di lasciare il minore sprovvisto di tutela.
Altro punto critico deriva dal sovrapporsi delle indagini
psicologiche sul minore compiuto da professionisti
differenti per incarico di autorità diverse,
frequenti in questi casi. Se è pur vero che vertendo
sullo stesso minore, ed essendo connesse allo stesso
fatto, si mira a risultati non riconducibili a una stessa
finalità, di fatto questo modus operandi crea gravi disagi
nel bambino estraneo alle logiche giuridiche.
In sostanza i vari operatori e professionisti coinvolti
avvertono una specie di «spaccatura» tra le due autorità,
che troppo spesso operano disgiuntamente
l’una dall’altra, con tempi differenti e con accertamenti
indipendenti destinati ad essere duplicati. Per
rimediare a tali inconvenienti gli uffici giudiziari di
alcune città hanno elaborato documenti d’intesa tra
le autorità coinvolte sulle modalità di coordinamento
dei rispettivi uffici nei casi di presunto abuso a
danno di minori. Ad esempio, a Torino, è operativa
un’intesa tra il procuratore della Repubblica presso
il Tribunale, il presidente del Tribunale per i minorenni
e il procuratore della Repubblica per i minorenni.
A Roma un simile accordo è già stato elaborato,
ma non è ancora stato attuato, e così anche a Milano.
In linea di massima in tali documenti si prevede
che le indagini vengano delegate a nuclei di Polizia
giudiziaria specializzata e che il potere di allontanamento
dalla famiglia sia riservato al TM tranne casi
eccezionali di estrema urgenza, ribadendosi la primaria
competenza del TM a disciplinare le relazioni
di tipo familiare. In merito all’audizione del minore,
si stabilisce che avvenga con l’ausilio di personale
dotato delle necessarie competenze di tipo psicologico,
e questo sia attraverso la nomina di un consulente
tecnico (CT) da parte del PM che attraverso la
nomina di un ausiliare da parte del giudice per le indagini
preliminari (GIP) per l’incidente probatorio.
In generale si stabilisce il criterio di riservare all’ambito
penale gli accertamenti di natura ginecologica e
quelli sull’idoneità a testimoniare, mentre la psicodiagnosi,
la valutazione delle relazioni familiari e
della possibilità di recupero delle funzioni genitoriali
va riservata all’ambito minorile. Ove non vi siano
controindicazioni, si suggerisce di nominare come
consulente tecnico del PM il professionista che ha
operato come CTU in ambito minorile.
Rispetto al Tribunale dei minorenni va infine menzionato
il problema, sollevato da alcuni giudici, di
tutti quei soggetti che sporgono denuncia quando
sono già maggiorenni, ma con riferimento ad abusi
subiti quando erano minorenni.
6. L’incidente probatorio
e l’audizione protetta del minore
L’audizione protetta del minore viene ormai costantemente
disposta in diversi tribunali italiani, così come
sempre più spesso si ricorre all’incidente proba-
2 1
C HI LD A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
7 0 Ai sensi degli artt. 330 e ss. c.p.c.
torio71. Ma la situazione non è uniforme su tutto il
territorio.
A M i l a n o è ormai prassi consolidata già da prima
dell’entrata in vigore delle nuove leggi in materia di
abuso. Si può infatti asserire che qui sia stata condotta
un’esperienza pilota a partire dagli anni 1992/
93, inizialmente appoggiandosi a un centro specializzato
esterno. Oggi invece ci si sposta fuori del Tr ibunale
solo per esigenze particolari, mentre quasi
tutte le audizioni avvengono in un’aula del Tr i b u n a l e
appositamente predisposta con tv a circuito interno.
Dato che i casi di abuso per i quali si procede sono
in aumento, e che tale aula è utilizzata dal GIP anche
per quei processi che vedono coinvolti molti imputati,
dal momento in cui il PM richiede l’incidente
probatorio all’udienza passa sempre un certo lasso
di tempo, e spesso si formano delle vere e proprie liste
d’attesa, senza considerare il rischio di veder rinviata
l’udienza all’ultimo momento.
A Roma le audizioni avvengono sia presso il Tr i b unale
che presso centri specializzati esterni, mentre
nei Tribunali di provincia generalmente non sono
state predisposte aule internamente al Tribunale e
pertanto si ricorre sempre a centri esterni.
L’ipotesi prevista dalla legge di effettuare l’intervista
presso l’abitazione del minore non risulta quasi mai
utilizzata.
Per l’audizione si dovrebbe utilizzare un l o c a l e m unito
di specchio unidirezionale, dotato di impianto
di videoregistrazione e di interfono per consentire la
documentazione dell’interrogatorio e una comunicazione
in tempo reale, ma nella maggior parte dei casi
si utilizzano due aule adiacenti dotate di tv a circuito
c h i u s o .
Nella prima stanza si trova il minore, un esperto in
psicologia infantile in veste di ausiliario del giudice e
il giudice, anche se non mancano casi in cui quest’ultimo
preferisca assistere dall’altra stanza formulando
le domande tramite l’interfono. Nell’altra
stanza sono presenti tutti gli altri soggetti legittimati:
PM, genitori, avvocati e lo stesso imputato che ne
abbia fatto richiesta.
In linea di massima l’audizione comincia spiegando
al minore in un linguaggio a lui accessibile i motivi
per cui viene sentito, chi è presente nell’altra stanza
(se non viene chiesto espressamente non si dice nulla
in merito alla presenza dell’imputato, ma se viene
chiesto espressamente è buona regola non mentire).
È ritenuto importante far comprendere al minore
che si tratta di un processo. Alcuni psicologi ritengono
di dover iniziare con un discorso generico, a
tema libero, per entrare in confidenza con il bambino,
ma secondo alcuni giuristi ciò va oltre il compito
di ausiliario del giudice loro assegnato in quella sede.
In realtà il minore dovrebbe già essere stato preparato
all’audizione in precedenza, anticipandogli
anche la durezza di tale momento.
Generalmente le domande sono già concordate dalle
parti, o almeno dal giudice e dallo psicologo secondo
una «scaletta» predefinita insieme, salvo ovviamente
la possibilità di proporne ulteriori o di
chiedere chiarimenti nel corso del colloquio. In questo
caso le parti comunicano le domande al giudice,
che le riferisce allo psicologo. Il bambino non deve
aver paura di sbagliare, cioè di rispondere in modo
non corrispondente alle aspettative dell’adulto, e un
accorgimento che si ritiene doveroso adottare è
quello di evitare le domande a risposta chiusa
(sì/no). Il ruolo dell’intervistatore dovrebbe essere
quello di facilitare la narrazione e non di guidarla.
Secondo alcuni le domande dovrebbero essere poste
direttamente dal giudice, per altri invece è lo psicologo
che deve condurre l’intervista, previo accordo
con il giudice.
Vi è chi sostiene che il minore dovrebbe conoscere
lo psicologo prima dell’audizione, e coloro che non
escludono la possibilità che l’ausiliario possa essere
lo stesso professionista che ha svolto la perizia. Attualmente
però prevalgono coloro che ritengono che
sono necessarie due figure distinte.
La scelta del m o m e n t o in cui effettuare l’incidente
probatorio, e quindi l’audizione, è fondamentale, in
quanto incide sul risultato e conseguentemente anche
sugli esiti del processo. Se normalmente dovrebbe
esserci un accordo tra i professionisti coinvolti,
può anche accadere che il PM ne faccia richiesta
quando i tempi sono ancora prematuri per lo psicologo
che ha effettuato la perizia. Tuttavia è anche accaduto
che l’audizione sia avvenuta a distanza di anni
dal primo racconto.
La durata dell’audizione non è prestabilita, e non vi
sono protocolli in materia, neanche nei singoli tribunali,
cosicché si va dai 30 minuti (piuttosto rari, se si
2 2
• S AV E T HE C H I L DR EN
7 1 Secondo lÕindagine condotta dal CISMAI lÕincidente probatorio  stato
effettuato solo in 193 casi, con una percentuale pari al 33,4 su un totale di
577 minori.
esclude il caso di qualche adolescente) alle 2-3 ore,
se non addirittura di più. In tali casi viene concessa
una pausa, ma chiaramente l’attenzione del minore
risente di tali tempi, e alle volte è stato necessario
anche rinviare (ad es. quando il minore non parlava
più o in caso di pianto protratto).
In merito all’età dei minori, l’audizione protetta è
utilizzata in particolar modo per i più piccoli, anche
se non mancano casi in cui si è fatto ricorso a tale
strumento anche al di fuori del limiti d’età previsti
dalla legge (ad es. addirittura neomaggiorenni con
riferimento a fatti accaduti quando erano ancora min
o r e n n i ) .
7. La valutazione della testimonianza
e l’attendibilità del minore
La valutazione della deposizione del minore in termini
di attendibilità è una questione di notevole importanza
in quanto può risultare decisiva ai fini dell’esito
del processo, ed è una delle questioni su cui si
discute maggiormente sia in ambito giudiziario che
p s i c o l o g i c o .
Va comunque premesso che nel nostro sistema processuale
la testimonianza di un bambino ha la stessa
dignità probatoria di quella resa da un adulto, e conseguentemente
non necessita di una conferma probatoria
esterna di natura indipendente. Inoltre, poiché
vige il principio del libero convincimento del
giudice, solo costui può assumersi in via diretta la
valutazione circa l’attendibilità o meno del minore
testimone. Del resto la Suprema Corte ha più volte
affermato che il giudice può fondare il proprio convincimento
anche sulla sola testimonianza della parte
offesa, anche se minore. Ovviamente nella sentenza
dovrà essere spiegato l’iter logico attraverso cui si
è arrivati alla valutazione positiva di tale testimonianza,
considerando le caratteristiche della dichiarazione,
le modalità e la possibilità di un’induzione
da parte di terzi.
Non essendovi indicazioni normative sulla valutazione
della testimonianza del minore, sono stati elaborati
dalla giurisprudenza di legittimità e di merito alcuni
criteri valutativi che il giudice dovrebbe seguire
in questo tipo di processi.
In primo luogo il giudice dovrebbe accertarsi che il
metodo adoperato per raccogliere la testimonianza
del minore garantisca comunque la genuinità e la
spontaneità della prova, cosicché, qualora si riscontrino
domande suggestive o condizionamenti esterni
sul minore, le affermazioni da quest’ultimo rilasciate
devono essere giudicate non attendibili7 2.
La coerenza logica del racconto, la costanza nelle dichiarazioni
rese a soggetti differenti nel corso del
tempo, l’uso di un linguaggio conforme all’età del minore
e alla sua cultura, la descrizione di elementi ed
episodi precisi, la mancanza di contraddizioni sono
tutti elementi la cui presenza consente di considerare
come attendibile la testimonianza resa dal minore7 3.
Fondamentale è anche il risultato della perizia dello
psicologo che, secondo una recente sentenza della
Corte di Cassazione7 4, concerne due aspetti fondamentali:
«l’attitudine del bambino a testimoniare,
sotto il profilo intellettivo e affettivo, e la sua credibilità.
Il primo consiste nell’accertamento della sua
capacità di recepire le informazioni, di raccordarle
con altre, di ricordare ed esprimerle in una visione
complessa, da considerare in relazione all’età, alle
condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni
con il mondo esterno, alla qualità e natura dei rapporti
familiari. Il secondo – da tenere distinto dall’attendibilità
della prova, che rimane nei compiti
esclusivi del giudice – diretto ad esaminare il modo
in cui la giovane vittima ha vissuto e rielaborato la
vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento
dei fatti e menzogna».
8. Osservazioni finali
Le osservazioni svolte in merito alla normativa e alla
prassi in tema di ascolto del minore vittima di abuso
evidenziano come si tratti di una problematica «attuale
», su cui si stanno confrontando gli operatori.
Trovare una soluzione soddisfacente per tutti non è
certo compito agevole, soprattutto in considerazione
2 3
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
7 2 Significativa in tal senso  una sentenza della Corte dÕAppello di Milano
(Sez. I Pen., 25 giugno 1997, n. 925) che in parziale riforma della sentenza
del Tribunale di Milano ha riscontrato la non attendibilitˆ di alcune
affermazioni rese dalla minore, in quanto frutto di metodi di esame non
corretti.
7 3 Il Tribunale di Milano (sez. IV pen., sent. 22 gennaio 1996) ha ritenuto
non intrinsecamente attendibili le dichiarazioni rese da una bambina di
quattro anni in quanto imprecise sia nella definizione del luogo e del tempo
a cui si riferiscono, sia delle modalitˆ commissive delle stesse. Il Tribunale
ha pertanto ritenuto non attendibili le affermazioni della bambina e,
mancando anche validi elementi di conferma delle stesse, lÕimputato 
stato assolto per non aver commesso il fatto.
7 4 Corte di Cass. Pen., Sez. III, sent. 3 ottobre 1997.
delle diverse professionalità coinvolte, ma la strada
intrapresa sembra essere quella giusta in quanto si è
compreso che prima di tutto è il minore, quale vittima
di tale tipologia di reati, a dover essere tutelato, e
che per raggiungere tale obiettivo le diverse figure
professionali coinvolte devono poter parlare uno
stesso linguaggio, integrare le proprie competenze e
soprattutto collaborare.
La normativa vigente, con tutte le sue contraddizioni
e lacune, rappresenta una conquista e un ottimo
punto di partenza. Tuttavia, e pur riconoscendo che
è ancora troppo presto per stilare un bilancio, teoria
e prassi sono ancora distanti.
Si è compreso che per evitare una rivittimizzazione
del minore è necessario cercare di limitare a un unico
momento la sua testimonianza nel processo. Di
fatto però non si può non riconoscere che prima di
arrivare a tale momento il minore è già stato ascoltato
da diversi soggetti (polizia, PM, psicologo), in diversi
contesti (questura, Tribunale, centri specializzati)
e con diverse modalità.
La mancanza di linee guida comuni lascia ampio
spazio alla discrezionalità del singolo, l’assenza di
protocolli d’intesa tra le differenti autorità coinvolte
nella trattazione del caso spesso implica la duplicazione
degli accertamenti e l’allungamento dei tempi,
così come estremamente nociva è la mancanza di
preparazione specifica in capo agli operatori.
Le sottoscrizioni di intese tra gli uffici giudiziari realizzate
in alcune città, l’organizzazione di incontri,
dibattiti, tavole rotonde, corsi di formazione aperti
ai vari operatori, l’istituzione di p o o l di pubblici ministeri
specializzati presso le procure ordinarie, e di
una sezione di polizia specifica presso le questure,
sono tutti strumenti che hanno contribuito notevolmente
a migliorare la situazione. Un ruolo importante
è stato giocato anche dai centri specializzati, sia
pubblici che privati, e dalle attività di ricerca, studio
e formazione dagli stessi realizzate.
Inoltre la situazione non è uniforme su tutto il territorio,
ma varia da Tribunale a Tribunale, mentre sarebbe
opportuno che l’esperienza positiva condotta
in alcune sedi e le conquiste, frutto di una lunga
esperienza, raggiunte da alcuni professionisti potessero
essere condivise da tutti gli operatori.
L’audizione protetta, al di là di tutti i dubbi interpretativi
sulle concrete modalità di svolgimento, ha costituito
una svolta nella tutela del minore implicato
in un processo per abuso sessuale, ed è positivo constatare
che si tratta di un istituto ormai recepito dalla
maggioranza degli addetti ai lavori.
In conclusione, ricostruire l’iter pre-processuale e
processuale seguito dal minore vittima di abuso è
possibile soltanto a posteriori, perché troppe sono le
variabili in gioco. La stessa durata del processo e
delle tappe che lo caratterizzano sono un’incognita,
con la conseguenza che ancora troppo spesso gli
operatori segnalano casi in cui il minore subisce le
conseguenze negative dell’inefficienza del sistema.
Sono soprattutto gli avvocati di parte civile e gli psicologi
a muovere le critiche più forti. In particolare
gli psicologi ritengono che il loro ruolo sia ancora
sottovalutato all’interno di tali procedure, mentre
rimproverano agli operatori di giustizia di non aver
ancor acquisito la consapevolezza che il processo
per abuso sessuale è diverso da tutti gli altri e che
per comprendere il minore (che spesso rivela frammentariamente,
è incerto sull’opportunità di farlo,
ritratta, conferma) è necessario avere una buona conoscenza
delle dinamiche psicologiche peculiari all’infanzia
e all’adolescenza.
2 4
• S AV E T H E C HI LD R EN
I. Sintesi
Il presente rapporto prende in esame le modalità di
tutela dei diritti del minore vittima e testimone di
abusi sessuali, nell’ambito dei procedimenti penali
di nove paesi europei. I paesi presi in considerazione
sono: Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia,
Islanda, Italia, Romania, Spagna e Svezia, con riferimenti
anche all’ordinamento norvegese. Il rapporto
analizza svariati aspetti delle attività d’indagine, lo
status, il ruolo e il modo in cui la vittima/testimone è
rappresentata durante tutte le fasi del procedimento
giudiziario, e valuta inoltre fino a che punto tali
prassi rispondono alle esigenze, ai diritti e alle capacità
del minore. In particolare, vengono analizzati
più approfonditamente due elementi delle indagini:
l’ascolto e l’accertamento medico del minore.
Il rapporto è stato redatto nell’ambito di un progetto
promosso dalla Save the Children che, sulla base dell’esperienza
acquisita nei vari paesi, ha lo scopo di
definire obiettivi comuni, identificare le migliori pratiche
in tema di ruolo del minore vittima di abuso
sessuale nell’ordinamento giudiziario e quindi stimolare
l’azione di governo in un campo così delicato.
Attualmente è estremamente difficile per il minore
vittima di abuso sessuale in Europa riuscire ad ottenere
giustizia e spesso le attività di indagine in cui è
coinvolto sono fonte di un enorme stress. Il bambino
si trova all’interno di un ordinamento che è stato
concepito e organizzato solo sulla base delle esigenze
e delle capacità degli adulti. Gli standard minimi
per la verifica dell’attendibilità delle dichiarazioni e
la valutazione delle prove sono stabiliti in base alla
capacità di espressione degli adulti, e quindi la dichiarazione
di un minore non è una prova sufficiente
contro la parola di un imputato che neghi la propria
colpevolezza; inoltre è molto difficile riuscire ad
acquisire del materiale probatorio a sostegno dell’accusa.
Ne consegue che il minore si trova chiaramente
in una posizione di svantaggio. A ciò si aggiunga
che il rispetto dei diritti della difesa, unito alle peculiarità
dei casi di abuso sessuale a danno di minori –
quali la riluttanza del minore a parlare a causa di
sensi di colpa e di vergogna, il rapporto di dipendenza
dall’abusante, l’incapacità di comprendere la
valenza sessuale dell’abuso ecc. –, mette il minore in
una posizione sfavorevole rispetto all’adulto.
In tutti i paesi presi in considerazione e anche altrove,
la maggior parte dei casi di abuso sessuale in
danno a minori non arriva in giudizio soprattutto a
causa di difficoltà nell’acquisizione delle prove. Le
attività di indagine e il processo si svolgono in tempi
troppo lunghi e gran parte dei professionisti che
svolgono le indagini e valutano il reato non possiedono
la preparazione specifica che è invece necessaria
per poter raggiungere risultati soddisfacenti.
Inoltre i funzionari responsabili delle indagini spesso
presumono di avere ben poche probabilità di acquisire
le prove necessarie e perciò decidono di abbandonare
le indagini sin dalle prime fasi, provocando
così una tendenza a non denunciare questo tipo
di reati, soprattutto perché si ingenera nell’opinione
pubblica la convinzione che durante le indagini il
minore subirà un forte stress.
In alcuni paesi è stato avviato un programma di
riforma per abbreviare i tempi sia delle indagini sia
del processo. In Finlandia, Germania, Islanda, Norvegia
e Svezia i casi di abuso sessuale a danno di minori
hanno la massima priorità, mentre in Grecia,
Italia, Romania e Spagna non sembra che ci siano
molte possibilità di accelerare il procedimento giudiziario.
In base agli ordinamenti giuridici dei nove paesi presi
in esame, la vittima assume il ruolo di testimone
oppure di parte in causa. In Grecia, Romania e Spagna,
la vittima viene considerata testimone e di conseguenza
non si ritiene appropriato fornirle un proprio
rappresentante legale; inoltre, in linea di principio,
ha l’obbligo di deporre durante il processo con
il rischio di essere punita in caso di mancata comparsa.
Gli ordinamenti di Grecia, Romania e Spagna
prevedono ben poche norme speciali che esonerano
il minore dall’obbligo di presentarsi in aula. In teo-
B . ANALISI COMPA R AT I VA DELLA GESTIONE DEI CASI
DI ABUSO SESSUALE SU MINORI NELL’AMBITO
DI DIVERSI ORDINAMENTI EUROPEI
P ro f .Christian Diesen*
2 5
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
* Professore di Diritto processuale allÕUniversitˆ di Stoccolma (Svezia).
ria, persino i minori in tenera età potrebbero essere
costretti a deporre, e quindi ad incontrare il presunto
abusante durante il processo; inoltre possono essere
sottoposti a controesame, visto che il diritto della
difesa di interrogare il testimone è un interesse superiore
dell’imputato. Sebbene in questi paesi siano
state adottate alcune misure atte a limitare il possibile
danno provocato al minore, tali provvedimenti
però sono di carattere soprattutto empirico ed etico
(per esempio, si è cercato di rendere l’ambiente giudiziario
meno freddo e scioccante per il minore) e
non rispondono alla necessità di garantire la massima
tutela dei diritti del minore.
Nel caso di mancata comparsa in aula la corte può
richiedere alla pubblica accusa di rinunciare agli atti,
facendo così gravare sulla piccola vittima gran
parte della responsabilità dell’esito del procedimento.
Il minore depone durante il processo anche in altri
paesi come Germania e Italia, dove vengono applicate
delle norme speciali che regolano le modalità
in cui si svolge la deposizione, senza però violare il
diritto dell’imputato a ricevere un giusto processo.
Una soluzione di compromesso a questo problema è
offerta dall’uso di sistemi di videoregistrazione e di
tv a circuito chiuso che permettono di soddisfare
l’esigenza di assunzione diretta delle prove rispettando
il principio dell’immediatezza. In tutti i casi il
minore non dovrebbe mai essere messo nella condizione
di avere un confronto diretto con il presunto
abusante.
In Finlandia e Svezia il minore-vittima è invece considerato
parte in causa insieme alla pubblica accusa
e quindi è parte avversa all’imputato e alla difesa, indipendentemente
dal fatto che si sia costituito o meno
parte civile. Sia in Finlandia e Svezia che in Danimarca,
Islanda e Norvegia normalmente il minore è
affiancato da un rappresentante legale sin dalle prime
fasi del procedimento.
Tutti gli ordinamenti tendono a riconoscere sempre
di più l’importanza di fornire al minore un legale
rappresentante. In Germania, Italia, Romania e Spagna
il minore viene affiancato da un legale rappresentante,
in base alla normativa e alla prassi, solo se
e quando ha inizio il processo giudiziario vero e proprio.
In generale, la posizione giuridica del minore
nei casi di abuso sessuale varia a seconda del paese,
e il sostegno che riceve è soprattutto di natura sociale.
Tuttavia si ritiene che un rappresentante legale
dovrebbe tutelare gli interessi del minore sin dall’inizio
delle indagini, e questo ruolo dovrebbe essere
ricoperto da una persona in possesso di una preparazione
specifica e a conoscenza delle dinamiche psicologiche
peculiari ai minori vittima di abuso.
Infatti, esiste uno stretto legame tra la tutela giuridica
del minore e il suo benessere psicologico e sociale
ed è sbagliato ritenere che questi due concetti si
escludano a vicenda. Al contrario, il benessere del
minore dovrebbe essere visto come una condizione
essenziale affinché questi abbia tutte le opportunità
di ottenere giustizia nell’ambito di un corretto procedimento.
È quindi evidente che, per quanto concerne
i diritti del minore in Europa, è fondamentale
adoperarsi per raggiungere una maggiore armonizzazione
dei modelli nazionali, in modo da garantire
ai bambini di tutti i paesi europei il sostegno di un
rappresentante legale sin dalle prime fasi del proced
i m e n t o .
Si rileva inoltre l’esigenza di ridurre il numero di occasioni
in cui il bambino viene ascoltato, così come
il tempo trascorso tra un ascolto e l’altro e il numero
di persone coinvolte. Se il minore deve deporre durante
il processo, si dovrà ridurre al minimo, preferibilmente
a una sola occasione, il numero di volte in
cui dovrà testimoniare e la deposizione dovrà avvenire
in un ambiente e in un’atmosfera che lo possano
far sentire al sicuro. In Svezia e Norvegia la legge
prescrive che il minore deve subire il minor numero
possibile di ascolti e anche in Finlandia si sta facendo
il possibile per limitarne il numero. In Danimarca,
Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia l’acquisizione
delle prove deve essere effettuata da una sola
persona, normalmente dal funzionario di polizia che
ha più esperienza nell’ascolto del minore, oppure
dal giudice. In alcuni paesi, come la Germania, le indagini
vengono condotte dalla polizia e solo in seguito
passano al giudice, cosicché il minore deve essere
ascoltato per lo meno da due persone.
In Spagna e Romania la piccola vittima si può trovare
nella condizione di dover rendere la stessa dichiarazione
alla polizia, agli assistenti sociali, al magistrato
inquirente, al magistrato giudicante e inoltre si
deve rendere disponibile per eventuali domande aggiuntive
da parte della pubblica accusa o dell’avvocato
della difesa.
Una volta raccolta la notizia di reato l’ascolto dovrebbe
avvenire il prima possibile, essere preparato
con molta cura e condotto da personale competente.
Per rassicurare la vittima e acquisire nuove informa-
2 6
• S AV E T H E C H I L DR EN
zioni potrebbero essere necessari diversi ascolti. Inoltre,
se il minore non ha l’obbligo di deporre in aula,
la difesa, che normalmente non è presente durante il
primo ascolto effettuato dai funzionari di polizia, deve
avere l’opportunità di incontrare la vittima durante
le indagini preliminari per porre ulteriori domande.
È evidente però che non si possono ripetere delle
audizioni solo per permettere a nuovi operatori giuridici
di assistere alla dichiarazione. Per quanto possibile,
dovrebbe essere risparmiato al minore il disagio
di dover ripetere una dichiarazione già resa e per
questo sin dal primo ascolto questa dovrebbe essere
v i d e o r e g i s t r a t a .
Se il minore è costretto a ripetere il proprio racconto
a persone diverse per mesi o addirittura per anni,
molto probabilmente penserà che venga messa in
dubbio la verità della sua dichiarazione, e potrebbe
pertanto ritirarla. Questo problema è particolarmente
sentito in Spagna, Italia e Grecia dove i procedimenti
giudiziari si protraggono per tempi molto lunghi.
In Grecia, Italia e Romania non esistono delle procedure
speciali che regolano l’ascolto durante le indagini.
Il minore viene ascoltato, come qualunque
altra vittima, in una normale stanza della questura di
polizia. Negli altri paesi invece si utilizzano delle aule
speciali concepite appositamente per questo scopo
e dotate di arredamento confortevole, uno specchio
unidirezionale e un interfono collegati alla stanza
adiacente. In questo modo gli altri soggetti legittimati
possono seguire l’ascolto ed eventualmente formulare
delle domande senza esporre il bambino alla
presenza di numerose persone, favorendo così l’instaurarsi
di un rapporto di fiducia tra il minore e l’operatore
che conduce l’ascolto.
Nel complesso i rapporti nazionali denunciano uno
scarso livello di preparazione del personale che ha il
compito di valutare le dichiarazioni rese dal minore.
Sebbene i funzionari di polizia, i Pubblici ministeri
così come giudici, avvocati e altri professionisti coinvolti
abbiano un certo livello di preparazione, questo
non è comunque sufficiente per il compito che si
trovano a svolgere e sarebbe quindi necessario ricorrere
molto più frequentemente di quanto non accada
alla consulenza di esperti in psicologia e psichiatria
infantile. Tuttavia, quand’anche venga richiesta
la consulenza di esperti di vari discipline, spesso i legali
non utilizzano al meglio questi professionisti e,
d’altro canto, gli esperti non comprendono le esigenze
specifiche dettate dall’ordinamento giudiziario.
Ne consegue che tutti gli operatori dovrebbero
possedere una migliore preparazione che consenta
loro di trarre il massimo beneficio dalla consulenza
degli esperti.
Per quanto concerne gli accertamenti medici, in
molti paesi questi sono condotti da un pediatra o un
ginecologo. In Finlandia, Germania, Grecia, Italia,
Spagna e Svezia invece esiste una specializzazione in
questo campo e di solito è un medico legale ad effettuare
la visita. La specializzazione in medicina legale
infatti fornisce una conoscenza specifica di base e
un’esperienza fondamentale per riconoscere i legami
che intercorrono tra abuso e lesioni e per comprendere
le esigenze specifiche degli inquirenti in questo
genere di casi.
In generale, la visita medica avviene troppo di rado,
rispetto all’importanza che questo genere di accertamento
può ricoprire per l’acquisizione di preziose
informazioni ai fini delle indagini. In Norvegia e Romania,
per esempio, si preferisce non effettuare la
visita medica perché eccessivamente costosa. Tu t t avia
questo tipo di accertamento è opportuno anche
se le obiettività rilevate possono non essere incontrovertibili
o essere causate da altri eventi diversi
dall’abuso sessuale. È perciò auspicabile che, indipendentemente
dal fatto che la normativa imponga
o meno un consenso formale, gli inquirenti consiglino
al minore e ai suoi tutori legali questo tipo di accertamento.
Visto che in generale una visita del genere
è particolarmente sgradevole per il bambino, è
di fondamentale importanza che la visita venga effettuata
con la massima cautela, che il bambino venga
preparato mentalmente e che l’accertamento venga
effettuato da un medico che conosca anche le reazioni
psicologiche peculiari dei minori vittime di
abusi sessuali.
Nella valutazione dei risultati dell’accertamento medico,
l’elemento chiave da ricordare è che l’assenza
di lesioni o segni non implica di per sé che l’abuso
non abbia avuto luogo. Certamente le obiettività
mediche possono essere un importante contributo a
favore dell’ipotesi accusatoria, ma la loro assenza
non necessariamente la smentisce.
Il rapporto si chiude riassumendo le linee guida da
seguire durante le attività d’indagine e il procedimento
in modo da rendere più efficace la tutela dei
diritti del minore. In particolare vengono esaminate
tre aree principali in cui è possibile ottenere risultati
migliori: competenza, coordinamento e metodi. La
2 7
C HI LD A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
regola principale valida in tutti i procedimenti che
coinvolgono un minore è che alla fine del procedimento,
indipendentemente dal risultato, il minore
dovrebbe trovarsi in una situazione migliore di
quanto non fosse all’inizio.
In primo luogo, è necessario aumentare il livello di
competenza di tutti gli operatori coinvolti e a questo
scopo possono essere utili degli specifici corsi di formazione
e un buon livello di specializzazione. In secondo
luogo, casi simili dovrebbero essere trattati
con metodi simili in modo da garantire il rispetto
della tutela giuridica della vittima da un lato, e il diritto
dell’imputato a un giusto processo dall’altro. A
questo scopo l’esito di un’indagine e la valutazione
non dovrebbero dipendere solo dalle capacità del
singolo, ma si dovrebbe garantire un adeguato livello
di preparazione in tutto il paese e per il personale
coinvolto in tutte le fasi del procedimento. Infatti
per comprendere le reazioni di un minore vittima di
abuso sessuale non è sufficiente avere familiarità con
i bambini in generale, ma piuttosto è necessario possedere
una specifica conoscenza dei modelli comportamentali
dei minori vittime di abuso. Inoltre,
poiché spesso si deve richiedere la collaborazione di
esperti del comportamento al fine di acquisire importanti
informazioni per la valutazione del caso,
tutti gli operatori giuridici devono avere una sufficiente
preparazione specifica che li metta in grado di
spiegare chiaramente il tipo di informazione richiesta
a un esperto. D’altro canto gli esperti del comportamento
dovrebbero possedere un livello di specializzazione
tale da renderli capaci di capire le esigenze
degli operatori giuridici. In terzo luogo si devono
sviluppare dei protocolli d’indagine comuni, in
particolare per quanto riguarda le tecniche di ascolto
e di valutazione delle dichiarazioni.
In conclusione è auspicabile potenziare il coordinamento
tra tutti gli operatori e le autorità coinvolte, al
fine di migliorare l’efficacia delle indagini, favorire
lo sviluppo di capacità e metodi ed evitare che il minore
debba spostarsi in diversi uffici per sottoporsi a
indagini e accertamenti simili. In linea di principio,
dal punto di vista del minore, gli operatori appartenenti
a tutte le autorità e i servizi rilevanti si dovrebbero
trovare nello stesso luogo. È importante sottolineare
che in nessuno dei paesi presi in considerazione
è stato ancora sviluppato un modello coerente di
coordinamento di tutte le risorse coinvolte in questo
tipo di indagini, né a livello locale né a livello nazionale.
A questo riguardo la “Casa del Bambino” a
Reykjavik, in Islanda, potrebbe essere preso come
esempio da seguire.
II. Intro d u z i o n e
1. Difficoltà specifiche dei casi di abuso
sessuale a danno di minori
Il reato di abuso sessuale viene commesso su minori
di tutte le età, dai bambini in tenerissima età agli
a d o l e s c e n ti 1. L’abuso sessuale può assumere diverse
forme e gradi di gravità a seconda che si verifichi o
meno un contatto fisico. Può andare dall’esibizionismo
al voyeurismo, fino alla violenza carnale2. L’ a b uso
sessuale è un fenomeno presente in tutte le classi
sociali, indipendentemente dall’appartenenza a un
particolare gruppo etnico, culturale o religioso. A
volte il minore-vittima non conosce l’abusante, ma
nella maggior parte dei casi si tratta di una persona
che il minore conosce bene, spesso un parente stretto.
Alcuni abusanti sono attratti sessualmente da minori
in età prepuberale, mentre altri sfruttano i minori
sostituendoli agli adulti nei rapporti sessuali o come
strumento per esercitare il proprio potere sociale.
Alcuni bambini subiscono dei danni fisici o mentali
permanenti a causa di questo abuso, altri sembrano
superare il trauma senza portarne segni evidenti.
Molto spesso l’abuso non viene scoperto, poiché il
minore non ne parla con nessuno, mentre in altri casi
non si effettua alcuna indagine perché non viene presentata
una denuncia oppure perché si ritiene impossibile
effettuare indagini sul caso. Quand’anche si decida
di condurre delle indagini, la maggior parte di
queste vengono abbandonate per insufficienza di
prove. Le informazioni fornite dal minore spesso non
bastano a formulare un’accusa e ad arrivare a una
condanna e, dato che l’abuso raramente avviene di
2 8
• S AV E T H E C H I L DR E N
1 Dal punto di vista giuridico, per esempio secondo la Convenzione delle
Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo, tutte le persone di etˆ inferiore ai 18
anni vengono definite minori. Ogni sistema giuridico per˜ applica i propri
specifici limiti di etˆ, per esempio 16 anni, per distinguere i minori dagli
adulti nei procedimenti giuridici. Il presente studio non vuole trattare
questo problema di definizione, e quando si utilizzerˆ il termine Òminore/
minoriÓ si farˆ riferimento a persone di etˆ inferiore a 18 anni che hanno
bisogno di una tutela speciale perchŽ vittime di un presunto abuso
sessuale.
2 LÕespressione Òabuso sessualeÓ non  necessariamente un termine giuridico,
ma pu˜ corrispondere a diversi reati.
fronte a dei testimoni, non ci sono ulteriori prove a
sostegno dell’accusa. È molto difficile acquisire delle
obiettività tecniche e mediche, dato che spesso il reato
avviene all’interno dell’ambiente familiare e non
viene denunciato immediatamente. Ne consegue che
solo un numero minimo di casi di presunto abuso a
danno di minori arriva in giudizio.
Per introdurre adeguatamente il presente studio
comparativo è importante sottolineare che l’incidenza
reale di questi reati è molto alta, è estremamente
difficile portare avanti le indagini ed è ancora più arduo
dimostrarli in aula. La prima difficoltà è data
dalla natura intima e sessuale di questo tipo di reato
e dal fatto che il mondo degli adulti sembra incapace
o non disponibile a comprendere le modalità con
cui un minore cerca di raccontare la propria esperienza.
Prima di tutto la piccola vittima probabilmente
non ha né l’esperienza né i punti di riferimento
necessari per comprendere ciò che è accaduto e la
natura sessuale dell’abuso che ha subìto. In secondo
luogo, il livello di attendibilità imposto dall’ordinamento
giudiziario è stato concepito considerando
solo il mondo degli adulti e viene interpretato dagli
inquirenti in modo tale da ritenere insufficiente la
dichiarazione resa dal minore. Di conseguenza il
bambino si trova in una posizione di tale svantaggio
all’interno del procedimento che difficilmente potrà
ottenere giustizia. Dato che la legge viene stabilita e
applicata da persone adulte, il minore in realtà dipende
da altri adulti che, in qualità di suoi rappresentanti,
devono essere in grado di soddisfare completamente
le sue esigenze.
La domanda alla quale il presente studio si prefigge
di rispondere attraverso un’analisi comparativa è come
viene tutelato l’interesse superiore del minore
nell’ambito del procedimento giudiziario nei casi di
abuso sessuale.
Qual è il ruolo giudiziario del minore? Come vengono
condotte le indagini? Come viene adattato il procedimento
alle esigenze del minore? Chi lo rappresenta
in giudizio? Il minore ha l’opportunità di far
valere le proprie ragioni?
Lo scopo di questo studio è di raccogliere le esperienze
sviluppate a livello internazionale per condividere
le migliori pratiche e gli esempi da seguire e
per imparare dagli errori commessi. Alla luce di
questa esperienza sarà possibile elaborare un progetto
di riforme che, sia a livello nazionale che internazionale,
creino le condizioni grazie alle quali il minore
vittima di abuso sessuale abbia maggiori probabilità
di ottenere giustizia.
2. Presentazione dello studio
Il presente rapporto compie un’analisi comparativa
di 9 rapporti nazionali 3. Lo scopo dell’analisi è evidenziare
le differenze che esistono tra i vari paesi e i
rispettivi ordinamenti per quanto concerne la posizione
del minore all’interno del procedimento, e la
gestione pratica dei problemi comuni di acquisizione e
valutazione delle prove nei casi di abuso sessuale su min
o re. Alcuni esempi positivi di soluzioni giuridiche
introdotte in altri paesi possono essere fonte di ispirazione
per eventuali riforme e cambiamenti della prassi
nei propri paesi. Inoltre, i rimanenti casi di discriminazione
del minore nel procedimento giudiziario e
le difficoltà comuni nella tutela dei diritti del minore
potranno essere affrontati grazie alla collaborazione e
il sostegno di tutti a livello internazionale. Il rapporto
si conclude con delle osservazioni di carattere generale
sull’attuale stato della gestione dei reati di abuso
sessuale su minori e con delle proposte che, se applicate
in tutti i paesi considerati, potrebbero favorire
enormemente la tutela giuridica del minore. Per motivi
di coerenza, nel presente rapporto non si fanno
riferimenti specifici ai rapporti nazionali né alla giurisprudenza.
A parte alcune eccezioni, nel testo non sono
citate neppure le fonti in lingua inglese delle informazioni
rilevanti nel campo della psicologia, psichiatria
e medicina, che sono però presenti nella Bibliografia
(Capitolo VIII).
2 9
C HI LD A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
3 Il progetto  stato avviato con uno studio pilota, in base al quale un referente
per ogni paese ha risposto a 25 domande riguardanti il trattamento
giuridico dei casi di abuso sessuale a danno di minore nel rispettivo
paese. In base alle risposte  stato possibile delineare un quadro della situazione
e dei problemi che giudici e inquirenti affrontano in questi casi.
In questo modo  stato possibile identificare i problemi generali pi rilevanti.
In base a questa analisi il Gruppo Direttivo del Progetto (Project
Steering Group) ha individuato due aree critiche su cui concentrare la fase
successiva del progetto: lÕacquisizione della dichiarazione del minore e
lÕaccertamento medico. A questo punto in ogni paese  stato nominato un
ricercatore Ð tra cui molti avvocati con esperienza Ð a cui  stato assegnato
il compito di redigere un breve rapporto nazionale che avesse come oggetto
le suddette problematiche nonchŽ la normativa nazionale sui reati
di abuso sessuale a danno di minori. I rapporti nazionali di cui il ricercatore
era personalmente responsabile sono disponibili sul sito di Save the
Children Svezia: www.rb.se/bookshop
I rapporti si basano su interviste con avvocati, Pubblici ministeri, giudici e
altri operatori con unÕampia e approfondita esperienza dei problemi sociali
associati ai casi di abuso sessuale su minore. Le informazioni sono state
raccolte in base a specifiche linee guida definite dal Gruppo Direttivo.
I I I . Il minore all’interno
del procedimento giudiziario
1. Princìpi generali del procedimento penale
e loro rilevanza nei casi di abuso
a danno di minori
I paesi presi in esame sono Danimarca, Finlandia,
Germania, Grecia, Islanda, Italia, Norvegia, Romania,
Spagna e Svezia. In tutti questi paesi vige una
diversa normativa che regola i procedimenti penali.
In alcuni di essi i reati penali vengono giudicati da
una giuria, in altri da corti miste formate da giudici
professionisti e non. In alcuni paesi i giudici ricoprono
un ruolo fondamentale durante le indagini e, tra
le altre cose, sono responsabili degli interrogatori
dei testimoni durante l’udienza principale. In altri
paesi invece sono le parti in causa ad essere principalmente
responsabili delle indagini e degli interrogatori
dei testimoni durante il processo. In alcuni
paesi quindi i magistrati inquirenti guidano le indagini
preliminari, mentre in altri paesi è la pubblica
accusa insieme alla polizia a condurre le indagini
senza la supervisione di un giudice, ma con l’obbligo
di agire in modo imparziale. Le normative differiscono
significativamente anche riguardo al ruolo del
minore nel procedimento penale.
Tuttavia, esistono dei caratteri comuni a tutti gli ordinamenti
presi in considerazione, e cioè quei
princìpi giuridici generali validi in Europa e che, per
esempio, sono espressi dalla Convenzione d’Europa
sui Diritti dell’Uomo. Tali diritti, elencati nell’articolo
6 e che rientrano nel concetto di “giusto processo”,
riguardano soprattutto la tutela della persona
sospettata di aver commesso un reato. La privazione
della libertà deve essere presa in considerazione da
un tribunale entro un termine di tempo ragionevole;
la persona accusata di un reato è presunta innocente
sino a quando la sua colpevolezza non viene accertata
in un processo; le prove necessarie a dimostrare
tale colpevolezza devono rispondere a requisiti molto
severi (in generale si dice che la colpevolezza deve
essere dimostrata “al di là di ogni ragionevole dubbio”);
l’accusato ha diritto ad avere l’assistenza di un
difensore e ad avere accesso a tutte le prove a suo
carico ecc. I princìpi fondanti della Convenzione,
perciò, tendono a garantire un giusto processo all’acc
u s a t o. I princìpi giuridici internazionali sono solo in
minima parte orientati a garantire anche la tutela
giuridica della vittima del re a t o, e cioè il diritto del
cittadino ad essere protetto e assistito dallo Stato nel
caso in cui cada vittima di abuso o di altri reati perpetrati
da un altro cittadino. Tuttavia la “Dichiarazione
delle Nazioni Unite del 1985 sui Princìpi Fondamentali
di Giustizia per le Vittime di Crimini” stabilisce
che le vittime di reati penali “devono avere la
possibilità di ottenere giustizia e hanno diritto a un
trattamento equo”; inoltre una decisione quadro
adottata dal Consiglio dei Ministri dell’UE nel 2001
(Decisione Quadro del Consiglio del Marzo 2001
sullo Statuto delle Vittime nel Quadro dei Procedimenti
Penali), destinata a prendere più efficacemente
in considerazione la situazione delle vittime di
reati, stabilisce che “le vittime dovrebbero avere un
ruolo appropriato nell’ambito dei procedimenti penali
e dovrebbero essere trattate con il dovuto rispetto
per la dignità dell’individuo”. Riconoscere il
diritto di una vittima di un reato ad essere considerato
adeguatamente nell’ambito del procedimento
penale e ad essere trattato nel rispetto della dignità
dell’individuo è un principio fondamentale per ogni
stato di diritto. Lo stesso vale per il principio della
“parità tra le parti”, in base al quale entrambe le parti
in giudizio dovrebbero avere le stesse opportunità
di esprimere i propri punti di vista. Entrambe le parti
dovrebbero avere il diritto a un’assistenza legale
competente e la garanzia che tutte le risorse necessarie
verranno utilizzate per le indagini; infine entrambe
le parti dovrebbero avere la possibilità di presentare
delle prove e di contestarne altre. Nonostante
ciò, in realtà è la pubblica accusa a disporre delle
più ampie risorse per condurre le indagini e valutare
le prove, ma in uno stato di diritto si ritiene che questo
squilibrio venga compensato dal fatto che sull’accusa
grava l ’ o n e re della prova. Nell’ambito dei
procedimenti giudiziari è lo Stato che deve dimostrare
la colpevolezza dell’accusato e non è l’accusato
a dover provare la propria innocenza. Ne consegue
che per ottenere giustizia la vittima del reato dipende
principalmente dalla competenza della polizia
e della pubblica accusa.
Per quanto concerne la posizione giuridica dei minori
vittime di abuso sessuale, la Convenzione delle
Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia (Convention
on the Rights of the Child, CRC), che è stata ratificata
da tutti i paesi considerati in questo studio, rappresenta
il punto di riferimento teorico fondamentale
per definire le modalità in cui i procedimenti
giuridici dovrebbero essere adattati alla particolare
3 0
• S AV E T HE C H I L DR EN
condizione del minore. Il principio cardine della
Convenzione è che in tutte le attività di indagine e
nei processi decisionali il superiore interesse del minore
deve essere una considerazione preminente.
I diritti espressi nella CRC sono validi per tutti i minori,
ma gli Stati membri della Convenzione hanno
la possibilità di stabilire le proprie normative e prassi
in modo tale che i genitori del minore continuino
ad avere la responsabilità di guidarlo nell’esercizio
dei propri diritti. La Convenzione (art. 12) afferma
che il minore che sia in grado di formulare una propria
opinione ha il diritto di esprimerla liberamente
in tutti quei casi che lo coinvolgono; a tale opinione
si dovrà dare il giusto peso in base all’età e al livello
di maturità del minore. Il bambino dovrebbe quindi
avere l’opportunità di essere ascoltato in tutti quei
procedimenti giudiziari o amministrativi che lo
coinvolgono, sia direttamente, sia attraverso un rappresentante,
secondo quanto dettato dalla normativa
nazionale. La CRC non approfondisce ulteriormente
la posizione dei minori vittime di reati, e non
esiste nessuna convenzione europea al riguardo. Di
conseguenza i singoli Stati membri hanno la responsabilità
di adottare nel modo migliore i provvedimenti
necessari.
Esiste già, invece, una normativa, la C o n v e n z i o n e
Europea sull’Esercizio dei Diritti del Fanciullo
(1 9 9 6), che tratta il ruolo del minore nei procedimenti
di diritto di famiglia. Secondo questa Convenzione,
che è valida anche nelle controversie per
la custodia, il minore gode di specifici diritti processuali,
tra i quali il diritto a ricevere tutte le informazioni
rilevanti, il diritto di esprimere la propria opinione
al riguardo, il diritto di essere informato delle
possibili conseguenze nel caso le sue richieste venissero
rispettate e anche il diritto ad avere un proprio
rappresentante legale nel caso in cui esista un conflitto
di interessi tra il minore e i suoi tutori; quest’ultimo
diritto può essere esercitato solo da minori
che, in base alla normativa nazionale, vengano considerati
sufficientemente maturi. Inoltre, la Convenzione
afferma che, se il minore è abbastanza maturo,
la corte dovrebbe ascoltarlo direttamente o attraverso
altre persone, se necessario in camera e nei modi
più adatti all’età e lo sviluppo del bambino.
Per concludere, il rapporto tra giusto processo e tutela
giuridica del minore implica l’individuazione di
un equilibrio adeguato tra efficienza e rispetto dell’integrità
dell’individuo. Infatti se da una parte, nel
rispetto del diritto della difesa, lo Stato non deve
violare i diritti dell’imputato, dall’altra parte, in base
al principio della tutela giuridica, lo Stato ha il
dovere di proteggere la vittima e perseguire chi ha
compiuto il reato. Ne consegue che tutte le parti
coinvolte in un procedimento penale dovrebbero
essere trattate nel pieno rispetto della dignità individuale.
Nel caso in cui la vittima di un reato sia un
minore, l’applicazione dei suddetti princìpi è spesso
problematica, poiché sono gli adulti che lo rappresentano
e devono interpretare e valutare di volta in
volta i suoi interessi. Spesso è difficile decidere di
sottoporre il minore ad attività di indagine, ascolti e
accertamenti che possono traumatizzarlo ulteriormente
e che rendono poi necessaria una terapia di
recupero. In altre parole: è giusto permettere che il
minore sia sottoposto ad accertamenti e interrogatori
oppure tutto ciò potrebbe danneggiarlo oltrem
o d o ?
Se, allo scopo di tutelare il minore, si cerca di limitarne
il coinvolgimento nelle indagini (per esempio
non richiedendo la sua presenza in aula), si rischia
di non arrivare alla condanna di un sospettato che
neghi qualunque responsabilità. Infatti, adottando
questo tipo di norme o decisioni allo scopo di proteggere
il minore, si rischia di negargli quel diritto
ad ottenere giustizia che pretenderebbe se invece
fosse un adulto. Inoltre, se la speciale posizione di
un minore nell’ambito del procedimento viene protetta
in modo eccessivo, si rischia di violare il diritto
dell’imputato a ricevere un giusto processo.
D’altra parte, se il minore viene invece trattato alla
stregua di un adulto e viene, per esempio, controinterrogato
dalla difesa, si corre il rischio di sottoporlo
ancora una volta a una violenza perpetrata dal
mondo degli adulti. Infatti, se non si tiene conto
della sua particolare situazione, il minore-vittima si
trova in una posizione di svantaggio nella quale non
ha la possibilità di ricevere degli aiuti specifici per
la sua situazione. È perciò fondamentale valutare
con molta attentenzione il ruolo dei minori vittima
di abuso sessuale nell’ambito del procedimento giud
i z i a r i o .
Dato che non è ragionevole trattare un minore come
se fosse adulto in un contesto in cui le sue capacità
non sono sufficienti per reagire adeguatamente alla
s i t u a z i o n e , il minore per far valere i propri diritti
deve quindi godere di un trattamento particolare
nell’ambito del procedimento penale.
3 1
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
2. Il ruolo del minore all’interno
del procedimento giudiziario
Gli ordinamenti giuridici dei paesi oggetto dello studio
differiscono profondamente rispetto al ruolo della
vittima del reato all’interno del procedimento.
Nella maggior parte dei paesi, così come nell’ordinamento
anglosassone, la vittima del reato viene considerata
un testimone, può essere quindi interrogata
sotto giuramento ed è passibile del reato di falsa testimonianza.
Inoltre, la legge non prevede che il testimone
abbia diritto a un proprio rappresentante legale.
In alcuni paesi, come la Svezia e la Finlandia, la
vittima è invece considerata come una parte in causa
accanto all’accusa. In questo caso, indipendentemente
dal fatto che si sia costituita parte civile, è vista come
una parte avversa all’imputato e alla difesa, quindi
non deve deporre sotto giuramento ed è affiancata
da un proprio rappresentante legale4. In Svezia e
Finlandia esiste una spiegazione storica per il fatto
che la vittima venga considerata una parte in causa.
Fino alla metà dell’800 i reati contro la persona dovevano
essere promossi e perseguiti dalla parte. Anche
se oggi praticamente tutti i reati sono perseguiti tramite
la pubblica accusa, esiste ancora il diritto della
vittima a sostenere o sostituire la pubblica accusa in
linea con il principio della “parità delle parti”. Anche
nei paesi dove ha il ruolo di testimone si tende ormai
a riconoscere la necessità di garantire alla vittima l’assistenza
di un legale rappresentante. A volte ciò accade
automaticamente qualora la vittima si costituisca
parte civile e sia quindi rappresentata dal suo avvocato
di fiducia. In tutti i paesi considerati, anche se la
vittima non si costituisce parte civile, ma esistono comunque
dei motivi per i quali è opportuno il sostegno
di un legale rappresentante in materia di responsabilità
penale, è possibile fornire alla vittima un’“assistenza
speciale” per tutta la durata del procedimento,
soprattutto nei casi di abuso sessuale in danno a
minori, sebbene anche in questo caso esistano delle
differenze tra i diversi sistemi presi in esame.
Il ruolo del minore-vittima nell’ambito del procedimento
penale si rivela piuttosto problematico. In
teoria, se la vittima ha il ruolo di t e s t i m o n e, deve deporre
in aula con il rischio di essere punita in caso di
mancata comparsa e per il reato di falsa testimonianza
qualora abbia raggiunto l’età prevista dalla legge
per essere considerata penalmente responsabile. È
necessario quindi capire se la legge prevede che il
minore possa essere costretto a deporre o se invece
l’ordinamento prevede delle norme speciali al riguardo.
In base ai rapporti nazionali, in Spagna,
Grecia e Romania non esistono norme particolari in
questo senso, perciò, in linea di principio, anche i
minori in tenera età potrebbero essere interrogati
come testimoni durante il processo. Non è compito
di questo studio analizzare le possibili implicazioni
del rifiuto di deporre in aula da parte del minore o
dei tutori legali, tuttavia, secondo il parere di alcuni
esperti di diritti umani, costringere un minore vittima
di un reato a deporre è contrario ai fondamentali
princìpi giuridici europei. Dai rapporti nazionali
emerge inoltre che, nella prassi, qualora il minore si
rifiuti di testimoniare, si può richiedere alla pubblica
accusa l’archiviazione del caso. Ne consegue che
questi ordinamenti impongono al minore un’eccessiva
responsabilità sull’esito del procedimento. Infatti
non è ragionevole che un caso di presunto abuso
sessuale venga archiviato solo sulla base del fatto che
il minore non può o non desidera deporre in aula. Il
minore vittima deve deporre in aula indipendentemente
dall’età, anche in altri paesi come Germania e
Italia. Tuttavia in questi paesi gli ordinamenti prevedono
delle norme speciali che regolano la deposizione
del minore durante il processo, dimostrando
quindi che è possibile applicare delle prassi diverse
per ottenere la dichiarazione del minore senza per
questo negare all’imputato un giusto processo.
Nel caso in cui la vittima sia invece considerata una
parte in causa, il problema è decidere chi debba
rappresentarla durante il processo, visto che il minore
non è in possesso della capacità processuale. La
cosa più naturale sarebbe far assumere questo ruolo
ai tutori del minore, di solito entrambi o uno solo
dei genitori (normalmente la famiglia assume un avvocato
come rappresentante di parte). Tuttavia, nei
casi di abuso sessuale, sono frequenti i conflitti di interesse
tra il minore e i tutori, specialmente se il sospettato
è un familiare. In questo caso gli ordinamenti
di Svezia e Finlandia permettono al minore di
3 2
• S AV E T H E C H I L DR E N
4 LÕordinamento tedesco accoglie il principio del processo inquisitorio, in
base al quale nŽ lÕaccusa nŽ la difesa sono considerate parti in causa (in
senso stretto), ma semplicemente partecipano al processo. Perci˜ la vittima
di un reato pu˜ non essere parte in causa, ma portare avanti lÕaccusa
con un proprio avvocato, oltre alla pubblica accusa, con alcuni diritti durante
il processo. La vittima di un reato grave a sfondo sessuale pu˜ assumere
un avvocato quale legale rappresentante e, se la vittima  minore
di 16 anni, il rappresentante legale sarˆ garantito anche nei casi di reati
meno gravi.
essere rappresentato da uno speciale rappresentante
legale (avvocato della parte lesa)5. Nell’eventualità
di un processo, l’avvocato che rappresenta il minore
affiancherà la pubblica accusa sostenendo gli interessi
del minore e il risarcimento del danno. Anche
in Norvegia, Islanda, Germania, Italia e Spagna
l’“avvocato di fiducia” durante il processo assume il
ruolo di co-attore.
In conclusione, se si considera il ruolo processuale
del minore nei paesi presi in esame, si possono individuare
due diverse impostazioni. In base alla prima,
la vittima è vista come un testimone con la conseguenza
che il minore non ha un suo ruolo specifico
nel procedimento penale, ma è piuttosto una fonte
di informazioni al pari delle altre. Di conseguenza
dovrebbe essere considerato, per quanto possibile,
come un adulto, con tutti i diritti e gli obblighi che
ne conseguono, anche se il minore deve comunque
godere di una qualche forma di protezione.
In base alla seconda impostazione, la vittima è considerata
una parte in causa che, sia attraverso la pubblica
accusa sia con il proprio avvocato, promuove
l’azione. Di conseguenza la vittima e il danno subìto
avranno un ruolo di maggior rilievo nell’ambito del
processo. Dal punto di vista del minore ciò significa
che questi avrà un proprio ruolo specifico, anche se
tale ruolo verrà esercitato attraverso un rappresentante.
Di conseguenza altri adulti, oltre che i tutori
legali, avranno la responsabilità di determinare quale
sia il superiore interesse della piccola vittima nel caso
di un sospetto abuso sessuale.
3. Il rappresentante legale del minore
a l l ’ i n t e rno del procedimento giudiziario
Tutti gli ordinamenti giudiziari dei paesi considerati
riconoscono che il minore ha delle speciali esigenze
nell’ambito del procedimento, soprattutto nei casi
di presunto abuso sessuale. La piccola vittima deve
essere protetta da ulteriori violenze o stress, anche se
allo stesso tempo si deve rispettare il diritto della difesa
a contestare l’ipotesi accusatoria. Gli ordinamenti
si differenziano invece sulle modalità con cui
si applica questa speciale protezione. Le differenze
sono ovviamente dovute prima di tutto al diverso
ruolo assegnato al minore: l’approccio alla speciale
protezione del minore cambia a seconda che la vittima
sia considerata parte in causa o testimone. Nel
primo caso, la protezione si traduce principalmente
in un sostegno di natura legale; mentre, se il minore
è considerato un testimone, il sostegno si traduce
principalmente in una protezione contro gli effetti
psicologici negativi del procedimento.
Per poter definire i metodi migliori per tutelare il
minore è fondamentale conoscere se e fino a che
punto il procedimento può danneggiarlo. Gli ordinamenti
di Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia
e Svezia riconoscono che effettivamente esiste questo
pericolo e per questo prevedono una serie di
norme e prassi, quali la celerità nel concludere le indagini
di polizia, il minimo numero di ascolti possibile,
il coinvolgimento dei servizi sociali durante le
indagini, il divieto di deporre in aula per i minori di
12 anni. Il diritto anglosassone, che non è oggetto
del presente studio, prevede che il diritto della difesa
di esaminare il minore sia un interesse prevalente,
perciò anche bambini in tenera età possono essere
controesaminati, nonostante esista un effettivo rischio
di traumatizzarli. Lo stesso tipo di posizione si
riscontra anche in alcuni degli ordinamenti presi in
esame (Grecia, Romania, Spagna), sebbene in questi
paesi, così come in Inghilterra e negli Stati Uniti, si
prevedano una serie di misure atte a limitare i potenziali
effetti negativi del contro-interrogatorio.
Spesso si tratta però di misure di natura pratica, etica
e a volte puramente estetica: i minori possono familiarizzare
in anticipo con l’ambiente del tribunale,
esprimere la loro opinione riguardo alla possibilità
che il giudice indossi o meno la parrucca, non devono
sottostare a un confronto diretto con l’imputato
ecc. Tutte queste misure hanno lo scopo di evitare
che il minore sia intimorito e spaventato dall’ambiente
giudiziario, ma non ne garantiscono la tutela
da un punto di vista strettamente legale. Non esistono
degli evidenti dati scientifici che dimostrano che
il minore subisce un danno per il fatto di essere trattato
come un adulto in aula 6. Tuttavia, se si considerano
i numerosi casi in cui un bambino è “crollato”
dopo essere stato controesaminato, si può affermare
che esiste un reale rischio di traumatizzare il minore.
3 3
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
5 In Svezia questa figura (Òrappresentante speciale del minoreÓ) pu˜ giˆ
essere nominata durante le indagini preliminari senza doverne informare
il tutore legale del minore.
6 Tuttavia esistono studi scientifici che dimostrano come, prima di unÕudienza,
il minore tema maggiormente di incontrare lÕimputato in aula, Richard
May Criminal Evidence (1999).
Dato che ogni bambino è diverso dagli altri, risulta
particolarmente arduo sapere fino a che punto sia
possibile scongiurare questo rischio attraverso misure
pratiche da applicare in aula o attraverso un comportamento
dell’avvocato difensore che vada incontro
alle esigenze del minore. Ciò che per un bambino
di una data età può sembrare traumatizzante e
pericoloso può invece sembrare perfettamente accettabile
per un altro. In effetti, la vera causa del disagio
del minore si potrebbe trovare nella natura
stessa del controesame, e cioè il tentativo da parte
della difesa di contestare la credibilità stessa della
dichiarazione resa dalla piccola-vittima. Negli ordinamenti
di Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia
e Svezia, il fatto che il bambino sia “costretto” a descrivere
personalmente la violenza subita è considerato
di per sé una possibile fonte di ulteriore trauma.
I paesi europei hanno sviluppato dei sistemi di tutela
del minore nell’ambito del procedimento che si possono
suddividere in due filoni principali, a seconda
del ruolo che questi ricopre nel procedimento e di
ciò che si ritiene possa rappresentare un rischio di
ulteriore trauma. Un primo filone, adottato principalmente
nei casi in cui il minore è equiparato a un
testimone adulto, prevede un sostegno di tipo psicosociale
durante il procedimento penale. Il secondo
filone invece, applicato nei casi in cui il minore è
considerato parte in causa e anche in alcuni paesi in
cui ha il ruolo di testimone, prevede la tutela dei diritti
del minore tramite un rappresentante legale c h e
affianca la pubblica accusa.
La presenza di un curatore speciale (support person)
è prevista, tra gli altri, anche dagli ordinamenti anglosassoni
e da quello greco, mentre in Svezia e Finlandia
il curatore può essere nominato anche nel caso
in cui il minore abbia già un proprio avvocato. In
Grecia spesso questo ruolo è assegnato a un assistente
sociale che non può partecipare agli ascolti
durante le indagini preliminari e che deve redigere
un rapporto per il tribunale nel quale si delinei la
storia del minore e la sua situazione familiare.
Gli ordinamenti spagnolo e rumeno, al contrario,
non prevedono l’assistenza di un curatore speciale,
ma solo quella dell’avvocato di fiducia dei genitori.
Tuttavia, nel caso di sospetto abuso intrafamiliare, il
minore viene preso in cura dall’assistenza sociale e
in questo caso viene nominato un curatore speciale.
La presenza di un avvocato quale “curatore speciale”
è prevista con modalità diverse anche dagli ordinamenti
di Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia,
Germania e Italia. Tra i vari ordinamenti quello svedese
prevede il più ampio supporto legale, con la
nomina, al termine delle indagini preliminari, di un
avvocato d’ufficio che non solo rappresenta i diritti
del minore, ma ne assume anche la tutela legale in
tutti quei casi in cui l’imputato è un familiare. Sarà il
rappresentante legale a decidere se, quando e secondo
quali modalità avverranno gli ascolti e gli accertamenti
medici. Se esiste il pericolo che la presenza
dei genitori possa in qualunque modo danneggiare il
minore, gli incontri e quindi anche gli ascolti e le visite
mediche, potranno avvenire senza informarne in
anticipo i genitori. Se le indagini portano alla formulazione
di un’accusa, il rappresentante del minore
continuerà a seguirlo durante il processo.
In Germania, Islanda, Norvegia e Svezia un’autorità
preposta nomina sempre un curatore speciale già nelle
prime fasi delle indagini preliminari, e cioè anche
nei casi in cui il sospettato non sia legato alla famiglia;
mentre in Italia, Romania e Spagna la nomina avviene
solo con la fase processuale. I curatori speciali hanno
compiti che variano da ordinamento a ordinamento.
In Danimarca, Islanda e Norvegia il curatore non
può entrare nel merito della responsabilità penale,
ma si deve limitare agli aspetti civili e a quelli processuali,
quali per esempio i requisiti necessari per gli argomenti
da discutere in camera. Al contrario, in Svezia
e Finlandia il curatore può collaborare con la
pubblica accusa a tutti gli aspetti rilevanti per la causa
penale.
In conclusione, gli ordinamenti presi in esame rivelano
una grande disparità normativa per quanto concerne
il sostegno sia legale sia terapeutico fornito al
minore vittima di abuso sessuale. In Danimarca, Finlandia,
Islanda, Norvegia e Svezia un curatore speciale
viene nominato durante una fase precedente7
rispetto a Italia, Romania e Spagna dove il curatore
viene assegnato solo se e quando ha inizio il vero e
proprio processo giudiziario. In Grecia la posizione
giuridica dei minori vittima di abuso sessuale è molto
debole visto che l’assistenza garantita al minore è
principalmente di natura sociosanitaria. Dal punto di
vista dei diritti del minore in Europa è quindi necessario
armonizzare ulteriormente gli ordinamenti in
3 4
• S AV E T H E C H I L DR E N
7 In Germania  possibile, ma non obbligatorio, nominare un avvocato
che assista il minore durante gli ascolti condotti dalla pubblica accusa o
dal magistrato inquirente.
modo da garantire che le vittime possano ricevere in
tutti i paesi il sostegno di un proprio rappresentante
legale sin dalle prime fasi del procedimento8.
4. L’audizione del minore
Ci sono opinioni discordanti riguardo alla possibile
partecipazione del minore all’udienza principale. In
alcuni paesi si ritiene opportuno che il minore sia
presente in tribunale, in altri invece è sufficiente la
videoregistrazione di un’audizione avvenuta in prec
e d e n z a .
Negli USA il minore vittima di abuso deve testimoniare
in aula. Infatti, in base al Sesto Emendamento
della Costituzione degli Stati Uniti d’America, l’imputato
ha il diritto incondizionato di richiedere un
confronto in aula con i testimoni chiave e, tramite
l’avvocato della difesa, controesaminare i testimoni
allo scopo di contestarne la credibilità. Sebbene tale
diritto sia valido anche nel caso in cui il testimone/
vittima sia un minore, una decisione della Corte Suprema
degli Stati Uniti del 1992 prevede che il diritto
al confronto possa essere subordinato alla considerazione
del trauma che il minore potrebbe subire
nell’incontrare il presunto abusante. Può accadere
raramente che, su decisione del giudice, il minore
possa testimoniare attraverso un sistema tv a circuito
chiuso. Tuttavia nella maggior parte dei casi i minori
vittima di abuso, indipendentemente dalla loro età,
testimoniano direttamente in aula. In seguito all’applicazione
di questa prassi sono stati sviluppati i cosiddetti
programmi di responsabilizzazione, in base
ai quali il bambino viene preparato mentalmente e
praticamente alla testimonianza in aula. L’ i m p o s t azione
inglese è simile a quella statunitense, e, almeno
in linea di principio, prevede che il minore debba testimoniare
direttamente in aula, anche se, in seguito
a una norma introdotta nel 1988, è permesso utilizzare
un sistema televisivo per far comunicare il bambino,
che si trova in una stanza adiacente, con la
persona che di volta in volta pone le domande (il
giudice, l’avvocato dell’accusa o della difesa); a sua
volta il minore può essere visto tramite uno schermo
che si trova in aula. In questo modo nell’ambito del
diritto anglosassone, la tecnologia moderna ha permesso
di emendare la richiesta di confronto diretto
senza però violare il principio in base al quale un minore
dovrebbe partecipare al processo.
Anche gli ordinamenti di Spagna, Italia, Grecia e
Romania accolgono il principio in base al quale u n
m i n o re, indipendentemente dalla sua età, dovre b b e
p a r t e c i p a re al processo, e quindi, in base alle regole
processuali, deve essere equiparato al rango di testimone
adulto. In Italia i minori di 18 anni vengono di
solito ascoltati tramite audizione “protetta”, con l’utilizzo
di specchi unidirezionali o un impianto cit
o f o n i co9. In Spagna, sebbene diversi tribunali siano
dotati di sistemi a circuito chiuso, video e specchi
unidirezionali, raramente questi vengono utilizzati.
In Grecia e in Romania, invece, si riscontra una totale
carenza di tecnologie per l’audizione protetta. In
Germania sono state introdotte una serie di eccezioni
al principio che prevede l’obbligo della presenza
del minore in aula, cosicché il giudice può raccogliere
le informazioni tramite un’audizione protetta che
viene registrata e riprodotta durante l’udienza.
L’ascolto effettuato dal giudice al di fuori dell’udienza
sembra essere la soluzione adottata più spesso anche
in Norvegia e Islanda, per lo meno nei casi di
minori in tenera età, ed è anche una misura di protezione
del testimone adottabile in Germania, in base
alla legge sulla Protezione del Testimone approvata
nel 1998 e applicabile nei casi di vittime di abusi sessuali
minori di 16 anni. Questa forma di protezione
però viene applicata di rado, e oltre all’audizione registrata
spesso si richiede la disponibilità del minore
per eventuali domande supplementari. La Norvegia
vanta una lunga tradizione nell’audizione effettuata
da un giudice, risalente a un provvedimento introdotto
nel 1926 riguardo all’acquisizione di prove nei
casi di malati di mente o minori di 14 anni. La procedura,
che viene quindi applicata non soltanto nei
casi di abuso sessuale ma anche per altri reati, prevede
che l’audizione venga videoregistrata per essere
poi riprodotta in aula e che il giudice sia affiancato
da un consulente, come per esempio uno psicologo.
Nel 1999 l’Islanda ha introdotto il sistema norvegese
con alcune modifiche, quali l’applicazione di questo
3 5
C HI LD A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
8 LÕUnione Europea si  espressa in questo senso nella Decisione Quadro
del Consiglio del marzo 2001 sullo Statuto delle Vittime nel Quadro dei
Procedimenti Penali, che tuttavia si rivolge principalmente a quegli ordinamenti
in cui la vittima  una parte in causa e non un testimone.
9 In Italia, la registrazione della dichiarazione si effettua anche in fase
pre-processuale in forma protetta. In questo caso il giudice decide le modalit
ˆ dÕascolto sia dal punto di vista della tecnologia da utilizzare che
delle domande da porre.
metodo per i minori di 18 anni e il diritto dell’avvocato
difensore ad essere presente durante l’audizione,
mentre in Norvegia è sufficiente che la difesa comunichi
al giudice le proprie domande.
In Svezia, Danimarca e Finlandia è possibile acquisire
le prove al di fuori dell’udienza, per esempio durante
l’ascolto del minore, anche se nella prassi ciò
accade solo a volte in Danimarca e molto raramente
in Svezia e Finlandia. Infatti si tratta di un istituto
creato per assicurare l’acquisizione delle prove in
tutti quei casi in cui sussista un reale rischio di perderle
prima del processo (preservazione delle prove)
e in generale non viene utilizzato poiché si preferiscono
altri metodi. Nel caso di Svezia, Danimarca e
Finlandia la dichiarazione del minore fa parte delle
indagini preliminari e l’ascolto effettuato dalla polizia
e videoregistrato viene riprodotto durante il processo e
può essere ammesso come prova. Tuttavia il fatto
che in questi paesi non esista un limite minimo d’età
per testimoniare in aula implica che la prassi varia di
volta in volta. Normalmente i bambini di età superiore
ai 12 anni depongono in aula, mentre i minori
in tenera età rilasciano una dichiarazione videoregistrata.
Tuttavia per i minori di età compresa tra gli 8
e i 12 anni esiste una forma ibrida che prevede, oltre
alla dichiarazione registrata, anche la presenza del
minore in tribunale per eventuali domande supplementari.
In questi casi si applicano diverse soluzioni
tecniche per evitare l’incontro diretto tra la vittima e
il presunto abusante.
Oltre il superiore interesse del minore, si devono
considerare altri due princìpi quali criteri di valutazione
dei vari ordinamenti. Il primo è il principio del
contraddittorio che riconosce alla difesa il diritto di
contestare l’accusa tramite l’esame, il confronto e
l’interrogatorio del testimone. Per soddisfare tale
principio, che è parte integrante del concetto di
“giusto processo”, la difesa deve avere l’occasione di
porre delle domande al minore. Esistono diverse posizioni
riguardo ai requisiti necessari per soddisfare
questo principio; in Svezia e Norvegia è sufficiente
che la difesa abbia la possibilità di comunicare le
proprie domande al funzionario di polizia o al giudice
che ascolterà il minore. Inoltre, affinché le informazioni
raccolte siano considerate valide, la difesa
deve avere l’opportunità, durante il procedimento,
di comunicare ulteriori domande. Se ciò non avviene,
sarà necessario sopperire a questa mancanza durante
l’udienza, oppure la dichiarazione del minore
dovrà essere soggetta a una valutazione particolarmente
scrupolosa e quindi sarà necessario sostenere
l’ipotesi accusatoria con altre prove particolarmente
s i g n i f i c a t i ve1 0. Negli ordinamenti di Stati Uniti, Inghilterra,
Spagna, Grecia, Italia e Romania si riscontra
un’applicazione molto restrittiva dell’esenzione
dal contraddittorio e il diritto della difesa a controinterrogare
non viene limitato in alcun modo. Per
proteggere il minore è quindi necessario sviluppare
delle soluzioni sul piano tecnico, sociale ed etico che
scongiurino il rischio di traumatizzarlo durante l’escussione.
La soluzione più adottata è quella di evitare
il contatto diretto tra la vittima e l’imputato e
permettere all’avvocato della difesa di condurre il
contraddittorio in assenza dell’indagato. Sfortunatamente
i rapporti nazionali evidenziano diversi casi in
cui il “diritto al contraddittorio” prevale sull’interesse
superiore del minore, il quale subisce enormi
pressioni durante il processo. In Grecia, Romania,
con l’eccezione dei minori di 7 anni, e in Spagna
spesso i bambini vittime di abuso incontrano i sospetti
abusanti in aula.
D’altro canto è anche nell’interesse superiore del minore
che il principio del contraddittorio e in generale
i diritti della difesa non vengano lesi. Infatti, se la difesa
non avesse l’opportunità di contestare le informazioni
fornite dalla vittima ponendo direttamente o
indirettamente le proprie domande, la dichiarazione
del minore avrebbe un valore minore. Nel rispetto
dei provvedimenti della Corte di Giustizia Europea
riguardanti il diritto a un giusto processo, ma anche
per assicurarsi che la dichiarazione del minore possa
avere il massimo valore probatorio, gli ordinamenti
europei devono quindi garantire che la difesa, nell’ambito
del procedimento, abbia l’opportunità di
porre delle domande alla vittima. Tuttavia questa esigenza,
seppur riconosciuta da tutti i paesi presi in
esame, non implica di per sé che il minore sia costretto
a deporre in aula, visto che esistono altri metodi
per soddisfare questo diritto della difesa.
L’altro principio in base al quale non si possono presentare
eccezioni nei casi che coinvolgono dei minori
è il principio di immediatezza delle prove, secondo
il quale il giudice dovrebbe riscontrare diretta-
3 6
• S AV E TH E C H I L DR EN
10 Queste indicazioni sulla valutazione delle prove sono espresse in una
decisione della Commissione Europea in materia di Diritti Umani (Lindqvist
vs. Svezia) che  stata adottata dalla Corte Suprema svedese e norveg
e s e .
mente tutte le prove del caso in prima persona. Le
prove materiali vanno esibite, le persone coinvolte
devono presentarsi e testimoniare in aula ecc. In base
a questo principio una prova presentata attraverso
una comunicazione alla corte avrà a priori un valore
probatorio inferiore rispetto a una prova presentata
direttamente durante l’udienza; di conseguenza
la dichiarazione videoregistrata di un testimone
avrà certamente minor valore rispetto ad una
testimonianza resa direttamente in aula. Così anche
la dichiarazione resa dal minore, se videoregistrata,
avrà valore inferiore rispetto alla stessa dichiarazione
resa in aula. Alla base di questa posizione non si trova
soltanto un principio, ma anche la convinzione
che una registrazione non soddisfi gli standard processuali
tanto quanto una deposizione in aula. Infatti
non si conoscono le circostanze nelle quali è avvenuta,
cosa è stato detto prima e dopo la registrazione;
inoltre si ritiene che le registrazioni possano essere
montate e manipolate e che solitamente non mostrino
l’interazione tra il testimone e il suo interlocutore,
ma si concentrino quasi esclusivamente sul primo.
Infine si pensa che il ricorso a tali tecniche non
garantisca una sufficiente chiarezza della deposizione
e che non offra la possibilità di porre domande
aggiuntive. È possibile sopperire almeno in parte a
queste carenze, come accade in Norvegia e Islanda,
permettendo al giudice che presiederà l’udienza di
condurre lui stesso l’ascolto videoregistrato. Tu t t avia,
considerando che tutte le parti, incluse l’accusa
e la difesa, dovrebbero avere accesso a tutte le prove,
e quindi anche alla deposizione del minore, è evidente
che questi rimedi non sono sufficienti. Per le
suddette ragioni, da un punto di vista probatorio e in
linea di principio, è preferibile che il minore sia presente
in aula. Infatti, se si decide di non interrogarlo
in aula, la dichiarazione dovrà essere sottoposta a
una valutazione estremamente scrupolosa ed è perciò
nel suo interesse che il minore deponga durante
il processo.
La decisione di non far testimoniare il minore in aula
è spesso motivata dal desiderio di proteggerlo e di
considerare le sue esigenze. Se il processo implica
un eccessivo stress e la possibilità di ulteriore trauma
durante la deposizione, si può optare per un’altra
soluzione che riduca tali rischi. Una soluzione di
compromesso potrebbe prevedere, per esempio, l’uso
della videoregistrazione e di sistemi tv a circuito
chiuso che permetterebbero di coniugare l’esigenza
di assunzione diretta delle prove con il rispetto del
principio dell’immediatezza. In un’epoca in cui la
tecnologia offre delle soluzioni accettabili dal punto
di vista dei diritti della difesa, negare l’ammissibilità
di un tale compromesso per mantenere il vecchio
principio della presenza in aula, a scapito della tutela
del minore, significa assumere un atteggiamento
eccessivamente rigido e conservatore.
Inoltre, introducendo l’uso della videoregistrazione
si otterrebbero ulteriori vantaggi quali l’adeguamento
dell’esame alle capacità del minore e alle circostanze
del caso. Infatti non è ragionevole pretendere
che un bambino possa affrontare un confronto in
aula con l’imputato ed essere poi controinterrogato
dall’avvocato della difesa come se fosse un adulto. Si
dimostrerebbe certamente più sensibilità se si videoregistrasse
un’audizione in cui vengano poste anche
le domande della difesa. Un altro vantaggio offerto
dalla videoregistrazione è che questa avverrebbe in
un momento certamente più vicino al presunto abuso
di quanto non possa accadere durante la deposizione
in aula, e il ricordo dell’evento sarebbe più vivo,
diretto e meno elaborato. Infine, registrando una
volta per tutte la dichiarazione, il minore non dovrà
ripetere il suo racconto e potrà evitare il disagio di
parlarne di fronte ad un pubblico di estranei. L’ a mbiente
del tribunale infatti può inibire le capacità di
espressione del bambino, spingendolo a subire un
particolare stress e a chiudersi in se stesso, soprattutto
se a porre le domande sono degli estranei che durante
il processo non possono certamente stabilire
un rapporto di fiducia simile a quello instauratosi
con il referente che conduce le audizioni.
Esistono molte soluzioni possibili e di compromesso
tra la scelta di trattare il minore come un adulto e
obbligarlo a testimoniare e la scelta di trattarlo invece
come un bambino ed evitare che deponga del tutto.
La soluzione migliore probabilmente è la videoregistrazione
della dichiarazione seguita dalla disponibilità
del minore a rispondere ad ulteriori domande,
possibilmente poste dalla stessa persona con cui
ha parlato durante le indagini. Inoltre, per garantire
un certo grado di continuità e rafforzare i diritti della
difesa, lo stesso giudice che presiederà il processo
potrebbe essere anche presente alle audizioni che si
tengono durante le indagini.
Si dovrebbe dare più spazio a singole soluzioni che
tengano conto, di volta in volta, dell’età, dello sviluppo
e della maturità del minore, aggiungendo così
3 7
C HI L D A B U S E A N D A D U LT J U S T I C E •
maggiore flessibilità a una prassi che spesso, nei paesi
presi in esame, sembra essere applicata in modo
eccessivamente rigido quando invece sarebbe necessario
dedicare maggiore attenzione alla situazione
del singolo bambino e alle specifiche circostanze di
ogni caso. In alcuni paesi si riscontra la necessità di
dare al minore la possibilità (o maggiori possibilità)
di evitare la deposizione in aula, mentre in altri paesi
sarebbe necessario poter interrogare il minore con
più facilità. Così per esempio, da un lato, dovrebbe
essere possibile interrogare un/una diciassettenne
vittima di una grave violenza carnale attraverso un
collegamento video per evitare l’ulteriore trauma
della deposizione in aula. D’altro canto un minore di
8 anni vittima di una violenza meno grave perpetrata
da una persona non vicina alla sua famiglia potrebbe
essere interrogato in aula, anche nel caso in cui la
sua dichiarazione sia stata già videoregistrata. Infine,
tutti gli ordinamenti dovrebbero introdurre procedimenti
di audizione protetta per tutti i minori di
18 anni, siano essi testimoni o vittime1 1.
I V. Le attività di indagine nei casi
di abuso sessuale a danno di minori
1. Osservazioni generali sulle difficoltà
nelle indagini
Il minore ha il diritto di far valere, direttamente o
indirettamente, le proprie ragioni in un processo. Il
fatto che un bambino non abbia l’esperienza, i punti
di riferimento e il linguaggio di cui dispone un
adulto non dovrebbe rappresentare un ostacolo insormontabile
al fine di ottenere giustizia. Al contrario,
indipendentemente dal ruolo giudiziario che il
minore riveste all’interno del processo, l’esito del
procedimento dipende non tanto da ciò che accade
durante l’udienza quanto dal modo in cui sono state
acquisite le prove durante le indagini preliminari.
Dato che spesso, in mancanza di altre prove evidenti,
tutto il caso si regge sulla dichiarazione del minore,
è cruciale offrire alla piccola vittima la possibilità
di potersi esprimere al meglio. Ecco perché il presente
rapporto studia principalmente le forme e i
metodi di ascolto del minore praticati nei vari
p a e s i.
L’accertamento medico rappresenta un’importante
fonte di prove a sostegno dall’accusa. È quindi importante,
nell’ambito della presente analisi comparativa,
studiare il ruolo che l’accertamento medico ricopre
all’interno dei diversi ordinamenti e soprattutto
stabilire se l’assenza di evidenti segni di violenza
venga utilizzata per dimostrare che l’abuso n o n si è
verificato.
Inoltre è necessario esaminare gli altri problemi
emersi a livello nazionale nell’ambito di questo tipo
di indagine, come per esempio la lentezza sia delle
indagini sia del processo che sembra essere un fenomeno
comune a tutti gli ordinamenti presi in esame.
Un’altra grave difficoltà è rappresentata dalla scarsa
preparazione del personale che ha il compito di condurre
le indagini e valutare il caso di presunto abuso;
infine, la bassa incidenza di casi portati in giudizio.
A causa degli enormi problemi nell’acquisizione delle
prove (dichiarazione del minore insufficiente contro
la parola dell’indagato, assenza di obiettività mediche
e di altre prove a carico), nella maggior parte dei casi
le indagini non portano alla formulazione di un’azione
penale. Per queste ragioni i casi vengono abbandonati,
provocando anche una diminuzione delle denunce
di questo tipo di reati. Infatti, quando ci si
rende conto che la maggior parte delle indagini per
reati a sfondo sessuale non hanno buon esito, ma
provocano soltanto un enorme stress nella vittima, si
ingenera nell’opinione pubblica la convinzione che
sia inutile denunciare questo tipo di reati. Inoltre, a
causa degli enormi problemi nella raccolta delle prove,
i funzionari di polizia preposti tendono a sviluppare
un atteggiamento eccessivamente pessimista e
quindi ad abbandonare troppo presto le indagini.
2. L’ascolto del minore
Nella maggior parte dei paesi presi in esame il primo
ascolto del minore avviene presso la stazione di polizia,
con l’eccezione di Norvegia e Islanda, dove è affidato
sin dall’inizio al magistrato che, in caso di giudizio,
farà parte della corte1 2. Nella maggior parte
dei casi l’ascolto viene videoregistrato per essere esibito
come prova in vista di un eventuale processo,
evitando quindi la deposizione in aula oppure come
prova a cui affiancare ulteriori domande.
3 8
• S AV E T H E C H I L D R E N
11 Proposte simili sono state presentate nei rapporti di Germania e Danimarca.
1 2 Tuttavia, in Norvegia la vera e propria audizione  condotta da personale
specializzato, come il funzionario di polizia che ha sentito per primo
il minore. Lo stesso pu˜ accadere in Islanda a discrezionalitˆ del giudice.
In Italia, l’audizione viene effettuata dal giudice solo
dopo che le indagini e l’ascolto della polizia hanno rilevato
sufficienti prove su cui fondare l’accusa e viene
videoregistrata per essere presentata come prova al
processo. L’acquisizione di prove al di fuori dell’udienza,
come l’ascolto del minore da parte della Po l izia
giudiziaria, è in una certa misura applicata anche
in Danimarca. In altri paesi, quali Svezia, Finlandia,
Grecia, Romania e in linea di principio anche la Danimarca,
gli ascolti precedenti l’udienza vengono affidati
ai funzionari di polizia o alla pubblica accusa1 3.
In Spagna è possibile chiamare un giudice per effettuare
un ascolto nella struttura ospedaliera o presso
gli uffici dell’assistenza sociale senza dover coinvolgere
le autorità di polizia, mentre, se è la polizia ad effettuare
il primo ascolto, il caso in seguito passa ai
servizi sociali che hanno il compito di indagare sul sospetto
abuso e ripetere un certo numero di ascolti (di
solito quattro) prima di procedere alla formulazione
di un’accusa.
Si rileva quindi una significativa disparità tra i vari ordinamenti
in termini di numero degli ascolti e durata
dell’intero procedimento. Mentre in Svezia e Norvegia
la legge prescrive espressamente che il numero di
ascolti sia il minore possibile e in Finlandia ci si sta
adoperando affinché se ne effettui solo uno, in Spagna,
Italia e Grecia il minore può essere sottoposto a
numerosi ascolti durante le indagini preliminari 14.
Inoltre, nel caso in cui si apra un procedimento penale,
si dovrà svolgere per lo meno un’ulteriore audizione
e, se si ricorre in appello, il procedimento può
protrarsi fino a un massimo di 6-7 anni, costringendo
il minore a mantenere vivo il ricordo dell’abuso.
È dunque fondamentale che il procedimento che
coinvolge il minore sia il più rapido possibile e che si
riducano al minimo il numero degli ascolti. Se il procedimento
si svolge in tempi troppo lunghi, si rischia
che il minore non riesca mai a superare completamente
il trauma subìto e tenda anche in futuro a vedere
se stesso solo come una vittima, soprattutto nei
casi in cui, dopo lunghe indagini, la polizia deve abbandonare
il caso o l’imputato viene rilasciato. In
questi casi il minore potrebbe invece trarre un enorme
beneficio dalla possibilità di cominciare il prima
possibile ad elaborare e superare l’accaduto. È necessario
quindi evitare che il procedimento si trascini
per anni e causi ulteriori traumi alla vittima. Il numero
più adeguato di ascolti varia di volta in volta, ma
non è opportuno che un bambino debba descrivere
più volte a diverse persone e in diversi ambienti l’abuso
subìto. Infatti, se esiste una videoregistrazione
della sua dichiarazione da esibire come prova, questa
dovrebbe essere sufficiente per tutte le fasi del procedimento
senza che si renda necessario ripetere l’ascolto.
Tuttavia non è sempre possibile ottenere una
dichiarazione definitiva durante il primo incontro, e
si devono spesso condurre numerosi ascolti. Infatti
non ci si può aspettare che un bambino racconti volentieri
l’accaduto, ma, al contrario, mostrerà una certa
riluttanza a parlarne, soprattutto nel caso di abuso
intrafamiliare. Saranno quindi necessari diversi incontri
prima di riuscire a instaurare un rapporto di fiducia
tra il minore e il responsabile dell’ascolto. Si
deve inoltre considerare che per un bambino potrebbe
essere piuttosto faticoso mantenere il necessario livello
di attenzione e memoria per raccontare tutto
l’accaduto in un’unica occasione. Specialmente nel
caso di abusi ripetuti, l’operatore dovrà incontrare il
minore più volte per definire i dettagli di ogni evento.
Infine, è importante ricordare che il primo ascolto avviene
normalmente in assenza dell’avvocato difensore
poiché non si hanno ancora prove sufficienti per nominarne
uno. In questo caso, qualora la normativa
non preveda che il minore debba testimoniare durante
il processo, la difesa dovrà avere l’opportunità di
incontrarlo durante le indagini preliminari.
In base a quest’ultimo diritto espresso dall’interpretazione
che la Corte Europea di Giustizia ha dato del
concetto di “giusto processo” è evidente che è necessario
un numero minimo di due ascolti. Il numero di
ulteriori ascolti dovrà essere stabilito di volta in volta a
seconda delle esigenze del minore . Se un ulteriore
ascolto permettesse di proseguire le indagini, sarà
nell’interesse della piccola vittima svolgere questo
ascolto supplementare e scongiurare il rischio che le
indagini vengano abbandonate. Al contrario, nel caso
in cui l’ulteriore ascolto serva solo a far conoscere la
dichiarazione del minore a nuovi operatori, allora potrebbe
essere sufficiente la videoregistrazione. Proprio
come nel caso in cui si deve decidere se obbligare
o meno il minore a deporre in aula, anche in questo
caso si dovrà trovare un equilibrio tra un princi-
3 9
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
1 3 Tuttavia negli ultimi tre paesi citati uno o pi ascolti avvengono alla
presenza di un giudice e prima della formulazione dellÕaccusa.
14 In Italia  possibile evitare ulteriori ascolti in sede giudiziaria, se il minore
ha reso unÕaudizione protetta e videoregistrata. In altri paesi come Spagna
e Grecia il minore pu˜ di nuovo comparire in aula durante lÕappello.
pio generale e i casi particolari: da un lato si dovrà
evitare un ascolto che potrebbe solo causare ulteriore
stress al minore, e dall’altro accettarlo qualora rinunciarvi
significasse rischiare di non ottenere giustizia.
La sezione III. 3 del presente rapporto affronta la
questione del ruolo del rappresentante legale rilevando
che nella maggior parte dei paesi durante l e
indagini pre l i m i n a r i un rappresentante legale o un
curatore speciale può assistere all’ascolto del minore.
Normalmente un genitore ha il permesso di essere
presente durante l’ascolto, a meno che il sospettato
non sia un familiare o la presenza stessa del genitore
non impedisca al minore di esprimersi liberamente.
Tuttavia, in base ai rapporti di alcuni paesi come
Spagna, Italia e Grecia, si intuisce che il minore viene
normalmente lasciato solo con il funzionario di
polizia o il giudice inquirente, come accade probabilmente
anche in altri paesi, se si ritiene che la presenza
di altre persone possa distrarlo1 5.
L’eventuale presenza di una terza persona è strettamente
legata al problema dell’atmosfera in cui si
svolge l’ascolto. In Italia, Grecia e Romania sembra
che non esistano delle norme specifiche che regolino
questo aspetto delle indagini: il minore viene ascoltato
come qualunque altro testimone in una normale
stanza della questura. In altri paesi si utilizzano delle
aule per l’audizione protetta, dotate, in modo più o
meno soddisfacente, di un arredamento confortevole
che possa creare un’atmosfera familiare e di sistemi
audiovisivi, come gli specchi unidirezionali, che
permettano agli altri funzionari di polizia e alla pubblica
accusa, all’avvocato difensore e/o all’avvocato
di parte civile di seguire l’ascolto da una stanza adiacente.
Eventuali domande supplementari vengono
comunicate a un funzionario di polizia che, tramite
l’uso di un microfono, le trasmette all’auricolare del
funzionario che sta conducendo l’ascolto. In questo
modo si evita di esporre il minore alla presenza di
numerosi estranei che desiderano porre diverse domande
e si semplifica il lavoro di chi conduce l’ascolto
permettendogli/le di instaurare un rapporto
di fiducia con la vittima.
Per quanto concerne il ruolo di chi deve raccogliere
la dichiarazione si è già sottolineato che in alcuni paesi
la prassi prevede che il minore venga ascoltato da
diverse persone che ricoprono ruoli diversi nell’ambito
delle indagini e del procedimento. In Spagna e Romania
può accadere che il bambino debba ripetere la
propria dichiarazione alla polizia, agli assistenti sociali,
al magistrato inquirente, al giudice e che si debba
rendere disponibile ad essere esaminato anche dalla
pubblica accusa e dall’avvocato difensore1 6. In Danimarca,
Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia l’acquisizione
delle prove è affidata a una sola persona, segnatamente
il funzionario di polizia che ha sviluppato
una specifica competenza nell’ascolto del minore, o il
giudice. In Spagna esistono delle sezioni speciali per i
reati di abuso su minore che però vengono raramente
utilizzate. In alcuni casi, come in Germania, le indagini
hanno inizio con un primo ascolto condotto da un
funzionario di polizia che poi passa il caso al giudice,
obbligando quindi il minore ad essere ascoltato per
lo meno da due persone.
È importante chiarire che il procedimento sarà tanto
stressante per il minore quante più persone dovrà incontrare
durante le indagini, soprattutto se lo scopo
di questi incontri sarà solo quello di far ripetere la
stessa dichiarazione al bambino. Il rischio è evidente
soprattutto se il procedimento si trascina per anni: il
minore potrebbe vedere le indagini come un costante
esame e finirebbe col ritirare la sua dichiarazione, come
già accade soprattutto in Spagna, Italia e Grecia.
Per quanto concerne le persone che ascoltano il minore,
esiste un grande divario nella preparazione dei
diversi operatori. In Svezia e Finlandia e spesso anche
in Danimarca, Germania e Italia, i funzionari di
polizia si specializzano nell’ascolto di minori vittime
di abuso, indagando esclusivamente su casi di questo
tipo e operando all’interno di speciali sezioni di polizia.
Gran parte di questi funzionari vanta una lunga
esperienza, un particolare interesse a lavorare con i
minori e spesso anche una preparazione specifica1 7.
Inoltre anche i responsabili della pubblica accusa in
Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e
Italia hanno una preparazione specifica nel trattare i
casi di abuso sessuale su minori. Tuttavia spesso ac-
4 0
• S AV E T H E C H I L DR E N
1 5 La prassi internazionale nellÕutilizzo di stanze con specchio unidirezionale
prevede che il minore e chi lo intervista si trovino soli nella stanza
dÕascolto, mentre le altri parti si trovano nelle stanze adiacenti quali la
stanza dÕaspetto (tutori legali, curatore speciale) o nella stanza che si trova
dallÕaltro lato dello specchio (avvocato della pubblica accusa, avvocato
difensore, avvocato di parte civile).
1 6 In Spagna il minore pu˜ arrivare a rendere la propria dichiarazione fino
a sette volte qualora il caso arrivi in appello.
1 7 Ora anche in alcune questure di Germania e Italia sono previsti dei corsi
di formazione specializzati.
cade che, soprattutto nelle aree più decentrate, le indagini
vengano gestite dalla polizia locale e che gli
esperti, se coinvolti, vengano chiamati solo in un secondo
tempo, e cioè quando il procedimento ha raggiunto
una fase troppo avanzata. Nei casi in cui i funzionari
di polizia non abbiano una preparazione specifica,
per esempio in Grecia, o quando le indagini si
svolgono in zone decentrate, per esempio in piccoli
centri in Finlandia e Italia, sembra che spesso si preferisca
affidare l’ascolto al personale femminile.
In Norvegia, e a volte anche in Italia, il compito di
raccogliere la dichiarazione del minore viene affidato
non a funzionari di polizia preposti, ma ad esperti di
scienze del comportamento1 8. In Norvegia il giudice
responsabile è normalmente assistito da un esperto
in psicologia infantile o in altri campi, cosicché il
compito del giudice si limita a stabilire le modalità
con le quali si svolgerà l’audizione e a valutarne
l ’ e s i to1 9. In Italia e Spagna, soprattutto nei casi di
minori in tenera età, il giudice può farsi assistere da
uno psicologo sia durante le indagini preliminari sia
durante l’udienza. In questo caso l’esperto ha il compito
di formulare i quesiti e si limita a “tradurre” le
domande delle parti in un linguaggio comprensibile
al bambino e a volte anche a “interpretare” per la
corte il significato delle risposte date dal minore.
In molti paesi la consulenza di esperti viene richiesta
anche per altri scopi, segnatamente per ottenere un
parere sull’attendibilità della dichiarazione. In questo
caso, a volte, si richiede la consulenza di esperti
di psicologia o psichiatria infantile, sebbene sia più
spesso richiesta la consulenza di psicologi specializzati
nella valutazione delle dichiarazioni. Nonostante
nell’ambito della psicologia forense esistano diverse
scuole di pensiero riguardo alle varie tecniche di valutazione,
un elemento comune alla maggior parte di
queste prevede che la valutazione si basi su un certo
tipo di analisi dei criteri 2 0. Nell’ambito di questa
analisi la dichiarazione del minore viene valutata in
relazione alla sua capacità di rispondere a specifici
requisiti, quali la ricchezza di particolari, la coerenza,
la coesione, i legami emotivi, l’individualità ecc.
Tuttavia questo metodo incontra diverse critiche
poiché non gode di un riscontro empirico che possa
dimostrare che una dichiarazione vera è più ricca di
dettagli (o più coesa ecc.) rispetto a una dichiarazione
falsa. Inoltre la categoria degli psicologi legali è
stata spesso accusata di interferire con le competenze
specifiche del giudice dato che fornivano, in parte,
una vera e propria valutazione delle prove nei casi
di responsabilità penale.
Negli ultimi 5-6 anni la consulenza di psicologi legali
in Svezia si è ridotta significativamente ed è oggi richiesta
in meno del 5% dei casi di abuso sessuale su
minori, mentre nello stesso periodo è cresciuta in
Norvegia. I rapporti nazionali non indicano l’incidenza
di consulenze di esperti che esprimano il proprio
parere sull’attendibilità di una dichiarazione,
anche se a volte la pubblica accusa utilizza questi pareri
per rafforzare il valore probatorio delle dichiaraz
i o ni2 1. In Italia e Spagna gli esperti di psicologia infantile
vengono spesso consultati non solo per una
valutazione della credibilità e l’analisi della dichiarazione
in base a dei criteri, ma anche per stabilire se il
minore sia in grado di testimoniare in aula o debba
essere interrogato al di fuori dell’ambito processuale
e per esprimere un parere riguardo al danno psicologico
subìto dal minore in seguito all’abuso2 2.
Tuttavia, soprattutto nei casi di bambini in tenera
età, il compito più arduo, tra le attività d’indagine,
non è tanto interpretare e valutare le informazioni
fornite dal minore, quanto riuscire ad ottenere una
dichiarazione sufficientemente valida da sottoporre
al giudizio della corte. Infatti in un procedimento
penale non basta dimostrare che è si è effettivamente
verificato un abuso, ma l’accusa deve anche spiegare
le circostanze (quando, dove e come) in cui si è
verificato. Gli inquirenti devono quindi impegnarsi
a fondo per riuscire ad ottenere una dichiarazione
4 1
C HI L D A B U S E A N D A D U LT J U S T I C E •
1 8 Esistono delle raccomandazioni in questo senso nellÕordinamento svedese,
che spesso per˜ vengono disattese.
1 9 La valutazione dellÕesito non significa determinare il valore probatorio
della dichiarazione, ma piuttosto stabilire se sia sufficientemente esaustiva.
Nel caso in cui sia particolarmente difficile stabilirne la credibilitˆ, il
giudice norvegese pu˜ richiedere lÕopinione di un esperto (normalmente
uno psicologo).
2 0 Per ogni gruppo di criteri si richiamano diversi concetti, come ad
esempio lÕAnalisi della Verosimiglianza della Dichiarazione (Germania e
Svezia), Analisi della Validitˆ della Dichiarazione e Analisi della Credibilitˆ
in base a Criteri (USA).
2 1 Secondo uno studio non pubblicato del Professor Jšrg Michael Fegart
dellÕUniversitˆ di Rostock e Ulm, lÕattendibilitˆ delle vittime  stata sottoposta
a parere esperto nel 26,5% degli 807 casi di reati sessuali seguiti
dalla procura dello Stato federale del Mecklenbutrg-Pomerania Occidentale
tra il 1994 e il 1998.
2 2 Nella maggior parte dei paesi  compito della pubblica accusa o dell
Õavvocato del minore presentare le prove dei danni subiti dalla vittima.
che soddisfi i requisiti di attendibilità dettati dall’ord
i n a m e n t o .
Da questo punto di vista la tecnica di ascolto a c q u isisce
un’importanza fondamentale. Per tecnica di
ascolto non si intende soltanto il modo in cui vengono
poste le domande, ma anche l’impostazione iniziale
dell’ascolto che si basa su una conoscenza delle
dinamiche psicologiche dei minori vittime di abuso
e sulla valutazione delle motivazioni che di volta in
volta spingono il minore a rilasciare una dichiarazione.
L’operatore deve riuscire a creare un’atmosfera
di fiducia e complicità con il bambino in modo da
motivarlo a spiegare con le proprie parole l’accaduto,
così da ottenere una dichiarazione valida ai fini
processuali. Lo scopo è quello di far capire al bambino
l’importanza di descrivere l’accaduto il più dettagliatamente
possibile. È inoltre necessario sapere
che in caso di abuso intrafamiliare il minore mostrerà
delle forti resistenze a parlarne.
Se l’abusante è uno sconosciuto e l’abuso è avvenuto
fuori dalle mura familiari, probabilmente il minore
ne parlerà subito ai genitori, mentre in caso di ripetuto
abuso intrafamiliare, per esempio perpetrato in
casa da un patrigno, molto probabilmente il minore
non ne parlerà fino a quando non sarà separato dall’abusante.
In questi casi il bambino non si rivolge
subito alla madre perché l’abusante riesce spesso a
instaurare un legame di complicità con il minore basato
su un “segreto comune” di cui il minore può
non comprendere la valenza negativa; oppure il minore
non ne parla perché si sente in colpa e teme di
subire conseguenze gravi qualora riveli l’accaduto. È
quindi normale che, per esempio, un bambino sveli
episodi di abusi intrafamiliari ripetuti negli anni solo
dopo l’eventuale separazione dei genitori/tutori.
Nel caso in cui l’abusante non faccia parte della famiglia,
ma abbia un rapporto particolare con il minore
(per esempio lavori presso il suo asilo), molto spesso il
bambino subisce abusi per anni senza mai parlarne
con nessuno. Un minore vittima di abusi gravi e di
sfruttamento nella pornografia potrebbe non rivelare
la cosa a nessuno e continuare a negare anche di fronte
ad immagini che testimonino l’avvenuto abuso2 3. È
evidente quindi che una regola fondamentale da ricordare
in preparazione di un ascolto di un minore vittima
di ripetuti abusi è che i bambini tendono ad essere
riluttanti a parlare. Visto che un minore non rivela
subito l’abuso, a meno che non ne veda il motivo, l’operatore
che effettua l’ascolto deve prima di tutto cercare
di creare un’atmosfera di fiducia.
Durante l’ascolto le domande devono essere aperte e
non fuorvianti. Infatti non è mai stato provato scientificamente
che, rispetto agli adulti, i bambini abbiano
una maggiore propensione a mentire, fantasticare o a
ad essere suggestionati. Poiché la tendenza a farsi
suggestionare dipende dalla situazione specifica e
dalla personalità della vittima, piuttosto che dall’età,
è davvero sorprendente rilevare come in Spagna,
stando al rapporto nazionale, i minori sono ancora
considerati dei “bugiardi nati”. Inoltre è stato accertato
che chiunque, durante un interrogatorio, tende
ad essere accomodante e a dare le risposte che secondo
lui/lei l’interlocutore si aspetta di sentire. Poiché il
bambino si trova in una posizione di svantaggio rispetto
al suo interlocutore adulto, questa tendenza è
ancora maggiore rispetto a un interrogatorio tra adulti,
e l’operatore deve quindi mostrare una particolare
cautela nel non impostare l’ascolto in modo troppo
rigido, evitare domande ipotetiche e formulare invece
domande aperte che permettano al minore di spiegare
l’accaduto2 4. Tuttavia, nei casi che coinvolgono
minori in tenera età, è a volte necessario utilizzare domande
suggestive allo scopo di conoscere i dettagli
dell’abuso. In questi casi si dovranno interpretare le
risposte con molta cautela e valutare il grado di attendibilità
del minore verificando che le risposte non
contengano delle informazioni in eccesso, che vanno
al di là di quanto è stato chiesto e offrendo al bambino
anche risposte alternative “non corrette”. La regola
generale rimane comunque quella di evitare domande
suggestive, che, se non necessarie, possono
rappresentare un ostacolo alla tutela dei diritti del
bambino. Infatti le informazioni ottenute in questo
modo verrebbero contestate dalla difesa e valutate
con estrema cautela dalla corte rispetto ad informazioni
ottenute con una dichiarazione spontanea.
4 2
• S AV E T H E C H I L D R EN
2 4 Un esempio di tecnica dÕascolto erronea ci  offerto dal cosiddetto caso
Bjugn in Norvegia, dove il collaboratore di un asilo nido  stato accusato,
e successivamente rilasciato, per abuso sessuale su 21 bambini di etˆ
compresa tra 2, 5-7 anni. Altri membri del personale erano sospettati e
durante le indagini, in base al cosiddetto metodo Furniss, sono state poste
ai bambini delle domande ipotetiche, del tipo ÒSe ci fosse qualcuno
cheÉ?Ó o ÒSe ti toccasse, comeÉ?Ó ecc. A causa di questo tipo di impostazione
delle domande  stato poi estremamente difficile dimostrare lÕattendibilit
ˆ delle informazioni fornite dai bambini.
2 3 C-G. Svedin & K. Back Children who do not tell. To be exploited in
child pornography, Save the Children, Stockholm (1996).
Nei casi che vedono coinvolti minori in tenera età è
spesso difficile ottenere il tipo di informazioni sufficienti
a costruire una vera e propria dichiarazione. Poiché
i minori di 3 anni normalmente non possiedono
un vocabolario sufficiente e una capacità espressiva tale
da rilasciare una dichiarazione comprensibile e coerente,
gli ordinamenti di Svezia e Islanda prevedono
che questi bambini non debbano rilasciare alcun tipo
di dichiarazione e che le prove debbano essere acquisite
tramite testimoni, e obiettività tecniche e mediche.
In Norvegia è stata introdotta una speciale norma, denominata
osservazione del minore, per l’acquisizione di
prove nei casi di bambini di età inferiore ai 5 anni. Allo
scopo di acquisire maggiori prove, il giudice nomina
un esperto, normalmente uno psicologo infantile, che
incontra il minore in 2-4 occasioni durante un periodo
di due settimane. Gli incontri sono una combinazione
di gioco e conversazione alla fine dei quali l’esperto redige
un parere riguardo alle dichiarazioni del bambino,
agli atteggiamenti e ai sintomi che possano suggerire
un eventuale abuso subìto. Questo genere di osservazione
professionale può rivelarsi molto utile nel valutare
il sospetto abuso perché spesso i bambini tendono
ad esprimersi meglio con mezzi diversi dalle parole,
quali il gioco, i gesti o i disegni. Tuttavia in questi casi
non bisogna attribuire un eccessivo valore probatorio
al parere degli esperti, dato che sintomi ed espressioni
legati a un disturbo di tipo psico-sociale, quand’anche
presentino dei risvolti sessuali, non sempre si possono
ricondurre con certezza a un abuso sessuale2 5. Allo
stesso tempo, l’assenza di sintomi non prova necessariamente
che l’abuso non si sia verificato.
I rapporti nazionali non affrontano il problema delle
tecniche di ascolto alternative, ma emerge con chiarezza
che la capacità di registrare la dichiarazione di
un minore vittima di abuso dipende principalmente
dal grado di p reparazione del personale preposto. U n
operatore può certamente servirsi del proprio intuito
e delle proprie attitudini personali, ma, in assenza di
una preparazione specifica sulle dinamiche psicologiche
e comportamentali di un minore vittima di abuso,
rischia di ottenere risultanti tutt’altro che soddisfacenti.
Da questo punto di vista la prima regola da ricordare
è che la semplice dimestichezza con i bambini n o n
è né adeguata né sufficiente a comprendere il comportamento
e le esigenze dei minori vittime di abuso. È
necessario invece possedere delle specifiche conoscenze
dei meccanismi di difesa e dei sintomi psico-sociali
che possono manifestarsi sotto varie forme.
3. L’ a c c e rtamento medico
Un’altra prova significativa dell’avvenuto abuso, a
parte la dichiarazione del minore, può venire dall’accertamento
medico. La visita medica è particolarmente
importante nei casi di minori in tenera età,
prima di tutto a causa della limitata capacità espressiva
del bambino e, in secondo luogo, perché c’è una
maggiore probabilità di acquisire delle prove nelle
vittime più giovani.
Tuttavia la regola fondamentale per quanto concerne
i risultati della visita medica è comprenderne i limiti:
il fatto che durante un accertamento medico non si riscontrino
lesioni o segni di violenza non significa che
l’abuso non sia avvenuto. Al contrario, nella maggior
parte dei casi non rimane traccia evidente dell’abuso
a livello fisico, prima di tutto perché spesso l’accertamento
medico avviene così tardi rispetto al momento
dell’abuso che ogni traccia, come per esempio il liquido
seminale, è già scomparsa. Inoltre l’abuso viene
spesso perpetrato in un modo tale da non lasciare
traccia o comunque da lasciare delle lesioni che rimangono
evidenti solo per breve tempo. Per i suddetti
motivi, l’assenza di obiettività mediche o il fatto
che il minore venga trovato in condizioni fisiche normali,
non dovrebbe in alcun modo influenzare le indagini.
Se invece vengono acquisite delle obiettività
mediche, è possibile che rappresentino, a seconda
della certezza della loro origine, importanti prove a
sostegno dell’accusa2 6, mentre l’assenza di tali obiettività
non smentisce l’ipotesi accusatoria.
In tutti i paesi presi in considerazione viene richiesta
una consulenza medica nei casi di minori vittime di
abusi, ma esistono delle differenze in termini di preparazione,
frequenza e r o u t i n e . In Finlandia l’accerta-
4 3
C HI LD A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
2 5 Come nel caso delle domande ipotetiche o suggestive, non si pu˜
ignorare il rischio posto dallÕassociazione di idee. Per esempio lÕuso delle
bambole anatomiche  stato ampiamente criticato, in quanto, nonostante
siano un eccellente strumento nel caso si sia effettivamente verificato un
abuso, potrebbero invece suggestionare erroneamente un minore che
non ne abbia sub“to alcuno. Secondo alcuni esperti di psichiatria infantile,
in questi casi ci sono maggiori probabilitˆ di ottenere delle prove chiare
di abuso, se cՏ stato del sesso orale.
26 In casi estremi si pu˜ anche concepire che dei risultati assolutamente
certi di un esame medico possano essere sufficienti da soli per dimostrare
che lÕabuso  avvenuto. Tuttavia potrebbero essere richieste ulteriori
prove che leghino lÕindagato allÕabuso stesso.
mento medico è parte integrante della routine delle
indagini e viene effettuato non appena viene denunciato
il presunto abuso alla polizia, mentre in altri
paesi si effettua solo quando la polizia o le altre autorità
inquirenti (pubblica accusa/giudice) lo ritengano
necessario. In pratica la visita, come accade in
Spagna, potrebbe quindi effettuarsi solo in casi eccezionali,
quando cioè è più che evidente che l’accertamento
è necessario2 7. In altri paesi, come in Norvegia
e Romania, l’accertamento medico dipende dalla
disponibilità finanziaria delle autorità e il costo della
visita a volte può rappresentare un motivo per vietarlo.
In generale, tutti i rapporti concordano nell’affermare
che l’accertamento medico è praticato troppo
raramente.
Oltre al costo, un altro motivo per un uso così limitato
della visita medica potrebbe essere il fatto che
solo raramente questi accertamenti portano a risultati
rilevanti ai fini delle indagini, come è stato in parte
dimostrato in Finlandia, dove la visita viene praticata
molto spesso, ma solo nel 15% dei casi se ne ricavano
dei risultati utili. Un altro motivo potrebbe risiedere
nel fatto che raramente i risultati sono incontrovertibili,
e l’attendibilità scientifica del parere del
medico viene spesso contestata 2 8. Ne risulta che, rispetto
a dieci anni fa, soprattutto in Danimarca, Finlandia,
Islanda, Norvegia e Svezia, oggi il parere del
medico gode di una minore considerazione. L’ o p inione
dei medici viene richiesta sempre più di rado
e non viene considerata rilevante come in passato,
forse perché i medici sono estremamente cauti nell’esprimere
il proprio parere oppure perché oggi, rispetto
al passato, i tribunali godono di una maggiore
indipendenza nella valutazione del caso; tuttavia
probabilmente la ragione principale risiede nel fatto
che in passato si tendeva troppo spesso ad interpretare
alcune obiettività mediche come conseguenze
incontrovertibili di un abuso2 9. Negli ultimi anni
una serie di autorevoli studi scientifici hanno dimostrato
che il concetto di “normalità” va interpretato
in modo molto più estensivo di quanto non accadesse
in passato, per esempio per quanto concerne la
misura dell’apertura vaginale, l’aspetto dell’imene o
la presenza di cicatrici nella vagina. Nonostante questa
nuova dose di cautela, è importante ricordare
che, soprattutto nei casi di abusi più gravi, è comunque
possibile osservare delle lesioni che si possono
far risalire esclusivamente a un rapporto con penetrazione,
sempre che l’accertamento avvenga entro
tre mesi dall’abuso. È perciò chiaro che l’accertamento
medico costituisce uno strumento di acquisizione
delle prove che non dovrebbe essere trascurato
dalle indagini su abusi sessuali. Infatti le eventuali
obiettività rilevate potrebbero rivelarsi utili prove a
sostegno dell’accusa, anche se si trattasse di prove
non incontrovertibili e non si potesse escludere che
la lesione potrebbe essere dovuta a un incidente o a
una malattia. Se invece l’accertamento medico non
rileva nessuna obiettività, si dovrà semplicemente
cercare di acquisire delle prove in altri modi.
Nel caso in cui l’accertamento abbia effettivamente
luogo, ci si deve assicurare che il medico che lo effettuerà
abbia la preparazione necessaria. Spesso è il
pediatra o il ginecologo ad effettuare la visita, anche
se in alcuni paesi come Svezia, Finlandia, Germania,
Italia e Grecia esiste una specializzazione in medicina
legale ed è quindi il medico legale che, fatta eccezione
per la Grecia, normalmente effettua l’accertamento.
Il vantaggio, in questo caso, risiede nel fatto
che il medico legale ha una migliore preparazione ed
esperienza nel riconoscere i segni che legano una lesione
all’abuso che può averla provocata, e inoltre
comprende meglio quale tipo di informazioni sia rilevante
ai fini processuali. Nella maggior parte dei
paesi la categoria dei medici legali è soggetta ad una
supervisione interna atta a garantire il rispetto di
standard qualitativi e ad assicurare che vengano applicate
a livello nazionale le stesse metodiche, norme
e concetti.
Oltre alla visita, il medico legale o comunque il medico
che ha condotto l’accertamento dovrà redigere un
parere e deporre in aula in qualità di consulente tecnico
o “testimone esperto” per illustrare dettagliatamente
le conclusioni a cui è giunto. A questo riguardo
è importante distinguere tra il concetto di prova e
di parere dell’esperto. Le prove consistono in qualunque
lesione o segno riscontrato sulla vittima, mentre
le conclusioni che l’esperto trae sulla base della sua
conoscenza ed esperienza non costituiscono delle
4 4
• S AV E T H E C H I L DR E N
2 7 In Spagna lÕaccertamento medico si effettua solo nel 10% dei casi.
2 8 In Norvegia e Svezia delle persone condannate sono state rilasciate
per vizio sostanziale, sono poi assolte durante un nuovo processo sulla
base del fatto che nel precedente processo i pareri dei medici risultavano
troppo categorici alla luce di nuove conoscenze acquisite nel settore.
2 9 LÕesempio pi lampante  quello delle indagini condotte nel 1987 a
Cleveland, in Inghilterra, dove in un periodo di cinque mesi due medici
hanno accertato che 121 bambini erano stati vittime di abusi sessuali basandosi
sullÕosservazione di un rilasciamento del muscolo anale.
prove, ma piuttosto una valutazione di queste, e
quindi la corte non è obbligata a tenerne conto. Il parere
dell’esperto è un a u s i l i o per il lavoro di valutazione
delle prove, ma non costituisce di per sé una
prova. Di conseguenza la corte, nell’espletamento
della propria funzione giudicante e in base al principio
della libera valutazione delle prove, può condurre
una valutazione indipendente di tutte le prove del caso,
anche se spesso il giudice, non possedendo una
conoscenza approfondita in campi quali la medicina,
l’economia, le scienze legali, forse si affida fin troppo
al parere e all’autorevolezza di un esperto.
In conclusione, si può affermare che troppo raramente
si fa ricorso all’accertamento medico quale strumento
d’indagine, mentre una visita condotta da personale
competente potrebbe permettere l’acquisizione
di importanti informazioni in un numero di casi
ben superiore rispetto all’attuale. In particolare è auspicabile
che l’accertamento si effettui soprattutto
quando è trascorso poco tempo dall’abuso, e nonostante
la visita rappresenti un ulteriore stress per la
piccola vittima. Poiché la maggior parte dei bambini
prova disagio, anche un forte disagio, durante questo
tipo di accertamento che può loro ricordare l’abuso
subìto, è estremamente importante che la visita si
svolga nella forma più appropriata, che il bambino
venga preparato psicologicamente e che il medico
possieda non solo le conoscenze mediche necessarie,
ma conosca anche le possibili reazioni del minore.
Un altro aspetto da considerare è se sia possibile
permettere un accertamento medico di un minore
senza il consenso dei genitori o contro la volontà
della piccola vittima. Nella maggior parte dei paesi
presi in esame chiunque in particolari circostanze
può essere obbligato per legge a collaborare alle indagini
sottoponendosi ad accertamento medico e i
rapporti nazionali non specificano se esistano delle
norme speciali che regolino i casi con minori3 0. Probabilmente
nella prassi non si obbligheranno tutti i
bambini a sottoporsi alla visita, ma si deciderà caso
per caso sulla base del superiore interesse del minore.
A volte ci sarà motivo di procedere all’accertamento
nonostante l’opposizione del bambino, altre
volte, di fronte alla motivata resistenza del minore, si
rinuncerà ad effettuare l’accertamento. In generale,
le autorità inquirenti non dovrebbero rimettere la
decisione al bambino, né tantomeno ai genitori.
A questo riguardo è importante ricordare che nel
lungo periodo la scelta di ottimizzare l’acquisizione
delle prove può rivelarsi più appropriata al fine di
tutelare l’interesse superiore del bambino.
Nei paesi in cui è necessario ottenere il consenso
della persona da sottoporre a visita medica, sempre
che questa non sia indagata, il minore o il suo tutore
legale possono opporsi all’accertamento medico 3 1.
Le indagini possono poi incontrare particolari problemi
nei casi in cui il tutore legale è anche il presunto
abusante3 2, o quando i genitori, pur volendo
che il figlio partecipi alle indagini, permettono che il
minore rifiuti di essere esaminato. In quest’ultimo
caso, anche se la pubblica accusa o la polizia ritengono
indispensabile l’accertamento ai fini del proseguimento
delle indagini, la mancanza del consenso
potrebbe portare all’archiviazione del caso.
Indipendentemente dal fatto che la legge richieda o
meno un consenso formale, gli inquirenti devono
comunque incoraggiare sia il minore sia i genitori a
sottoporre la vittima ad accertamento medico e assicurarsi
che questo avvenga nel rispetto delle modalità
più opportune.
4. Altri problemi e carenze nelle indagini
Come si è già accennato nelle sezioni IV.1 e IV.2 l a
lentezza delle indagini nei casi che vedono coinvolti
i minori rappresenta un enorme problema. Le prove
diventano sempre più datate, il ricordo dell’accaduto
viene elaborato sempre di più, aumenta il rischio
di influenzare il minore così come il sentimento di
incertezza sull’esito del procedimento, provocando
quindi una situazione di crescente disagio in tutte le
parti coinvolte. Inoltre il minore si trova in una fase
del proprio sviluppo in cui è particolarmente sensibile
alle influenze esterne, tanto che un lungo procedimento
può provocare un’ulteriore violenza e un
lungo periodo di disagio psicologico. Per questi motivi
è essenziale che il procedimento si concluda nel
più breve tempo possibile. In alcuni dei paesi presi
4 5
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
3 0 In Germania  possibile essere esonerati da questo obbligo in base alle
stesse motivazioni che permettono di essere esonerati dal deporre (se
il sospettato  un parente stretto).
3 1 In Svezia, se il minore ha superato i 12 anni di etˆ,  necessario che dia
il suo consenso, mentre negli altri casi  necessario il consenso dei tutori
legali.
3 2 In Svezia il problema  stato risolto rimettendo la decisione a un avvocato
che agisce da rappresentante del minore.
in esame sono state di recente introdotte delle riforme
in questo senso. In Svezia è stata elaborata una
raccomandazione che invita a concludere questo tipo
di indagini nel giro di tre mesi, mentre, secondo
l’ordinamento norvegese, la prima udienza si dovrebbe
tenere a due settimane dalla denuncia di
abuso. I casi di abuso su minore godono della massima
priorità anche negli ordinamenti di Finlandia,
Danimarca, Islanda e Germania, mentre in Spagna,
Italia, Grecia e Romania sembra che ci siano ben poche
possibilità di accelerare i tempi processuali.
Un altro problema significativo è rappresentato, soprattutto
in Grecia, dalla ritrattazione delle dichiaraz
i o n i, che a sua volta è probabilmente causato proprio
dalla lentezza procedurale e dallo stress che il
minore subisce durante le indagini. Un’altra ragione
alla base di questo fenomeno è il generale scetticismo
che si riscontra in caso di abuso sessuale intrafamiliare
e in caso di controversia per l’affidamento della
prole. In un clima di generale scetticismo è improbabile
che si creda alle parole di un bambino che finisce
per rinunciare a raccontare l’accaduto tanto che, di
fronte a questo clima di sfiducia nei suoi confronti, si
sente ancora una volta tradito dal mondo degli adulti.
Per quanto concerne il problema delle false accuse,
esiste ancora un’errata ma diffusa convinzione secondo
la quale questo fenomeno è molto frequente e ci
sono madri manipolatrici, per esempio durante le
controversie per l’affidamento, che tendono ad istigare
i propri figli a testimoniare il falso; oppure si ritiene,
a torto, che spesso le false accuse siano il risultato
dell’interpretazione da parte della madre di sintomi
minimi uniti poi a domande suggestive. In realtà a livello
internazionale sono rarissimi i casi in cui si sia
dimostrato in maniera incontrovertibile che le false
accuse della madre abbiano trovato espressione nelle
informazioni false inconsciamente fornite dai figli.
Pochissimi sono anche i casi in cui il minore ha deliberatamente
mentito allo scopo di vendicarsi di qualcuno.
La ritrattazione di una dichiarazione non prova
la falsità della dichiarazione stessa, ma può essere
piuttosto motivata dal senso di colpa del minore o
dalla speranza di riconciliarsi con l’abusante o ancora
dall’incapacità di proseguire il procedimento.
Ciò non significa che non esistano casi di false accuse,
ma solo che ci possono essere anche altri motivi alla
base di una ritrattazione. In effetti in molti casi, anche
una volta concluse le indagini, ci possono ancora essere
dei dubbi sulla fondatezza dell’accusa e sul fatto
che questa possa essere frutto di fantasia e autosuggestione
unite ad influenze esterne. La difficoltà nel valutare
la dichiarazione della presunta vittima di un
reato è il problema chiave nelle indagini su reati a
sfondo sessuale in generale e sui casi di abuso su minori
in particolare. Per questo motivo gli inquirenti
devono possedere una solida preparazione specifica.
Nonostante ciò, i rapporti nazionali denunciano una
generale carenza nella preparazione del personale, a
tutti i livelli. Sebbene alcuni funzionari di polizia e
della pubblica accusa abbiano una formazione specifica,
il grado di preparazione generale non è ancora sufficiente
e lo stesso vale per giudici, avvocati e altri
operatori coinvolti nel procedimento. Naturalmente il
compito risulta ancora più difficile in mancanza di
qualsiasi tipo di formazione e nei casi in cui si richieda
solo che l’operatore sia donna. Inoltre non si attribuisce
il necessario valore alla consulenza di esperti comportamentali,
quali gli esperti di psicologia o psichiatria
infantile, probabilmente perché gli inquirenti (in
particolare gli avvocati) sono piuttosto scettici riguardo,
queste scienze che giudicano inaffidabili, visto che
si può spesso trovare uno psicologo che affermi che
un minore sta mentendo e un altro che affermi esattamente
l’opposto. Così ci si accontenta di basarsi sulla
propria esperienza e sul buon senso. Quand’anche si
richieda la consulenza di diversi esperti, si riscontra
un divario significativo tra il “committente” e il consulente.
Spesso infatti l’avvocato non sa utilizzare al
meglio il consulente e altrettanto spesso l’esperto non
conosce esattamente il tipo di informazioni di cui ha
bisogno il legale, cosicché né gli inquirenti né la corte
ottengono il tipo di consulenza di cui hanno bisogno.
È quindi fondamentale potenziare la competenza degli
inquirenti poiché solo se si possiede una conoscenza
approfondita dei problemi e si capisce di quale tipo
di aiuto si ha bisogno è possibile dare agli esperti delle
chiare indicazioni e in seguito essere in grado di comprenderne
il loro lavoro3 3.
V. Conclusioni
Non esistono dei metodi che garantiscano di ottenere
facilmente la dichiarazione di un minore vittima
di abuso sessuale o di assicurarsi che tale dichiarazione
sia così chiara, coerente e particolareggiata co-
4 6
• S AV E T H E C HI LD R EN
3 3 Vedi Clara Gumpert, ÇAlleged child sexual abuse: The expert witness
and the courtÈ, Stockholm (2001)
me gli avvocati vorrebbero. Inoltre non esistono dei
metodi scientifici che, basandosi solo su delle dichiarazioni,
permettano di distinguere la verità dalla
menzogna, o di interpretare in modo incontrovertibile
la dichiarazione di un minore.
Diverse tecniche di ascolto, raccolta delle prove e
presentazione e valutazione delle stesse possono
portare a uno stesso risultato, mentre, a parità di situazione,
metodi uguali possono produrre risultati
diversi. I bambini infatti sono molto diversi l’uno dall
’ a l t r o; ognuno ha le proprie capacità e reagisce in
modo estremamente personale a una particolare situazione;
perciò un metodo o un atteggiamento
adatto a un bambino può non esserlo per un altro.
Per le stesse ragioni non si può affermare con certezza
che una determinata procedura, per esempio in
un certo paese, che prevede un particolare trattamento
del minore, sia più efficace di un’altra. Infatti
i minori vivono in una specifica cultura, anche giuridica,
ne conoscono le caratteristiche e sono in grado,
nei limiti della loro esperienza, di comprenderla.
Una procedura perfettamente accettabile per il minore
di un paese potrebbe quindi apparire traumatizzante
al minore di un’altra cultura.
Il materiale presentato nei rapporti nazionali non è
così ampio da poter condurre un’analisi comparativa
molto approfondita. Per questo motivo è difficile
trarre delle conclusioni esaustive riguardo alle modalità
e alle regole giuridiche che definiscono il ruolo
del minore nel percorso giudiziario. I rapporti nazionali
permettono comunque di valutare il d i s a g i o
che i minori subiscono durante i procedimenti giudiziari
e la possibilità che hanno di essere ascoltati. Gli
elementi chiave da considerare a livello internazionale
in questo tipo di procedimenti sono il recupero
della piccola vittima e la soddisfazione delle sue esigenze.
Si potrebbe pensare che la principale preoccupazione
di chi scrive sia l’impatto psicologico e
sociale di questi procedimenti. Al contrario, il benessere
del minore è piuttosto la condizione necessaria
a garantire l’esito positivo del procedimento
giudiziario. Infatti il minore-vittima che subisce dei
traumi durante il procedimento giudiziario rischia di
essere esposto ad ulteriori violenze. Nei casi di presunto
abuso sessuale è quindi fondamentale assicurare
prima di ogni altra cosa uno standard minimo
di tutela in una situazione che vede il minore completamente
nelle mani di figure adulte. La tutela del
minore è in parte garantita da speciali regole procedurali
e da un atteggiamento comprensivo nei suoi
confronti, ma soprattutto è frutto dell’attività di tutti
gli operatori che interagiscono con il minore e che
hanno una profonda conoscenza e comprensione
della situazione in cui si trova.
La regola fondamentale da seguire in tutti i procedimenti
che coinvolgono un minore è che, alla fine, indipendentemente
dal risultato, il minore dovrebbe trovarsi
in una situazione migliore di quanto non fosse all’inizio
del procedimento stesso. Se invece, in seguito
al procedimento giudiziario, la situazione del minore
si è ulteriormente aggravata, allora si può affermare
che, indipendentemente dall’esito, il sistema giudiziario
non ha funzionato. Da questo punto di vista la
lentezza del procedimento in paesi come Spagna, Italia
e Grecia rappresenta un’enorme problema. Quasi
in tutti i paesi considerati appare evidente che il procedimento
giudiziario nei casi di abusi sessuali a danno
di minori ha una durata decisamente eccessiva. È
infatti inaccettabile che il minore-vittima debba soffrire
ulteriormente vivendo i delicati anni della propria
infanzia nell’incertezza riguardo all’esito del procedimento.
Inoltre è anche nell’interesse dell’indagato
che il procedimento si concluda il prima possibile.
Di conseguenza la prima conclusione che si può trarre
da questo studio è che:
1 . le indagini riguardanti i casi di abuso sessuale a
danno di minori devono avere la massima priorità;
2 . le indagini si dovrebbero concludere nel più bre v e
tempo possibile;
3 . si dovrebbe dare la precedenza anche al procedimento
giudiziario in modo da concluderlo in tempi
b re v i .
Un’altra conclusione da trarre è che in molti paesi i
minori vengono sottoposti inutilmente a ripetuti
ascolti e audizioni. In questo caso è importante distinguere
tra i casi in cui l’ascolto ha lo scopo di acquisire
nuove informazioni (ad es. ulteriori dettagli
sugli episodi di abuso), e i casi in cui il bambino deve
ripetere la stessa dichiarazione di fronte a un nuovo
operatore giudiziario. In questa fase è anche importante
assicurarsi che l’avvocato difensore abbia la
possibilità di ascoltare il minore, ma, a parte questo
caso, è necessario ridurre al minimo la ripetizione
degli ascolti. Non ha alcun senso infatti far ripetere
la stessa dichiarazione più volte. Innanzitutto queste
ripetizioni suscitano nel minore un senso di sfiducia;
inoltre in questo modo, se l’abuso si è davvero verifi-
4 7
C HI L D A B U S E A N D A D U LT J U S T I C E •
cato, si costringe la piccola vittima a mantenerne vivo
il ricordo. Poi, con il ripetersi dell’ascolto aumenterebbe
anche il rischio di influenzare ed esercitare
pressioni sulla piccola vittima. In questo tipo di reati,
quindi, la videoregistrazione della dichiarazione,
magari integrata da domande aggiuntive, dovrebbe
essere sufficiente come materiale probatorio. Infine,
un minore traumatizzato non dovrebbe incontrare
l’imputato faccia a faccia. Per tutti i suddetti motivi
si può concludere che:
1 . durante le indagini, una volta raccolta la notizia di
reato, il minore dovrebbe essere ascoltato il prima
possibile e per un numero di volte necessario a tut
e l a re la sua dichiarazione, ma cercando di ridurre
al minimo il numero di ascolti e il tempo intercorso
tra l’uno e l’altro;
2 . allo scopo di ridurre al minimo il numero di ascolti,
questi devono essere preparati con cura e condotti
da personale competente;
3 . nel caso di deposizione durante il processo, il minore
dovrà essere ascoltato il minor numero di volte
possibile, preferibilmente in una sola occasione;
4 . l’ascolto dovrebbe essere condotto con modalità tali
da far sentire il minore a proprio agio;
5 . durante il processo si dovrebbe evitare che il minore
incontri il presunto abusante.
Durante ogni fase e grado del procedimento giudiziario
il minore deve essere tutelato da diversi punti
di vista. Prima di tutto è necessario garantire un sostegno
di tipo terapeutico, riabilitativo e sociale. Infatti
in questi casi il sostegno dei genitori non si può
ritenere sufficiente e, soprattutto nei casi di abuso
intrafamiliare o comunque commesso da uno stretto
conoscente, è necessario garantire un sostegno di tipo
professionale. Inoltre il minore ha anche bisogno
di una tutela giuridica a protezione dei propri diritti,
almeno nei casi in cui sia una parte in causa. Le forme
di tutela giuridica possono variare a seconda dei
sistemi giudiziari, delle situazioni specifiche del caso
e delle esigenze individuali del minore. In alcuni casi
una sola figura sarà sufficiente a garantire un sostegno
di tipo medico-legale, in altri casi invece sarà
necessario il coinvolgimento di più operatori che ricoprano
diversi ruoli. I rapporti nazionali hanno evidenziato
lacune in questo tipo di sostegno, perciò la
terza conclusione da trarre è che:
1 . è necessario potenziare il sostegno al minore durante
le attività d’indagine e il procedimento giudiziario;
2 . ove necessario, al minore dovrà essere garantito un
proprio rappresentante legale, pagato dallo Stato, e
perciò
3 . il legale rappresentante del minore dovrà essere nominato
il prima possibile, sin dall’inizio delle attività
d’indagine, inoltre
4 . il legale rappresentante dovrebbe avere una competenza
specifica su questi casi e una buona conoscenza
delle dinamiche psicologiche peculiari ai minori
vittime di abusi.
Lo stesso tipo di competenza richiesta al legale rappresentante
del minore dovrebbe essere richiesta a
tutti coloro che devono indagare e valutare il presunto
reato di abuso sessuale. Ogni funzionario di
polizia, pubblico ministero, avvocato difensore e
giudice coinvolto nelle indagini dovrebbe possedere
una certa esperienza specifica e una capacità di interagire
con un minore vittima di abuso sessuale. In
caso contrario le modalità e gli esiti stessi delle indagini
verrebbero seriamente compromessi. Fin troppi
casi si concludono nell’incertezza poiché le informazioni
raccolte spesso indicano che in effetti un abuso
è stato commesso, ma non può essere dimostrato in
un processo.
Attualmente si registra una grave carenza delle specifiche
competenze necessarie a condurre indagini
adeguate e a valutare correttamente le dichiarazioni
dei minori.
La quarta conclusione da trarre quindi è che:
1. è necessario potenziare il livello di preparazione di
tutti gli operatori coinvolti nelle indagini e in tutte
le fasi del procedimento giudiziario nei casi di abuso
sessuale in danno a minori;
2. questo tipo di preparazione può essere offerta da
corsi di formazione e un certo livello di specializzaz
i o n e ;
3. è necessario raggiungere un elevato livello di collaborazione
multidisciplinare che coinvolga esperti in
campo medico, psichiatrico e psicologico;
4. si deve potenziare ulteriormente il coord i n a m e n t o
tra gli operatori giudiziari;
5. è necessario sviluppare dei protocolli d’intesa tra le
autorità coinvolte che stabiliscano metodi d’indagine
comuni e soprattutto tecniche di ascolto e criteri
di valutazione della dichiarazione resa dal minore.
Di seguito verranno approfonditi gli ultimi tre punti
della precedente conclusione.
4 8
• S AV E T HE C H I L DR EN
1. Maggiori competenze
Qualunque cosa abbia provocato il sospetto che sia
stato commesso un abuso sessuale, tale sospetto è
comunque l’espressione di un grave conflitto tra un
minore e uno o più adulti (o, in casi eccezionali,
principalmente tra adulti che usano il minore come
strumento del loro conflitto). Le autorità giudiziarie
coinvolte hanno il compito di scoprire le caratteristiche
di tale conflitto e di spiegare quale sia la causa
che ha portato al sospetto di abuso sessuale. Eventi
del genere possono essere spiegati solo grazie a
un’approfondita conoscenza dei meccanismi interni
della società e dei modelli di comportamento del minore.
Come viene ripetuto più volte in questo studio,
la mera conoscenza delle dinamiche psicologiche
dei bambini non è sufficiente in questi casi: tutti
gli operatori coinvolti infatti devono possedere una
conoscenza specifica delle dinamiche psicologiche
dei minori vittime di abuso sessuale. È fondamentale
capire che i minori reagiscono in modi diversi a una
stessa situazione, ma soprattutto non si può pretendere
che si comportino razionalmente (o come se
fossero adulti). Spesso il bambino non capisce di essere
vittima di un comportamento scorretto e in
molti casi prova sentimenti conflittuali: da un lato ha
bisogno di amore e intimità, dall’altro prova un forte
senso di colpa e disagio per l’accaduto.
Per questo motivo gli operatori coinvolti devono
possedere una preparazione di tipo psicologico, la
capacità di interagire in modo appropriato con il minore
e di svolgere le attività di indagine con la giusta
impostazione. Conoscenze e capacità così specifiche
sono frutto di un alto livello di specializzazione e di
una formazione sviluppata nell’ambito di sezioni
speciali che operano a livello regionale. Nei casi in
cui sia particolarmente difficile garantire questa specializzazione,
come accade per esempio per la pubblica
accusa e i giudici di alcuni paesi, dovrebbe esistere
l’obbligo di seguire un corso di formazione di
almeno una settimana prima di essere assegnati al
caso. Infine giudici, pubblici ministeri e avvocati difensori
che operano in questo settore dovrebbero
avere accesso a una formazione continua in modo da
mantenersi aggiornati sui rilevanti sviluppi scientifici
e metodologici.
Nel caso in cui la preparazione personale non sia sufficiente,
il pubblico ministero o il giudice devono essere
pronti a richiedere la consulenza di esperti ( a d
es. specialisti di psicologia o psichiatria infantile). In
questo caso è fondamentale richiedere la consulenza
dell’esperto più adatto ad ogni specifico compito e
spiegare chiaramente il tipo di consulenza richiesta. È
importante distinguere, per esempio, tra il compito
terapeutico e quello processuale. Lo psicologo o lo
psichiatra clinico che ha in cura il minore svolge un
compito terapeutico ed è adatto ad esprimere il proprio
parere sui sintomi del minore, sul suo stato mentale
o per formulare una diagnosi. La stessa figura
professionale è però meno adatta a partecipare alle
indagini o ad esprimere un parere sull’attendibilità
del minore. Allo stesso tempo è importante chiarire
se si richiede un parere professionale espresso in termini
generali, per esempio su quali siano i sintomi tipici
di un avvenuto abuso o su come riemergano i ricordi
in un minore traumatizzato, o se piuttosto si voglia
sapere da un esperto se una specifica dichiarazione
resa dal minore può davvero essere frutto di un
abuso. Dato che, a seconda delle situazioni, si può richiedere
la consulenza professionale di diversi esperti,
è auspicabile che gli inquirenti possano fare riferimento
ad uno speciale pool di professionisti, formato
da psicologi, psichiatri infantili, assistenti sociali ecc.
È particolarmente importante che l’operatore che
raccoglie la dichiarazione del minore (di solito lo
stesso funzionario di polizia che intervista il minore)
sia particolarmente preparato. Per questo compito
corsi di formazione della durata di una settimana
sulle tecniche di ascolto dei minori vittime di abuso
sessuale non sono certo sufficienti, ma sono necessarie
conoscenze più approfondite. Da questo punto
di vista un buon esempio è quello norvegese, che
prevede l’intervento di uno psicologo che pone le
domande sotto la supervisione di un giudice. Infatti,
se la persona che ha il compito di ascoltare il minore
non possiede una specifica preparazione (o un’ampia
esperienza) sulle dinamiche comportamentali
delle piccole vittime, l’esito dell’ascolto rischia di essere
negativo. In questo caso è poi molto difficile rimediare
al danno poiché il minore tende a chiudersi
in se stesso e non vuole più parlare dell’accaduto.
Una preparazione di base in questi casi non è assolutamente
garanzia di riuscita poiché “l’arte” di ascoltare
un minore richiede anche un grande impegno e
una particolare predisposizione. Tuttavia senza una
tale preparazione di base si rischia di far perdere al
minore l’opportunità di ottenere giustizia. Particolarmente
dannoso è l’uso di un metodo errato di
porre le domande, per cui il minore non viene messo
4 9
C HI L D A B U S E A N D A D U LT J U S T I C E •
in grado di fornire delle informazioni sufficienti; oppure
il racconto del minore finisce per essere indotto
e non spontaneo tanto che, a un’analisi successiva,
sarà chiaro che non avrà valore probatorio perché
la fonte delle informazioni emerse non è il minore,
bensì l’intervistatore.
Il presente studio non vuole indicare il metodo migliore
di preparazione per svolgere questo compito.
Studi internazionali al riguardo, principalmente condotti
in USA, indicano che le tecniche di intervista si
apprendono soprattutto con l’esperienza3 4. Lo studio
teorico e l’apprendimento di trucchi o espedienti
per far parlare il minore non sono sufficienti. Più
di ogni altra cosa è necessaria una formazione sul
campo. L’operatore deve essere seguito e guidato e
naturalmente dovrebbe lavorare in gruppo. Lavorando
in gruppo infatti si valutano insieme gli esiti
delle interviste e si impara gli uni dagli altri. Inoltre
è possibile individuare e valutare costantemente il livello
di preparazione e gli eventuali problemi dei
singoli operatori.
2. Coord i n a m e n t o
I casi di minori vittima di abuso sessuale sono particolarmente
difficili e complessi e perciò richiedono
un intenso lavoro di collaborazione. Infatti durante
questo tipo di indagini si deve spesso ricorrere a
un’ampia gamma di conoscenze multidisciplinari
che un singolo individuo difficilmente possiede.
Un’indagine del genere è molto ampia e articolata
ed è quindi necessaria la collaborazione di tutti i
professionisti coinvolti. In questo senso un coordinamento
strutturale, anche di tipo informale, tra gli
operatori sociali e giudiziari può produrre ottimi risultati.
Infatti concentrando in un’unica unità operativa
tutte le risorse necessarie alle attività d’indagine
e all’assistenza al minore sarà possibile stabilire
dei metodi di lavoro più efficaci e accrescere la
collaborazione e le conoscenze a livello multidisciplinare.
Con questo spirito, negli USA (ad es. nello St a t o
dello Utah) sono stati creati dei centri specializzati
dove i minori vittime di un presunto abuso ricevono
tutta la necessaria assistenza medica, psicologica e
legale e dove si svolgono anche gli accertamenti sul
presunto abuso. Il Barnahús (Casa del Bambino) in
Islanda è stato concepito con la stessa intenzione di
convogliare tutte le risorse in un unico centro. La
Casa del Bambino infatti è stata creata allo scopo di
ottenere il massimo livello di coordinamento tra servizi
sociali, servizi sanitari e autorità giudiziarie e inquirenti
(ad es. polizia e pubblica accusa). Grazie a
questa concentrazione di risorse si è stabilita una
collaborazione formale tra le diverse professionalità
coinvolte che non solo ha facilitato lo scambio di
informazioni e conoscenze, ma ha anche permesso
di definire in modo più accurato il compito di ognuno
e le responsabilità degli esperti nell’ambito delle
attività d’indagine e di assistenza al minore. Riunendo
in uno stesso luogo i gruppi di esperti dei vari
settori (giurisprudenza, tecniche di ascolto o problemi
di medicina legale) il livello di preparazione del
singolo e del gruppo cresce costantemente favorendo
così sia le attività di indagine sia la qualità dell’assistenza
al minore. Inoltre, dato che tutte queste
attività si svolgono in uno stesso luogo, il minore
non deve spostarsi da un ufficio all’altro e subisce
quindi un minore disagio. Il bambino si trova in un
ambiente creato appositamente per rispondere alle
sue esigenze, e che con il tempo diventerà a lui familiare,
contribuendo così a farlo sentire sempre più al
sicuro. Il referente del minore è quasi sempre la
stessa persona (di solito la stessa che conduce gli
ascolti) e le attività d’indagine vengono concluse il
prima possibile. In questo modo si riduce l’effetto
traumatizzante che l’indagine in sé può produrre sul
minore. In altre parole, la logica che guida il funzionamento
della Casa del Bambino è quella di evitare
che il minore subisca ulteriori traumi e fare in modo
che l’indagine si concluda rapidamente.
La Casa del Bambino è stata aperta nel 1998 nella
capitale Reykjavik e accoglie minori da tutto il paese.
Inizialmente i funzionari di polizia presenti nel
centro erano anche responsabili dell’ascolto del minore.
Tuttavia in seguito l’Islanda ha introdotto il
modello norvegese in base al quale è il magistrato a
condurre l’audizione del minore, per cui questa importante
fase del procedimento può avvenire fuori
dal centro. Molti magistrati hanno scelto di recarsi
comunque presso il Centro per ascoltare il minore,
nonostante molti tribunali si siano dotati di aule
speciali per l’audizione protetta (dotate di sistemi di
videoregistrazione ecc.) e molti altri giudici hanno
5 0
• S AV E T H E C H I L D R E N
3 4 Vedi Michael Lamb et al., ÒConducting investigative interviews of alleged
sexual abuse victimÓ, Child Abuse & Neglect 1998.
deciso di effettuare l’audizione presso i tribunali35.
Dal punto di vista dei diritti del minore questa possibilità
di scelta da parte del magistrato è da considerarsi
regressiva. Prima di tutto, trovarsi in un
nuovo ambiente può inibire o provocare un ulteriore
stress alla piccola vittima; in secondo luogo, il
metodo procedurale finisce per dipendere dalle preferenze
personali dei vari magistrati: infatti si può
conoscere il luogo dove avverrà l’audizione solo dopo
aver saputo quale giudice è stato assegnato al caso
e quali sono le sue preferenze al riguardo. Pertanto
attualmente e con riferimento al luogo dove svolgere
l’audizione, il diritto di scelta del giudice prevale
sull’esigenza di tutelare il minore.
Anche in Spagna e in Italia esistono dei centri simili
alla Casa del Bambino, per esempio il Centro del
Bambino Maltrattato a Milano (già attivo dal 1984) e
il GOIAM di Palermo. In Grecia sono stati avviati
dei progetti pilota per questo tipo di centri. Tu t t a v i a
in questi paesi il coordinamento tra le autorità giudiziarie
e inquirenti non è sviluppato come in Islanda.
Il presente studio suggerisce che l’esempio islandese
può rappresentare un possibile modello da seguire
per il potenziamento sia delle attività d’indagine sia
dell’assistenza al minore vittima di abusi. Il coordinamento
con tutte le forze sociali operanti nel settore
permetterà infatti di condurre le attività d’indagine
in modo più efficiente. L’assistenza sarà decisamente
migliore e il minore stesso si sentirà più protetto
non dovendo recarsi più volte in diversi uffici
per essere ascoltato.
3. Sviluppo di metodi comuni
Dal punto di vista giuridico, la questione più complessa
nei casi di presunto abuso sessuale in danno a
minori è trovare il giusto equilibrio tra i diritti della
difesa e la tutela giuridica del minore; tuttavia tale
problema non può essere risolto attraverso riforme
radicali dell’ordinamento giudiziario. Da un lato,
non ci si può aspettare che un minore sia in grado di
formulare il racconto accusatorio con la stessa chiarezza
con cui lo farebbe un adulto. Dall’altro lato,
non si può condannare una persona sospetta solo
sulla base del racconto di un minore, se la sua dichiarazione
è talmente vaga da non permettere
neanche di verificare se l’abuso sia effettivamente
avvenuto. Inoltre tutti gli ordinamenti giuridici prevedono
che, come nel caso di tutti gli altri reati gravi,
anche nei casi di presunto abuso sessuale in danno
a minori il reato venga provato “al di là di ogni
ragionevole dubbio”, ponendo il minore in un’evidente
posizione di svantaggio rispetto all’adulto.
Una riforma radicale in questo senso potrebbe prevedere
la riduzione delle prove necessarie in questi
casi, oppure la possibilità che il racconto accusatorio
sia meno preciso (ad es. i dettagli su quando, dove e
come è avvenuto l’abuso). Tuttavia una tale riforma
non sembra essere all’ordine del giorno nei paesi
presi in esame. Inoltre, in linea di principio, una
riforma del genere potrebbe violare la Convenzione
d’Europa sui Diritti dell’Uomo, e probabilmente
molti innocenti rischierebbero di essere condannati.
Perciò, nei reati commessi da un adulto a danno di
un minore, i diritti della difesa sembrano prevalere
sulla tutela giuridica, l’adulto si trova in una situazione
di vantaggio rispetto al minore. È quindi difficile
per un minore vittima di abuso ottenere giustizia
attraverso il procedimento penale. Molti casi infatti
vengono archiviati quando il materiale probatorio si
rivela insufficiente.
Attualmente nel quadro delle normative europee il
minore si trova in una posizione giuridica sfavorevole.
Un atteggiamento rinunciatario da parte degli inquirenti
porta spesso all’archiviazione dei casi di
abuso di bambini in tenera età, soprattutto in mancanza
di prove evidenti (testimoni, tracce di DNA,
evidenti obiettività mediche ecc.). Questi casi passano
quindi nelle mani dei servizi sociali. Invece di
scoprire se si sia davvero verificato un reato punibile,
la questione diventa un problema sociale. Si decide
quale tipo di assistenza fornire (sociale, psicologica,
medica ecc.) e si verifica se il minore debba essere
protetto (per esempio affidato a un tutore) per
evitare la reiterazione dell’abuso. Se invece si vuole
arrivare a una soluzione del caso anche da un punto
di vista legale, è necessario accrescere la preparazione
degli inquirenti allo scopo di condurre le indagini
in modo più efficace.
La situazione sarebbe certamente migliore se tutti gli
operatori fossero più preparati e competenti. La possibilità
di un maggiore coordinamento tra esperti che
lavorino in gruppo favorirebbe certamente una mi-
5 1
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
3 5 La Corte Suprema dÕIslanda ha stabilito che il minore non pu˜ richiedere
di essere sentito presso la Casa del Bambino. Se il tribunale  dotato
delle strutture adeguate, la decisione sarˆ presa a discrezione del tribunale
stesso.
gliore attività d’indagine. Tuttavia è importante ricordare
che una maggiore preparazione da parte di
tutti è un elemento necessario, ma non sufficiente, a
garantire degli esiti positivi. Per ottenere i risultati
migliori questa conoscenza deve essere utilizzata in
modo adeguato: deve essere applicata in base a uno
specifico metodo d’indagine che permetta di stabilire
la verità riguardo a un presunto abuso sessuale.
Dato che attualmente gran parte dei procedimenti
portano a scarsi risultati (bassa percentuale di casi
risolti), è necessario raggiungere livelli qualitativi migliori,
in termini non solo di preparazione, ma anche
di metodi. Il miglioramento dei metodi di indagine
nei casi di abuso sessuale a danno di minori è quindi
un elemento chiave per garantire una maggiore tutela
giuridica del minore.
Per quanto sviluppati, i modelli teorici che delineano
le varie tecniche di ascolto del minore vittima di
abusi non possono garantire di per se stessi una
maggiore percentuale di casi risolti. Il problema del
metodo riguarda piuttosto l’atteggiamento da tenere
durante le fasi del procedimento giudiziario.
Per quanto riguarda l’operatore che conduce l’ascolto,
il risultato dipende soprattutto da caratteristiche
personali, dalla capacità di interagire con il minore e
di saper applicare i modelli teorici ai singoli casi.
L’operatore deve possedere doti di sensibilità e flessibilità,
deve saper trattare ogni minore come un individuo
unico e deve capire che non esistono dei
metodi prestabiliti per valutare la dichiarazione di
un minore. I corsi di formazione offrono una conoscenza
di base da utilizzare come punto di partenza,
come strategia di comportamento e come una possibile
fonte di strumenti per risolvere svariati problemi
che si presentino durante l’ascolto del minore.
Possedere tali conoscenze non significa però saperle
applicare nella realtà. Per alcuni queste tecniche sono
infallibili, per altri funzionano solo ogni tanto,
per altri ancora non funzionano mai, soprattutto se
il minore non vuole collaborare. L’esito di un’audizione
o di un ascolto non dipende necessariamente
dalle capacità tecniche, ma piuttosto dall’attitudine
più o meno sviluppata che alcuni hanno nel saper
creare un rapporto di fiducia con il minore. Per questo
motivo è importante che a livello giuridico non si
consideri come unico criterio di selezione di questi
operatori la mera formazione teorica. Una formazione
teorica e specializzata per le attività di ascolto del
minore vittima di abuso fornisce delle conoscenze di
base fondamentali per poter superare i vari ostacoli
che si presentano durante un ascolto, ma, allo stesso
tempo, si deve ricordare che il miglior operatore è
quello che dimostra di avere la migliore attitudine
ad ottenere buoni risultati da un minore. Se il responsabile
delle indagini preliminari ritiene che il
minore in questione non sia in grado o non voglia
parlare spontaneamente, è estremamente importante,
per il bene della vittima, che l’ascolto venga condotto
dalla persona che si sia dimostrata capace di
stabilire con lui un rapporto di fiducia.
Dal punto di vista dell’indagine in senso più ampio,
l’atteggiamento è importante anche per quanto riguarda
il problema della raccolta delle prove. Se si
dà giustamente per scontato che il procedimento
giudiziario venga gestito e controllato da persone
adulte, si può anche pensare che il minore si debba
comportare il più possibile come un adulto. Da questo
punto di vista l’obiettivo sarebbe quello di far
“funzionare” un minore come un testimone adulto;
ma si tratta spesso di un’ambizione difficilmente realizzabile.
Se invece si considera la questione dal punto
di vista delle limitate capacità di un minore, si dovrà
invece cercare di comprenderlo e sostenerlo. Da
questo diverso punto di vista, l’obiettivo è quello di
non imporre delle aspettative che il minore, per la
sua età, maturità e capacità d’espressione, non potrà
certo soddisfare. L’obiettivo è invece quello di concentrarsi
su quegli elementi che realisticamente potrebbero
confortare (o smentire) l’ipotesi accusatoria.
L’operatore che conduce l’ascolto deve quindi
cercare di sfruttare tutte le possibili occasioni di acquisizione
di prove a sostegno della tesi accusatoria
(che normalmente si basa su informazioni fornite dal
minore). Per ottenere queste informazioni è necessario
adattare i vari aspetti dell’indagine alle circostanze
del caso, soprattutto a seconda che l’identità del
presunto abusante sia o meno conosciuta. Se l’identità
dell’autore del reato è sconosciuta, i problemi
principali risiedono prima di tutto nell’incapacità del
minore di dare una buona descrizione dell’abusante.
È necessario quindi rilevare tutte le tracce presenti
sia sul luogo del reato sia sulla vittima, cercare dei testimoni,
indagare su casi simili nella stessa zona ecc.
Se invece il minore conosce l’identità del presunto
abusante, è importante interrogare persone a lui/lei
familiari (prima di tutto la madre) per capire come
sia nato il sospetto dell’abuso e come sia stato confermato
dal minore. Si deve richiedere una visita me-
5 2
• S AV E T H E C HI LD R EN
dica, una perizia sui sintomi psicologici e comportamentali
del minore e una valutazione della dichiarazione
da lui/lei resa, ma soprattutto si deve interrogare
il sospetto abusante più volte e in modo molto
approfondito finché non si riesca ad ottenere una
spiegazione “plausibile” del racconto accusatorio del
minore. Nei casi in cui non si riesca a raccogliere sufficiente
materiale probatorio, l’inquirente non deve
necessariamente fare affidamento solo sulla dichiarazione
del minore. Se l’abuso si è effettivamente verificato,
o se comunque è avvenuto qualcosa che può
essere erroneamente interpretato come tale, c’è ancora
un’altra fonte di informazioni a cui rivolgersi oltre
che al minore: l’adulto accusato dell’abuso.
Spesso si presume erroneamente che l’indagato voglia
negare comunque il reato, anche nel caso in cui
lo abbia effettivamente commesso. L’ a t t e g g i a m e n t o
più corretto da tenere nei confronti dell’indagato è
invece quello di presumere che abbia bisogno di ammettere
che l’abuso si è effettivamente verificato e
anche che sia pronto ad ammettere una sua eventuale
condotta scorretta 3 6. In alcun paesi, come gli USA
e la Francia, questo tipo di atteggiamento “socio-psicologico”
durante l’indagine ha prodotto eccellenti
r i s u l t a ti3 7. L’elemento cruciale in questi contesti è la
pazienza: l’indagine su un reato a sfondo sessuale
viene prima di tutto vista come l’indagine su un conflitto
di tipo “sociale” tra due individui, un conflitto
che deve essere risolto per permettere agli individui
coinvolti di proseguire la propria vita.
VI. Raccomandazioni
di Save the Childre n
Alla luce di quanto è emerso dal presente rapporto
si può concludere che è estremamente difficile per i
minori vittime di abuso sessuale in Europa ottenere
giustizia nell’ambito del procedimento penale. In
tutti i paesi presi in esame la situazione del minore
vittima di abuso sessuale è tutt’altro che soddisfacente.
Esistono degli esempi positivi che tuttavia sono
troppo rari e sporadici rispetto alla gravità e all’incidenza
di questi reati. La percentuale di casi risolti
è bassa, così come l’efficacia delle attività d’indagine.
Queste carenze sono in parte dovute ad una
insufficiente considerazione delle esigenze e delle
capacità del minore. Infatti nei casi che vedono un
minore-vittima contrapposta a un adulto presunto
abusante, il diritto alla difesa dell’adulto prevale sul
diritto alla tutela giuridica del minore.
Allo stato attuale il procedimento penale risponde
alle esigenze degli adulti, ma non a quelle del minore,
il quale si trova in una posizione di svantaggio,
visto che le norme che regolano il procedimento e
l’assunzione delle prove sono state concepite avendo
in mente solo persone adulte. Inoltre più il minore è
giovane più è difficile poter far valere i suoi diritti.
Per garantire che in Europa tutte le vittime di reati penali
possano riuscire ad ottenere giustizia, indipendentemente
dalla loro età, è necessario avviare nel lungo
periodo una serie di riforme strutturali degli ord i n amenti
giuridici europei allo scopo di adattarli alle esigenze,
alle situazioni e alle capacità del minore, incluso
il minore disabile o comunque svantaggiato rispetto ad
altri minori. Attualmente, nell’ambito degli ord i n amenti
giuridici, c’è ampio margine per un immediato e
significativo miglioramento del tipo di assistenza giuridica
e socio-psicologica offerta ai minori vittime di abuso
sessuale. Save the Children ritiene possibile garantire
che il minore vittima di abuso abbia maggiori probabilità
di ottenere giustizia riducendo allo stesso tempo
il rischio di rivittimizzazione, senza per questo violare
il diritto dell’imputato a un giusto processo.
Save the Children si rivolge ai governi europei così
come a tutte le autorità coinvolte e alla società civile,
affinché prendano i provvedimenti necessari per migliorare
immediatamente la situazione dei minori
vittime di abuso sessuale nei procedimenti penali.
Le linee guida proposte da Save the Children sono:
1. Garantire la massima priorità alle attività
di indagine nei casi di abuso sessuale
a danno di minori
Tutti i responsabili e le autorità coinvolte nelle indagini
e la valutazione dei casi di abusi sessuali su minore
devono riconoscere la complessità e la diversità
di questi casi rispetto ad altri e la necessità di dare loro
la massima priorità in termini di risorse disponibili.
Un errore giudiziario o un’indagine interrotta prematuramente
possono avere un effetto devastante
sulla vita delle persone coinvolte: è quindi di fondamentale
importanza che le indagini siano condotte nel
5 3
C HI LD A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
36 Anche se spesso lÕabuso viene minimizzato e giustificato dicendo che
 stato il minore a prendere lÕiniziativa.
3 7 In questi paesi questo metodo viene applicato nellÕambito della cosiddetta
Giurisprudenza Terapeutica (Therapeutic Jurisprudence); vedi per
esempio D. Wexler & B. Winick ÇLaw in a Therapeutic KeyÈ, Carolina, 1996.
modo più appropriato possibile. Nel rispetto degli interessi
di entrambe le parti, le indagini dovrebbero
essere svolte il più rapidamente possibile e dovre b b ero
avere la precedenza sulle indagini su altri re a t i.
2. Raff o rz a re la tutela dei diritti del minore
Come in tutti i procedimenti giudiziari, si deve trovare
un giusto equilibrio tra la tutela giuridica del min
o re e il diritto alla difesa dell’indagato. Durante il
procedimento, nessuno di questi due diritti può prevalere
sull’altro. Tuttavia, nel caso in cui i diritti del
minore siano in conflitto con quelli degli adulti – siano
essi i diritti dell’indagato, le forme tradizionali
che assume il processo o il potere decisionale del
giudice sulla forma che dovrà assumere il processo –
il diritto del minore deve avere la priorità. I n o l t re i
diritti del minore devono trovare chiara espre s s i o n e
nell’ambito dell’ordinamento giuridico nazionale. Il
procedimento giudiziario deve essere adattato alle
capacità, alle esigenze e alla tutela del minore, sia nei
casi in cui sia fisicamente coinvolto nelle indagini e
nel processo, sia nei casi in cui sia presente solo il
suo rappresentante legale.
Sin dall’inizio delle indagini il minore dovrebbe avere
diritto a un proprio rappresentante legale, pagato dallo
Stato. L’incarico dovrebbe essere affidato ad una
persona dotata di specifiche competenze nel settore e
di una buona conoscenza delle dinamiche psicologiche
peculiari ai minori vittime di abuso sessuale.
Ove necessario, al momento della dichiarazione, si
deve richiedere la consulenza di esperti nel trattamento
di casi di abuso sessuale a danno di minori.
In linea di principio, durante l’audizione si deve evitare
di porre domande suggestive o ipotetiche: infatti
la difesa potrebbe mettere in dubbio la validità
delle informazioni ottenute in questo modo e la corte
potrebbe valutarle con molta più cautela rispetto
a una dichiarazione resa in modo spontaneo.
Si è inoltre rilevata un’applicazione della legge eccessivamente
rigida. È pertanto necessario introdurre un
maggiore livello di flessibilità. Il minore, infatti, sarebbe
tutelato maggiormente se, volta per volta, si
prendessero delle decisioni basate su elementi quali
l’età, lo sviluppo, la maturità del minore e le circostanze
del caso. Tutti gli ordinamenti europei dovrebbero
inoltre applicare delle regole tutelanti valide per
tutti i minori, siano essi vittime o testimoni.
Per poter ottenere ulteriori riscontri è importante effettuare
un accertamento medico quando non sia ancora
trascorso troppo tempo dall’ultimo abuso. L’ a ccertamento
medico dovrebbe essere effettuato anche
se il minore non ha riportato lesioni o segni evidenti
e anche se le lesioni rilevate potrebbero non essere
state causate dall’abuso. La visita dovrebbe essere
curata da personale professionalmente preparato e i
paesi in cui la medicina legale ancora non esiste dovrebbero
avviare un programma di specializzazione
in questa disciplina. Il medico che effettua l’accertamento
dovrebbe anche conoscere le dinamiche psicologiche
dei minori vittime di abuso sessuale e la
vittima dovrebbe essere adeguatamente preparata ad
affrontare la visita. Le obiettività mediche possono
fornire un importante riscontro al racconto accusatorio,
tuttavia l’assenza di tali obiettività non smentisce
di per sé l’ipotesi dell’accusa. In questo caso le
indagini dovranno seguire altre direzioni.
Il benessere psicologico e sociale del minore deve
essere considerato una condizione essenziale per il
buon esito del procedimento. In generale, il sostegno
al minore (sul piano sociale, psicologico, medico
ecc.) si deve coniugare, ma mai prevalere, sull’impegno
profuso per svolgere al meglio le indagini.
3. Tu t e l a re maggiormente il benessere
psicologico e sociale del minore
Le indagini e la deposizione in aula devono avvenire
s e m p re nel rispetto del superiore interesse del minore.
Per determinare di volta in volta quale sia il superiore
interesse del minore si devono ponderare adeguatamente
le esigenze, lo sviluppo, la maturità e lo stato
mentale del minore.
Le indagini e il procedimento giudiziario devono essere
concepiti in modo tale da ridurre al minimo il
rischio di rivittimizzazione, nel rispetto del principio
per cui, indipendentemente dall’esito, alla fine del
procedimento il minore dovrebbe trovarsi in una situazione
migliore di quanto non fosse all’inizio.
Se il rappresentante legale del minore non è in grado
di fornire la necessaria assistenza psicologica durante
l’audizione, tale assistenza gli dovrebbe essere fornita
da un professionista, anche nel caso in cui il sospetto
abusante non sia uno stretto conoscente del
minore. Questi infatti non si sentirà libero di esprimersi
apertamente in presenza dei genitori o dei tutori,
i quali si sentirebbero a loro volta molto a disagio
durante l’ascolto.
Il minore dovrebbe essere ascoltato, esaminato e curato
in un ambiente in cui si possa sentire al sicuro e a pro-
5 4
• S AV E T HE C H I L DR EN
prio agio. Tutte le autorità coinvolte nelle indagini e
nel procedimento giudiziario – la pubblica accusa, la
polizia, l’assistenza sociale e sanitaria – dovrebbero
lavorare in sinergia in modo da evitare al minore numerosi
spostamenti in diversi uffici e la duplicazione
di ascolti e accertamenti. È auspicabile che tutte le attività
necessarie si svolgano nello stesso luogo.
È importante ridurre al minimo il numero di persone
che dovranno interagire con il minore durante le indagini.
Infatti un elevato numero di persone da incont
r a re è fonte di eccessivo stress per il minore, soprattutto
se il motivo di questi incontri è la ripetizione
della dichiarazione già resa dal minore.
È importante anche ridurre il numero di occasioni in
cui il minore viene ascoltato, così come il tempo trascorso
tra un ascolto e l’altro. Il numero di ascolti necessario
ad ottenere la dichiarazione e permettere alla
difesa di porre ulteriori domande può variare, ma,
con una pianificazione adeguata, si potrebbe ridurre
a una-tre occasioni. La dichiarazione dovrebbe essere
videoregistrata per evitarne la ripetizione da parte
del minore.
In linea di principio il minore non dovrebbe essere
ascoltato durante il dibattimento, ma, se ciò dovesse
a c c a d e re, si dovrebbe utilizzare un sistema tv a circuito
chiuso.
In qualunque fase del procedimento, durante gli
ascolti o qualunque altro incontro con le autorità
coinvolte, si dovrà evitare il contatto diretto tra minore
e presunto abusante.
4. Accre s c e re la preparazione di tutti
gli operatori e il coordinamento
tra le autorità coinvolte nelle indagini
e nel procedimento giudiziario
Nel rispetto della tutela giuridica del minore e dei
diritti della difesa casi simili dovrebbero essere trattati
con metodi simili. Il valore delle indagini e la valutazione
del presunto reato non dovrebbero dipendere
dalla discrezionalità del singolo. Si dovrebbe invece
raggiungere un livello di preparazione omogeneo
su tutto il territorio nazionale e durante tutte le fasi
del procedimento. Specifici corsi di formazione e un
certo livello di specializzazione degli operatori giudiziari
potrebbero contribuire ad alzare il livello di
preparazione generale. Si è inoltre rilevata la necessità
di sviluppare in modo continuativo tutti i metodi
di indagine, in particolare le tecniche di ascolto e
di valutazione delle dichiarazioni. La preparazione
richiesta in questi casi si basa su una conoscenza
specifica delle dinamiche comportamentali e psicologiche
dei minori vittime di abuso. La semplice familiarità
con i comportamenti dei bambini in generale
non è sufficiente per comprendere le complesse
reazioni del minore vittima di abuso sessuale. Spesso
è necessario richiedere la consulenza di esperti di
scienze del comportamento per garantire un’adeguata
acquisizione di informazioni. In questo caso gli
operatori devono possedere una preparazione specifica
tale da saper spiegare chiaramente ai consulenti
il tipo di informazioni di cui hanno bisogno. D’altro
canto, gli esperti del comportamento dovrebbero a
loro volta possedere una specializzazione tale da poter
capire le esigenze degli operatori giudiziari.
Le necessarie conoscenze si dovrebbero sviluppare
nel quadro di una più ampia collaborazione multidisciplinare
che coinvolga anche esperti di medicina,
psichiatria e psicologia e che veda una stretta collaborazione
tra i vari uffici durante le indagini, nonché
il coordinamento del lavoro in modo da favorire
una maggiore tutela del minore.
Tutti i paesi europei dovrebbero promuovere e sostenere,
nell’ambito dei propri ordinamenti, lo sviluppo
di un modello per il coordinamento delle risorse
destinate alle indagini. Nessuno dei paesi presi in
considerazione dal presente rapporto ha finora sviluppato,
a livello locale o nazionale, un modello organico
e coerente da applicare durante le indagini
condotte nei casi di presunto abuso sessuale su minori.
A questo riguardo la Casa del Bambino a
Reykjavik, in Islanda, e altri centri che operano a livello
locale in altri paesi possono essere considerati
dei buoni esempi da seguire.
5. Sviluppare una cooperazione
i n t e rnazionale e stabilire degli standard
minimi a livello europeo
Il presente rapporto dimostra che esistono differenze
significative tra i vari paesi presi in esame, sia in
termini di metodi applicati durante il procedimento
giudiziario in generale, sia in termini del ruolo assegnato
ai minori all’interno del procedimento stesso.
Considerando che si può imparare molto dagli
esempi e dall’esperienza acquisita in altri paesi, i governi
europei dovrebbero promuovere e sostenere
una collaborazione di ampio respiro sul piano giuridico
e scientifico, allo scopo di creare un modello
integrato di sviluppo delle capacità nel campo delle
5 5
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
indagini, della tutela e la cura del minore. Esiste un
chiaro legame tra cultura giuridica e sviluppo sociale
di un paese. In base a questo legame l’ordinamento
giudiziario deve garantire al minore quella tutela che
l’opinione pubblica ritiene sia dovuta visto il ruolo e
i diritti di cui il minore deve godere nella società.
Save the Children chiede che si sviluppi un modello
europeo che stabilisca degli standard minimi per la
tutela dei diritti del minore nei procedimenti penali.
Oltre al necessario sostegno sociale e psicologico, gli
standard minimi dovrebbero garantire anche il diritto
del minore a una tutela giuridica nell’ambito dei
procedimenti giudiziari.
VII. L’opinione di alcuni
p rofessionisti italiani
1. I n t ro d u z i o n e
a cura di Maria Rosa Dominici *
Il minore, vittima di abuso sessuale, come la vittimologia
minorile, tutt’ora hanno davanti a sé un percorso
ulteriormente vittimizzante legato alla difficoltà
che le problematiche che li riguardano sollevano
uscendo dall’invisibilità. Dal momento iniziale della
segnalazione, alla raccolta di prove, dopo il coraggio
della denuncia e l’audizione del Pubblico ministero
che attiverà o meno il percorso giuridico e giudiziario,
il minore, inizialmente solo e disorientato, entra
in relazione con istituzioni e normative, fatte da
adulti, che per autodifesa conscia o inconscia sono
scarsamente tutelanti e spesso inadeguate, molto teoriche
e poco pratiche, creando empasse procedurali,
legati al tempo delle comunicazioni fra le istituzioni,
alle deleghe delle prese in carico, alle confusioni metodologiche,
alla scarsa omogeneità qualitativa degli
interventi nello stesso territorio nazionale, dovuta
spesso alle iniziative, ancora di tipo locale, circa politiche
di informazione, formazione, prevenzione, sensibilizzazione
socio culturale. Questa visione articolata
deriva dall’esperienza di osservatore attore privilegiato
nella mia qualità di psicologo-psicoterapeuta
e giudice onorario presso il Tribunale dei minori,
ove mi occupo da anni di penale, come componente
laico del GUP, e dall’essere più volte stata nominata
consulente tecnico da vari PM in casi di presunto
abuso sessuale su minori, dall’essere stata esperta per
l’Italia in un progetto Daphne sui Minori Scomparsi,
che vedeva coinvolti paesi come l’Ungheria, la Polonia,
la Romania, il Belgio, l’Inghilterra, l’Olanda, e
dall’occuparmi da circa 30 anni di criminologia attinente
alla pedofilia, la pornografia e la prostituzione
minorile, come docente e supervisore presso scuole
di formazione, specializzazione, università, istituzioni
e progetti della Comunità Eu r o p e a .
L’orrore dei contenuti e delle storie di vita con le quali
mi confronto fanno sì che la comprensione del
profondo disagio, della sofferenza che spesso travolge
e coinvolge anche i vari operatori, professionisti, magistrati
che a vario titolo interagiscono con i minori
vittima di abuso mi vedono sempre più, convinta sostenitrice
del bisogno di una formazione permanente,
altamente specializzata, integrata e coordinata fra i
vari paesi e le varie istituzioni in modo da ottenere
una omogeneità di interventi e trattamenti procedurali
tutelanti, pur nel rispetto dell’individualità dei casi,
garantendo al minore abusato di “trovarsi in una
situazione migliore di quanto non fosse all’inizio”.
Si ravvisa pertanto anche l’esigenza di una formazione
psicosomatica che sappia dotare i vari operatori
di strumenti atti a comprendere, elaborare e usare in
modo adeguato le proprie reazioni emotive e fisiche,
così come quelle della vittima, il cui corpo ha subìto
comportamenti e condizionamenti sessuali che spesso
ha evitato con meccanismi di difesa, quali il pensiero
magico, l’innamoramento, la seduzione.
La soggezione, il plagio, la sessualizzazione precoce
e perversa hanno danneggiato non solo le reazioni
emotive, ma anche quelle fisiche del minore che ha
subìto abuso, per cui dovrebbe essere attivato un
percorso di “riparazione” anche corporea per le giovani
vittime di tali reati in cui l’autostima, la sacralità
del corpo e la progettualità di vita sono state devastate
dall’evento traumatico e stigmatizzante.
Tutte le raccomandazioni che Save the Children, a
conclusione, espone e propone in tale rapporto rappresentano
una necessità impellente di attuazione.
La riduzione degli ascolti del minore trovano grandi
possibilità nell’utilizzo della registrazione audio-video,
ormai l’uso dello specchio monodirezionale non
è più sconosciuto alla maggioranza delle giovani vittime
di abuso e può ingenerare ansia, timore, rittrattazione,
specie perché il senso di vergogna e il pudore
sono ancora forti, creando ulteriore fragilità nella
v i t t i m a .
5 6
• S AV E T H E C H I L DR E N
* Psicologo-psicoterapeuta e giudice onorario presso il Tribunale dei minori
di Bologna.
Tale pratica potrebbe essere sostituita da audizioni
videoregistrate, utili sin dalle primissime fasi di indagine,
in quanto permettono a tutti, dall’esperto al
PM di conoscere, vedere, capire le modalità comportamentali,
mimiche, verbali o silenti, della vittima
e, in una economia vitale reciproca, permettere di
focalizzare l’ascolto e porre le domande, creando
quel terzo linguaggio comune utile a una comunicazione
efficace; inoltre per tale motivo sarebbe oltremodo
saggio e tutelante, permettere l’incidente probatorio
anche a vittime che abbiano più di 16 anni.
Di tutto ciò ne trarrebbe vantaggio l’elemento importantissimo
della tempistica che ovviamente limita
l’ulteriore danno al minore abusato.
La rapidità permetterebbe di contenere non solo la
sofferenza umana, ma anche la fuga di notizie che
spesso, in questi casi, senza tenere conto di documenti
come le carte di Noto e di Treviso, fa sì che la
stampa crei vittimizzazione ulteriore, vista l’esposizione
di titoli cubitali che raccontano i fatti (spesso
ancora coperti da segreto istruttorio) visibilissimi
dalle vittime e dal contesto in cui vivono, rendendole
identificabili, creando pregiudizio per il loro reinserimento,
determinando fazioni colpevoliste o innocentiste
che possono influenzare anche gli esiti
processuali. Vorrei comunque concludere questa introduzione
con una nota positiva, testimoniale del
fatto che molto si sta facendo, e come si ottengano
5 7
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
IL FATTO: vengo contattata da un’ispettrice capo di polizia giudiziaria di un commissariato e da un ispettore, mi si chiede
se voglio occuparmi di un sospetto caso di incesto, che vede come responsabile un parricida,esponente di gruppo sovversivo, violento
tanto da fare temere gli stessi ispettori per la propria incolumità; accetto e lo stesso giorno il PM mi dà il mandato di consulente
tecnico: «svolga il CT relazioni e/o colloqui in materia di abusi sessuali nella classe di ... si proponga per l’ascolto e il supporto con garanzia
di anonimato qualora le ragazze dovessero farne richiesta. Svolga colloqui personali con le parti offese, documentandone il
contenuto ... si concede 90 giorni».
Infatti il controllo delle vittime, ridotte in schiavitù, è tale da dover creare strategie per poter intervenire e raccogliere le prove senza
creare preallarme o reazioni estreme da parte dell’abusante la cui pericolosità è nota.
Chiedo all’ispettrice capo e al suo aiutante, esperto in vittimologia la pianta dell’abitazione e creiamo la prima strategia per l’intercettazione
ambientale, che può avere luogo data la tempestività della segnalazione e denuncia,fatta dall’insegnante delle sorelle che subiscono
abuso e dall’amica che ha ricevuto la confessione di una di queste, tutte della stessa scuola.Viene inscenata una fuga di gas nel
palazzo delle minori, vi partecipano i vigili, l’ispettore del commissariato, esperti dell’azienda del gas e agenti mimetizzati che posizionano
le cimici per l’intercettazione ambientale , dopo un’analisi probabilistica della logistica,che ha focalizzato le stanze in cui potevano
avvenire gli abusi.
Tramite l’insegnante e la collaborazione del preside si crea la seconda strategia, ossia, con la scusa di un’improvvisa sostituzione, in via
amicale, terrò nella classe della vittima un seminario su Joice e Freud, visto che stanno facendo il ’900.
Dopo 48 ore di intercettazioni l’abuso incestuoso, quotidiano e reiterato è palesemente provato, il 4° giorno dal mandato, sabato
mattina, tengo il seminario mentre l’ispettrice e i colleghi di PG agiscono il prelievo e la carcerazione del padre.
A fine lezione , le sorelle vengono accompagnate nello studio del preside, presenti gli ispettori, io e l’educatrice dei servizi sociali, comunico,
in modo diretto, immediato, che è stato scoperto l’abuso, non a causa loro, ma perché intercettazioni ambientali erano state
poste, motivandole con i legami eversivi del padre, questo per non farle sentire in colpa e tamponare il terrore nei riguardi di possibili
ritorsioni da parte del padre: infatti nella tempesta emotiva-reattiva scatenatasi, all’immediato sollievo dell’una e al disorientamento
dell’altra seguono subito il terrore e la domanda “e se evade...?”.
Procediamo all’accompagnamento in luogo protetto delle minori, in cui l’ispettrice capo, l’assistente di PG e io seguiamo costantemente
con presenza empatica e sostegno psicologico le sorelle che hanno sviluppato una sorta di imprinting nei nostri riguardi. Nei
tre giorni che seguono i fatti vi è fuga di notizie sui giornali, decidiamo di non rivelarlo subito alle ragazze perchè l’indomani, mercoledì,
saranno sentite dal PM, e io le sto preparando al colloquio, chiedendo anche un contenimento medico e farmacologico dato lo
stato di stress.
Purtroppo con superficialità che in questi casi non dovrebbe esserci,viene mandato dai servizi sociali un altro medico, maschio e impreparato
a tale situazione, rispetto alla psichiatra da me richiesta,esperta in approcci e interventi analoghi,per cui si crea rifiuto da
parte delle ragazze che dopo molti sforzi avevano acconsentito, sussistendo fra l’altro rischio di comportamenti autolesivi.
Dal PM la più grande racconta tutti i fatti,anche alcuni che aveva taciuto a me, la minore parla ma, in momenti in cui cade nel preverbale,
risponde indicando su un disegno fatto dal PM le violenze subite.
Il giorno successivo leggo con loro gli articoli che le riguardano elaborandoli in una restituzione adeguata, aiutandole a riconoscersi
vittime e non colpevoli.Chiedono di poter tornare a scuola,intanto sono permesse visite di alcune compagne di scuola.Il sabato successivo
a quello del primo seminario fanno ritorno a scuola ove nella stessa classe tengo un secondo seminario potendone così accogliere
le ansie e elaborandole insieme, attuando un reinserimento adeguato, supportato dalla stima, rispetto e affetto dei compagni.
Il PM del tribunale ordinario ha richiesto l’incidente probatorio al giudice che lo ha confermato, vi è già la decadenza di potestà di entrambe
i genitori, ed è prevista la conclusione a breve, prima che, fra pochi mesi, la sorella maggiore compia i 18 anni.
esiti, agendo a contenitore concentrico, con azioni
sincroniche e integrate, attivando e coordinando
strategie di intervento adeguate.
A queste ragazze di 16 e 17 anni, agli ispettori, ai
magistrati, ai servizi sociali, alla scuola vorrei dedicare
questa introduzione.
Rilevando che la tutela del minore deve anche tenere
conto di come l’impatto con le prime persone che
raccolgono le loro storie di sofferenza crei, poi, un
rapporto di fiducia, affetto e riconoscenza che procedure
prive di tale sensibilizzazione impongono di interrompere,
facendo subentrare altri che spesso non
reggono la frustrazione iniziale del rifiuto e la fatica
del conquistarsi la fiducia con competenza e professionalità,
rese ottimali dalla capacità di gestire i propri
coinvolgimenti con l’umanità che ne compete, rafforzata
dall’obiettività della propria professionalità e dal
proprio ruolo che ha nell’essenza stessa del mandato,
di assicurare alla vittima il minor stress e la maggiore
tutela, raccomando quanto sia sempre più importante
ridurre al minimo il numero di persone che dovranno
interagire con le minori durante tutto il percorso giuridico
e giudiziario, evitando così che molti altri violino
reiteratamente il pudore di tali vittime.
Tutto ciò può accadere applicando tutti i cinque
punti della quarta conclusione che prospetta Save
the Children, che mi trova totalmente concorde.
2 . Il TCF (Centro per la tutela del bambino
e la terapia della crisi familiare )
a cura di Fulvia To g ni *
Il TCF è una struttura del dipartimento per le attività
socio-sanitarie integrate dell’ASL della Provincia
di Bergamo. Gli operatori sono assistenti sociali,
psicologi e psicoterapeuti, che si occupano della tutela
del minore, nei casi in cui è maltrattato, sessualmente
abusato, gravemente trascurato, o in situazione
di pregiudizio.
Il Servizio opera dal 1991 ed esplica la sua attività
attraverso vari interventi: la valutazione del danno e
il sostegno al bambino abusato e alla sua famiglia; la
valutazione della recuperabilità genitoriale; la mediazione
per coppie conflittuali con figli minori; l’accompagnamento
del minore abusato nelle diverse
fasi del procedimento giudiziario.
Nelle situazioni in cui il minore in carico entra in
contatto con l’ambito giudiziario, il ruolo assunto
dai professionisti del TCF può essere quello di testimone
tecnico, consulente che esprime un parere sull’attendibilità
del bambino, CTU, oppure ausiliario
durante la testimonianza nell’ambito dell’audizione
protetta. Quest’ultima attività si è andata notevolmente
ampliando negli ultimi anni: il Centro mette a
disposizione sia gli spazi fisici e l’apparecchiatura
(videoregistrazione a circuito chiuso), sia personale
qualificato esperto in psicologia infantile, che assiste
il minore durante la sua testimonianza. L’ a u m e n t o
numerico dei casi trattati ha fatto sì che gli operatori
concentrassero la propria attenzione sul ruolo del
bambino all’interno del contesto giudiziario.
Si sono quindi create le premesse per un confronto e
una collaborazione tra il Centro e la Procura della
Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Bergamo,
ove esiste un pool di magistrati che si sono specializzati
nei casi di abuso sessuale.
Nelle situazioni di questo tipo in ogni fase dell’intervento
è necessario mettere in campo competenze
di tipo sanitario, psicologico, educativo, sociale e legale:
l’interdisciplinarietà come metodo di lavoro è
un presupposto irrinunciabile per la protezione del
minore.
L’iter giudiziario è una fonte di preoccupazione e di
ansia per il bambino: è un contesto poco conosciuto,
che costringe il minore a prendere contatto con un
evento traumatico, andando a incidere sugli equilibri
relazionali della famiglia, determinando gravi
conseguenze correlate con l’eventuale arresto di un
f a m i l i a r e .
Nel contesto dell’audizione, gli operatori psicologici
coinvolti si assumono il compito di evitare che tale
circostanza aggravi la vulnerabilità del bambino, che
rischia quindi una seconda vittimizzazione. Per assolvere
a un ruolo così importante è fondamentale la
conoscenza psicologica della piccola vittima ed è
perciò auspicabile che la competenza dei professionisti
chiamati in causa venga utilizzata al meglio.
Tra le varie attività svolte dal TCF, ci soffermeremo
in particolare sul sostegno al minore nel percorso
giudiziario. Nel 2002 è stato formulato un documento
che, avendo come riferimento le “Linee guida in
tema di abuso sessuale a danno di minori” (CISMAI,
2001), è servito da spunto per un dibattito sul miglioramento
delle conoscenze reciproche tra operatori
psicologici e giuridici.
5 8
• S AV E T H E C H I L DR E N
* Psicologo-psicoterapeuta presso il TCF (Centro per la tutela del bambino
e la terapia della crisi familiare) Bergamo.
Nell’ottica di un coordinamento tra professionisti è
forte la convinzione che la conoscenza delle rispettive
competenze possa portare a un livello di maggiore
fiducia e quindi di collaborazione, presupposti indispensabili
per la tutela e la cura delle vittime di
abuso sessuale. Questo primo momento di confronto
ha fornito le basi per una promettente collaborazione
futura.
L’ambito giuridico e quello psicologico rappresentano
infatti due “mondi” molto diversi e all’apparenza
inconciliabili: si tratta infatti di due “culture”, che
operano con linguaggi propri e in tempi profondamente
differenti. Infatti l’ambito giuridico è deputato
alla persecuzione del reato e all’ottenimento della
giustizia; quello psicologico alla cura e alla riabilitazione.
In un’ottica di coordinamento si può invece
auspicare uno scambio di informazioni funzionale
sia alla tutela sia al benessere psicologico della vittima,
così come suggerito anche da Save the Children
nel presente documento.
Un esempio assai utile è rappresentato dalla scelta
del momento adatto per effettuare la raccolta della
testimonianza del bambino, attraverso l’audizione
protetta, in riferimento al suo stato psicologico.
Trattandosi infatti della richiesta di rievocare eventi
traumatici, occorre chiedersi se esistano sempre nelle
piccole vittime le condizioni di stabilità emotiva e
rielaborazione del trauma che possano consentire loro
di assolvere tale compito in modo efficace, senza
conseguenze ulteriormente dannose per il loro assetto
adattativo.
Le competenze psicologiche possono dunque essere
d’aiuto al giudice incaricato per le indagini preliminari,
il quale può così ottenere informazioni sufficienti
a posticipare un’audizione, sulla base di una
valutazione motivata, prodotta dal professionista che
ha in carico il minore.
Non va però dimenticato come anche l’ambito giudiziario
possa costituire un fondamentale ausilio per
quello psicologico, qualora il bambino, facendo l’esperienza
di essere ascoltato e creduto da un adulto
autorevole come il giudice, potrà in parte recuperare
la fiducia nel mondo adulto, passaggio importante
nel suo percorso terapeutico.
La particolare tipologia rappresentata dai minori
sessualmente abusati, richiede la messa in campo di
competenze precise, conditio sine qua non per raggiungere
un duplice obiettivo: da un lato la cura e il
recupero della piccola vittima, dall’altro il diritto a
un giusto processo per l’indagato.
La formazione degli operatori e la loro specializzazione
assumono dunque importanza fondamentale
in ogni fase del percorso, dalla segnalazione di un
presunto abuso fino all’espletamento del processo e
alla terapia della vittima.
In primo luogo è necessaria la conoscenza delle particolari
dinamiche psicologiche dei soggetti abusati;
va poi considerata la specifica modalità di funzionamento
psico-emotivo di quel particolare bambino,
nonché il significato che la sua testimonianza verrà
ad assumere in quel particolare momento del suo
percorso evolutivo e terapeutico.
Infine, all’interno di un ordinamento giuridico creato
e pensato esclusivamente sugli adulti, l’altissimo
numero di minori coinvolti come vittime (e di conseguenza
come testimoni) rende necessario mobilitare
ogni risorsa affinché si assicuri la preparazione tecnica
di ogni professionista coinvolto, perseguendo l’obiettivo
della coordinazione tra figure diverse e dello
sviluppo di metodologie specifiche.
In conclusione, in un’ottica di collaborazione tra
ambiti diversi, non va dimenticato il valore contemporaneamente
clinico e legale di una buona dichiarazione
resa dal bambino. Se infatti il minore sarà
aiutato a rielaborare i traumi subiti e a dare un senso
a quanto accadutogli, se avrà incontrato adulti disponibili
e in grado di adattare il linguaggio e le procedure
al suo livello evolutivo, aumenteranno le possibilità
che si arrivi alla fase del dibattimento.
Un esito processuale che porti al riconoscimento di
un colpevole dovrebbe avere il fine ultimo di favorire
nell’adulto l’abbattimento della negazione e la
presa di contatto con la propria responsabilità nella
sofferenza della vittima.
Rimane forte la convinzione che molti sforzi debbano
ancora essere compiuti affinché le persone che
commettono un reato grave, come l’abuso sessuale
ai danni di minori, possano arrivare a maturare una
richiesta di cura per la propria patologia.
R i a s s u m e n d o
I punti fondamentali sui quali si rende necessario
uno sforzo comune sono:
1 . Creare momenti di confronto, dibattito, conoscenza
tra ambito giuridico e psicologico, finalizzati
allo scambio di informazioni e alla costruzione
di protocolli operativi;
5 9
C HI L D A B U S E AN D A D U LT J U S T I C E •
2 . Favorire la specializzazione degli operatori, form
a n d o :
• specialisti nella valutazione, diagnosi e cura dei
soggetti vittime di abuso;
• professionisti in grado di adattare linguaggi e metodologie
all’età del bambino, facendo sì che un
minore anche molto piccolo possa rendere la migliore
testimonianza possibile;
• peratori in grado di occuparsi della cura e del recupero
dei soggetti abusanti.
3. Il punto di vista di un avvocato
a cura di Laura De Rui *
Condivido appieno il contenuto delle linee guida di
Save the Children.
Mi ha molto colpito l’affermazione contenuta nel
rapporto secondo la quale, a prescindere dal risultato…,“
il minore dovrebbe trovarsi in una situazione
migliore di quanto non fosse all’inizio del procedimento
stesso”… Se ciò non accade, significa… “che
il sistema giudiziario non ha funzionato”.
Sono perfettamente d’accordo con tale affermazione,
che mi porta inevitabilmente a constatare che
nella mia esperienza raramente il sistema ha funzion
a t o .
Nell’insieme di casi seguiti personalmente in aula o
in veste di consulente degli operatori sociali incaricati
di assistere i minori, un miglioramento delle
condizioni di un minore vittima di violenza sessuale
si è verificato in un numero di casi del tutto esiguo,
percentualmente insignificante.
Le falle del sistema sono quelle individuate nel rapporto
e nel nostro paese le più significative, in ordine
d’importanza, sono:
• la mancanza di un avvocato specializzato del minore
che lo segua sin dall’apertura del procedimento
e che sia retribuito, in caso di necessità,
dallo St a t o ;
• la mancanza di preparazione specifica degli operatori:
Polizia giudiziaria, Carabinieri, Pubblici
ministeri, giudici, avvocati, operatori sociali;
• la mancanza di sensibilità degli operatori giudiziari
che trattano i procedimenti riguardanti violenze
ai minori con criteri adultocentrici: ad es. ai
bambini si chiede di raccontare esperienze traumatizzanti
e personalissime a persone sconosciute,
sempre diverse ad ogni audizione e per più
volte; ciò accade in luoghi inospitali e inibenti e i
tempi processuali sono slegati dalle loro esigenze
di vita. Si evidenzia un costante disinteresse nei
confronti dell’inscindibile rapporto che si sviluppa
tra percorso giudiziario e quotidianità del minore
(vita in istituto, separazione dal nucleo familiare,
visite invasive, perizie…). A questo proposito
mi permetto di osservare che non sono d’accordo
sui tempi strettissimi previsti in alcuni paesi
per le indagini e per gli ascolti del minore. A volte
i bambini hanno bisogno di tempi più dilatati,
che consentano loro di maturare la capacità interiore
di raccontare. Ho trovato più tutelante che
la determinazione dei tempi nei quali svolgere le
audizioni dei minori sia concordata dagli inquirenti
con coloro che si occupano della cura degli
stessi al fine di cogliere i momenti più opportuni
e non creare conflitti con il procedere della cura.
Ovviamente nel rispetto dei termini stabiliti a garanzia
degli indagati;
• l’ignoranza e/o la disapplicazione delle norme
poste a tutela del minore.
Ad es.:
1. l’art. 609 decies c.p. sul diritto del minore ad avere
in ogni stato e grado del procedimento assistenza
affettiva e psicologica. Soprattutto nella fase
delle indagini preliminari i minori vengono
ascoltati soli e nei rari casi in cui è presente una figura
di sostegno affettivo o psicologico le si riserva
un ruolo esclusivamente formale;
2 . le norme sull’audizione protetta, disapplicate in
luoghi ove non vi sono le strutture necessarie, ma
anche ove l’attuazione della garanzia pesa troppo
sull’organizzazione dei tribunali;
3 . le norme sulla nomina del curatore speciale, figura
fondamentale nel nostro ordinamento che potrebbe
risolvere in molti casi, ove manchi il rappresentante
legale o vi sia conflitto fra il minore e
chi lo rappresenta (art. 77 c.p.p.), il problema della
mancanza di difesa del minore. Ottima e da
imitare appare in proposito la prassi di Germania,
Islanda, Norvegia e Svezia di nominare sempre un
curatore speciale già nella fase delle indagini prel
i m i n a r i .
• Impossibilità per il minore di chiedere direttamente
al giudice di essere sentito con i n c i d e n t e
p r o b a t o r i o, istanza riservata all’indagato e al PM.
6 0
• S AV E T H E C HI LD R EN
* Avvocato penalista specializzato in Diritto minorile presso il Foro di Milano.
* * *
A mio parere la soluzione di tutti i punti indicati
porterebbe finalmente a rispettare la dignità e i diritti
dei minori, attuando nello stesso tempo alcune
norme in materia contenute nelle più importanti
convenzioni internazionali che troppo spesso gli
operatori giudiziari scordano essere in vigore anche
nel nostro paese.
Con un minimo sforzo i minori potrebbero essere
sufficientemente garantiti anche solo dalla soluzione
del primo problema: la presenza di un legale specializzato
che li segua fin dall’inizio, al fine di consentire
loro l’esercizio di tutti i diritti riservati alle parti
offese (ex art. 90 c.p.p.). Sia esso rappresentato dal
curatore speciale ovvero introdotto con un intervento
legislativo ad hoc.
Infine molto potrebbe essere migliorato con la formazione
permanente degli operatori, mentre rispetto
alla sensibilità ovviamente nulla potrà essere fatto
se non raccomandare loro di dedicarsi alla materia
solo se davvero interessati. Troppe volte in aula appare
manifesto il palese fastidio di alcuni ad occuparsi
di questioni di violenza o maltrattamento. Ed è
un’evidenza totalmente inaccettabile.
4 . Conclusione
a cura di Federico Palomba*
Ritengo giusto iniziare questo intervento con l’esprimere
l’apprezzamento per l’iniziativa di Save the
Children di convocare una riunione di esperti di nove
Stati europei per fare il punto sul rapporto tra minore-
vittima di abusi e giustizia degli adulti, svoltosi
in ottobre a Copenaghen.
Esso aveva lo scopo, dichiarato nel rapporto, di studiare
come evitare «l’estrema difficoltà per i bambini
abusati in Europa di essere trattati con giustizia
nei processi penali» a carico degli abusanti, essendo
rimasto accertato che in ognuno dei Paesi presi in
considerazione «la loro situazione sia lontana dall’essere
soddisfacente». In effetti, è stato centrato
l’obiettivo di rendere grande e visibile il piccolo
ospite silenzioso del seminario, riaccendendo su di
lui quei riflettori che spesso rimangono spenti o si
accendono solo a lunga intermittenza.
Infatti, è apparso a tutti chiaro il contrasto tra la insufficiente
realtà (intesa come cultura generale e predisposizione
degli strumenti opportuni) e il valore
immenso e irripetibile di ciascuno dei bambini abusati,
tanto più dinanzi alla sofferenza da loro certo
non provocata. Ma proprio da questa constatazione
è così potuto partire il confronto tra i diritti declamati
e i mezzi insufficienti per garantirli, ed ha iniziato
a dipanarsi una matassa con l’emerge di più
precise analisi e di alcune esperienze e linee-guida.
Queste sintetiche considerazioni non consentono di
mettere in evidenza tutte le preziose indicazioni
emerse, peraltro lucidamente contenute nel rapporto
conclusivo. Ma mi ha colpito particolarmente l’esperienza
della piccola e lontana Islanda, manifestatasi
invece su questo tema particolarmente sensibile
e calorosa, ove è possibile trovare la “Children’s
House”, la Casa del Bambino dove i piccoli in sospetto
di abuso vengono con estrema delicatezza e
competenza esaminati contestualmente da esperti,
procuratori, avvocati e giudici ed attraverso strumenti
non irritanti per il bambino (quali il gioco, i
disegni, lo specchio unidirezionale), in modo da evitare
plurime intrusioni.
Ecco: il cuore del problema sta proprio qui, nello
sviluppare una buona dose di civiltà, umana e giuridica,
necessaria per capire che la giustizia nei confronti
degli adulti, pur con le regole proprie di un
sistema legale, non può mai far (ulteriore) male ad
un bambino. Perché il sistema di giustizia ordinaria,
in questi casi, si carica di due significati e di due
compiti, che devono necessariamente convivere: accanto
alla funzione normale di giustizia, che consiste
nell’accertare con gli strumenti legali del processo la
commissione di un reato, la responsabilità dell’imputato
e l’esito da ricollegare, anche nell’evitare che
la piccola vittima sia di nuovo resa vittima, questa
volta “dal processo” che dovrebbe invece tutelarlo.
Tra questi due compiti del sistema di giustizia per
adulti non c’è vincolo gerarchico o subordinazione
dell’uno all’altro, per il semplice fatto che è perfettamente
possibile – e quindi è doveroso – perseguirli
entrambi contemporaneamente, cioè nello stesso
contesto. Perciò sarebbe sbagliato mirare ad ottenete
soltanto il primo anche a scapito del secondo.
Questo è il punto centrale di tutta la questione. Perché
in diverse legislazioni si è arrivati ad individuare
gli strumenti normativi per contemperare quelle esigenze;
ma è diffuso il convincimento che vi sia anco-
6 1
C HI L D A B U S E A N D A D U LT J U S T I C E •
* Avvocato, giˆ magistrato minorile e direttore dellÕUfficio della Giustizia
per i Minori del Ministero della Giustizia.
ra una distanza troppo grande tra la norma e la sua
applicazione, in termini di acquisizione culturale, innanzi
tutto, ma anche di predisposizione di mezzi
strumentali necessari (disponibilità di personale sufficiente
e specificamente formato, predisposizione di
luoghi e di mezzi anche telematici, necessari, organizzazione
complessiva ed armonica di magistratura,
polizie e servizi sociali, eccetera).
A me pare che siano emerse alcune importanti indic
a z i o n i .
Occorre individuare precocemente i casi di abuso,
per evitare che la situazione continui a lungo. Poiché
raramente i bambini parlano, per le minacce o per il
“patto di reciproca lealtà” che gli adulti abusanti impongono
loro, bisogna essere attrezzati per capire i
più piccoli segni dell’abuso, da quelli fisici alla spensieratezza
che svanisce, attraverso disegni e comportamenti
che possono essere rivelatori. Con la prudenza
del caso, naturalmente, per evitare eccessi di
zelo che possono provocare danni: ma anche con
l’urgenza di evitare eventuali ulteriori sofferenze al
bambino. In primo luogo è chiamata in causa la funzione
determinante della scuola, che dovrebbe farsi
assistere e consigliare da esperti quando emergono
seri dubbi in proposito.
Problemi maggiori sorgono quando inizia la fase investigativa.
Le indicazioni emerse dicono che le indagini
riguardanti l’abuso sessuale devono avere la
più alta priorità ed essere concluse il più rapidamente
possibile, mentre i procedimenti devono essere
conclusi nel più breve tempo possibile: è evidente
l’intento di accorciare al massimo l’incubo del bambino.
Questo deve essere assistito da persona qualificata
e da lui conosciuta. Gli interrogatori devono essere
estremamente ridotti nelle domande e nei tempi,
accuratamente preparati e condotti da persone
con grande professionalità, possibilmente racchiusi
in una sola volta, in ambiente rassicurante, senza diretto
contatto con la persona sospettata, con l’uso
dello specchio direzionale (essendo eventualmente
altri soggetti interessati quali pubblico ministero,
giudici e avvocati – collegati con l’intervistatore mediante
interphono), con riproduzione audio-video
per consentirne la successiva replica. In Italia, dove
ci sono leggi molto avanzate e civili, si sta iniziando
anche a considerare l’incidente probatorio come
strumento processuale idoneo ad evitare ripetizioni
delle attività condotte con la diretta partecipazione
del bambino.
E nella fase del giudizio si deve evitare la presenza
della piccola vittima, lavorando sul materiale raccolto
e sulle testimonianze di adulti, avendo un metro
di valutazione delle prove meno formale considerato
che, come ha detto un giudice minorile spagnolo,
“un bambino non mente”.
Per tutte queste ragioni, la barrister inglese Lee
Moore, presidente dell’Associazione degli Av v o c a t i
per i bambini abusati, ha gridato che la priorità delle
priorità è “training, training, training”: cioè formazione,
preparazione, serietà, e non improvvisazione e
sciatteria, anche per arrivare a stabilire protocolli
operativi da utilizzare in maniera generalizzata; perché
troppo grande è l’importanza della vita di un
b a m b i n o .
E in questo sforzo di uniformare legislazioni, regole
e standards minimi a livello continentale l’Europa
deve farsi carico di stabilire un coordinamento fra
gli Stati. Questa la raccomandazione finale di Save
the Children, benemerita organizzazione nata in Inghilterra
nel 1919 e ramificata nel mondo, che possiede
ora una ancor più importante ricchezza di acquisizioni
da utilizzare con grande saggezza e determinazione
anche organizzando incontri, diffondendo
materiale, arricchendo le conoscenze, contattando
Organizzazioni pubbliche cui fanno capo le diverse
agenzie del sistema di giustizia, sensibilizzando
cittadini, associazioni, movimenti.
Tutto ciò a partire dalla “grande madre Europa”:
che avrà un ulteriore merito se avrà dimostrato di
sapersi e volersi occupare non solo della moneta unica,
ma anche di come si deve lavorare per restituire
il sorriso ad un bambino.
6 2
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6 4
• S AV E T H E C H I L D R EN
Finito di stampare nel mese di marzo 2003
dalla Tipografia O.Gra.Ro.
Vicolo dei Tabacchi, 1 - Roma
Il rapporto Abuso sui minori e giustizia degli adulti è il risultato del progetto
Daphne «Children who are Abused and the Law», attraverso il quale sono state
analizzate le procedure adottate in alcuni sistemi giuridici europei per la trattazione
di casi di abuso sessuale su minore, con lo scopo di elaborare indicazioni sulle migliori
pratiche e promuoverne l’applicazione.
Lo studio evidenzia come la normativa e la prassi comune nei vari paesi europei presi in
esame non sempre favoriscano e proteggano il superiore interesse del minore, e inoltre
permette di valutare il disagio che i minori subiscono durante il procedimento giudiziario.
Le raccomandazioni finali sottolineano la necessità di introdurre una serie di riforme per
garantire uno standard minimo europeo per la tutela dei diritti del minore vittima di abuso
senza violare il diritto dell’imputato ad un giusto processo.
I destinatari del Rap p o rto sono gli operatori giuridici, gli psicologi, i funzionari di polizia, g l i
assistenti sociali e in generale tutti coloro che a vario titolo sono coinvolti nella delicata
fase di ascolto del minore vittima di abuso sessuale all’interno del percorso giudiziario.
Save the Children è la più grande organizzazione internazionale indipendente per la difesa e la
promozione dei diritti dei bambini.Opera in oltre 120 paesi nel mondo con una rete di 29 organizzazioni
nazionali e un ufficio di coordinamento internazionale:la International Save the Children
Alliance. Save the Children utilizza la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
come riferimento fondamentale del proprio operato e sviluppa progetti che consentono miglioramenti
sostenibili per la vita di ogni bambino.
Save the Children è presente in Italia dal 1998.Oltre a sostenere programmi internazionali, sviluppa
strategie e attività per la promozione dei diritti dei bambini che vivono sul territorio italiano,
con una particolare attenzione alle fasce più vulnerabili.
Via Firenze 38 - 00184 Roma - Italia
Tel: (+39) 06.48.07.001
Fax: (+39) 06.48.070.039
info@savethechildren.it
www.savethechildren.it

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